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CARLO DE NICOLA DIARIO NAPOLETANO |
DICEMBRE
1800
Lunedí primo decembre. 2 stato
richiamato da Roma il generale Naselli, e dicesi che verrà a dar conto della
sua regenza o governo di Roma. I due commissarii Francesi partirono da Roma il
giorno 25 novembre, scortati dalla cavalleria napoletana. Torna pure da Roma la
officina della Scrivania di ragione, perché la poca truppa che resta in Roma in
piede di pace dipenderà dal generale Damas, per cui non ha bisogno di officina
a parte.
Martedí 2 decembre. Sono state
rubate due botteghe sotto la casa del direttore di Polizia fuori porta detta
Sciuscella, ed i ladri dopo averle vuotate le chiusero, sbarrarono, e
suggellarono come fosse operazione della Giunta di Stato, o di altro
magistrato. Un soldato Moscovita che si trovò a passare, e si crede si fosse
accostato, venne da essi ferito a morte, e lasciato a terra. Ciò è accaduto
nella scorsa notte.
Mercordí 3. Niuna novità ci ha
offerta la giornata d'oggi.
Giovedí 4. Scrive il P. Palma da
Roma che essendosi allontanata la tempesta che minacciava quelle contrade, non
si sarebbe egli partito da Roma, anzi sperava che dissipandosi all'intutto, non
fosse piú egli nella necessità di venirne a Napoli.
Si dice una favoletta, a creder
mio, ma la noto quale mi vien riferita. Fralle lettere della posta, che come ho
notato di sopra da piú tempo si leggono pria di mandarsi e consegnarsi, se ne
trovò una diretta alla Giunta di Stato, ed apertasi dal fiscale Guidobaldi, si
trovò essere anonima e contenere un rimprovero alla Giunta, perché impedisse
tutto il commercio interno del Regno, violando la santità del suggello e la
publica fede, aprendo tutte le lettere, quasi che ciò servir potesse alla
tranquillità dello Stato, senza avvedersi che ciò aumentava il disturbo, senza
profitto alcuno, mentre chi voleva far passare lettere di malintenzionati non
si fidava certamente al camino della posta.
Venerdí 5. Il fatto del furto delle botteghe fu
vero, ma molto differente; perché ora si dice che i Moscoviti fossero tra i
ladri; per quello che riguarda il ferito, lo fu da una scarica che contr'esso
fecero i birri di Polizia. Si dice di più che arrestati sul fatto, il loro generale
voleva punirli con pena di morte; ma corse il direttore ad intercedere, dicendo
che conveniva prendere informo del fatto, perché poteva darsi che si trovassero
per accidente in quella comitiva.
Sabato 6. Questa mattina il Re di
Sardegna colla moglie e zia è stato nella Chiesa di S. Nicola dei Pií Operarii
a Toledo ove con infinita devozione hanno assistito alla messa solenne sempre
ginocchioni. E' un Principe esemplarissimo, ed in ogni domenica si porta al
Duomo, ove visita il Santuario di S. Gennaro. Si mantiene in Napoli con quello
che gli è stato assegnato da diversi Potentati Europei, ed il duca d'Aosta suo
fratello disse mantenersi vendendo brillanti.
Domenica 7. Il Monitore di Milano porta che la congiura in Parigi ordita contro
il Console Bonaparte si fosse procurata e fomentata dalla nostra Sovrana, per
cui ne fosse avvenuta in conseguenza la cessazione dell'armistizio, la calata
di Bonaparte, Bertier e Bernadotte, avendo giurato l'esterminio della Casa
d'Austria.
Martedí 9. Si è ordinato procedersi
ad horas per l'omicidio del Moscovita
commesso dai soldati di Polizia, e la causa si farà in Vicaria, non ostante la
prerogativa che ha la Polizia di giudicare i delitti dei suoi individui.
Mercordí 10. E’ arrivato il
pacchetto; già si dice che porti la notizia della venuta del Re.
Giovedí 11. La notizia non è al
tutto falsa. Il Re scrive al direttore Zurlo, ch'egli avea differito di mandare
il Principe ereditario, perché non era ancora sicuro della coalizione delle
Potenze di Russia e Prussia coll'Impero, ma che assicurato ora di questa, aveva
risoluto di farlo venire, sperando seguirlo dopo breve tempo.
Venerdí 12. Il Re di Sardegna colla
massima edificazione frequenta ogni giorno le nostre chiese, e perché sempre
piú sia nota alla posterità la scostumatezza del nostro popolaccio, avverto
ch'essendo andato nella Chiesa dei Santi Apostoli, uscendo da quella, come non
lasciò limosina alcuna ai nostri vagabondi questuanti che si affollano tutto
giorno attorno ai forestieri, ebbero l'ardimento alcuni lazzaroni di fischiarlo
nel montare che fece in carrozza.
