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CARLO DE NICOLA DIARIO NAPOLETANO |
APRILE 1800
Martedí primo aprile. Nella cappella di s. Restituta si sono celebrati questa mattina i solenni funerali del fu consigliere di Stato marchese Simonetti, coll'intervento dei direttori delle Reali Segreterie, del corpo di magistratura, e del ceto degli avvocati come dei cavalieri.
Si è detto essersi dato l'ordine a tutti i ministri
e subalterni della Giunta di Stato di evacuare Monteoliveto, ove ciascuno di
essi si postò un comodo appartamento a spese dell'amministrazione dei rei di
Stato. Se ciò fosse vero, sarebbe foriero della dimissione della Giunta.
Colla grazia di Grutter e Borga è
venuta anche quella della Luisa Molina Sanfelice.
Mercordí 2. La seguita rivoluzione
ha fatto sorgere un nuovo ordine di Cavalleria fondato da S. M. sotto il titolo
di s. Ferdinando, e sento già venuta la nota di coloro che ne sono stati
decorati. Il novello Ordine oscura quello di s. Gennaro che perde naturalmente
il suo splendore, perché non avrà più luogo.
La M. della Regina ha scritto
lettera in cui raccomanda al novello Preside marchese della Schiava la sua cara
fedele e benemerita provincia di Lecce Bari, all'opposto sarà degradato.
Giovedí 3. Il dispaccio di sopra
trascritto si dice ora che sia rotondamente foggiato ed apocrifo, e che
dell'indulto niente o poco vi sia. Sento intanto che continuano gli arresti, e
fra gli arrestati sento che vi siano alcuni impiegati del cav. Ferrante nella
sua officina di amministrazione dei beni dei rei di Stato.
Venerdí 4. E' stata arrestata una
persona che andava affiggendo quei cartelli per Napoli che notai giorni sono, e
se gli è trovato uno dei cartelli sopra.
Si procede ad horas per quei rei dell'uomo fatto a pezzi, e sono la donna, il
di lei padre, il prete, che si diceva zio della donna, ed un chirurgo che anche
la frequentava. Al povero infelice ucciso fu dato l'oppio, essendosene trovato
ancora nella casa di lei. Si è appuntata la decisione per lunedí santo.
Sabato 6. Non si è ancora publicata
la elezione del Pontefice in Napoli, anzi si dice essere venuto il pacchetto
che portò la notizia in Palermo, senza che portò in riguardo a tale notizia
alcuna risposta. Ciò ha fatto nascere le voci che una tale elezione non sia
piaciuta alla nostra Corte, perché questo Cardinale è stato portato dal partito
Spagnuolo di cui è ligio: ch'essendo vescovo d'Imola non si mosse
nell'invasione dei Francesi, anzi fece delle pastorali, trattò con Bonaparte, e
se gli fece amico. Intanto i nostri bell'umore hanno formato del di lui nome il
seguente anagramma:
« Gregorio Barnaba Chiaromonti ‑
Ah! Giacobin triregnerò in Roma ».
Domenica 6, delle Palme. Si è
spuntata la decisione della causa dell'assassinio, e la frusta di colui dei
cartelli, riserbando l'una e l'altra dopo Pasqua.
Si vocifera nuovamente la venuta
del Re a Procida, e si dice che il principe del Cassero abbia detto che per
sabato si sentirà una notizia che sarà a tutti di consolazione; chi la crede
pei Banchi e chi per la venuta del Re. Staremo a vedere.
Lunedí 7. Si aspetta con ansia il
pacchetto che venir deve da Palermo, e non si vede. I contemplativi ed i
politici di città che sanno tutto, dicono che si trattenga per ultimarsi il
piano dei Banchi.
Si è avuta notizia che in Salerno
sia succeduta una rissa tra un uffiziale di massa ed un Salernitano di truppa
Realista di cognome Festa, che ne restò ammazzato. Ciò diede occasione ad un
disordine maggiore, perché i paesani armati diedero sopra alla truppa in massa
che si chiuse nel quartiere. Accorse il Preside a provvedere, ed ordinò che la
truppa in massa deponesse le armi. Ma il popolo neanco fu contento, ed andò a
metter fuoco alla porta del quartiere. Il dippiú che ne sia succeduto nol so.
Il principe del Cassero visiterà
giovedí al giorno i Santi Sepolcri con accompagnamento di gentiluomini di
Camera e farà tutte le altre funzioni di settimana Santa. Il dispaccio venuto
da Palermo gl'impone ciò; si dice che lo abiliti a fare anco la funzione del
Corpus Domini. Ciò è vero, non è vero
che il Re venga.
Martedí 8. Si è proibita l'estrazione
di tutte le sorte di pasta ed in generale del grano e grano d'India, perché se
ne comincia a sentire la mancanza. Una barca della Torre carica di paste, ha
tentato quest'oggi di uscire, ma scoverta dai legni Inglesi, è stata da quelli
predata.
