Confessioni di Maria Carolina.
Da lei personalmente scritte in punto di morte[ 1].
« Diffidente dei preti cortigiani, che vendono nella
reggia acqua benedetta ed assoluzioni a peso d'oro, spiata, oppressa e
repudiata dai miei congiunti, confido i traviamenti miei all'onesto e
compassionevole abate di Hezendorf; lui solo avrà pietà di me e pregherà pel
mio perdono. Lui apprenderà all'Europa ( pubblicando questo scritto) le mie colpe ed il mio
pentimento.
» Alla terra devo la mia polvere, all'umanità il racconto
dei miei falli; lo scettro, il trono, la corona, non garantiscono i principi
dalla morte e dalle crudeli espiazioni. Coloro che invidiano le nostre
grandezze , imparino da me che siamo i più infelici , perché a noi mancano la
verità degli affetti , le gioie della famiglia e la compassione alle altrui
sofferenze, la più sublime delle umane virtù.
» Nacqui da una madre che reggeva un impero (Maria
Teresa), e sin dalla prima infanzia mi persuasi, che divenuto regina (e non ne
dubitava), dovessi come lei governare lo stato,
» Mi educarono imperialmente, cioè nel disprezzo
dell'umanità, che tutta io vedeva prostrata ai miei piedi per farsi calpestare.
La natura mi donò la bellezza e l'ingegno; e siccome sovranamente venusta era
la mia genitrice e vaghissime le mie sorelle, conchiusi che la natura istessa
prodigasse esclusivamente ai principi la beltà ed il genio.
Imparai molte lingue, non esclusa la greca e la latina,
studiai coi miei germani Giuseppe e Pietro Leopoldo le lettere e la filosofia,
e divenni spregiudicata, spirito forte, e desiderai com'essi quelle
riforme che mettessero fine alle usurpazioni del sacerdozio ed innalzassero a
potenza somma il principato. Libertà, progresso , diritti del popolo , furono
sempre per me parole senza significato. Considerai sin dalla prima gioventù gli
uomini destinali ad ubbidire ai principi e di null'altro mi occupai.
» I miei sensi ardentissimi, la fantasia più che
romantica, mi rivelarono di buona ora certi sollazzi, che nella giovinezza e
nell'età matura divennero per me bisogni imperiosi della vita.
» Sposa di Ferdinando IV, d'un re di tre lustri e mezzo,
padrone del più bel paese del mondo, partii da Vienna con la mente colma di
poesia e di amore. Io doveva governare il re, il reame e dividere la mia vita
tra, le cure di regno, gli studi piacevoli e gli affetti del consorte, ch'io
credeva istrutto, gentile e cavalleresco.
» Sui confini del
regno si dissiparono tutte le mie illusioni, trovai il più bestiale e golfo
principe nel marito ed il più zotico dei ministri, che regnava e governava al
suo posto. Aborrii l'uno, detestai l'altro e posi ogni studio per dominare
l'imbecille e soppiantare il ministro; ma l'accidia del giovane Ferdinando, il
più grande dei suoi vizi , m'impediva ogni successo : ci non poteva sottrarsi
dall'influenza di Tanucci e dallo spavento di occuparsi degli affari del regno
con altro ministro o con me. Divorata dall'ambizione, sperai d'aver prole
maschile , e così intervenire nei consigli pel diritto che ne aveva dalla
scritta matrimoniale; ma la fortuna contro di me volgendosi partorii tre
figliuole l'una dopo l'altra; quasi abbandonata nella reggia, e non potendo
mescolarmi di governo, volsi l'ingegno a crearmi un partito ed a soddisfare le
mie passioni. Mi circondai dei più dotti di Napoli, parlai con essi di libertà,
di progresso e di riforme, e feci desiderare a tutti la mia intervenzione nel
governo.
» Un polacco impiegato nella corte di Vienna , mi aveva
seguito a Napoli come cavaliere di onore : era vago come l'Adone antico , mi
amava freneticamente , ma non osava palesarmi il suo amore; io gli agevolai la
via passeggiando sola con lui nei giardini del palazzo. La prima tresca
annodossi , ma essendomene infastidita gli diedi per successore il principe di
Caramanico; l' infelice se ne avvide, e partì per la guerra d'Ungheria, ove si
fece uccidere. Il giovane sacerdote F.... cappellano della real chiesa del
palazzo, mi piacque oltremodo, lo feci segretamente introdurre nel gabinetto di
toeletta...., udii rumori di passi, e subito mutando atteggiamento conclamai,
gridando all'oltraggio, all'offesa, come la sposa di Putifar; il re che
sopravveniva, trovò il misero quasi dissennato, credendo perfidia mia l'opera,
dell'azzardo. Gli misero un bavaglio in bocca (io lo suggerii perché non
parlasse e mi accusasse), lo caricarono di catene, lo strascinarono in un
sotterraneo del Castello Nuovo, e quivi lo finirono strozzandolo.
