CROTONE |
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Nei primi giorni di febbraio del 1799 giunse a Crotone la notizia
che Ferdinado IV, atterrito
dall'avanzata dell'esercito francese, era scappato e rifugiatosi in Palermo.
In quei giorni si trovava nel porto una nave francese proveniente da
Alessandria con 39 soldati comandati
da un colonnello e da un ufficiale
medico. Alcuni abitanti di Crotone, di idee liberali e desiderosi di
proclamare la Repubblica, presero contatto con i francesi in rada e
concordarono un piano per la presa della città. Nella notte del 3 febbraio si
portarono, insieme, al Castello, dove a presidio della città c'era una
guarnigione borbonica agli ordini del colonnello napoletano Fogliar. Di
nascosto attesero che la porta si aprisse alle prime luci del giorno per permettere ai contadini di recarsi in
campagna. Appena questa fu aperta i repubblicani con mossa repentina
entrarono e si impossessarono del
Castello sorprendendo tutti. |
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Il Castello Carlo V |
Dopo
avere chiuso nella prigione tutta la guarnigione si recarono in città ad
annunziare il "fausto avvenimento" invitando il popolo ad
acclamare e festeggiare per il nuovo corso politico. Dagli
scritti di Armando Lucifero apprendiamo che alla testa dei patrioti si trovavano:
Giuseppe Suriano, il Barone Francescoantonio Lucifero, Bartolo Villaroja,
Domenico Cerrelli Raffaele Olivieri e il sacerdote Don Gaetano Lucifero.
Quasi tutta la città partecipò con soddisfazione "gridando evviva ai
francesi e alla libertà". Pochi non presero parte a quelle
manifestazioni in quanto devoti ai borboni: i Farina, De Mayda e
Morelli. Le campane del Vescovado suonarono richiamando tutta la popolazione,
riunita per stabilire subito i primi provvedimenti da adottare. Il colonnello Fogliar fu sostituito da
Giuseppe Ducarne, patriota di Licata che si trovava prigioniero nelle carceri
di Crotone. Fu costituita una guardia repubblicana che insieme ai soldati
francesi assicuravano la sicurezza del Forte e della città. Si decise di
aderire alla Repubblica Napoletana, da poco proclamata, e di provvedere alla
nomina dei Deputati. |
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Il 6 febbraio tutti gli abitanati di Crotone si
riunirono in Largo di S. Francesco per eleggere "tra i migliori cittadini
" i propri rappresentanti. Bartolo Villaroja tenne un comizio per
elogiare e ringraziare i patrioti ed i francesi che avevano liberato la città
dalla passata tirannia e per spiegare i vantaggi che sarebbero venuti da un
nuovo governo democratico. Vennero
prescelti con acclamazione generale: Giuseppe Suriano, Antonio Scarriglia,
Girolamo Asturi, Luigi Demeo, Domenico Cirelli e lo stesso Villaroja. Immediatamente si decise di partecipare la
democratizzazione di Crotone al Governo Provvisorio della Repubblica
Napoletana e su proposta del Cerrelli l' erezione di un "albero
della Libertà", la cui costruzione fu affidata a
Francescoantonio Capocchiani. L' 11 febbraio in Piazza del Duomo, davanti ad
"una immensa folla con entusiastica gioia" ci fu la
cerimonia dell' innalzamento dell' Albero benedetto dal Vescovo Monsignor
Cojro. Il 18 febbraio poiché il Governo Napoletano indicava
in otto il numero dei deputati per le città
come Crotone (meno di 10.000 abitanti) furono prescelti anche il
Marchese Francesco Saverio Lucifero e Franceso Zurlo entrambi appartenenti
alla Nobiltà. "Il Villaroja ebbe in quei giorni un
figliolo; ed alla gioia della sua nascita credette di aggiungere quella di
una funzione clamorosa, facendo battezzare il bambino a piè dell' Albero
della Libertà, con l'intervento del Vescovo e del Clero, e di tutti i
notabili della cittadinanza. Al Bambino fu apposto il nome di Libertino"(Armado
Lucifero: il 1799 nel Regno di Napoli). Ai primi di Marzo arrivò la notizia che il Governo