Mercordí 9. Questa sera, secondo il
solito, dovea essere aperta a tutti la sala della Cena sopra Palazzo, ma il
Vicario del Cassero non ha voluto, dicendo, che si facesse confusione. Ma il
vero motivo è stato di non voler tanta gente unita di notte entro le stanze di
Palazzo. Continua la voce della notizia consolante che si avrà sabato. Si son
date disposizioni perché la truppa domani stia chiusa e sopra le armi.
Il principe del Cassero dovendo
visitare i santi Sepolcri a piedi, ha fatto gittare dell'arena a terra lungo la
strada che deve fare. Ciò è sembrato generalmente una pensata molto ridicola,
perché oltre che accresce incomodo, si dovrà necessariamente innalzare della
polvere per la frequenza della gente a piedi. Cosí difatti è succeduto. Egli è
uscito alle quattro dopo mezzogiorno.
Fino alla chiesa di s. Maria di
Loreto a Toledo, detta delle Grazie è arrivato il Vicario del Cassero. Egli è
uscito preceduto da banda militare, scortato da cavalleria e infanteria che lo
chiudeva in mezzo, formando un quadrato lungo, in cui egli era rinchiuso coi
gentiluomini di Camera che gli facevano corteggio, ed era seguito dal
comandante militare e dal direttore di Polizia. Il concorso per la strada di
Toledo è stato grandissimo ed è durato fino alla sera. Il principe Luogotenente
ad ore 23 si è ritirato, avendo visitati sette Sepolcri. La polvere e l'arena
incomodavano moltissimo il passeggio a piedi. La giornata è finita quietissima,
e le chiese sono state aperte fino a vicino le ore due. Non SOD mancate le
solite dicerie che vi era congiura da scoppiare, e dovea saccheggiarsi Napoli
Venerdí santo 11. E’ continuata la
frequenza della gente, a piedi questa mattina e dopo pranzo, ma sempre con buon
ordine e quiete.
Si è saputo esser venuto dispaccio
per publicarsi nelle debite forme la esaltazione del nuovo Sommo Pontefice.
Questa sera poi a mezz'ora di
notte, nell'imboccatura del vicolo della porta piccola della chiesa dei
Gerolomini, è stato ammazzato un uffiziale di truppa con una pistolettata alla
testa che lo ha lasciato morto sul fatto; per cui non ostante l’essere accorsa la ronda, non si è potuto
sapere chi sia stato l'uccisore. Le prime voci sono state di ladri, avendo cosí
detto un altro uffiziale ch'è corso a chiamare la guardia; cioè che piú persone
avevano domandato l'orologio, che l'ucciso avea tirata la sciabla, onde averse
chiamata una pistolettata. Ma poi si disse, che fosse stata rissa per gelosia,
o assassinio per la stessa causa.
Sabato 12. Di quella notizia che si
aspettava, che si diceva annunziata dal principe del Cassero, niente ve n'è
stato, e sono finite le speranze d'indulto e di apertura dei Banchi; anzi mi
rincresce sentire qualche notizia allarmante. Quello ch'è certo siamo nelle
mani di Dio.
Questa notte si dice che si manda
al Re la relazione della sentenza dei Cavalieri di Città. Per ottenersi la
grazia pel marchese del Vaglio si vuole che siasi scritto dal Luogotenente, dal
colonnello La Marra, e fino dal novello Pontefice.
Il vicario di Napoli, Mons.
Torrusio per indisposizione di salute va a respirare l'aere della Torre. Con
sua lettera d'officio ha comunicato al Capitolo di Napoli il Real dispaccio per
la publicazione dell'esaltazione del Pontefice venuto da Palermo il giorno 9
corrente colla data 31 marzo. In esecuzione ordina, che la sera dei 14 col
suono delle campane si annunzii al popolo, e si disponga la solennità del Te Deum.
Domenica 13, giorno di Pasqua di
risurrezione. Il popolo è stato in grande allegria, ed è concorso a folla alla festa
popolare solita farsi in Antignano questa mattina.
Circa le ore 23 nel Palazzo della
Nunziatura si è alzato lo stemma del novello Pontefice, ed al di dentro, sotto
un tosello di chermisi si è situato il dì lui ritratto con torchi accesi. Allo
scovrirsi dello stemma e del ritratto vi è stato sparo di mortaretti.
Circa le ore due della sera si è
trovato un infelice, ammazzato nella strada di s. Pietro in vinculis ai Mercanti. Son frequenti troppo gli assassinii ed
omicidii. Un solo Regente, uomo di garbo, un caporuota di Vicaria criminale,
era bastante a mantenere la tranquillità ed il buon ordine in Napoli; ora un
direttore di Polizia togato, 36 ispettori, 72 subispettori, dodici giudici di
Polizia anche togati, un sopraintendente togato, delle guardie, non sono
bastanti a fare che non si sentano omicidii assassinii, furti.
Lunedí 14. Per notizia sicura si è
saputo dal principe del Cassero essersi scritto da Palermo che la venuta di S.
