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CARLO DE NICOLA DIARIO NAPOLETANO |
GIUGNO 1800
Domenica primo giugno. Questa mattina è stata affissa una enciclica di Mons. Torrusio nella quale dice che per esecuzione di Real dispaccio del di 24 maggio ingiungeva a tutti di sollennizzare la giornata in cui ricorre la festa dì s. Antonio, come festa di doppio precetto coll'obligo cioè della messa ed astenersi dalle opere servili. Su di questa enciclica non mancano riflessioni. Ordina in seguito a tutte le chiese principali un funerale per tutti coloro che son morti pugnando per le armi di S. M.
Ieri si disse che S. M. la Regina non partiva piú, e
che venuto tra ordine di approntarsi ad Ischia per la giornata dei 12 la casa
di Buonocore. Oggi si dice che la Regina parte, e della casa da approntarsi
niente vi sia. Le promozioni e degradazioni si aspettano col pacchetto.
Lunedí 2 giugno. Oggi ricorre
l'anniversario della prima ritirata che intimarono i patriotti coi tre colpi di
cannone. Dobbiamo ringraziare Iddio dello stato quieto in cui ci troviamo dopo
tanti passati travagli. Sento che vi sia insinuazione perché la sera dei 13,
colla festa di s. Antonio, vi sia illuminazione per la città; e che in quella
giornata sarà inalberata la Croce sull'obelisco innalzato al largo di Palazzo.
Che l'ordine di approntarsi la casa
dì Buonocore ad Ischia sia venuto al cav. Ferrante, vi è chi dice non potersi
mettere in dubio. Molti si veggono per la città che pria di publicarsi
l'indulto non vedevansi, o perché arrestati, o perché nascosti, molti piú
dovranno vedersene. Sebene l'indulto sarà conservato nelle nostre prammatiche,
ed io ne conserverò anche una copia, pur tutta volta stimo anche qui
trascriverne le parole.
Ferdinandus ecc. Dopo aver scacciati coll'aiuto di Dio dal nostro Regno di Napoli i nemici
che lo avevano invaso, e dopo aver repressi i ribelli della nostra Real Corona,
abbiamo dovuto con sensibilissimo dolore dell'animo nostro, abbandonare al
rigore delle leggi, non senza per altro temperarle in alcuni casi, coloro che,
dimentichi dei loro doveri verso Iddio e verso di Noi, hanno agito da felloni e
da nemici del trono, chiamando nel seno dei nostri fedeli sudditi i nemici
dello Stato e cooperando con essi per distruggere la legittima autorità che
tenevamo da Dio. Il nostro paterno cuore ci moveva ad accordare a tutti un
generale perdono per le offese che ci avevano fatte, ma la sicurezza dello
Stato e quella dei nostri fedeli sudditi, che con tanto ardore hanno scosso il
giogo dei ribelli, ci han dovuto far differire di mettere in esecuzione quel
desiderio che avevamo di, perdonare a tutti, e di sottrarli colla nostra
autorità al rigore delle leggi, insino a che le leggi medesime avessero
assicurato i nostri fedeli popoli dai principali e più notorj ribelli, per cosí
poi devenir Noi, senza pregiudizio della pubblica sicurezza a perdonare tutti
gli altri che si fossero resi rei, nella speranza che memori essi di tanta
nostra indulgenza vengano per l'avvenire a comportarsi da buoni e fedeli
vassalli, ed a non costringerci a spiegare contro di essi tutta la forza delle
veglianti leggi, come a prendere quelle misure che la salvezza dello Stato
imperiosamente richiederebbe. Siamo per tanto devenuti per le indicate ragioni
ad accordare, siccome accordiamo colle infrascritte eccezioni, un general
perdono a tutti coloro i quali avessero commesso o prima o dopo l'entrata delle
truppe Francesi nel nostro Regno di Napoli delitto di fellonia, o avessero
delinquito in materia di Stato, tanto come principali che come cooperatori e
complici, o pigliando le armi, o scrivendo, o parlando in ogni altro modo. Vogliamo
e comandiamo che sieno cancellate e abolite le inquisizioni introdotte, e che
quelli che non hanno ancora inquisizioni aperte contra di loro pei delitti
sopracennati, non possano venire accusati, né denunciati da chicchessia, né dai
nostri avvocati fiscali, cancellando ed abolendo Noi colla pienezza della nostra
Potestà, e per grazia speciale che Noi loro computiamo, i delitti che abbiano
essi potuto commettere nelle passate emergenze, e comandando che niuno
nell'avvenire osi rimproverare tai trascorsi ad alcuno dei nostri sudditi e
rinfacciarglieli in verun modo, né a bocca, né a iscritto, dovendosi tutti
considerare come fratelli e sudditi fedeli.