» In Francia ed in Alemagna parlavasi molto dei liberi
muratori (frammassoni); i dotti napoletani che io vedeva mi fecero comprendere
che vi fossero iniziati. Una smania ardentissima di conoscere i loro misteri mi
agitava, dimandai di far parte delle loro congreghe, ma al patto di saperne i
più reconditi misteri, i più segreti arcani : mi risposero dovermi sottoporre
in nome dell'uguaglianza alle prove della iniziazione ed alla gerarchia dei
gradi. Figlia di Cesare ed avversa all'eguaglianza, mi credei oltraggiata, e
odiai la setta ed i settari ; ma non rinunziai a penetrarne i misteri e per
riuscirvi adoperai ogni mezzo, le seduzioni, le corruzioni e perfino le mie
carezze.
» Eravi un tedesco, che luminosa carica esercitava nel
palazzo, maturo d'anni, non bello, ma di me pazzamente innamorato. Di gran
lunga iniziato alla setta, ne possedeva tutt' i segreti. Accesi provocandolo i
suoi deliri, lo sedussi , lo allacciai nelle mie spire fascinatrici , e da lui
non senza lotta disperata seppi in parte ciò ch'io desiderava; cogli stessi
mezzi appresi dagli altri amanti il dippiù, e allora convincendomi che i frammassoni
erano i nemici dei troni, decisi di perseguitarli aspramente, ferocemente, non
come frammassoni (la filosofia alla moda e l'esempio dei miei fratelli
lo impedivano), ma quali cospiratori e ribelli
; i tempi e le vicissitudini me ne porsero il destro.
» Nel 1777 avendo avuto finalmente la desiderata prole
maschile, entrai nel consiglio di stato, ove con arte e con ingegno opponendomi
sempre al ministro e disponendo dei suffagi di tutti i consiglieri, l'obbligai
a ritirarsi.
» Governai col principe della Sambuca e col marchese
Caracciolo, che l'uno dopo l'altro presi per amanti, onde più docili, più
sommessi ubbidissero ai miei ordini nel governo del regno.
» Correvano i tempi della filosofia e dell'emancipazione
dal papato, io continuai nelle riforme di Tanucci contro il sacerdozio,
acquistai fama di sapientissima , ed ebbi plauso ed encomi dal filosofi.
» Nel 1779 a premura di Caramanico veniva nel regno un
Giovanni Acton inglese ed era preposto alla direzione della marina : ci
piacemmo e fummo d'accordo subito. Caramaníco fu allontanato e morì dì veleno
in Siciliaa ma non propinatogli per maleficio di Acton, come ne corse la fama,
sibbene per opera di potente nemico sacerdotale, che risedeva a Roma.
» La corruzione di Acton, i suoi gusti, i suoi sistemi politici, tutto
uniformandosi alle mie inclinazioni, i nostrì legami divennero per lunghi
anni infrangibili; e quantunque per sola lussuria a me piacesse variare,
giammai mi venne in mente di allontanarlo da me. Amai quell'uomo fra tutti,
giudicandolo come necessario esistenza.
» Nel 1781, correndo il decimoterzo anno del mio regno e
governando con l'Acton, ci trovavamo sovente imbarazzati e trattenuti nella
spedizione degli affari dall'accidia del re, che ricusava quasi sempre di
apporre la sua firma ai decreti , e fuggivasene a Caserta, a San Leucio ed a
Persano o a Mondragone; allora pensammo di farlo morire di veleno : Acton era
figliuolo d'un medico, io qualche cosa intendeva di chimica, preparammo insieme il
veleno vegetale del Lauro ceraso (la belladonna) e nel vino glielo amministrai io stessa in una cena a
tarda notte; ma fosse scarsa la dose o resistesse al veleno il suo robusto
temperamento, ei non morì, invece si accrebbe in lui da quel dì la pigrizia e
divenne più bestia , più idiota di prima ed al punto che io doveva sempre
suggerirgli le risposte in tutte le occasioni.