M. è vicina, e si crede che venga con tutta la famiglia. Si seppe pure per
notizia offiziale che un vascello francese carico di gente e ricchezze usciva
da Malta. Fu scoverto da un brik Inglese,
che ne avvisò la squadra, la quale gli fu sopra e dopo un fuoco di otto ore lo
predò. Ciò fa vedere che Malta poco reggerà, giacché ne cacciavano gente e
ricchezze.
L'infelice ammazzato ieri lo fu a
rissa per un grano di caffè, perché volle pagarne un solo mentre il cafettiere
ne voleva due, e dal figlio del cafettiere fu ucciso. Ecco quanto si prezza ai
giorni nostri la vita di un uomo
Martedí 15. Ieri fu preso il lutto
di tre settimane per la principessa Adelaide zia del fu Luigi XVI.
Si conferma la notizia della venuta
del Re, e si vuole che siano stati gli ufficii del nuovo Ministro
d'Inghilterra, il quale ha chiesto che i rispettivi Principi Italiani si
restituissero nelle loro residenze, e per Napoli in particolare ha detto, che
l'Inghilterra non poteva piú tenere la sua squadra nel mare di Palermo.
Quest'oggi è partita la nostra
artiglieria ad incontrare la colonna dei Russi che con tanta ansietà si
aspetta, ed è pur troppo, necessaria per garantirci da qualche interna
commozione che si va cercando dai cosí, detti Santafedisti. Difatti oggi si è
sparsa voce che altro cartello siasi trovato al Mercato, scritto coll'epigrafe Libertà ed uguaglianza, che animava i
democratici a stare allegramente per la prossima venuta dei Francesi che
avrebbero fatta man bassa sul popolo. Si soggiunge che ciò aveva già fatto
ammutinare il Mercato e la Conciaria, e che non vi volle poco a sedarlo. Altri
si è dato il piacere di spargere voce ch'erano arrivati a Pozzuoli dei legni
fuggiti da Livorno invaso nuovamente dai Francesi, locché non è affatto vero.
Ad ogni modo son queste delle voci allarmanti che il popolo attribuisce ai
Giacobini, ed in conseguenza muovendosi contro questi, caderessimo, che Iddio
non voglia, negli orrori di una terza anarchia.
La venuta del Re sarebbe l'unica
nostra sicurezza, ma io non la credo ancora.
Mercordí 16. Si è eseguita questa
mattina con infinito rigore la frusta in persona di colui che si trovò che
andava spargendo cartelli quindeci giorni sono, e che dovea eseguirsi lunedí
santo, e non si eseguí, perché il direttore della Rossa, la sospese attento che
il popolo aveva a male simile giustizia in quei giorni Santi.
Si sta trattando questa mattina
pure la causa di morte dei rei di quel barbaro assassinio dell'uomo fatto a
pezzi. I rei per quanto sento son tutti confessi, essendo stata la donna
l'ultima a confessare. Ma la prova fiscale sento insieme che sia molto deficiente.
Il concorso della gente portatasi ad udire la parlata dell'avvocato dei poveri
d. Vincenzo de Iorio, era grandissima tanto che si stava colle sentinelle
innanzi la porta della Ruota e dentro.
Il dispaccio per gli uffiziali
partiti per la spedizione di Malta fu vero. S. M. gli abilita ad andare a
servire nelle armate degli alleati somministrandogli viaggio e sei mesi di
sussidio, ed assicurandoli di averne scritto ai Generali per raccomandarli. Il
servizio devono prestarlo da semplici volontarii.
Sabato santo una compagnia di 24
uomini a cavallo stavano postati a ponte a Carbonara spogliando i traini e
vetture tutte che passavano, ed aspettavano il danaro che doveva portarsi a s.
Leucio per le manifatture.
Questa sera non si sa ancora la
decisione della causa di morte, e forse non sarà decisa ancora.
Circa le ore due da circa dodeci o
quindeci sedie in mezzo a soldati facevano la strada della Vicaria.
Si dice venuta la grazia del
marchese del Vaglio.
Giovedí 17. Circa le ore tre
terminò a decidersi anco in grado di nullità la causa di morte in Vicaria, e la
sentenza fu di forca per quattro, cioè la donna, il di lei padre, il chirurgo,
ed il sicario, per tutti i precedenti lo strascino, e coll'amputazione di testa
e mani dopo morti per attaccarsi alle mura della Vicaria. Il prete ebbe la
condanna alla fossa di Maritimo vita durante, la minorazione per lui fu
occasionata dal non aversi voluto trovar presente all'atto dell'assassinio;
altri dicono non averci assentito. La esecuzione sarà al largo delle Pigne, perché
voleva farsi al luogo del delitto che sarebbe stato il largo della Carità, ma
per essere luogo angusto si fissò poi il largo delle Pigne; se la sentenza
verrà quest'oggi approvata[*1], la esecuzione sarà sabato.
La notizia della grazia di Vaglio
si dice nata da una lettera di S. M. la Regina, che si dice aver avuta la
duchessa vedova di Monteleone, nella quale la M. S. con infinita clemenza le
dice aver ricevuto il di lei memoriale, e l'assicura che per lei vorrebbe la
grazia non solo del figlio, ma di tutti gli altri Cavalieri della Città.
Sentesi questa sera che siano
passati in cappella alla Vicaria i quattro condannati.
Si dice venuta approvata una
rappresentanza del direttore Zurlo per l'abolizione della Terza Ruota di
Camera.
Venerdí 18. La scorsa notte è stata
spogliata una bottega di mercanti al largo Gerolomini.
Sono già in cappella per eseguirsi
domani i quattro condannati. Le circostanze che accompagnarono il loro delitto,
per quanto si raccontano, sono cosí orrorose che per racapriccio della
posterità mi do la pena di accennarle. La donna era una giovane vedova con un
figlio del primo marito, ora la sua età si dice non eccedere gli anni 35. Il
primo marito, sento che morí anche sulla forca per aver rubato il Regio
procaccio. Il di lei nome è Giuditta. Conviveva con un prete per nome d.
Stefano che faceva il mastro di scola, e passava per di lei zio. Cinque anni
sono, forse per nascondere il loro illecito commercio, il prete fece venire da
Terlizzi, comune patria, un suo giovine nipote e fece sposargli la donna, colla
quale per altro credo che poca o niuna vita fatta avesse, giacché lei stava a
disposizione del prete. Trovavasi in quest'anno l'infelice giovine in Terlizzi,
ove si depone da taluno dei rei che si fosse lasciato dire, che aspettava il
Visitatore er accusare lo zio e sua moglie. Fu scritto a costoro, che
risolvettero perciò farlo venire in Napoli, come di fatti fecero, avendolo
portato il padre di lei; e per compagnia venne con essi un barbiere, che poi è
stato uno dei sicarii.
Venuto in Napoli risolvettero
disfarsene, e per quanto hanno deposto, la prima idea fu di assassinarlo in
mezzo ad una campagna. Ma non essendoli ciò riuscito si determinarono di
assassinarlo con piú comodo in casa. Dunque tutti di concerto, cioè il padre di
lei, lei piú ch'ogni altro, il prete, un chirurgo, ch'era della compagnia, e
quel barbiere. Pensarono che ammazzandolo in casa, sfigurandolo, e facendolo in
pezzi si sarebbe potuto occultare il delitto, ed attribuirsi ai soliti rei di
Stato, per cui avevano anche pensato di attaccare su qualche pezzo del cadavere
un cartello che ciò indicasse. La sera destinata a tal sacrifizio, il prete si
vuole che avesse mostrato averne rincrescimento, tanto che se ne uscí dalla
casa, e questa circostanza si crede che gli abbia salvata la vita. Gli altri
complici rimasero, e la donna mandò l'infelice vittima a comprare dei
maccheroni per colorire il motivo, perché aveva posto a bollire una caldaia di
acqua. Tornato l'infelice, la donna stessa gli disse che avesse fatto
accomodarsi i capelli dal barbiere, facendolo sedere. Seduto che fu gli
gittarono un capestro alla gola, e lo tirarono per terra, e come la donna vide
che non moriva, se gli si gittò sopra lo stomaco colle ginocchia per finirlo
d'ammazzare. Morto che
fu, il chirurgo lo fece in pezzi,
calando ciascun pezzo nell'acqua bollente, per impedire il sangue. La testa
colle proprie sue mani la donna fece bollirla, acciò si sfigurasse. Intanto fu
avvisato il prete che stava in una casa vicina, il quale arrivato, si vuole che
avesse detto vedendo quello spettacolo: «che avete fatto! >>. Ma la donna
lo animò, dicendo che non occorreva funestarsi, ma pensare a mangiare, acciò si
facesse piú notte per andare disperdendo i pezzi del cadavere. Cosí fu fatto,
ma la divina Giustizia che volle punito all'istante un cosí atroce delitto,
anche per non farlo imputare ad altri, fece che si trovasse colui che portava
le braccia; il quale prima disse niente sapere, ma poi la mattina palesò il
fatto. La donna intanto si aveva essa presa la testa che lasciò sulla strada di
Montecalvario. Inteso poi che si era arrestato colui che portava le braccia, si
determinò a fuggire col padre, prete, e chirurgo, ma furono raggiunti sulla
strada di Capodichino dalla truppa dei Realisti di Salvatore Bruni cristallaro
alla porta di s. Gennaro, che ora è comandante di un corpo organizzato di
Realisti, quasi formato a regimento.
Ed ecco quanto si sa di questo
atroce fatto, che fa andare giustamente alla forca, il padre, la figlia, il
chirurgo ed il barbiere. Il prete l'ha scampata per la circostanza minorante,
ma il publico lo avrebbe anche voluto morto perché a lui, e non senza ragione
imputa tutto l'accaduto per la ragione che se non avesse debosciata la donna, e
datole quell'infelice per marito, non sarebbero caduti in tanto eccesso.
Sabato 19. Il Tribunale si è
sciolto questa mattina alle ore 15, vale a dire appena unito, perché il
presidente, vedendo il concorso del popolo che là si affollava per vedere
uscire la giustizia, ha creduto prudente condotta sciogliere il Tribunale. La
giustizia è uscita poco dopo mezzogiorno, ha fatta la strada dell'Orticello, di
d. Regina, e Porta di s. Gennaro, e per quanto mi si dice (perché simili
spettacoli non ho avuto mai il coraggio di vederli) precedeva il padre di lei,
indi la Giuditta, poi il chirurgo, l'ultimo era il barbiere; tutti e quattro
trascinati sulla tavola tirata da cavalli. Per le ore 20 tutto era terminato.
Non fu vero che andò giorni sono
l'artiglieria ad incontrare i Moscoviti che vengono, ma sento che vada
quest'oggi, e si crede che entreranno lunedí. Entrati questi, si dice che si
tenterà il disarmo del popolo, che sarebbe troppo necessario.
Circa le ore 22 quest'oggi si sono
battuti quattro ufficiali sulla salita del monastero del Consiglio ossia
Trinità delle Monache; non se ne sa il motivo. Uno di essi è rimasto ferito.
Sono stati divisi da un altro uffiziale che ha fatto alto in nome del Re, tutti
hanno bassate le armi a riserva del ferito che si dovette disarmare.
Sento esser venuta, non so da quale
isola, una filuca carica di rei di Stato, che per rumore là nato hanno stimato
levarli di là e mandarli in Napoli.
Domenica 20. Non posso fare a meno
di non registrare alcune altre particolari circostanze dell'orrendo assassinio
che descrissi l'altro ieri. Le ho sapute posteriormente da chi ha letto il
notamento fiscale. La donna avea nome Giuditta Guastamacchia, fin da dieci anni
indietro avea cominciata la tresca col prete d. Stefano d'Aniello, per cui
fuggì dalla casa paterna. Indi fu maritata con un giovane, che per aver rubato
il procaccio fuggí dal regno, e morí in Roma. Indi fu posta dal padre dentro al
monastero di s. Antonio alla Vicaria, ossia s. Maria succurre miseris, a
castigo, per farla uscire di là nel 1794. Il prete fece sposargli il figliastro
di suo fratello di anni 16, e d'indi in poi convisse sempre col prete, perché
il giovine marito la lasciò ed andossene a Terlizzi. In questo frattempo s'era
introdotto in casa il giovine chirurgo che prima diede gelosia al prete, ma poi
coabitava con essi. Il padre di lei venendo spesso a Napoli, comprando abiti
vecchi che rivendeva in provincia, fu qui carcerato per debiti; il de Stefano
lo fece uscire, e se ne cattivò l'animo. La giovane cominciò ad istigare il padre
contro il marito, dicendo che era uno scapestrato e non aveva voluto attendere
ad arte alcuna, l'avea rubata piú volte e minacciata. Cominciò cosí a parlarsi
di levarlo dal mondo. Si seppe che a Terlizzi avea detto di voler denunziare la
moglie, e il prete procurò allettarlo con promesse e farlo venire in Napoli,
ove il prete con publico strumento promise alimentarlo con la moglie. Il padre
di costei intanto adocchiò un tal Michele del Sorbo della Cirignola reo
d'omicidio, disertore, e vagabondo e lo portò in Napoli per servirsene da
sicario. Venuti tutti di concerto, promisero ducati 60 contanti al detto
sicario, purché eseguisse l'assassinio. Varii progetti si fecero. Uno fu di
fingere che il detto disertore avesse nascosta roba in campagna, e propose di
andarla a dissotterrare portandosi il giovine in compagnia. Ma si dubitò che
non riuscisse; si pensò portarlo a s. Lucia al mare ed ivi gittarlo a fondo. Ma
il prete disse che cacciandolo il mare si sarebbe riconosciuto: si pensò di
avvelenarlo, e si temette non si conoscesse. Si pensò fino a farlo infettare di
lue venerea da una donna di partito, e si richiese perciò l'opinione di un
parrucchiere di cognome Colucci. Il chirurgo si comprometteva di curarlo in
modo da farlo morire. Ma la donna non volle mettere a parte del segreto
un'altra donna, per cui si conchiuse di assassinarlo in casa. Il prete ed il
chirurgo se ne andarono in una casa vicina a portata di essere avvisati; il
prete, perché disse che non si fidava di vedere l'esecuzione, il chirurgo per
non dar sospetto. Restò la donna in casa col padre e col sicario. Mandò la
donna il giovane a comprare da mangiare, il padre diede la corda al sicario che
la unse di sego e formò il capestro che appese ad una sedia. Venne il giovane,
fecero si che sedesse in altra sedia accosto al fuoco, che dava le spalle a
quella ove il capestro. Il giovane portava sopra un coltello; si pensò stava i
