I  BORBONI  DI  NAPOLI

 

Di Alexandre Dumas

 

Libro III 

 

 

 

CAPITOLO I.

 

 

La repubblica Partenopea avea preso data dal 22 gennaio, vale a dire dal momento in cui la bandiera tricolore, nero, rosso e giallo aveva sventolato sul Castello S. Elmo ; questa bandiera era stata fatta con alcuni ornamenti sacri presi alla Chiesa di S. Martino.

La repubblica era dunque proclamata, e dall'editto di Rocca Romana e Moliterno, e da' decreti di Championnet, infine dall'approvazione di S. Gennaro e del Vesuvio.

Trattavasi di consolidarla.

Championnet nominò un governo provvisorio composto di venticinque persone.

Queste venticinque persone, che quasi tutte pagarono, con la perdita delle loro teste, l'onore effimero di governar Napoli, erano: Raimondo de Gennaro ‑ Nicola Fasulo ‑ Ignazìo Ciaja ‑ Bassal ‑ Zarillo ‑ Carlo Laubert

Delfico ‑ Stanislao De Renzis ‑ Logoteta Mario Pagano ‑ Giuseppe Abbamonti ‑ Saverio Caputo Flavio Pirelli ‑ Domenico Cirillo ‑ Forges D'Avanzati Vincenzo Porta ‑ Raffaele Doria ‑ Gabriele Monthonnet ‑ Giovanni Riario ‑ Domenico Bisceglie ‑ Cesare Parribelli ‑ Moliterno ‑Prodocimo Rotondo ‑ Giuseppe Albanese ‑ Pasquale Baffì ‑ Francesco Pepe.

Questi venticinque membri del governo provvisorio furono divisi in sei comitati:

 

Comitato Centrale, Comitato dell'interno, Comitato della Guerra, Comitato delle finanze, Comitato della Giustizia e della Polizia, e Comitato della legislazione.

Qualcheduno di questi comitati, incompleti al momento della formazione, per mancanza di specialità, si completarono in seguito.

Eccoli tali quali erano il 25 gennaio, 3° giorno della repubblica.

 

Comitato Centrale

 

Carlo Laubert, presidente.

Domenico Bisceglie ‑ Cesare Parabelli, Bassal ed Ignazio Ciaia ‑ membri.

Giulio segretario.

 

Comitato dell'interno ‑ incompleto

 

Baffi ‑ Raimondo di Gennaro.

 

Comitato della Guerra

 

Gabriele Manthonet, presidente.

Raffaele D'Oria, Girolamo Pignatelli ex‑principe di Moliterno ‑ membri.

 

Comitato delle Finanze

 

Prodocimo Rotondo ‑ Presidente.

Porta, Riario, Melchiorre Delfico ‑ membri.

 

Comitato di Giustizia e di Polizia

 

Nicola Fasulo, presidente ‑ Abbamonte ‑ membro.

 

Comitato della Legislazione

 

Mario Pagano ‑ Presidente.

Forges, Giuseppe Albanese, Giuseppe Logoteta membri.

Da parte sua, il corpo municipale fu rinnovato e venticinque membri eletti.

Questi venticinque membri erano.

Luigi Serra, supplito da Giuseppe Serra, suo figlio, Montemiletto, Filippo de Gennaro, Luigi Caraffa, Diego Pignatelli del Vaglio, Giuseppe Pignatelli, Vincenzo Bruno, Antonio Avella (Pagliuchella), Ferdinando Ruggi, Pasquale Daniele, Michele la Gerca, Clino Roselli, Ignazio Stile, Francesco Maria Gargano, Andrea Dino, Andrea Coppola, Andrea Vitaliano, Domenico Piatti, Carlo Jazeolla, Nicola Carlomagno.

Gli altri quattro nomi sono a noi sconosciuti.

Seguito dai nuovi membri del Governo provvisorio e del municipio, Championnet si recò alla chiesa di S. Lorenzo, edifizio antico, caro e sacro in una volta, al popolo, essendo stato sotto tutte le dinastie che rispettavano i privilegi della città, il luogo in cui si riunivano i parlamentari nazionali.

Là, in mezzo di una folla immensa di popolo, Championnet prese la parola e disse in buono italiano, essendogli familiare questa lingua:

« Cittadini,

« Voi governerete temporaneamente la Repubblica Napoletana; il governo stabile sarà eletto dal popolo, quando voi medesimi, costituenti e costituiti, governando colle regole che avete in mira per il novello statuto, abbrevierete il lavoro che esige la redazione delle nuove leggi: e per questo scopo di bene pubblico vi ho affidato ad un tempo, i carichi di legislatori e di governatori. Voi avete dunque autorità senza limiti, ma benanco, un debito immenso; pensate che è in vostre mani la suprema felicità, o la sventura suprema della patria, cioè la vostra gloria o il disonore. Io vi ho eletto, ma la vostra fama vi aveva scelto prima di me; voi risponderete con l'eccellenza delle vostre opere alla fiducia pubblica, che vede in voi uomini di un alto ingegno e di un cuore puro e amanti caldi e sinceri della patria.