Seguono le note degli eccettuati
dall'indulto, che sono per Napoli al numero di 50 di paesani e 36 militari,
oltre molti altri che S. M. si riserba di dichiarare se debbono o no goderlo; e
di448 per dice' provincie, giacché per quelle di Lecce e Cosenza non erano
venute ancora le note dei Visitatori. Continua l'indulto cosí:
Eccettuiamo ben'anco da questo
nostro indulto tutti coloro che siano stati già giudicati e condannati con
sentenze, o pure concordati o esiliati de mandato, o con nostro ordine, pei
quali il bene e la sicurezza dello Stato richiede che si esegua lo stabilito, e
tale è la ferma nostra deliberata volontà.
Per coloro poi che per alta
economia, stante la notorietà dei loro delitti si trovano allontanati dai
nostri Reali dominii, ci riserbiamo, stabilita che sarà la universale quiete,
ed in vista di notizia sicura della loro resipiscenza, di far ad essi
sperimentare gli effetti benefici della nostra Sovrana clemenza.
Escludiamo parimente dal presente
indulto quelli di detti rei i quali si trovano profughi o assenti dai nostri
Reali dominii, e vogliamo che contr'essi si proceda col rigore delle leggi. Dichiariamo
inoltre che niuno dei rei che hanno ricevuto l'abolizione dei loro delitti con
questo nostro generale indulto può acquistar dritto di essere rimesso
nell'esercizio delle cariche ed ufficii, siano militari, o ecclesiastici, che
essi avevano prima della loro ribellione. Vogliamo finalmente che il presente
indulto debba avere il suo effetto dal giorno della pubblicazione. Palermo 23
aprile 1800.
Martedí 3 giugno. L venuta da
Palermo la promozione al nuovo Ordine di s. Ferdinando ed a quello di s.
Gennaro, una con la creazione di dieci o dodici gentiluomini di Camera tutti Siciliani,
come Siciliani pure sono i decorati dell'Ordine di s. Gennaro, a riserba del
solo duca di s. Teodora ch'è Napoletano. I decorati poi dell'Ordine di s.
Ferdinando sono tutti Napoletani, a riserba del principe del Cassero. Si dice
che altre chiavi devono venire, e che altre saranno ritirate.
Il popolo cosí di Napoli che del
Regno, per quanto si sa fin'ora, ha inteso molto male l'indulto, e quel che
sono usciti con quello giustificano il mal animo che nutre il popolo contro di
essi per le voci e notizie che vanno spargendo di rovesci che hanno le armi
combinate, della calata di Bonaparte in Italia, e vantaggi dei Francesi. Si
racconta che andò persona in casa dell'estensore della nostra Gazzetta can. Silva,
mentre questi non vi era; disse doversi lasciare una notizia di premura, chiese
da scrivere, egli lasciò un cartellino presso a poco nei seguenti termini: «
cittadino Silva siete invitato a mettere sulla Gazzetta il fatto vero
dell'azione sul Reno, altrimenti di qui a sei mesi sarete fucilato ». Mi si
dice di altro che uscito dalle carceri nel licenziarsi da molti amici che lo
accompagnavano, li salutò dando ad essi il titolo di cittadini. Non è questo
giustificare i rigori della Giunta ed i furori del popolo?
Mercordí 4 giugno. Quest'oggi alla
locanda al largo del Castello una compagnia d'Inglesi, celebrando un compleanno
del loro Monarca con pranzi ed allegria e sparo grande di mortaretti, hanno poi
cagionato un disturbo, perché riscaldati dal vino e liquori forti, son venuti
alle armi, per cui è convenuto che accorresse la cavalleria, e si è posto in
agitazione tutto il quartiere.
Giovedí 5 giugno. E’ venuto
dispaccio da Palermo che ordina levarsi da entro i monasteri ogni sorta di
quartieri, veramente stava mal fatto che ai civici fossero succeduti i Realisti
per inquietare le comunità religiose.
Cominciano a sentirsi delle
carcerazioni in persona di quei che ingiuriano col nome di Giacobini, anche ciò
era necessario, perché non si potevano più soffrire gl'insulti del popolo.