» Fui così punita dall'istesso mio fallire, e quel
delitto che lo consumai per esser libera con l'Acton , mi condusse ad altri
misfattil L'imbestiato Ferdinando , come guidato da segreto ed inesplicabile
istinto dalla notte del veneficio, o non curavasi dei doveri matrimoniali o si
assentava per mesi dalla reggia, e continuando la tresca con Acton fui
costretta più volte...
» In quel tempo, e prima ancora, fu detto ed accertato
per Napoli, che la sera per lubricità di sensi io visitassi il lupanare della
via San Camillo, e quivi in sacerdotessa di Venere mi trasmutassi. La fama non
mentì sulle visite da me fatte a quel tristo ricovero d'impurità; ma ne esagerò
lo scopo ed i fatti. Furente gelosia di Acton mi spinse ad accettare la
scommessa della perversa marchesa di Santo Marco, inosservata vidi ciò che si
faceva, ma non m'insozzai. L'immaginazione però fu talmente colpita da quanto
vidi, che più tardi me ne servii per riadescare Ferdinando e strappargli così
le firme di cui aveva bisogno per gli affari del regno
» La rivoluzione di Francia, che sin dai primi movimenti
del popolo giudicai fatale pei troni, venne a confermare il mio odio pei
frammassoni, che or da filosofi, or da enciclopedisti , avevano provocato
quello scoppio , e continuavano a soffiare nel fuoco della sedizione. Ebbi
intorno a me sicari e spie cogli onori e le reali munificenze , volli
riabilitare l' infame mestiere di delatore. La rivoluzione della Francia
accrebbe le mie ire, e quando udii la tragica fine della mia germana Maria
Antonietta e di Luigi XVI, promisi a me stessa di vendicare su tutti gli uomini
se l'avessi potuto la morte dei miei congiunti, spingendo l'Europa a
mortalissima guerra contro la Francia; annodai coalizioni, sedussi coll'oro e
colle carezze un colonnello degli usseri imperiali e lo decisi ad assassinare i
plenipotenziari della repubblica francese inviati al Congresso di Radstadt e
così feci svanire ogni speranza di pace. Falsificai dispacci per indurre alla
guerra il goffo Ferdinando, e quando dubitai che un corriere portasse lettere
che scoprivano le mie insidie, quel corriere designato come giacobino da' miei
agenti fu in un baleno messo a brani dal popolo. Uscì il nostro esercito a combattere i Francesi negli stati romani;
ma tornato vinto e disfatto ci decidemmo a fuggire in Sicilia sulle navi di
Nelson , lasciando ordini spietati e crudeli per distruggere non solo la
flotta; ma anco la città di Napoli da cima
a fondo. Pignatelli vicerè non ebbe I' animo per compiere l'impresa, arso il
naviglio , vuotò le galere e le prigioni , armò il popolaccio ; ma poscia
impaurito ricovrò anch'esso in Sicilia ed io lo feci seppellire in una torre
come traditore.
» Una donna inglese divenuta druda di Nelson fu da me
accarezzata nel solo di segno di
giovarmi di lei presso l' ammiraglio britannico. Con quella donna divisi
sovente la mensa, il bagno.... il
talamo...... Usciti i Francesi da
Napoli per virtù di superstiziose turbo guidate da un corrotto cardinale,
sapendo che una capitolazione salvasse i repubblicani di Napoli dalle vendette
mie, con carezze e ricchissimi doni vinsi ed inviai a Nelson la sua amante Emma
Lyona , e per mezzo suo ottenni quanto io desiderava, vendicarmi de' ribelli
ed esterminarli.
» Ritornata nel regno continuai nelle asprezze e nei
disegni di muovere l'Europa contro la Francia divenuta preda del Bonaparte.
» Una nuova guerra iniziossi a mio suggerimento; ma vinti
gli Austriaci, debellati i Prussiani, non trovai altro scampo per salvare il
regno da nuova invasione francese, che di ricorrere a Paolo I imperatore di
Russia, il quale proteggendomi frenò la collera di Napoleone e fermò i passi
del suo esercito.
» Nuove insidie preparai, e contro i trattati truppe
moscovite ed inglesi accolsi nel regno; ma di nuovo prevalendo la fortuna di
Bonaparte, non tardarono le sue vendette a colpire la mia casa.