« Nel costituire la repubblica Napoletana prendete, per quanto lo comportano gli usi ed i costumi del paese, esempio della Costituzione della repubblica francese, madre delle nuove repubbliche e della nuova civiltà: governando la vostra patria, fatela amica, alleata, compagna, sorella della repubblica francese. Che desse sieno una, sola con lei; sieno indivisibili. Non sperate felicità separati da lei. Pensate che i suoi sospiri saranno vostre agonie, e che s'ella vacilla voi cadrete.

« L'esercito francese che garentisce la vostra libertà, prende il nome di esercito napoletano, esso sosterrà i vostri diritti, vi aiuterà nelle vostre opere e nei vostri lavori, combatterà con voi e per voi. E difendendovi e morendo per voi, non vi domanderà null'altro premio che l'amor vostro. »

Questo discorso finì fra gli applausi, le grida dì gioia, e le lacrime della moltitudine, tale spettacolo era nuovo, quelle parole erano ignote ai Napoletani. Era la prima volta che proclamavasi la gran legge della fratellanza dei popoli, che è il supremo voto del cuore, l'ultima parola della civiltà umana.

Carlo Laubert, presidente del Comitato centrale, già carmelitano scalzo che era stato forzato sotto Ferdinando ad esulare per le sue opinioni liberali, e che era rientrato con l'armata francese, gli rispose:

« Certamente, Generale, la nostra libertà è un dono della Francia, ma strumenti di questo dono sono l'esercito e il suo capo; con minor valore, minor prudenza, minore sapienza, voi non avreste vinto esercito fanatico, dispersi popoli, ciechi di furore, espugnate rocche, superate in fine le difficoltà del cammino e della stagione. Sieno da noi, perciò, rese grazie alla repubblica francese, negli eserciti, ma grazie sopra tutto sieno rese a voi generale che ci appariste come l'angelo della libertà e della pace.

In questa terra medesima uscivano dai nostri cuori le prime aspirazioni verso un governo migliore, i primi palpiti verso la libertà e i voti più ardenti per la felicità della Francia. In questa terra medesima i nostri petti versarono il primo sangue, sotto i colpi della tirannide, qui le catene furono più gravi, qui i martiri furono più dolorosi, i massacri più terribili. Noi eravamo degni della libertà, ma confessiamolo, senza i falli del potere regio, senza la sferza celeste che punisce le coscienze conturbate dal rimorso, noi saremmo ancora sotto la dominazione di Acton, di Carolina, di Castelcicala, di tutti i satelliti del despotismo, i loro misfatti non bastavano, però che la pazienza dei popoli è infinita, ci volevano ancora, con questi misfatti falli enormi per cadere e quella forza vendicatrice che il Signore ha messo nelle vostre mani. ‑ Generale, ci avete portato il governo che conviene ad uomini. La repubblica sarà debito nostro di conservarla, ma voi pensate che, debole alla sua nascita come tutte le cose di questo mondo, avrà bisogno di sostegno e di consiglio, ella è vostra figlia, Generale. Ella è vostra opera, consigliatela, sostenetela. Se noi non ci crediamo degni del carico sublime che ci avete imposto, noi lo renderemo in vostre mani, perocchè al cospetto della grandezza del lavoro e della speranza che abbiamo avanti gli occhi, noi ci proponiamo per unico scopo il bene della patria. Interamente ad essa, gli è per essa che io giuro, e il governo provvisorio eletto da noi, ripete lo stesso giuramento a voi ed a Dio. »

E con una sola ed unica voce trasportato da meraviglia, ogni membro del nuovo Governo esclamò: Io lo giuro

Il giuramento fatto, il generale Championnet sortì.

Ma allora Mario Pagano diede ad intendere che voleva parlare a sua volta.

Mario Pagano del quale abbiamo pronunziato due o tre volte il nome, godeva di una grande riputazione e la meritava sotto tutti i rapporti. Nato a Brienza piccolo villaggio della Basilicata, egli era allievo di quell'illustre Genovesi che apri il primo ai Napoletani un orizzonte politico che fino allora era stato ad essi ignoto, amico di Gaetano Filangieri e guidato da questi due uomini di genio, divenne uno dei primi avvocati di Napoli.

