I  BORBONI  DI  NAPOLI

 

Di Alexandre Dumas

 

Libro II 

 

 

CAPITOLO I.

 

                                                                                                                                                    

 

 

Qualche tempo prima il lutto entrava nella famiglia reale.

Il 14 dicembre 1788 il re Carlo III moriva in età di 73 anni.

Poi l'infante D. Gennaro in età di nove anni.

Poi un altro infante col nome di Carlo in età di otto mesi.

E' vero che restava ancora al Re Ferdinando una numerosa famiglia.

Restava l'infante Francesco erede alla corona, nato nel 1777, e sei principesse.

Con la morte del re Carlo III, scomparì ogni ingerenza spagnuola nella monarchia napolitana.

A proposito di questa morte diciamo qualche parola, sullo sviluppamento dell'arte a Napoli, nell'ultima metà del XVIII° secolo.

Abbiam parlato degli Architetti Fontana, Vanvitelli, Carasale.

Ora ci resta a parlare dei pittori, dei poeti e dei compositori di musica.

All'arrivo di Carlo III a Napoli, avvenne quello stesso che era avvenuto all'entrata di Filippo V in Ispagna.

La letteratura e la pittura nazionale sparirono per dar luogo a una letteratura ed a una pittura straniera.

Quando simili sostituzioni avvengono nei Regni, ei pare che la natura prepari queste invasioni con la morte dei grandi geni nazionali ‑ e con la mancanza di nuovi geni.

Cosicchè quando Filippo V entrò in Ispagna trovò la Spagna vedovata dei suoi grandi poeti e dei suoi grandi pittori.

Cervantes è morto nel 1616.

Lopez de Vega è morto nel 1635.

Calderon è morto nel 1681.

Velasquez è morto nel 1660.

Zurbaran è morto nel 1662.

Murillo è morto nel 1682.

Il posto è vuoto perchè Filippo V potesse condurre seco lui non solo i costumi della corte di Versailles

ma benanco la letteratura e la pittura francese.

Lo stesso avveniva quando Carlo III stabilissi a Napoli nel 1735.

Napoli non ha avuto poeti dopo Sanazzaro e Tasso non ci occupiamo dunque della sua poesia, ma Napoli ha avuto una vigorosa scuola di pittura.

Quando Carlo III salì al trono quella scuola di grandi pittori, fantastici, che maneggiavano con egual facilità il pennello e la spada ‑ che nella rivoluzione di Masaniello, fornivano la Compagnia della morte che uccideva senza pietà tutti gli Spagnuoli che incontrava nelle strade ‑ e che dopo l'assassinio di Masaniello ‑‑ simile ad uno stormo di uccelli spaventati si sparpagliava sul mondo ‑ questa scuola gelosa ed irosa ‑ che bastonava il servitore di Guido Reni ‑ per far fuggire il suo padrone ‑ e che avvelenava Luigi Rodrigo e il Domeni­chino per gelosia ‑ i cui capi chiamavansi Massimo Stanzione ‑ Micco Spadaro ‑ Salvatore Rosa ‑ il Calabrese ‑ Andrea Vaccaro ‑Belisario Corenzio

Aniello Falcone ‑ era sparita da molto tempo.

A questa generazione succedeva quella di Luca Giordano ‑ di Paolo de Matteis ‑ e di Francesco Solimene che muiono! ‑ Giordano nel 1705 ‑ Paolo di Matteis nel 1728 ‑ e Solimene verso il 1749.

Il vecchio Solimene Bonito ‑ Sebastiano Conca

Diano di Pozzuoli Fedele Fischetti, son dunque col Cavalier Pannini che si fece venir da Roma, e Casanova che si fà venire da Venezia i soli, o quasi i soli, pittori che sopravvissero alla grande Scuola.

Carlo III si affrettò ad adoperarli ‑ fece fare a Bonito i due quadri dell'altare maggiore di Caserta ‑ Sebastiano Conca pinse l'affresco di Davide danzante innanzi all'Arca, Diano di Pozzuoli eseguì tutti i dipinti della Pietà dei Turchini ‑ Fedele Fischetti, tre soffitti a Caserta. Il Cavaliere Pannini i due bellissimi quadri dell'omaggio della Chinea ‑ e due vedute di rovine così abbaglianti di sole da sembrar che fossero dal pennello di Salvator Rosa.

Inoltre egli accolse Angelica Kauffmann, dell'età di 17 anni appena le fè fare il suo ritratto, che rattrovasi a Capodimonte e che servì a quella donna di genio, come preludio al suo immenso talento ‑ Sventuratamente essa lascerà Napoli e andrà in Inghilterra ove sposerà, non so quale intrigante, sotto il nome di Conte di Horn ma nel 1782 ritornerà in Italia, e dipingerà il bel quadro di Ferdinando e la sua famiglia, che sembra un Vandick, con un fondo magnifico, d'un'arditezza incomprensibile per le mani di una donna e ove ha tutto aggruppato: ‑ Re, Regina, ‑ giovani principi ‑ vasi preziosi ‑ fiori splendidi di cui credesi sentire il profumo ‑ cani e pappagalli ‑ Essa sarà chiamata successivamente, e da Maria Teresa e da Giorgio III per fare i ritratti della Corte di Vienna e d'Inghilterra ‑ e lascerà morendo ‑ tre quadri degni di un maestro Leonardo da Vinci che muore fra le braccia di Francesco I ‑ il ritorno di Arminio dopo la disfatta delle legioni romane ‑ e la pompa funebre colla quale Enea onorò la morte di Pallante.

Se si potesse paragonare un'arte ad un'altra e ricordarsi il ut Pictura poesis degli antichi ‑ diremmo che Angelica Kauffmann è il Giorgio Sand della pittura.

Poi viene alla sua volta il famoso Raffaele Mengs che ha l'onore di dare il proprio nome ad una delle tre età della pittura.

‑ L'età di Raffaello.

‑ L'età di Carracci.

‑ L'età di Mengs.

Carlo III re di Spagna si ricorderà che egli ha ordinato il gran quadro della cappella di Caserta ‑ ove il pittore ha posto il suo ritratto ‑ e lo nominò suo pittore ordinario.

L'istoria dell'autore delle considerazioni sul bello e il gusto in pittura è un commovente e tristo romanzo sul tipo di quelli di Guglielmo Meister.

In due parole diciamo questa vita.

Raffaele Mengs è nato a Aussig in Boemia ‑ suo padre è nato in Danimarca, è chiamato a Dresda da Augusto III ‑ e vi si stabilisce col titolo di pittore del grande Elettore.

Colui che è noto solo per la sua rigidezza proverbiale verso i tre o quattro figli, e di essere il padre di Mengs ‑ sequestrò tutta la piccola famiglia che non si vede mai, ma della quale i vicini sentono le grida, imperocchè le lezioni che dava ad essa il padre erano sempre accompagnate da violenti correzioni.

Un giorno il tiranno si trovò in una casa ove si dava un concerto. Un celebre artista vi canta in modo così dolce, che il padre del giovane Raffaele si avvicinò a lui e lo pregò di cantare una seconda volta la stessa aria. ‑ Vi acconsento, rispose il virtuoso, ma purchè mi concediate un favore che vorrei chiedervi.

‑ Tutto quel che vorrete, rispose Mengs, purchè cantiate.

‑ Gli è che mi permettiate, gli disse il dilettante, di andare in vostra casa a ripetere dinanzi a tutta la vostra famiglia il pezzo che siete sì curioso di sentire. Voglio vedere i vostri figli, e voglio che partecipino al piacere che avete provato.

Mengs non osò nè negare che fosse padre nè ricusare di mantenere la promessa, e il cantante venne in casa di Mengs con varie persone influenti, le quali trovarono gl'infelici fanciulli in un abbandono e in uno stato di debolezza superiore a qualunque aspettativa.

