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Di
Alexandre Dumas
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Prologo:
Allorché noi scrivemmo le prime righe di questa storia, cioè negli ultimi
giorni di agosto 1860, il re Francesco era tuttora a Napoli, e continuava ad
abitare nel Palazzo cominciato nel 1600 dall'Architetto Domenico Fontana, sotto
il Viceré Spagnuolo Lemos.
La nostra goletta era all'àncora alla lunghezza di due gomene dalle
finestre del suo appartamento, che era quello del di lui padre Ferdinando II, e
dieci volte al giorno noi lo vedevamo affacciarsi al suo balcone e mandare uno
sguardo inquieto dal lato di quella Sicilia dove si era formato l'uragano e
verso quelle Calabrie alle quali si avvicinava.
Ne' tempi del Cardinal Ruffo era l'assolutismo che camminava verso
Napoli per iscacciarne la libertà questa volta invece, era la libertà che
camminava verso Napoli per iscacciarne l'assolutismo.
Ad esempio del suo avo Ferdinando 1.° ad esempio di suo nonno
Francesco, ad esempio di suo padre Ferdinando, il giovane re aveva creduto
scongiurare il pericolo proclamando una costituzione; ma gli spergiuri del 1815
‑ del 1821 e del 1848 avevano prodotto i loro frutti ‑ non si
credeva più alla parola di quest'ultimo rampollo d'una razza bugiarda, e la
rivoluzione trionfante partita da Marsala, aveva traversato Palermo, Melazzo,
Messina, accavalciato come un ruscello lo stretto di Faro, messo il piede a
Reggio, oltrepassato le montagne della Calabria, era giunta fino nella
Basilicata; proclamata a Potenza, venticinque leghe la separavano da Napoli,
pochi giorni bastavano per aprirgliene le porte.
Quegli che scrive non era stato totalmente straniero a questa
rivoluzione, ed a suo tempo si vedrà le parte ch'egli vi aveva presa.
La vista d'un'uomo, di cui il suo avo aveva avvelenato il padre, le relazioni d'una polizia che faceva lo strano mestiere di tradire il re spaventandolo, e che trattava colla rivoluzione sulla stessa carta ove scriveva i suoi rapporti al re, determinarono Francesco 2.° a chiedere all'ambasciatore di Francia sig. Brenier l'espulsione d'un nemico che sul mare, cioè sul terreno di Dio, era per lui un rimprovero ed una paura.
L'espulsione fu accordata ‑ Il 3 settembre alle 5 della sera, la
goletta l'Emma ricevette l'ordine di abbandonare il porto di Napoli,
colla minaccia, ove non obbedisse, di essere calata a fondo, malgrado la sua
bandiera, dai cannoni del castello e del molo.
La storia cominciata fu interrotta da questo avvenimento, e fu assai
meglio, perché i documenti preziosi, le corrispondenze secrete, gli atti
autentici, quantunque sconosciuti, messi dopo sott'occhio all'autore, gli
mancavano completamente, e sarebbe stato obbligato di starsene a quelli
schiarimenti generali, a quella nomenclatura di date, a quella cronologia di
eventi, che gli storici si cedono gli uni agli altri, e coll'ajuto delle quali
i nuovi arrivati, non fanno che ripetere in un altro modo e in una forma più o
meno pittoresca, degli avvenimenti già conosciuti da tutti.
La storia dei Borboni di Napoli racchiude tanti infami supplizi, tanti
delitti inauditi, tanti spergiuri senza nome, che i nostri lettori avrebbero il
diritto di non credervi, se accanto al fatto non leggessero la prova.
Ora più d'un anno è trascorso da quest'epoca, da un anno gli archivi
consultati, gli atti secreti raccolti, le corrispondenze intime compilate mercé
l'autorizzazione dei vari luogotenenti generali che si succedettero, e
specialmente dei signori Farini e Nigra, misero l'autore in grado di scrivere
una storia, non superiore, non uguale all'eccellente e coscenzioso lavoro di
Colletta ; ma più adattata all'intelligenza di tutti gli spiriti, più
pittoresca nella sua forma, più libera nel suo andamento, più ricca finalmente
di note giustificative che questi non poteva procurarsi nel suo esilio, e che
d'altronde, essendo nascoste nei più secreti cassetti della Sovranità, non ne
uscirono e non videro il giorno che dopo codesta Catastrofe ch'egli aveva avuto
il genio di prevedere, ma non la felicità di veder effettuata.