Provvisorio aveva inviato nelle Calabrie un reparto dell'esercito comandato
dal calabrese Giuseppe Schipani, sia per tutelare le città repubblicane e sia
per portare alla Repubblica Napoletana quelle rimaste "devote all'antico
regime". Questa notizia riempì di gioia i cittadini di Crotone, ma purtroppo poco dopo si seppe che l'esercito repubblicano era
stato sconfitto presso alla Castelluccia da alcune truppe a massa raccolte
dal brigante Sciarpa e fedele ai borboni. La situazione divenne ancora più
preoccupante quando si seppe da alcune persone provenienti da Reggio dello
sbarco a punta del Pezzo del Cardinale Ruffo, deciso ad abbattere la
Repubblica Napoletana e a restaurare la monarchia Borbonica nel Regno di
Napoli. Gli
abitanti di Crotone sapevano che il Cardinale riteneva molto importante la
riconquista della loro città e che l'avrebbe sicuramente attaccata per
riportarla sotto il controllo borbonico. Ma fidavano molto sulle robuste mura
della città e sulla scadente disciplina delle forze sanfediste, e si
prepararono a difendersi ed a resistere. |
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Il 14 marzo il cardinale Ruffo inviò un corpo di
3000 uomini giudato dal colonnello Perez, dal tenente Rocco Raimondi, da
Giuseppe Spadea e Giovanni Celia da Gasperina. Le truppe si fermarono a Cutro
per il mal tempo e allora il Perez pensò di mandare a parlamentare il
capitano Dardano per chiedere la resa della città. Il comandante del presidio
crotonese ed il colonnello francese si determinarono per la difesa ad
oltranza. Il Dardano si recò allora presso alcune famiglie di fede borbonica
per organizzare probabilmente un complotto dall'interno della cittadina, così
come era accaduto in Catanzaro. Ma la mattina del 17 marzo, domenica delle
Palme, il Dardano viene scoperto ed arrestato insieme al Barone farina ed al colonnello Folgiar ex comandante
borbonico della guarnigione liberato durante i festeggiamenti per la
repubblica. |
Mura di cinta di Crotone |
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Il 18 marzo alle prime ore del
mattino le truppe del Cardinale Ruffo cominciarono ad attaccare con colpi
di cannone la città. Si tenne un consiglio di guerra che decise per la difesa
ad oltranza. Probabilmente i crotonesi ed i francesi sottostimarono il numero
degli assedianti tant'è che di notte tentarono una sortita. Ma il nemico, forse
anche preavvertito da qualche spia,
rispose all'assalto e respinse
le forze repubblicane. Rimasero sul campo molti patrioti e soldati francesi.
Una piccola ciurma comandata da Marincola detto "panzanera" rincorse
i fuggitivi fino alla porta e riuscirono a penetrare nella città.
"...poco dopo il colonnello Perez ed il capitano Raimondi, alla
testa delle proprie schiere, a cui faceva codazzo una immensa moltitudine
accorsa dai paesi vicini e lontani, per la speranza del saccheggio, ch'or
diventava certezza, entravano trionfalmente in Crotone". (Armado
Lucifero: il 1799 nel Regno di Napoli).
Tutti i repubblicani superstiti si rifugiarono nel
castello. Le orde sanfediste , "accresciuta dalla
plebe crotonese, che da repubblicana col Sole, era, per incantesimo, divenuta
borbonica col tramonto", cominciò a saccheggiare i palazzi dei
Nobili spogliandoli di ogni cosa. Successivamente passarono anche alle case
dei meno abbienti e non c'era modo di fermarli. Il 20 marzo
fu conclusa una resa del castello col patto di lasciare in libertà tutti i
cittadini che vi erano rinchiusi. L'esercito detto della "Santa
Fede" si dimostrò piuttosto come l'esercito della "Senza
Fede" alla parola data e quando uscirono i repubblicani dal castello furono
immediatamente imprigionati. |
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Il 22 marzo, Venerdì Santo le truppe del Cardinale
erano padrone di tutta la città ed il Castello e tutti quelli che si erano
dichiarati favorevoli alla repubblica ormai erano in carcere insieme ai loro
familiari.