Sabato 13. Noto un altro aneddoto
edificante del Re di Sardegna. Avendolo il nostro principe del Cassaro mandato
ad invitare pel Teatro, egli rispose che erano ormai anni sette da che non era
piú intervenuto a simili spettacoli, e che credeva non essere da comportarsi
nelle attuali circostanze; e soggiunse che anco dopo restituito all'antica
tranquillità, egli se ne sarebbe astenuto, volendo riserbarsi ai doveri
Cristiani.
Domenica 14. Le lettere portano la
notizia di 17 m. Inglesi sbarcati a Malta, per unirsi alle truppe d'Italia.
Lunedí 15. Questa mattina si è
posto alla vela il conte de la Turne che va a Messina, ove armerà l'Archimede ed un altro vascello nostro
ch'è in quel porto, ed indi anderà a Palermo a prendere il Principe e la
Principessa ereditarii per portarli a Napoli, unitamente al duca di Gravina e
Generale Pignatelli: si dice.
Martedí 16. Questa mattina il Re di
Sardegna è stato l'intera mattinata nel Tesoro di S. Gennaro ginocchioni
assistendo alla messa solenne. Ma non ha avuto il piacere di vedere la
liquefazione del sangue, non essendosi nell'intera giornata benignato il
Signore di farla seguire, per cui è rientrato com'è uscito con rammarico della
popolazione.
Mercordí 17. La mancanza di due
generi di prima necessità, specialmente, mi fa temere qualche sconcerto. La
farina è arrivata a quattro ducati il tomolo, ma ciò meno male, perché almeno
il pane alla piazza non manca, ma l'olio che manca giornalmente alle botteghe è
cosa che rincresce moltissimo, e si vede tanta folla attorno a quelle che dà
del timore.
Si torna a mettere in dubio la
venuta del Principe ereditario[*1].
Giovedí
18. Il direttore Zurlo sta indisposto, si dice il seguente aneddoto aver dato
causa alla sua indisposizione. Tutto il ministero,
le Reali Segreterie, e la Casa Reale, vanno in attrasso di cinque mesate. La famiglia di Palazzo della bassa corte era
stata da lui speranzata di qualche liberanza sotto Natale. Approssimandosi tale
solennità si portarono ad aspettarlo sulle scale di Palazzo, egli li vide, non
andò a smontare alla detta scala, ma sibene alla scaletta che va
sull'appartamento. Ciò fece che quella gente cominciasse a fremere ed a
minacciare, e si sarebbe fatta trasportare a qualche eccesso, se uno di essi
non avesse avvertito che dando in qualche passo violento, avrebbero sempre piú
ritardata la venuta del Re, e cosí si frenarono. Ora Zurlo avvertito di ciò, ha
pensato meglio di non esporsi e fingersi malato.
Domenica 21. Niente ci hanno
offerto di nuovo i due giorni passati, meno che di essersi sgravata di una
bambina nella giornata di ieri la duchessa di Aosta. La venuta del principe
ereditario si crede nuovamente indubitata per la metà dell'entrante.
Giovedí 25. La giornata d'ieri
vigilia della nascita di Gesú fu allegra e tranquilla, nè ci offrí cosa di
nuovo, cosí è stata anche nella notte. Quella di oggi è passata nello stesso
modo. In questa sera sola si veggono per tutta la città posti avanzati coli
sentinelle che danno frequentemente il chi viva. credo sia perché son tutte le
botteghe chiuse, e poca gente gira, cosí si usa maggior cautela.
Venerdí 26. Alle ore 22 è arrivato
il pacchetto proveniente da Palermo, e fra trent'ore sentiremo che novità reca.
Sabato 27. Sento venuto col
pacchetto il tapezziere per mobiliare l'appartamento pel Principe ereditario,
la cui venuta in Napoli sarà senza dubio circa la metà del prossimo gennaro.
Le nostre truppe ch'erano in Roma
passano in Toscana a covrire quei posti che sono stati dai Francesi
abbandonati. In molti luoghi del Regno vi son rumori specialmente in Altamura e
Matera. Sono certamente cagionati dai malcontenti e dalla soverchia asprezza
con cui si esiggono le imposizioni. Si dice che ci si manda truppa.
Domenica 28. Il pacchetto ha
portato il dispaccio per la istallazione del nuovo Senato di Città da mettersi
in azione il primo dell'anno. Ne darò il reassunto perché si sappiano i primi nominati
a questi nuovo Tribunale succeduto all'antico Tribunale di S. