Emmanuele De Deo il giorno prima della sua impiccagione,
avvenuta a Napoli in Largo del Castello il 18 ottobre 1794, scrisse una
toccante lettera al fratello Giuseppe.
Dalla Cappella della Vicaria; Venerdì 17 ottobre 1794. Mio caro Fratello, perché dirmi disgraziato? Perché
attribuirmi questo nome? Se considerate la perdita d'un fratello, convengo
con voi; ma se tale mi chiamate per un destino che seguo, caro fratello, v'
ingannate. Io la mia sorte la invidiarei negli altri: ciò vi basta
a farvi comprendere la tranquillità dell'animo mio nell'abbracciare il decreto
della suprema giunta, e del mio e vostro Sovrano. La morte reca orrore a chi non ha saputo ben vivere.
Chi ha la coscienza senza rimorsi, gioisce in quel punto che i malfattori
chiamerebbero terribile; e poi noi non siamo eterni, presto o tardi si muore;
né la durata della vita dovete determinarla da replicati giri del Sole, un
anno di vita di un uomo onesto e socievole uguaglia cento d'un Misantropo,
d'un egoista; e pure il paragone mi sembra incompatibile: grazie al Reggitore
del tutto. Non v'è persona che potesse credersi da me oltraggiata
o lesa. Ho adempito alle mie obbligazioni verso chiunque aveva dritto di
esigerle, e non mi sono giamai dimenticato di essere Cittadino ed uomo. Se altri hanno offeso me, o almeno mi hanno defraudato
di quella grata corrispondenza, che mi dovevano, io li perdono, e voi, caro
fratello, perdonateli con me: un fratello nell'ultimo momento di sua vita ve
lo chiede, né dal vostro sperimentato bel cuore attende il contrario. Non giova più parlarmi di grazia, il mio destino è
certo, ed io l'attendo con intrepidezza e maschio coraggio, per farvi
comprendere che non ha potuto indebolire il mio cuore per umiliarlo così. Vorrei avere il piacere in queste strettezze di tempo
di parlarvi, a solo oggetto di non farvi più affliggere, per comunicarvi il
mio ragionevole coraggio. Consultate la ragione; calmate l'imaginazione, ed il
mio fato non vi sembrerà tanto funesto. Ho a caro che partite per Minervino. Consolate
l'afflitta mia Madre: nascondeteli in tutti i conti la mia sorte. Se poi col tempo verrà a scoprirla, come avverrà,
assicuratela che l'unico oggetto delle mie afflizioni in queste circostanze
era il suo amore e quello delle mie amate Sorelle, che a voi raccomando di
amare con duplicato affetto; unite ambi li amori e le cure verso di esse,
giacché la mia disgrazia sopra di esse più tosto piomberà. Baciate da mia parte pur anche le mani alla dolce ed
amorosa mia Madre, e domandatele scusa di qualche mia involontaria mancanza. Fate felicissimo viaggio, e ricordatevi sempre del
vostro fratello, ma non del di lui destino. Spetta a voi di ricompensare il comune afflitto Padre
di tutto le amarezze che io l'ho cagionate. Non trascurate d'ubbidirlo,
compiacetelo in tutti i suoi voleri; son sicuro che non sarete per mancare a
questo vostro dovere, e per mia memoria. Caro Fratello, è inutile maggiormente diffondermi,
sarebbe per più eccitare la vostra sensibilità. Vi accludo un biglietto alla cara Madre, che servirà
per deluderla: vi abbraccio, vi bacio e sono col cuore. Al comun Padre ho scritto, ed ivi ho acclusa un'altra
lettera per la Sig. Madre; me la ritirerei, ma per altro mezzo so che è
andata al suo destino, quantunque non ancora vi sarà pervenuta. Vi taccio degli amici; essi, che mi amano,
comprenderanno bene quel che su questo punto vorrei dirgli. Domani, prima che
partirete, fatemi pervenire l'ultimo vostro biglietto e l'estremo Addio. Vi
stringo di nuovo al cuore. Vostro Fratello, |