La città e ben presto la Corte di Dresda furono istruiti dell'aneddoto ‑ il re di Polonia ordinò che la piccola famiglia gli fosse presentata e la fisonomia di Raffaele essendogli piaciuta gli concesse l'entrata nella sua galleria di quadri ‑ Appena il giovane vide i capolavori di quell'arte di cui era tanto innamorato e soprattutto il celebre quadro del Corregio rappresentante la notte, si credette trasportato in un nuovo mondo ed esclamò ‑ Anche io sono pittore! ‑ Due anni dopo, libero dalla schiavitù paterna, prese la via d'Italia e giunse a Roma, ove i quadri di Raffaello divennero l'oggetto delle sue assidue cure. Ben presto egli stesso espose i suoi lavori, ottenne degli applausi, sposò una giovane povera come lui, ma tanto bella che gli serviva di modello per quasi tutte le sue teste. Per isposarla Mengs si fece cattolico.

Fu allora che Mengs viaggiò ‑ visitò la Spagna e l'Italia e dopo di avere per tutto seminate le opere del suo genio, ritornò a Roma per morirvi in età di 51 anno con una malattia d'affanno.

Morì fra le braccia del Cavaliere d'Azara ambasciadore di Carlo III raccomandandogli la propria famiglia ‑ appena spirò il Cardinale Gaetani, s'impadronì di un ritratto quasi interamente finito. Il Cavaliere Azara indegnato di questa sottrazione mandò a chiedere il ritratto, come lo avrebbe fatto ad un ladro. Il fratello del Cardinale Gaetani il duca di Sermoneta ne ebbe vergogna, e onde riparare per quanto era possibile questo fallo, mandò cinquanta luigi d'oro agli eredi.

I disegni e i quadri di Raffaele Mengs furono messi in vendita dal Cavaliere d'Azara.

L'imperatrice di Russia diede ordine al suo residente di comprare, in disegni, quadri e bozzetti, fino all'ammontare della somma di quaranta mila scudi il resto della vendita ne produsse dodici mila. Lochè costituì alla famiglia una piccola fortuna di 150,000 franchi.

Una delle opere capitali di Mengs è la soffitta del palazzo Pallavicini, rappresentante la danza d'Apollo e delle muse.

Registriamo quì un fatto molto curioso. Carlo III che lasciando Napoli, spinse tant'oltre la sua delicatezza come uomo, da non portare a Madrid l'anello che aveva trovato a Pompei fu molto poco artista per togliere dal tempio di Serapide a Pozzuoli per ornare il cattivo e piccolo teatro di Caserta, undici magnifiche colonne di alabastro orientale, che forse non ve ne sono simili al mondo.

Partito Carlo III Ferdinando continuò a far lavorare i pittori ma Ferdinando era ancora meno artista di suo padre. Egli pure ebbe dei pittori ordinarii ai quali dava dei soldi fissi e ai quali fece lavorare a tanto a palmo. Uno di questi pittori era Antonio Veronese incaricato di fare il fondo del presepe del Re. Una volta gli comandò un quadro dei Camandoli e Antonio Veronese trova il mezzo di farselo pagare 36,000 franchi facendolo durare 12 anni.

Un altro senza avere molto più merito vien molto largamente pagato. Quest'altro è Filippo Hackert a cui Ferdinando diede l'alloggio, la carrozza, la livrea reale, e un onorario di 50 piastre fisse al mese. Filippo Hackert è inoltre incaricato di dipingere tutti i porti dei Regno che si veggono tuttavia nel salone di Caserta e che gli son pagati al prezzo di 50 ducati il palmo, mercato che gli fa fare dei cieli immensi e dei mari a perdita di vista. In questo modo Hackert divenne eminentemente ricco. Dà grandi pranzi agli Inglesi, agli Spagnuoli e ai Tedeschi, mette in seguito i suoi dipinti in lotteria e li fa pagare dai suoi convitati a peso d'oro, la sua reputazione si estende allora fino a Pietroburgo, e Caterina gli fa ordinare quattro quadri dal celebre Alessio Orloff, l'assassino di Pietro III, e il vincitore di Chesmé. Questi quattro quadri rappresentano i fatti principali della guerra di Mosca, e particolarmente l'incendio della flotta turca. Avendo Hackert dichiarato di non saper dipingere un vascello che salta in aria, dappoichè non ne aveva mai veduto, Orloff fece saltare il più bel vascello della sua flotta per dargli lo spettacolo di un bastimento in fiamme lochè equivale ad un sacrificio di quattro o cinque milioni e senza curarsi del danno che ne risulterebbe per gli altri bastimenti che rattrovavansi nel porto di Livorno.