La rozza plebaglia che è sempre pronta a schierarsi
col vincitore ed implacabile coi vinti, raccoglieva contenta i "rimasugli
del bottino", ebbra ed euforica andava cantando:
E mmo
vena Paniigranu Ccu ianca
carta mmanu, Ppi farti
la ruvina Di la
nfama Donna Bettina. |
E mmo ve
venaRoccu Petruni D'i
cutrunisi chiamata latruni, Ccu nu
forti ed auto ciucciu Ppi
frustari a Nisi Curciu. |
E ri
Nobili cutrunisi Su
ncappati intr'u mastriddu M...
nfaccia a Don Martiddu |
Donna Bettina era moglie di Mirtillo Grimaldi e Dionisio
Curcio un ecclesiatico; entrambi di sentimenti liberali. Panedigrano e Rocco
Petrone due briganti che il Cardinale aveva accolto nelle sue truppe, spinti
non certo da ideali politici o religiosi, ma solo dalla possibilità di
raccogliere congrui bottini.
Prova n'è che tutte le truppe a massa raccolte per
penetrare in Crotone, perpetrato il saccheggio, sparirono del tutto,
probabilmente per mettere al sicuro quanto avevano razziato e rubato.
Il 26 Marzo giunse a Crotone Angelo Fiore mandato dal
Cardinale Ruffo per procedere al giudizio dei rei di stato; processi da tenersi
ad modum belli et ad horas ossia solo sei ore di tempo per discolparsi.
Con sentenza del 31 furono condannati a morte per il
reato di lesa maestà:
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Francescoantonio Lucifero
·
Bartolo Villaroja
·
Giuseppe Suriano
·
Giuseppe Ducarne
Altri 20
cittadini di Crotone insieme a 17 soldati francesi superstiti furono condannati
a pesanti pene da scontarsi nelle peggiori galere del Regno.
Queste le
condanne:
Al Castello dell'
Isola del Marittimo
Cesare Oliverio A vita
Domenico Cerrelli A vita
Sacerdote Gaetano Lucifero 20 anni
Marchese Francesco Saverio Lucifero 20 anni
Girolamo Asturi 20 anni
Antonio Scarriglia 20 anni
All' isola di
Pantelleria:
Francesco Volpe della Motta S Lucia 10 anni
Giambattista Ventura 7 anni
Cavalier Don Bonavntura Sculco 7 anni
Canonico Dionisio Curcio 7 anni
Parroco Don Bruno Sacco 7 anni
Gaetano Lettieri 5 anni
Notaio Vitaliano Pittò 3 anni
Al Castello
dell'isola della Favignana,
Raffaele Oliveri Anni 20
Bartolomeo Olivieri Anni 15
All' Isola di
Santo Stefano
Suddiacono Don Francesco Soriano Anni 10
Michele Soriano Anni 10
Luigi Spanò Anni 7
Raimondo Orsini Anni 5
All' Isola di
Lipari
Isola di Lipari
Raffaele Pelliccia di Tropea
Anni 5
Molti altri
furono condannati a pene pecunarie essendo forse troppo manifesta la loro
estraneità.
Il 3 Aprile
i quattro condannati a morte venivano fucilati nel Castello e seppelliti nella
Chiesa di San Francesco di Assisi.
L'indomani il Cardinale lasciò
Crotone dopo aver requisito i cannoni della Fortezza insieme ad altre armi e
munizioni, chiamando a raccolta le orde "brigantesche" con
promesse di "premi futuri e di più ricchi bottini".