Venerdí 7 giugno. Si sono trovati
dei cartelli affissi in qualche luogo di Napoli, il cui senso era, che invece
della Croce, si sarebbe innalzato il giorno 13 l'albero al largo di Palazzo. Si
vanno cercando gli autori, e si crede che lungi dall'essere i rei di Stato,
siano i birboni oggi detti fra noi Santafede, che vanno suscitando rumori per
pescare nel torbido. Iddio sia quello che e] dia tranquillità.
Dopo essere stata la Giunta
occupata molto a ben distendere l'indulto, è incorsa in un dubio che non aveva
preveduto. Dice nell'indulto, che sono esclusi da quello i profughi e gli
assenti dai Reali dominii. Ciò ha fatto che tutti coloro ch'erano nascosti si
sono veduti uscire, e ve n'è stato taluno che forse era dei rei principali. La
Giunta ha cominciato ad arrestarli come esclusi; si è ricorso all'indulto, e si
è detto che non lo erano, ed ecco la necessità di unirsi per interpretare la
legge e vedere se sotto la parola profugo si comprenda colui ch'è latitante.
Sabato 7. La Giunta non si fidò
risolvere il dubio, ricorse fino al Glossario di Ducange. Si dice che
rappresenti. Veramente profugo è colui ch'è fuggito dalla sua patria, mi citava
un amico il verso di Virgilio « Italiam lato profugus ». Un'altra persona di spirito diceva ch'è quanto puol
dirsi, scrivere in Italiano, e non sapersi che siasi scritto. Il cartello
trovato mi si dice che contenesse mille sconnessioni, perché fra l'altro
diceva, che siccome l'anno passato i lazzari portavano nudi i cittadini, cosí
quest'anno essi si sarebbero vendicati sulle loro mogli e figlie e sorelle che
nude avrebbero trascinate.
Domenica 8 giugno. La Regina si
vuole che partisse questa mattina da Palermo, altri la dicono partita ai
cinque; dicesi che non torni più a Palermo, ma da Vienna passerà a Roma, dove
anderà il Re a prenderla per portarla a Napoli. Si dice che sia solita dire,
trovarsi più contenta di essere tra i traditori Napoletani che tra i fedeli
Siciliani. Sono arrivati quest'oggi due brik
Inglesi, non si sa che abbiano portato.
A arrivata la notizia che una
colonna francese portata dal generale Bertier era penetrata fino a Torino. Il
barone Melas ha staccata parte del suo esercito ch'è al blocco di Genova, l'ha
incontrata e battuta fra Torino e Rivoli, obligandola a retrocedere con aver
fatti 5m. prigionieri. In quest'azione ci è rimasto morto il generale Ungaro
Palfi. Anche Bonaparte si dice calato nei Grigioni.
Si è detto esser venuta notizia
ministeriale del trattato nuovamente conchiuso tra l'Imperatore e la Russia,
per cui Suarow torni al Reno. Sarebbe ottima notizia.
Sua Santità è in viaggio per Roma,
al suo arrivo si restituisce in Napoli il corpo politico Napoletano, vi resta
il militare.
Si dicono arrestati gli autori dei
cartelli. Non ostante l'indulto quest'oggi un paesano ha fatto del rumore per
far arrestare una persona che veniva in galesse dalla strada del Molo, gridando
essere Giacobino. La pattuglia ha arrestato tutti e due, e portati al corpo di
Guardia. Non so altro. Questo però non si chiama eseguire la grazia che
proibisce le denuncie.
Lunedí 9 giugno. S. M. ha spedita
al Card. Ruffo una scatola tempestata col suo ritratto e col motto Riconoscenza eterna.
Col generale Bertier vi era anche
il celebre Bonaparte, che ha dovuto conoscere di non essere invincibile. Colle
truppe Austriache hanno operato anche le masse Piemontesi ciò fa vedere
sempreppiù che la illusione è finita.
Martedí 10. La notte scorsa sono
seguite molte carcerazioni di rei latitanti usciti, o per dir meglio comparsi,
dopo la publicazione dell'indulto. Si contano fra questi d. Adamo Santella ed
il libraio Gabriele Stasi. Si dice che tanto si arrestano in quanto si hanno
come profughi perché citati non erano comparsi, e quindi non devono considerarsi
come semplici latitanti. Ciò sarà vero, ma è vero pure che l'indulto dispone di
dover cessare le inquisizioni colla publicazione di quello.