levarcelo. Finse il vecchio di assottigliare un legno, e chiese alla figlia il
coltello; ma come quello non tagliava e il vecchio impazientavasi, l'infelice
giovane gli offerse il suo e glielo diede. Il vecchio cominciò a persuaderlo
che non faceva bene a portarlo sopra; intanto si alzò il sicario e chiese la
pippa, se gli fece da dietro, e gli gittò il capestro al collo. Il giovane fece
dello strepito e cadde a terra, la donna se gli gittò colle ginocchia sullo
stomaco, il padre lo tirò pei piedi, ed il sicario gli strinse la gola, e cosí
lo fecero morire. Ciò detto la donna bussò al muro, si affacciò il prete, ed
ella gli disse che mandasse il chirurgo perché tutto era fatto. Andò il
chirurgo e cominciarono a farlo in pezzi. Il sicario ed il vecchio portarono le
gambe ed il busto che lasciarono al pontone di Maddaloni e nell'acquedotto del
Seggio di Nido. Indi tornarono a casa dove il chirurgo aveva continuata la
sezione con l'aiuto della donna, che avea posto in due vasi di creta detti
scafaree le budella dell'ucciso, e gli altri pezzi in una martora al fuoco, poi
nella caldaia avea posto a bollire le braccia e la testa, che avevano idea di
conservarsi, acciò non si trovasse. Ed il chirurgo avea pensato tenerla presso
di se per farvi le sue osservazioni anatomiche. Tornati quel due, si pensò
mandare a gittare anche le braccia, giacché si accorsero che non poteva
riuscire di farle disfare in maniera nell'acqua da poterle poi gittare nel
luogo immondo come avevano pensato. Dunque poste le budella ed altri pezzi in
un sacco, andò il chirurgo a gittarle. Le braccia se le portò il sicario che
sbalordito poi prese una strada per un'altra, e fu incontrato dalla ronda ed
arrestato. Il prete fra questo mentre era anco tornato a casa, ed aspettavano
tutti che tornasse il sicario, ma vedendo passar tempo, cominciarono ad
agitarsi, e risolvettero levare dalla casa ogni segno, per cui anche la testa
andarono a gittare; essendo usciti per questo il padre e la figlia, acciò non
potessero dare sospetto. Tutto era seguito a mezz'ora di notte, ed alle due fu
questa sortita della donna e del vecchio. Il sicario non tornò piú, e la
mattina essendosi inteso il bisbiglio surto per Napoli per essersi trovato
l'atroce spettacolo di un uomo fatto a pezzi, si determinarono alla fuga, dando
voce che il prete fuggiva per debiti[*2]. Intanto l'arrestato sebene
negativo sempre, perché diceva di niente sapere di quelle braccia, pure
interrogato chi fosse e come venuto a Napoli, egli nominò il Guastamacchia ed
il parrucchiere, coi quali disse essere uscito il giorno. Si andò ad arrestare
il parrucchiere, se gli domandò di coloro, e il parrucchiere disse non saper
altro, se non che di essere stato da quelli richiesto di procurarli una donna
infetta per infettare una persona. Si andò ad arrestare il Guastamacchia, e si
trovò partito col prete e la donna, essendo in casa il solo chirurgo. Si
arrestò costui, si prese la traccia del cammo preso dai fuggitivi, e cosí
vennero raggiunti a Marigliano. La donna sola fu negativa sino alla convalida
in tortura, ma in quell'atto confessò essa pure. Nel tempo che doveva eseguirsi
la giustizia, si portò un popolare al direttore di Polizia d. Antonio La Rossa,
ed in nome del popolo gli domandò perché il prete non s'era condannato a morte.
Il direttore prese quel tuono che conveniva, disse che non era piú da soffrirsi
la insolenza del popolo, e che ne avrebbe fatto egli un massacro se non stava
al dovere. Che i magistrati non dovevano dar conto a lui delle giudicature, e
lo cacciò dalla sua presenza. Non fece arrestarlo per non cagionare del rumore.
Ma gli pose gente appresso che ne prese la filiazione, e subito dopo terminata
l'esecuzione, andò a dar parte dell'accaduto al Vicerè.
Questa mattina è arrivato il
pacchetto da Palermo che aspettavasi con ansia, sentiremo che reca.
Lunedí 21. Col pacchetto ieri
vennero d. Onorato Gaetani e sua moglie, e il duca di s. Demetrio. Le notizie
che hanno portate sono, che il pacchetto s'era trattenuto perché doveva portare
l'indulto e il piano dei Banchi, ma che poi era stato spedito. S. Demetrio
soggiunse, avergli detto la Maestà della Regina, che potea dire arrivando, che
sicuramente col pacchetto venturo sarebbe venuto l'uno e l'altro. Per
l'indulto, si dice che contiene la esclusione dei cospiratori e Sala
patriottica.
Si dice che Vaglio sia assicurato
della grazia, e che la Regina ne abbia scritto alla madre, dichiarandosi essa
garante della vita del figlio. Si dice poi che la grazia gli fu fatta venerdí
Santo, e se fosse cosí, sarebbe grazia pienissirna, da andarsene a casa sua;
perché in Palermo il Priore della Congregazione dei Bianchi ha il privilegio di
esigere in quel giorno la grazia per un condannato a morte; fa egli la terna,
ed il Vicerè lo eligge. In questo anno la elezione del Re è caduta sopra
Vaglio. Questa funzione si fa solennemente perché si mette il reo in cappella,
esce per andare al patibolo, arrivando a quello il Priore dei Bianchi, lo veste
fratello della sua congregazione, e publicando la grazia, lo manda a casa sua.
Anche per gli altri Cavalieri di
Città si dice la remissione della pena pei condannati da cinque anni in giù pel
condannati poi da cinque anni in sopra la minorazione della metà della pena.
Per Vaglio si sta trattando la causa della confisca, sostenendosi per parte
della casa che questa non sia da sostenersi.
Martedí 22. Si vuole sicura la
grazia di Vaglio, e si aggiunge che vi sia anco il dissequestro dei beni.
Essendo arrivata a Pomigliano
d'Arco la colonna Moscovita che domani farà l'entrata publica, si è portato
oggi a complimentare il Generale il nostro principe del Cassero[*3]. Detto generale è un principe
della casa di Moscovia. Si aspetta anco fra giorni l'arrivo dell'erede
presuntivo, o del pretendente alla corona di Francia, ma è ignoto ,perché
venga.
Mercordí 23. Questa mattina circa
l'una dopo mezzogiorno sono entrate, in Napoli le nuove truppe Moscovite,
scortate dalla nostra cavalleria e con gran treno di artiglieria. Il concorso e
l'allegria del popolo è stato immenso per tutte le strade che ha fatto,
cominciando da Poggioreale, porta Capuana, Pontenuovo, Foria, largo delle
Pigne, salita dei Studii, e Toledo era ingombrato da immenso popolo spettatore
di ogni ceto, sesso, età.
Circa le ore 23 è arrivato corriere
che ha sparsa la voce della resa di Genova, colla disfatta e prigionia del
generale francese Massena: speriamo che si verifichi per la quiete nostra e
dell'intera Italia.
Giovedí 24. Continua ad essere
generale la notizia della resa di Genova, ma non è ministeriale.
Ricorrendo il giorno natalizio
della Principessa ereditaria, il principe del Cassero ha ricevuti questa
mattina complimenti della Nobiltà e magistratura: il dopo pranzo poi alla
solita ora vi è stata salva fatta dai castelli.
Corre voce che venga il generale
Acton a publicare l'indulto e il piano dei Banchi. Una gazzetta straniera poi
ne porta la dimissione e la destinazione in suo luogo del marchese Gallo. Son
tornati dalla Sicilia gli uffiziali che s'iinbarcarono per la spedizione di
Malta.
Ieri partí il principe della Rocca
col figlio. Il principe non dovea partire per decreto della Giunta, ma è stata risoluzione
venuta da Palermo. Si vuole che da Palermo pure, sieno venuti altri
dieciessette rei di Stato per essere giudicati da questa Giunta, la quale per
sabato doveva finire, ma essendo cosí neri finirà sicuramente. In questa
settimana ha fatte altre decisioni, ma niuna di morte.
L'aggio sulle carte di Banco
continua ad essere del 65 per %, di maniera che di ogni cento ducati in carta,
se ne riscuotono 35.
Venerdí 25. E' surta nuova notizia.
Si dice che venga il generale Acton a publicare l'indulto ed il piano dei
Banchi, ed anco a rimettere l'antico sistema di Città, e i Sedili. Sentesi
insieme esser venuto da Palermo, una nota di trecento soggetti che vengono
esclusi da qualunque carica per l'avvenire, e ne resteranno privi quelli tra
essi che si trovassero ora averne. Altra spedizione di cento cinque rei di
Stato è partita per Marsiglia, fra i quali d. Stefanino Patrizj.
Sabato 26. Si parla con accerto
della venuta del generale Acton che sarà foriera della venuta del Re.
Colle lettere di quest'oggi, venute
con la posta di Sicilia, ne sono arrivate diverse di S. M. la Regina, una di
esse è stata letta dal direttore di Polizia d. Antonio La Rossa che conteneva
il seguente paragrafo: « col benigno indulto che S. M. viene ad accordare,
spero che riacquisterete in questa capitale l'antica perduta pace, e che si
dimenticheranno le passate cose ». Altra lettera m'è stata riferita che quasi
nei stessi termini abbia ricevuta la duchessa di Cori gliano‑Marini,
dicendovisi, che l'indulto sia amplissimo, e che sperava darle anco la notizia
consolante della grazia dei Cavalieri di Città.
Si è riaperta la Zecca per la
monetazione di argento, essendo venute da Calabria piú casse di tal metallo
Domenica 27. Questa sera comincia a
dirsi che Acton sia di già a Procida, e si vuole che porti cinque grazie, cioè:
indulto, Banchi, Piazze, Cavalieri di Città, e promozioni
Lunedí 28. Fu falsa la voce della
venuta, ossia dell'arrivo di Acton, ma sicuramente si dice che venga il Re col
generale Acton per un mese in rada; indi tornerà a Palermo pel parto della Real
Principessa: questo succeduto, la Regina colle Principesse figlie anderà a
Vienna, ove il Re la seguirà. Il Principe ereditario e la Principessa verranno
in Napoli, ove da Vienna si restituiranno il Re e la Regina.