La dolcezza della sua parola, la soavità della sua morale l'avea fatto soprannominare il Platone campano. Ancora giovane aveva scritto la giurisdizione criminale opera che fa tradotta in tutte le lingue, e che fu menzionata dall'assemblea nazionale francese. Venuti i giorni della persecuzione, Mario Pagano s'incaricò della difesa di Emmanuele De Deo e dei compagni di lui, ma la sua difesa quantunque brillante non potette salvare i tre poveri giovani le cui teste erano già predestinate. Però il Governo comprese che egli era uno di quegli uomini che vale meglio aver per sè che contro di sè. Mario Pagano fu nominato giudice del tribunale dell'ammiragliato, ma conservò in questo nuovo posto una tale energia di carattere ed una tale integrità, che di venne per Vanni un rimprovero vivente. Un giorno, senza imputarglisi alcun delitto, Mario Pagano fu arrestato e messo in una prigione, tomba anticipata nella quale restò circa tredici mesi. Al termine di tredici mesi fu trasportato in una prigione ove filtrava un raggio di luce. Al chiarore di questo raggio egli scrisse il suo discorso sul Bello, opera piena di dolcezza e di serenità. In fine senza esser dichiarato innocente, onde potesse la Giunta di stato stendere sempre le mani su lui, fu messo in libertà ma privato di tutte le cariche.

Allora comprese che non poteva più vivere su questa terra dell'iniquità e si rifugiò a Roma ma Mack e Ferdinando ve l'inseguirono ben presto e gli fu forza cercare un ricovero nelle file dell'armata francese.

Con essa era ritornato a Napoli e Championnet che conosceva tutto il suo merito erasi affrettato a nominarlo nel governo provvisorio.

Dicemmo che Championnet uscito che fu dalla Chiesa, Mario Pagano avea fatto segno al popolo che volea parlare alla sua volta.

Si fece silenzio, poichè amavasi la parola leale ed eloquente.

« Sì, cittadini, egli disse, siamo liberi, godiamo di questa libertà, ma non dimentichiamo che essa riposa sulle armi, i tributi, e la virtù, e che in una repubblica non havvi riposo per le armi, non avvi diminuzione di tributi, non àvvi salvezza nell'avvenire, se la virtù non è potentissima. ‑ A questi tre obbietti intenderanno la costituzione e gli atti del governo. Intanto poichè libero è il dire, aiutateci coi vostri lumi, noi seguiremo i vostri consigli con riconoscenza se i vostri consigli sono utili.

Ma udite, Voi principalmente giovani fanatici di libertà, voi che io riconosco alla gioia che brilla nei vostri occhi, udite gli avvisi di un uomo i cui capelli son caduti incanutiti più che dal soffio degli anni, dal pensiero del bene pubblico e da' patimenti del carcere, correte alle armi ma sotto le armi obbedite. Tutte le virtù contribuiscono all'ornamento di una repubblica, ma la virtù che più splende è quella dei campi. L'eloquenza, la ragione, il genio, fanno il progresso degli stati, il valore guerriero li conserva. Le repubbliche dei filosofi primitivi, imperocchè le società incominciano con le repubbliche, erano grossolane ‑ ignoranti, barbare ‑ ma durevoli, perchè erano guerriere ‑ le Repubbliche civilizzate soccombettero rapidamente, non per mancanza di buone istituzioni o di buoni oratori, ma perchè desse tollerarono che le armi restassero neglette.

Perciò in voi, più che in noi stessi, è l'avvenire della giovane repubblica. Il governo provvisorio dal momento che si dichiara legittimo e costituito, e pronto a compiere i suoi doveri ‑ i vostri cominciano, o giovani correte sotto la bandiera dei tre colori ‑ dessa è quella della libertà.

Nei giorni successivi il debito pubblico fu dichiarato debito nazionale.

Dei soccorsi vennero accordati alle vedove dei martiri della rivoluzione o delle vittime della guerra.

Il prezzo del pane e dei maccheroni fu diminuito.

Agenti repubblicani furono mandati in tutti i Comuni per isvilupparvi i principi di libertà e trasfonderli nella nazione.

L'artiglieria e la marina ‑ furono riparate ‑ una fregata ed alcuni bastimenti armati in corsa misero alla vela: le batterie delle coste vennero messe in istato da poter respingere gl'insulti degl'Inglesi.

Si mise in vigore l'istituzione dei giudici di Pace.

La repubblica napoletana fu divisa in undici dipartimenti ‑ i loro limiti fissavano le amministrazioni centrali e quelle dei Cantoni organizzati.

Si convocarono i corpi elettorali onde procedere all'elezione delle nuove autorità.

Fu formato un istituto nazionale: i talenti di ogni genere vi furono chiamati.

Gli stemmi vennero abbattuti ‑ i titoli, i fedecommessi, le feudalità ‑ le sopraintendenze si soppressero.

Si formò una società d'istruzione libera e annoverò ben presto più di 700 membri.

Coloro che avevano momentaneamente lasciato Napoli, ricevettero l'ordine di rientrarvi in un tempo fissato.

Fu emessa una nuova moneta col conio della repubblica.

Si formarono diverse Legioni, e l'esercito di linea venne ristabilito.

Gli scavi di Ercolano e di Pompei si ripresero con attività.

Finalmente fu aperto un concorso, per decreto di Championnet, per elevarsi all'entrata della grotta di Pozzuoli un monumento a Virgilio.

Ecco questo decreto.

 

CHAMPIONNET GENERALE IN CAPO

 

« Considerando che il primo dovere della repubblica è di onorare gl'ingegni, e di eccitare i cittadini all'emulazione, mettendo avanti ai loro occhi la gloria che segue fino alla tomba i grandi uomini di tutti i paesi e di tutti i tempi ‑ ordina quanto segue.

« 1.° Si eleverà a Virgilio un monumento in marmo nel luogo ove trovasi la sua tomba vicino la grotta di Pozzuoli.

« 2.° Il ministro dell'Interno aprirà un concorso nel quale saranno ricevuti tutti i progetti de' monumenti che gli artisti vorranno presentare ‑ la sua durata sarà di venti giorni.

« 3.° Spirato questo periodo di tempo una commissione composta di tre membri, nominata dal ministro dell'interno sceglierà nel piano, che sarà stato proposto, quello che gli sembrerà il migliore, e la curia eleverà il monumento la cui erezione verrà confidata a colui il cui progetto sarà stato adottato.

« Il ministro dell'interno è incaricato della esecuzione della presente ordinanza. »

 

CHAMPIONNET

 

curioso che i due monumenti votati a Virgilio, uno a Mantova l'altro a Napoli, sieno stati decretati da un generale Francese.

Quello di Mantova da Miollis.

Quello di Napoli da Championnet.

Del resto, onde provare a quali dettagli scendeva la dominazione francese che si è accusata di essere oppressiva, onde evitare qualunque rissa, prevenire qualunque conflitto fra Francesi e Napoletani, citeremo il seguente decreto emanato a proposito dei Teatri.

 

Il Generale Comandante la Piazza ed i castelli.

 

« I ricorsi che giornalmente mi pervengono dal municipio e dai direttori dei differenti teatri di questa città contro i militari di ogni grado, mi obbligano di richiamar questi al loro dovere per prevenirli regolarmente; quelli fra essi che insommessi alla disciplina, si dimenticano loro stessi, e dimenticano quello che devono alla società saranno puniti severamente.

I teatri in tutti i tempi sono stati istituiti per riprodurre il ridicolo, le virtù ed i vizi delle nazioni, degli uomini e della società: in tutti i tempi sono stati un luogo di riunione ed un oggetto di rispetto, d'istruzione per gli uni, di ricreazione tranquilla per gli altri, di riposo per tutti. In vista di tali considerazioni e dopo la rigenerazione francese, i teatri sono chiamati la scuola dei costumi.

In conseguenza di che, ogni militare, o qualsiasi individuo che si allontanerà dall'ordine, e dalla decenza che deve regnare in tutti i luoghi pubblici, sia personalmente sia con una approvazione o una disapprovazione smoderata verso gli attori, e finalmente in altro modo qualunque esso sia, sarà arrestato immediatamente e condotto dalla guardia di buon governo, alla casa del comandante della piazza per esservi punito secondo la sua mancanza.

Qualunque militare o altro individuo che malgrado le leggi e gli ordini dati dal Generale in capo di rispettare le persone e la proprietà pretenderà, come è avvenuto spesso, appropriarsi il posto di un particolare sarà egualmente arrestato e condotto al Comando di piazza.

Qualunque militare o individuo, che contro il buon'ordine e l'uso dei teatri cercherà di forzare la sentinella per entrare sulla scena o nei palchi degli attori o in mezzo alla rappresentazione, verrà anche arrestato è condotto al Comando della piazza.

L'uffiziale di guardia e l'aiutante maggiore della piazza sono incaricati di vegliare all'esecuzione del presente regolamento, e quelli che dal principio non faranno immediatamente arrestare gli autori, saranno considerati come complici e puniti come tali.

Il Generale Comandante la Città ed i Castelli

 

DUFRESSE

 

Il 22 gennaio, giorno della proclamazione della repubblica ‑ il progetto del decreto che servì di base al nuovo ordine di cose, era stato redatto al Castello S. Elmo da Logoteta ‑ patriotta calabrese di un gran valore, eletto dai patriotti napoletani.

Art. I. ‑ I patriotti napoletani e nazionali, considerando che Ferdinando di Borbone, dopo di aver tiranneggiato questo felice regno per oltre i 40 anni ‑ oppresso gli uomini da bene, ricompensato gli scellerati onorato i delatori e le spie ‑impoverito fino alla miseria un paese naturalmente ricco e fecondo; tollerato, in fine, dilapidazioni dalla sua perfida ed impudica sposa ‑ e che, dopo di aver attentato alla libertà della repubblica Romana, spogliandoci dei nostri beni, e trascinando per forza, in una guerra capricciosa ed ingiusta le braccia di tanti utili ed onesti cittadini, mettendo da parte la sua fuga vergognosa rinunciato al governo ‑ lo dichiarano, per queste ragioni, decaduto dal trono.

Art. II. ‑ I Patriotti napoletani e nazionali, dopo di aver dichiarato il trono vacante, protestano dinanzi all'Onnipotente ch'essi intendono ritornare alla loro libertà naturale, e vivere con un governo democratico, fondato sulla libertà e l'eguaglianza ‑ In conseguenza di che, proclamano la repubblica napoletana, e giurano avanti l'albero sacro della libertà, di difenderla col proprio sangue.

Art. III. ‑ La repubblica napoletana, considerando che la repubblica Francese ha inviate le sue truppe per cacciare il tiranno, e per dare la libertà a questo paese, sottoposto alla più dura servitù ‑ decreta che sarà eternamente riconoscente dei suoi benefici alla grande nazione.

Art. IV. ‑ La repubblica napoletana, considerando che l'esercito guidato dal virtuoso Generale Championnet alla liberazione di Napoli e sue provincie, ha bisogno di vestiario, d'armi, e di denaro per tutto il tempo in cui la sua presenza a Napoli sarà necessaria allo impianto del nuovo ordine di cose, autorizza i Generali Moliterno e Roccaromana, a servirsi di tutti i mezzi ordinari e straordinari per raggiungere questo scopo importante, dando loro potere di avvalersi dei cittadini probi ed isperimentati, affinchè non risulti alcun sinistro per questa misura.

Art. V. ‑ La repubblica napoletana manderà al più presto possibile una deputazione a Parigi, onde attestare la sua eterna riconoscenza alla grande nazione, e stabilire con essa un trattato d'alleanza e di commercio : e farà lo stesso colla repubblica Italiana, facendo insieme voti per la libertà Italiana ; altrettanto sarà fatto con la repubblica Batava ed Elvetica.

Art. VI. ‑ La repubblica napoletana, considerando che il tiranno aveva procurato, rispetto ad esso, lo sdegno della repubblica ligure, dichiara, che non intende in al cun modo restare in freddo, con un popolo libero ed Italiano. Essa incarica perciò i Generali Moliterno e Roccaromana, onde ottenere dal Generale Championnet, ch'egli scriva al ministro Francese a Genova, per accomodare le cose amichevolmente, e in modo degno di uomini liberi e virtuosi.

Art. VII. ‑ La repubblica napoletana, considerando le feroci ostilità commesse da alcuni uomini snaturati, prezzolati dall'antico governo, contro le truppe francesi, prega il Generale Championnet d'interporre i suoi buoni uffici presso il Direttorio esecutivo della repubblica Francese, onde si compiaccia di separare i delitti di qualche insensato, dalle virtù dei patriotti napoletani che per molti anni hanno dovuto soffrire a causa del loro amore per la libertà.

Art. VIII. ‑ La repubblica napoletana, considerando che gli schiavi del tiranno hanno lasciato i porti sprovvisti di cannoni e di altri mezzi di difesa, ciò che permette che vengano insultati dalle flotte nemiche, decreta che i Generali Moliterno e Roccaromana, di accordo col Generale francese, provveggano senza ritardo a questo interessante oggetto.

Art. IX. ‑ La repubblica napoletana conferma nei gradi che occupano attualmente tutti i militari che la servono e promette che dessi saranno considerati e ricompensati secondo i loro meriti ed i loro servizi; si farà immediatamente uno stato di terra e di mare di accordo con i Generali francesi.

Art. X. ‑ La repubblica napoletana, considerando che il tiranno ha lasciato un debito considerevole, e riflettendo al pericolo che tante famiglie corrono di esser rovinate, riconosce questo debito sotto il titolo di de­bito nazionale; in conseguenza, riguarderà come infame chiunque parlerà di bancarotta. Essa prenderà benanco un conto rigoroso dei tesorieri passati e si formerà una Commissione di Cittadini, versati in materie di finanze per studiare il vuoto delle banche, e risolvere, se vi è mancanza, per parte degli antichi deputati ed eletti.

Art. XI. ‑ La repubblica napoletana dovendo fare una costituzione e volendo evitare discussioni inutili, invita la nazione francese ad inviarle quattro o cinque dei suoi legislatori e di farle, ad imitazione di Roma, il prezioso dono di questa costituzione.

Scritto al Castello S. Elmo il primo giorno dell'anno primo della libertà napoletana.

Hanno firmato,

MOLITERNO Gen. in Capo.

ROCCAROMANA Generale.

 

Il 2 gennaio 1799 comparve un giornale, intitolato

il Monitore napolitano.

Era il primo che nel Regno delle due Sicilie veniva fondato da particolari.

Ciò che havvi di curioso si è che questo giornale era fondato e quasi interamente redatto da una donna, la stessa che erasi, traversita da uomo, introdotta al Castello S. Elmo con i patriotti, travestiti da lazzaroni.

Essa chiamavasi, come dicemmo, Eleonora Fonseca Pimentel.

Era nello stesso tempo, uno spirito elevato, un cuore d'oro, un anima eletta; era giovane, bella e poetessa, ed intanto, giammai, a Napoli, terra classica della calunnia, il menomo sospetto aveva sfiorato la sua reputazione: quasi fanciulla aveva fatto dei versi lodati da Metastasio, che aveale promesso la gloria; venne la rivoluzione che le arrecò la corona di lauro, ma le portò benanco la corona di spine.

In quanto alla tirannia, dessa le diede la morte, ma nel tempo stesso l'immortalità.

Essa si gettò nella polemica quotidiana con tutto l'ardore del suo maraviglioso temperamento, e, come abbiam detto, il 2 febbraio 1799 il V' numero del Monitor napolitano, comparve.

Abbiamo sotto gli occhi questo numero, ecco un frammento dell'introduzione scritto tutto intero dalla mano di quella nobile donna.

La collezione ne è divenuta estremamente rara, essendo state bruciate per mano del boia, quante ne rinvennero i Borboni al loro ritorno.

 

Libertà                   Eguaglianza

 

MONITORE NAPOLITANO

 

Sabato 14 Pluvioso anno VII della libertà 1° della

 repubblica Napolitana, una e indivisibile.

 

NUMERO 1.°

 

Finalmente siamo liberi!

 

Il giorno è finalmente venuto in cui possiamo pronunziare senza tema i nomi sacri di libertà e di eguaglianza, intitolandoci i degni figli della repubblica madre e degni fratelli dei popoli liberi dell'Italia o del l'Europa.

Se il caduto governo ha dato un esempio inaudito di cieca ed implacabile persecuzione, il numero dei martiri della patria si è aumentato ; ecco tutto. Nessuno fra essi ha indietreggiato avanti alla morte, e molti fra i più atroci dolori, fra i più atroci tormenti, sono rimasti sordi alle promesse d'impunità, alle offerte di ricompense, che mormoravansi alle loro orecchie; immutabili nella fede, immutabili nel convincimento.

Le passioni insinuate da tanti anni con tutti i mezzi di seduzione possibile nelle classi le più ignoranti del popolo, al quale con proclami, o istruzioni pastorali, dipingeasi la filosofica e generosa nazione francese con i più neri colori, le basse mene del Vicario Generale. Francesco Pignatelli, il cui nome solo eccita il disgusto, mene che avevano per iscopo di far credere al popolo che la sua religione, sarebbe abolita dalle armate francesi, le sue proprietà rovinate, le sue mogli, i suoi figli trucidati e violati, hanno sventuratamente macchiato di sangue la bella opera del nostro risorgimento. Vari paesi sono insorti per attaccare le guarnigioni francesi che eranvi stabilite, e soccombettero sotto la giustizia militare. Altri, dopo di aver trucidati molti dei loro concittadini, si armarono per opporsi al nuovo ordine di cose, e hanno dovuto finalmente cedere alla forza. La numerosa popolazione di Napoli, alla quale il Vicario Generale, per bocca dei suoi sbirri, stillava l'odio e l'assassinio, questa popolazione che durante sette giorni di un assedio feroce e di una sanguinosa anarchia, dopo essersi impadronita dei Castelli e delle armi, dopo di aver saccheggiato la proprietà e minacciata la vita di tutti gli onesti cittadini, questa popolazione osò opporsi per due giorni e mezzo all'entrata degli eserciti francesi. I bravi che lo compongono, sei volte meno numerosi degli aggressori, fulminati dall'alto dei tetti, dall'alto delle finestre, dall'alto dei bastioni, da nemici invisibili, sia nei cammini di traversa, sia nei sentieri montuosi, sia nelle vie strette, e tortuose della città, hanno dovuto conquistare il terreno palmo a palmo, più col coraggio intelligente che con la forza materiale. Ma come esempio di virtù e di civiltà da opporre a tante crudeltà ed infamie, a misura che il popolo furioso era forzato di deporre le armi, il vincitore generoso abbracciava i vinti e li perdonava.

Alcuni valorosi cittadini entrati nel forte S. Elmo, nella giornata del 19 e del 20 gennaio, avevano giurato di sepellirsi sotto le rovine di esso, ma nel tempo stesso di proclamare la libertà dal fondo stesso della loro tomba. Avevano drizzato l'albero simbolico, non solo in nome degli altri patriotti che le circostanze tenevano lontani da essi. Nella giornata del 21 gennaio, giorno mai sempre memorabile, giurarono fedeltà alla repubblica una ed indivisibile. In fine, il 23 alle due dopo mezzo giorno l'esercito vittorioso fece la sua entrata a Napoli.