Mercordí Il giugno. Continuano le
carcerazioni, e fra queste si conta quella di Gambele che fu anche rappresentante.
Arresti si dicono pure di popolari tumultuarii, e per questi come si son lasciati
dire che il giorno di s. Antonio volevano fare l'anniversario contro le
giamberghe, e cosí togliere via tutti quei che essi chiamano Giacobini, cosí si
son dati dei regolamenti efficacissimi per tenerli in dovere. Truppa sopra le
armi, castella con cannoni puntati su dei luoghi più popolari di Napoli,
pattuglie raddoppiate per la città.
Quest'oggi si son veduti quattro
legni da guerra in faccia Procida, e fuori Capri se ne scovrivano degli altri,
si crede che o sia il Re arrivato a Procida, o più facimente la Regina portata
qui dal vento, non essendo naturale che il Re volesse venire senza fare la
funzione del Corpus Domini in Palermo
che ricorre domani.
Questa sera c'è stata illuminazione
per tutta la città pel triduo a s. Antonio, e non mancavasi di andar gridando,
che chi non illuminava era Giacobino. Quando finirà questa storia?
Giovedí 12. Questa mattina dal
signor principe del Cassero si è publicata la resa e capitolazione di Genova.
La festa del Corpus Domini è riuscita propiissima, e ci si è
riveduto l'antico decoro. S. E. facendo le veci di S. M. seguiva immediatamente
il SS., e gli faceva ala la deputazione Regia, era preceduto da gentiluomini di
Camera in vivo uniforme e ministero in gala, seguiva una compagnia di
Moscoviti, un'altra di esteri, ed un picchetto di cavalleria, indi le sue tre
mute a sei. La sera evvi stata illuminazione, e molto allegra è stata tutta la
popolazione, vedendosi girare quantità di compagnia di gentildonne e
galantuomini godendo dei lumi. Il generale Moscovita ha fatto nel palazzo
d'Angri una bellissima illuminazione.
Venerdí 13. Giornata per noi
memoranda, perché segna l'anniversario della disfatta miracolosa dei ribelli ed
entrata delle armi di Sua Maestà per quanto riguarda la data del 13 giugno, per
quanto riguarda poi il giorno della settimana, cioè venerdí, ci rammenta gli
orrori che in tal giorno cominciarono pei trasporti, saccheggi, ed assassinii e
crudeltà commesse dal nostro popolo. E’ stata sollennizzata tale giornata con
doppio precetto, e si è trovata scoverta la magnifica croce eretta al largo del
Real Palazzo, ov'era l'albore piantato dai ribelli. E' dessa formata su base di
marmo e fatta per resistere all'edacità del tempo[*1].
Domenica 15. Un altro cartello
manoscritto si è letto affisso questa mattina avanti Palazzo. La dicitura anche
goffa non conteneva che un avvertimento di ringraziare Iddio, s. Antonio, ed il
Re, che non avevano fatto riuscire i disegni dei G. F. (mi si dice che vi erano
tali espressioni di Giacobini) i quali se non si stavano a dovere, sarebbero
stati ammazzati.
Si è resa publica la voce, che con
lettera caldissima inculchi S. M. al direttore di Polizia d'invigilare sulla
maniera di vestire della nostra gioventù, proibendo specialmente le barbette, i
calzabraca, ed i collaretti sulle fiacche di diverso colore dell'abito.
Quest'oggi vi è stata solenne
processione al Mercato con intervento di S. E. Cassero accompagnato dal
ministero invitato dal popolo, che una tal festa ha voluta.
Lunedí 16. Non vi ha cosa di
rimarco da notare nella presento giornata. Le notizie che sordamente si fanno
correre non sono niente felici, poiché si dice che i Francesi sotto il coniando
di Bonaparte siano a Milano, avendo nuovamente occupato tutto il Piemonte. Iddio
non voglia, sarebbe spedita per noi cittadini tranquilli se vi fosse una nuova invasione,
perché sicuramente non scamperessimo, o dalle mani del popolo, o dal furore dei
Francesi, e molto più dal furore dei patriotti.
Martedí 16. Questa sera si è detto
arrivato un corriere con notizie tali che il principe del Cassero voleva si
stampassero questa sera medesima. Faccia Iddio che sia vero.