Non mancano discorsi causati dagli
uffiziali di massa. Quest'oggi quattro di essi sono andati ad assalire un loro
compagno entro la propria casa, e lo hanno lasciato semivivo.
Con dispaccio venuto da Palermo S.
Al. ha uguagliati i soldi dei Regii Consiglieri a quelli dei Presidenti di
Camera e Consiglieri di Commercio, accrescendoli per ducati cento annui per
ciascuno.
Martedí 29. Nella chiesa di Donna
Romita si è cantato solenne Te Deum per
la esaltazione del Sommo Pontefice con musica del Pajesiello, e vi è intervenuto
il generale Moscovita, che questa notte è partito per Palermo. Questo giovane
Generale, giacché non ha piú di ventinove anni, si dice che si dia molto tuono,
e che abbia protestato non ricevere ordine che dal solo Vicerè, non
riconoscendo la superiorità del generale comandante la Piazza. Egli ha portato
seco un reo di Stato condannato dalla
Giunta ad asportazione perpetua, d. Nicola Pierri, che fu colonnello del
distrutto esercito. La Giunta ha fatto dello strepito, ma il Moscovita gli ha
dato il grado di suo aiutante, e lo ha portato con sè a Palermo.
C arrivato dispaccio che ha aboliti
i Consigli di guerra subitanei, tanto che dovea esservi questa mattina
Consiglio per Avalos, ossia Celenza, e si èsospeso pel dispaccio arrivato ieri
sera. Anche nella Giunta di Stato essendosi trattate alcune cause, ve ne fu una
per un tal Porta, per cui s'era cominciato a votare di morte, ma il direttore
La Rossa ha fatto sentire alla Giunta che S. M. non voleva piú sangue.
Mercordí 30. Non cessano le notizie
di disturbi nel Regno, le strade del quale sono infestate da assassini.
E venuta relazione del Visitatore Marrano di un orrendo assassinio
commesso da otto persone armate sul camino di Vietri di Potenza. Due gentildonne,
l'una chiamata d. Isabella Allegretti l'altra d. Carolina Stamma, con quattro
armigeri venivano in Napoli, tutti a cavallo. Furono da quella gente arrestati
con pretesto dei
passaporti, indi fatti tornare indietro col pretesto di portarli al capitano per farli riconoscere. Introdottili in un bosco, di sarmarono gli armigeri, e chiesero alle donne D/. 4 m. Quelle poverette gli diedero quanto avevano, ma gli assassini malmemandole, chiamandole p .... f .... le spogliarono nude, cioè la d.a Isabella, indi la consegnarono a due della comitiva perché andassero ad ammazzarla, i quattro uomini anco bendati furono massacrati a colpi di fucile, avendo avuto il barbaro coraggio uno di essi di caricare e sparare per quattro volte. Indi visitati i cadaveri, trovatone tino che dava segni di vita, lo uccisero a colpi di baionetta; due altri ebbero l'accortezza di fingersi morti, e cosí restarono sulla strada, indi si portarono l'altra donna, che poi anche ne mandarono, ma spogliata. La Isabella fu lasciata per morta, ma ferita nel petto e nella gola e colla sola camicia comparve la mattina in mezzo la publica piazza di un luogo vicino, ove arrivò la Carolina, e quei due che non restarono morti. Degli assassini due ne furono arrestati, e sono stati condannati a morte dal Visitatore Marrano: è venuto l'affare nella R. Camera in grado di appello.
Ecco un altro fatto di specie
differente. Nella città della Sala, per quanto mi si dice, il Visitatore
economico, marchese Girolamo Spiriti, fece affiggere un editto per convocare
parlamento il giorno seguente per risolversi la maniera da farsi la esazione
dei pesi fiscali. La sera si trovò altro affisso con cui si avvertiva la
popolazione di portarsi armata al parlamento per sentire quali risoluzioni si
prenderebbero. Il Visitatore Spiriti credette bene di partirsene la notte.
Quest'oggi circa le ore 22 sono
stati arrestati dentro al caffè al Corpo di Napoli un prete ed un paesano di
figura civile, e sono stati portati in mezzo ai birri con popolo che gridava «
viva il Re, muoia Giacobbe >> e perciò si è detto essere stati denunziati
come rei di Stato nascosti.
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[*1] L'approvazione si darà dal Vicerè e
Governo.
[*2] Ha deposto la gente del vicinato,
che al susurro che facevasi sulla strada, si affacciò la donna domandando che fosse,
ed intesolo, con gran presenza di spirito cominciò a declamare: che crudeltà,
che barbarie.
[*3] Anche il generale de Gambs sento
esservi andato.