Oh! fu allora veramente bello veder succedere fra i vinti ed i vincitori l'affratellamento alla carneficina, e di sentire il generale Championnet, in nome della sua invincibile nazione, confermare la nostra libertà, riconoscere la nostra repubblica, assodare il nostro governo, e con proclami numerosi e ripetuti, assicurare il possesso delle nostre proprietà e la tranquillità di tutti!

L'entrata traditrice del despota decaduto a Roma, la sua vergognosa fuga a Palermo, portando via con lui sui vascelli inglesi i tesori accumulati con le spoglie dei beni pubblici e delle fortune private, togliendo così alla nazione le ultime risorse del suo numerario, con un furto manifesto: tutto ciò è noto attualmente.

Cittadini, voi sapete il passato, voi vedete il presente; è a voi che spetta di preparare e di assicurare l'avvenire.

Da parte sua, e nello stesso tempo Carlo Laubert scriveva :

Istruzioni generali del Governo Provvisorio della repubblica Napoletana ai patriotti.

I patriotti vale a dire gli amici della libertà, dell'eguaglianza e dell'umanità, oppressa da sì lungo tempo da un esoso despotismo, non aspettavano che il giorno fortunato che vide fondarsi la repubblica Napoletana. La repubblica Napoletana, creata sotto gli auspici della grande repubblica francese, ha avuto la felicità di formarsi lungi da torbidi, e da tempeste popolari, in grembo alla pace quasi senza effusione di sangue, e sotto la protezione di un esercito liberatore e vittorioso : il centro dell'impero ha dato la scossa elettrica, che deve trasmettersi ai centri più lontani.

Napoli ha visto piantare sulle sue mura i l'albero fecondo della libertà, presago, dei suoi destini; il Vesuvio stesso si è mostrato sensibile a questa grande rivoluzione politica, che ridona l'esistenza ad un popolo lungo tempo addormentato nell'obblio del sepolcro, e i fuochi del vulcano, che pareano estinti da molto tempo, sonosi riaccesi d'un tratto uniti allo splendore delle illuminazioni di questa vasta capitale.

Il governo provvisorio è stato organizzato dal Generale in capo dell'armata francese, ed è attualmente in piena attività; si occupa a preparare il glorioso avvenire che è serbato al popolo napoletano, ed a fondare la repubblica su basi durevoli, imprimendo un movimento uniforme alle ruote della macchina politica. Il voto più ardente e sincero che possa formare il governo provvisorio è quello di riunire essenzialmente ciascuna parte della repubblica Napoletana a profitto della rivoluzione senza scossa, conciliando, per quanto è possibile, tutti gli animi e tutti i cuori onde prevenire trasporti, le reazioni rivoluzionarie, le funzioni, le dissenzioni e le violenze.

Rendere la rivoluzione dolce, farla amare, renderla utile al popolo e alle classi meno agiate, per far goderne quelle classi per tanto tempo infelici e tanto più bisognevoli delle cure di un governo libero, tale è lo scopo degli sforzi costanti dei repubblicani.

L'eguaglianza e la libertà son le basi della nuova repubblica.

L'eguaglianza consiste a far sì che la legge sia la stessa per tutti, e che protegga l'innocente povero contro l'oppressore ricco ed opulento. E nel tempo stesso che gl'impieghi non sieno più il prezzo dei favori e degl'intrighi ma del merito e della virtù.

La legge dell'eguaglianza non permette di riconoscere alcuno di quei titoli vani e fastosi che prodigava la caduta tirannia. Essa riconosce solo quello di Cittadino.

La libertà consiste, in questo, che il Cittadino può fare tutto ciò che non è contrario alla legge che non può nuocere ad alcuno.

Primo anello della catena sociale, essa deve riannodare fra tutti i figli della repubblica i legami dell'unione della fratellanza.

Sono questi i principi che tutti i patriotti sono chiamati a propagare e spargere. Essi non devono attendere l'ordine del governo per piantare nei loro rispettivi comuni l'albero della libertà, inalberare la coccarda tricolore ed organizzare i municipi che sono i primi magistrati popolari.

I Preti penetrati delle massime del Vangelo, che raccomanda l'eguaglianza e la fratellanza fra gli uomini, devono anche concorrere ai voti del governo e rendere la loro influenza utile facendo comprendere alle popolazioni i benefici della conquistata libertà e lo scopo della rivoluzione.