Mercordí 18. Si è publicata notizia
officiale dei vantaggi riportati dagl'Imperiali verso Torino, ma non è cosa di
grande rimarco.
Giovedí 19. La processione dei
quattro altari è riuscita quietissima, per la prima volta dopo quattro anni mi
si dice che il regolamento e le disposizioni datevi sieno state ottime, perché
si è impedito il passaggio delle carrozze e galessi per tutta la strada della
festa. Ai capostrada vi erano dei plutoni di truppa Moscovita e nazionali,
aiutanti di piazza, e cavalleria per ogni dove, ed un picchetto di fanteria per
ogni altura. S. E. l'ha veduto dal solito luogo della Porcellana.
Venerdí 20. A arrivata questa
mattina verso l'una dopo il mezzogiorno una fregata da Palermo, e su quella son
venuti alcuni cavalieri e particolari, e sento anche le cameriste di S. M. la
Regina, che si è avuta notizia essere arrivata a Livorno il giorno 14 circa le
ore 23. Uno dei cavalieri venuto da Palermo mi assicura aver detto a lui la
Regina, ch'ella partiva per Vienna, d'onde sarebbe venuta a Napoli subito che
avrebbe inteso esservi tornato il Re. Che intanto avesse assicurati i
Napoletani tutti che sarebbe venuta piena di eterna riconoscenza, verso tutti
coloro che si erano mantenuti fedeli al Re, e di una perfetta dimenticanza del
passato. S. M. il Re farà il giro della Sicilia.
A cominciato questa sera un altro
triduo d'illuminazione per s. Antonio, di cui si celebra domenica piú sontuosa
la festa in s. Lorenzo maggiore a spese dei complatearii.
Sabato 21. S. E. Cassero in tavola
questa mattina ha publicata una promozione militare venuta colla fregata
d'ieri, e la grazia per tutti gli uffiziali sospesi, che S. M. abilita a poter
servire ed essere impiegati.
L'avvocato d. Angiolo Padovano, che
subito uscito dopo l'indulto salì sul Tribunale, sento che abbia avuto l'ordine
di astenersene, anzi di uscire non si sa se dalla città o dal Regno.
Domenica 17. La festa fatta a spese
dei complatearli a s. Antonio di Padova è riuscita solennissima, ed il concorso
del popolo lungo la strada di s. Lorenzo maggiore è stato oltre ogni credere,
nel tempo stesso che vi era una grande allegria vi regnava pure grandissima
tranquillità. La sera oltre la solita illuminazione, vi è stato anche grande fuoco
artifiziale. Come i malintenzionati non si persuadono che la intera nazione è
avversa a quella chimera di democrazia che avevano essi immaginata, io non
arrivo a comprenderlo. Eppure quest'oggi medesimo è stato ammazzato entro le
cancelle della Vicaria uno di costoro da una fucilata tiratagli da un
Camiciotto che era in sentinella, e si dice che fosse stato perché aveva
gridato « viva la Libertà » e il Camiciotto lo avesse minacciato, ed egli
avesse lui corrisposto con minacce uguali dicendo: che poco dovevano aspettare
per venire liberati, ed allora si sarebbe vendicato, facendo capire che
intendeva aspettare l'arrivo dei Francesi. Il Camiciotto entrato in corrivo gli
lasciò il colpo che lo mandò all'altro mondo.
Lunedí 23. Si ha notizia che il
giorno 17 il Pontefice arrivò a Pesaro, donde a picciole giornate seguirà il
viaggio verso Roma. Camina a picciole giornate per soddisfazione dei luoghi ove
passa, e per dove è ricevuto con festa ed archi trionfali. A Pesaro trovò
lettera di S. M. che gli faceva sapere, che all'arrivo dei ministri Pontificii
in Roma, i ministri Regli avrebbero deposta la loro giurisdizione.
Martedí 24. L'aggio sulle carte di
Banco è arrivato al 75 e tuttavia cresce. E' una ragione questa a cui non era
arrivato da che abbiamo la disgrazia di avere l'aggio. Vi è chi crede che vi
cooperi il Governo per fare che si portino le carte all'officio dell'impiego.
La verità è che sono varie le concause di questo massacro che stanno soffrendo
i poveri posessori di carte, e specialmente quelli che con dette carte debbono
vivere.