» Ferdinando ai primi annunzi dell'avvicinarsi d'un
esercito francese codardamente come sempre, fuggissene in Sicilia: rimasi sola
per resistere ed anche combattere; ma i Russi e gl'Inglesi mi abbandonarono,
celermente imbarcandosi sulle loro navi, ed i popoli, che io cercai di
fanatizzare con la religione, non corrisposero ai miei desideri, mostrandosi
più inclinati a favorire una nuova signoria, che a difendere l'antica. Mancò il
popolo, mancò l'esercito, e quantunque io agognassi di vedere da vicino la
guerra fui costretta anch'io di ricovrarmi in Sicilia.
» Entrarono i Francesi nella capitale con festose
accoglienze, fu re, di Napoli Giuseppe Bonaparte; e sebbene tutto il
regno, eccetto le Calabrie, fosse a foro sottomesso, non rinunziai di lottare
contro la loro dominazione. I briganti, i facinorosi, i più scellerati uomini
da ma sedotti con lettere, con doni, con maniglie di miei capelli inviai a
sconvolgere e depredare il regno. Il corso Saliceti ministro della polizia a me
infesto per l'ardimento e l' ingegno riuscì a far rapire dal mio gabinetto le
più segrete corrispondenze; tentai con l'oro di riaverle, e non riuscendo,
decisi di far crollare con sotterranea mina il suo palagio, onde seppellirlo
sotto le mine insieme alle mie involate carte. Io stessa dettai minutamente le
istruzioni e designai gli esecutori tra i miei più fidi agenti; la casa crollò,
ma il ministro ne fu illeso.
» La guerra nelle Calabrie prese proporzioni di guerra di
nazionalità e d'indipendenza; e comechè vi si mescolasse la società segreta dei
carbonari in nome della libertà,
aprii pratiche coi capi di essa, e giovandomi della loro opera promisi liberi
ordini e costituzioni e parlamenti se fossi ritornata nel regno. I Siciliani,
che prima mi avevano amato, per astio verso i Napoletani della corte e odio
contro i ministri mi si mostravano avversi : anche in Sicilia era surto e
particolarmente a Messina un partito francese ; contro di questo mandai un
marchese Artale siciliano, che ripeté gli stessi strazi delle giunte di stato
di Napoli a danno dei Messinesi, martoriando ed uccidendo i colpevoli e
gl'innocenti. Molli nobili tra i più illustri di Sicilia tentarono di dare
opposizione al governo, gli feci imprigionare e poi condurre e nelle segrete delle isole di
Sicilia. Giunse in quel tempo lórd Bentinck come ambasciatore dell'Inghilterra
e supremo duce della flotta e dell'esercito di questa nazione. L'odiai nel
vederlo, e più l'abborrii quando provò d'immischiarsi negli affari dello stato
e di favellare d'una costituzione liberale.
» Intanto Acton aveva ceduto agli ordini del suo governo
ed erasi impalmato, con una giovane inglese allontanandosi da me e dagli affari,
anzi da ingrato contro di me operava ed a favore dei suoi inglesi. La druda di
Nelson , Emma Lyona , era partita e piangeva la morte dell'ammiraglio ucciso a
Trafalgar; intorno a me non rimaneva come consigliere, che il cavaliere Luigi
de'Medici col quale io aveva avuto intimi rapporti di affetto.
» In quel tempo segrete lettere dell'imperatore
Alessandro di Russia ingiungevano a tutt'i sovrani d'Europa di lusingare, di
allucinare con benevoli parole il corso Bonaparte, onde fargli credere che
fosse gradito alle vecchie stirpi reali, attirarlo fra i lacci delle corti e
separarlo dai popoli ; questa segreta, ingiunzione, l'odio contro l'inglesi ed
il Bentinck, e l'avere il Bonaparte sposata Maria Luisa d'Austria figliuola di
mio nipote, mi determinarono ad aprire una corrispondenza con Napoleone e
riuscii scaltramente a stringer seco patti per scacciare gl'Inglesi
dall'isola., Queste occulte intelligenze col Bonaparte contrariarono la
spedizione tentata da Gioacchio Murat contro la Sicilia e mi aprirono l'adito
di corrispondere col general Manhes, che comandava da padrone assoluto nelle
Calabrie.
» Bentinck e gl'inglesi unendosi col mio proprio figlio
Francesco duca di Calabria, vigliacco più di suo padre , ipocrita, finto,
bacchettone, constrinsero Ferdinando a rassegnare l'autorità regale nelle mani
dell'istesso duca di Calabria, ch'ebbe il titolo di vicario generale, e per
consiglio dell'Inghilterra accordò una costituzione liberalissima ai Siciliani.