Tutti i cittadini sono invitati a sviluppare gli elementi del nuovo sistema e far comprendere alla nazione che avrà dei magistrati scelti da essa stessa, che, in luogo di delapidare il tesoro pubblico e di abusare del loro potere per opprimere i propri simili, al contrario, animati da un nobile sentimento d'orgoglio, si occuperanno solo ad incoraggiare l'agricoltura, far rivivere il Commercio, ristabilire la marina, e far fiorire tutti i rami dell'amministrazione pubblica.

Un suolo felice, favorito dalla natura, ed un governo saggio sapranno ben presto riparare e fare obbliare, qualche sciagura particolare, e qualche sacrifizio voluto dalle circostanze, risultato inevitabile delle guerre di rivoluzioni sopra tutto in un paese, che un Re fuggiasco e e spergiuro ha rovinato e spogliato, senza rispetto alle proprietà private nè a quelle della nazione, trasportando con lui e presso lo straniero i tesori di quelli ch'egli chiamava con impudenza: suoi sudditi, di quelli cui diceasi padre, e de'quali credevasi il sovrano.

D'ora innanzi il popolo solo è il sovrano, le leggi emanate dai suoi rappresentanti saranno l'espressione della sua volontà, e avranno per obbietto la felicità di lui.

 

Repubblicani ,

Voi tutti abitanti di qualsiasi parte degli stati Napoletaani, voi cui batte il cuore per la libertà, fatene conoscere al popolo gl'inapprezzabili vantaggi.

Riunitevi reciprocamente, più non temete le catene, nè le prigioni del tiranno. Andate, predicate, formate delle assemblee generali dei vostri concittadini e sopra tutto di quelli che voi conoscete come amici della libertà. Pronunziate dei discorsi al popolo, leggete tutti i proclami del Generale in capo dell'esercito francese e quelli del governo provvisorio della repubblica napoletana; gli alberi della libertà saranno piantati, la coccarda rossa gialla e bleù sarà inalberata, gl'inni repubblicani saranno cantati. Feste solenni riuniranno i nuovi figli della libertà e celebreranno questo beneficio.

« Organizzerete dei municipi, che saranno composti d'un presidente, d'un senato di sette membri, o di quindici, nei comuni di oltre le dieci mila anime, e non ammetterete in queste magistrature popolari, che partigiani conosciuti e pieni di zelo per la causa del popolo e della eguaglianza.

« Nominerete benanco dei giudici di pace per mantenere l'unione fra le famiglie ed i cittadini, e non darete il vostro suffraggio che ad uomini onesti e virtuosi : questi municipi e questi giudici di pace saranno scelti fra tutti i cittadini che vorranno volentieri riunirsi a questo oggetto, e sarà in seguito spedito al governo un processo verbale della loro elezione.

« Organizzerete anche delle Guardie Nazionali in ogni comune, affinchè tutti i buoni cittadini sieno al caso di mantenere i loro dritti, e spiegando l'attitudine che conviene agli uomini liberi, possano opporre una viva resistenza agli oscuri fautori della tirannia, che attraversano con sordi intrighi il corso della rivoluzione, e ridurli al bisogno, all'impotenza e all'inerzia.

« Patriotti, queste istruzioni sommarie vi basteranno. Il governo s'affida al vostro zelo. Esso ordinerà delle menzioni onorevoli per tutti i comuni e per tutti i cittadini in particolare che, con atti patriottici come quelli di sopra indicati, e che sono la regola di condotta dei repubblicani, preverranno le intenzioni del governo, e li apriranno comunicazioni nei diversi dipartimenti e provincia della Repubblica Napoletana, per organizzare le autorità costituite e consolidare la rivoluzione.

« Gli uomini generosi che avranno preceduto i propri concittadini nella carriera gloriosa della libertà saranno chiamati pei primi, a sostenere i dritti del popolo, ed a servire la patria nella rappresentanza, e nei tribunali, negli impieghi civili e nelle cariche militari. La repubblica deve essere riconoscente verso i buoni repubblicani, e questi esseri cari per la loro inviolabile fedeltà alla repubblica.

 

« LAUBERT ‑ Presidente.

 

Ecco quelle misure di violenza, di terrore, e di sangue, di cui parlano tutti gli scrittori realisti, e che sembrano tradotte dalle leggi di Licurgo e di Solone.

Ci sembra che tutto questo s'allontani di molto dalle istruzioni lasciate da Ferdinando ai comuni che ordinava loro di sollevarsi e di trucidare i giacobini, e di quelle raccomandate da Carolina al Vicario Generale, che abbandonavano la città all'incendio, e la popolazione alla morte, dai notai in sopra.

Gli uomini lasciati al libero arbitrio, essendo chia­mati a scegliere fra il bene ed il male ‑ cosa meravigliosa! ‑ scelsero il male.

Gesù aveva detto: Essi avranno le orecchie e non sen­tiranno, avranno gli occhi e non vedranno.

 

 

 

 

 

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