Mercordí 25. L'aggio continua a
crescere, ed è arrivato al 78 per %. Corrono notizie bastantemente equivoche
della guerra d'Italia, e già si dice, la Regina sia rimasta in Firenze non
potendo passar oltre per andare a Vienna, e che però pensi venirne in Napoli. Anco
il Re, vi è chi dice, che sia partito da Palermo fingendo un giro.
Giovedí 26. Seguitano a smaltirsi
voci allarmanti: si dice fino che il quartier generale dei Francesi sia a
Milano; forte di 120m. uomini, e che le nostre truppe vadano ad accamparsi a
Civita Castellana.
Continuando a crescere l'aggio si
son fatti aprire alcuni botteghini che cambiano per conto della Corte al 63 per
% in rame, al 74 in argento, ma non più che dieci ducati di carta a persona. Gli
altri agiotisti cambiano al 79. P, arrivato quest'oggi il pacchetto, sentiremo
domani che ci recherà di nuovo.
I Sedili cominciano a sfabricarsi,
perché si dice che il Re abbia fatto sentire che si meravigliava come ancora si
lasciassero sussistere.
Venerdí 27. R arrivata quest'oggi
una feluca da Genova e da Livorno, ed immediatamente si è spedita altra a
Palermo.
Sabato 28. Si è saputo questa
mattina che Genova era tornata di nuovo in mano ai Francesi, e questa fu la
notizia che venne ieri e si spedì a Palermo. Tale notizia ha cominciato ad
allarmare il popolaccio del Molo piccolo, ove ha incominciato a sentirsi il
solito linguaggio contro le giamberghe e i Giacobini. Si è inteso poi che tutta
la notizia era di un armistizio fatto tra l'Imperatore e i Francesi colla
mediazione armata di Russia e Prussia per aprire la trattativa di pace, e che
per fatti dell'armistizio i Francesi hanno data Magonza ed un'altra piazza agli
Austriaci, e l'Imperatore ha data Genova ai Francesi, l'una e le altre per
ostaggi.
Si sono raddoppiate le guardie per
Napoli a causa dei susurri popolari.
Domenica 29. Siamo di nuovo nella
massima costernazione. Le voci le piú allarmanti sono sparse per la città,
accresciute ancora dalle lettere di Roma. Si crede che l'armistizio non sia che
una semplice sospensione di otto giorni, e che l'Armata Austriaca abbia avuta
una totale disfatta, né possa più far fronte alla Francese. Altri credono che
questa rotta abbia dato occasione all'armistizio. Si aggiunge nel particolare
della nostra città, che il lazzarismo abbia spedito tre deputati ad andarsi ad
informare del vero stato degli affari d'Italia, onde poi tornare per eseguire
il massacro di tutte le giamberghe, come essi dicono. Altri poi dicono che
l'armistizio sia venuto ordinato dell'Imperatore, il quale ha fatto sentire
essergli state offerte condizioni di pace cosí vantaggiose che non poteva egli
rifiutarla. Si aggiunge che i Generali d'Italia si sieno querelati contro tale
armistizio, atteso l'ottimo stato dei loro affari. Si dice, che le due piazze
frontiere cedute dai Francesi all'Imperatore siano di tale importanza che fanno
conoscere che la Francia vuole la pace: non solo la mediazione di Russia e
Prussia, ma ben anco di Spagna Danimarca e Svezia; e molto si dice pure che ci
abbia cooperato il Pontefice.
Gli allarmisti di genio francese
poi accrescono a piú non posso le notizie contrarie. Quello che v'è di piú
sicuro è che niente si sa di positivo, perché lettere ministeriali non ne sono
venute.
Lunedi 30. Continua l'allarme e la
costernazione, ma niente si sa di preciso dello stato degli affari d'Italia,
per cui se ne suppone tutto il peggio.
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[*1] In marg. Il conservare una memoria eterna della rivoluzione colla detta croce io
non so approvarlo. L'innalzarla sul monte in cui l'albore fu abbattuto sì, ma
il costruirla con tanta solennità per lasciarla perpetuamente là piantata, io
replico non l'approvo, perché crederei doversi cancellare dalla memoria ogni
idea che possa svegliare quella della rivoluzione. La croce fu scoverta la
passata notte con molta saviezza per evitare i chiassi del popolo, ma non è
mancato di sentirsi esser ciò dispiaciuto ai nostri Santalede, i quali si sono querelati, perché mentr'essi
abbattettero l'albore, non sono stati chiamati ad assistere all'innalzamento
della croce.