» Tornarono dalle isole i nobili prigionieri e furono
ministri ; Ferdinando ritirossi nella villa della Ficuzza e continuò a
cacciare, a udir tre messe al giorno e ad insozzarsi con una mala femmina, una
Luisa Migliaccio principessa di Partanna , da moltissimi posseduta e da molti
appigionata come una casa o un podere.
io fui rilegata nella meschina villa di Castelvetrano e
circondata di spie e di soldati del Bentinck.
» Non piegai al destino, non cedei alla prepotenza
forestiera; e sebbene abbandonata dai grandi dello stato, impiegai ogni mezzo per
distruggere gl' Inglesi e i loro partigiani di Sicilia. I preti, i frati
aizzando contro l'eresia degl'Inglesi me ne servii per ispirare gli stessi
sentimenti nel popolo, il partito liberale indipendente accarezzai, aprii
pratiche coi carbonari della Calabria e promisi ad essi costituzioni e libertà,
persuasi l'infingardo re di riprendere le redini dello stato, e come il più
grande ostacolo ai miei disegni offrivasi nel duca di Calabria, il mio proprio
figliuolo Francesco, ligio agl'Inglesi a me nemico, decisi di farlo morire....
Non mi trattenne la voce del sangue, non mi spaventò la colpa, non sentii
sgomento dall'enormezza del caso e dalla tristizia della fama : donna regale ed
offesa, non udii che i consigli della vendetta, né cedei che agli stimoli dell'ambizione;
la passione di comandare vinceva in me i dolci affetti della natura... Ora
punita, proscritta, abbandonala sento l'orrore del crimine, allora mi
abbandonai all'ebbrezza del vendicarmi...... Comprai
il medico del duca di Calabria, egli gli porse il veleno, ma debole rimase sul
cammino del reato; egli stesso lo avvertì, gli amministrò i preservativi, lo
salvò dalla morte, non dalla spaventevole malattia a cui soggiacque finché
visse, da un generale rilassamento di fibra, che fecero di lui un vecchio
disfatto e caduco nell'età virile.
» Bisognosa sempre di danaro ed avvertita che uno dei
magistrati della seconda giunta di stato, il siciliano Speciale, possedesse
contomila once d'oro, che rapinando e vendendo la giustizia aveva accumulate ed
avaramente custodiva nella propria casa, gliele feci dimandare in prestito, e
certa delle sue ripulse, feci circondare la di lui casa da fidati agenti,
presaga di quanto dovesse accadere. L'avaro dopo aver giurato al mio
messaggiero che nulla possedeva, la notte disponevasi a portare altrove suo
tesoro; ma assalito dai miei agenti si vide
rapire il tesoro e ne impazzì e dopo
brevi giorni di furiosa demenza ne morì.
» La fama attribuì l'insania e la morte ai rimorsi delle
suo atroci condanne; io mi persuasi sempre più che bugiarda la fama erroneamente
giudicasse le azioni degli iomini.
» La malattia del duca di Calabria, il denaro di Speciale
, la promessa di Ferdinando di mostrarsi una volta fermo e deciso nel lungo suo
regno , gli accertati aiuti di Bonaparte, tutto arrideva ai miei disegni, onde
nel gegnaio del 1813 troncando ogni esitanza feci rientrare il re a Palermo e
pubblicare un manifesto, che annunziava il suo ritorno alle cure dello stato.
Bentinck non piegò; ma adunato il suo escrcito minacciò la città, minacciò il
re e fieramente insultommi; era d'uopo respingere la forza con la forza e far
cominciare dal popolo il massacro degl' Inglesi. Tutto era pronto, l'ora della
vendetta stava per suonare, io già mi accingeva dare il segnale .... quando la vigliacca
natura di Ferdinando riprendendo il suo imperio , pria ricusò di mostrarsi al
popolo , poi ruggì dalla reggia, e finalmente , re d'un giorno, tornò ad
affidare le redini del governo al principe Francesco come vicario generale, e
soffrì che fossi sbandita dalla Sicilia coi modi più ingiuriosi e soldateschi.
» Sbattuta dalle
tempeste verso barbari deserti lidi, dopo lunga e pericolosa navigazione
pervenni a Costantinopoli, e di là per la Servia e l'Ungheria mi ridussi a
Vienna; ma quivi i miei dolori raddoppiano, io muo....io.
» 7 settembre 1814
Carolina
[ 1] : Da "Storie
segrete Dei Borboni di Napoli e Sicilia" per GIOVANNI LA CECILIA. Ed.
Salvatore di Marzo, Palermo 1860.