Io ho visto i quattro quadri di Hackert nella sala di udienza di Peterhoff.

Due altri pittori stranieri lasciarono benanco traccie del loro passaggio alla corte di Napoli, essi sono ‑ l'animalista Denis ‑ e il paesista Knyppe celebre principalmente pei suoi disegni a lapis.

I compositori di musica che vissero in quel doppio periodo, furono; dapprima Porpora nato nel 1685, e morto nel 1767 ‑ in età di 82 anni ‑aveva scritto cinquanta spartiti. Dopo di essere stato a Vienna, ove fece rappresentare Arianna, a Londra ove gli si preferì Hendel, ritornò a Napoli, dove passò gli ultimi anni della sua vita.

Fu soprannominato il Patriarca dell'armonia.

Pergolesi, che nato nel 1704 muore nel 1737, fatto celebre dalla sua Serva Padrona, e immortalato dal suo Stabat.

Leo, nato a Napoli nel 1684 morto nel 1744 maestro del Conservatorio di S. Onofrio e compositore particolare della Cappella del Re ‑morendo lasciò una quantità di spartiti, fra i quali ‑ Olimpiade. Demofonte, Caio Gracco, Tamerlano, Catone d'Utica, La Clemenza di Tito, Ciro riconosciuto, Achille a Sciro, Vologese ec. ec.

Piccini suo allievo che fu in Francia uno dei due eroi della gran quistione fra i Glukisti ed i Piccinisti che morì a Passy nel 1800 lasciando 150 spartiti, di cui sono i più celebri Zenobia, Ati, Didone il suo capo lavoro, Penelope, Ifigenia in Tauride.

Durante, considerato come il capo della scuola musicale moderna, che si esercitò principalmente intorno a soggetti di Chiesa e che nato nel 1694, mori nel 1755. Cimarosa nato nel 1774 e che in una vita di 47 anni compose più di 120 opere tra buffe e serie: L'Italiana a Londra. L'Ajo nell'Imbarazzo, Il matrimonio segreto, Il Sacrifizio di Abramo, Penelope, Gli Orazi ‑ e che noi ritroveremo nel 1799 nelle prigioni di Castel Nuovo.

In fine Paesiello allievo di Durante, che nato nel 1741 ‑‑ risiede successivamente a Varsavia, a Vienna, a Roma, a Parigi, a Napoli, ove mori nel 1816, lasciando il Re Teodoro, La Molinara, Nína, la Fedra, Catone d'Utica, e una quantità di altri spartiti senza contare una stupenda musica di chiesa.

Le industrie che si avvicinano all'arte le quali meritano esser menzionate sono: la fabbrica di biscuit di Caserta, la quale riproduce in biscuit le più belle statue dell'antichità. Questa fabbrica è chiusa.

Le porcellane di Capodimonte, che rivaleggiano con le porcellane di Sassonia e di Sevres, si vegga a Portici la sala delle porcellane. Questa fabbrica non esiste più nemmeno.

In fine l'officina delle pietre dure ove s'incidevano sotto la direzione del Cavaliere Riga unico incisore di pietre dure, che potesse paragonarsi con gl'incisori dell'antichità.

A superfluo il dire che questa fabbrica è scomparsa come le altre due.

A inutile parlare dei poeti. Metastasio è Romano, Casti è di Montefiascone. L'ultimo sospiro della poesia Napoletana, nata con Stazio, agonizzante dopo Tasso, nella persona del Cav. Marino è nelle satire di Salvator Rosa.

Ora lasciamo da parte, Pittori, Compositori di musica e Poeti, per rivolgere lo sguardo verso la Francia, d'onde ad un tratto il 14 luglio 1789, sfugge questo immenso grido.

‑ La Bastiglia è presa.

 

 

 

 

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