Oggi per un giro bizzarro delle cose del mondo, io scrivo questa storia
a Napoli, d'onde fui proscritto durante venticinque anni, e nel palazzo di
questo stesso re Ferdinando che nel 1799, riteneva contro la fede dei trattati,
mio padre nelle prigioni di Brindisi ed ivi lo avvelenava col generale
Manscourt ed il dotto Dolomieu a vergogna di tutte le leggi umane.
Non sì creda però che un odio ereditario mi faccia scrivere oggi onde
proseguire colla calunnia un'opera di vendetta ‑ no ‑ io dormo
tranquillo e freddo sulle rovine di questa casa secondaria dei Borboni, che
ebbe il suo Luigi XV ed il suo Carlo X, senza avere il suo Enrico IV ed il suo
Luigi XIV.
Prima di tutto per conoscere l'origine di questo ramo inferiore, diamo
uno sguardo su questa grande stirpe dei Borboni che ha per ceppo S. Luigi, e
che dopo aver regnato sopra una parte dell'Europa, non ha più altro
rappresentante coronato che la regina Isabella di Spagna.
Esistono, o per meglio dire, esistevano tre case di Borboni : ‑
tutte tre prendevano il loro nome dal vecchio castello di Borbone l'Arcimbaldo
già da gran tempo in rovina, ma i cui ruderi però loro sopravviveranno.
Il Borbone, cioè l'antica provincia di Francia confinante al Nord col
Nivernese, al sud coll'Alvernia e la Marca, all'Est colla Borgogna e all’ovest
col Barry, era la loro possessione
La prima, la più antica delle case di Borbone, usciva da Ademaro Sire
di Borbone, che viveva nel 923 cioè sotto Roberto il secondo dei nostri re
nazionali, e che i genealogisti facevano discendere da un fratello di Carlo Martello[*1].
Questa si estingue nel 1218 sotto Filippo Augusto, nella persona di
Arcimbaldo VIII, il quale non lascia che una figlia Mahault di Borbone.
La seconda ha per capo Guido Sire di Dampierre che sposa questa stessa
Mahault, crede di Borbone ed è padre di Arcimbaldo IX.
La terza, ed è quella di cui abbiamo ad occuparci, ha, come già lo
dicemmo, per stipite S. Luigi, poichè ella discende da Roberto di Clermont suo
sesto figlio il quale nel 1272 sposa Beatrice erede della seconda casa.
I discendenti di questa terza casa si separano in due rami.
Il ramo primogenito, che
comincia con Pietro primo, nato nel 1311, sotto Filippo il Bello ed ucciso nel
1356 alla battaglia di Poitiers, cioè sotto il re Giovanni, e finisce con Carlo
II, così fatalmente celebre sotto il suo nome di Contestabile di Borbone, il
quale nato nel 1489 sotto Carlo VIII muore nel 1527 sotto Francesco I ucciso,
secondo ogni probabilità, da Benvenuto Cellini mentre stava per mettere i piedi
sui bastioni di Roma.
Il ramo cadetto comincia con Giacomo della Marca, nato nel 1514, sotto
Luigi X, ed ucciso nel 1561 sotto Giovanni II, si continua senza interruzione
fino a Carlo Duca di Vendóme che per la morte del Contestabile, diventa capo
della casa di Borbone, ed ha per figlio Antonio di Borbone, il quale divenuto
re di Navarra, dal suo matrimonio con Giovanna d'Albret, ha per figlio Enrico
IV.
Questo ammirabile innesto della Guascogna colla Francia, da' Luigi
XIII, Luigi XIV, Luigi XV, Luigi XVI, Luigi XVIII, Carlo X e Luigi Filippo I.
Da questo ramo reale nasce nella persona di Filippo V, il ramo di
Spagna, che vien continuato da Ferdinando VI, da Carlo III, da Carlo IV, da Ferdinando
VII ed è in oggi rappresentato dalla regina Isabella.
Carlo VII di Napoli ‑ Carlo III di Spagna ‑ figlio di Filippo V, e di Elisabetta Farnese, è il capo del ramo di cui ci accingiamo a scrivere la storia.
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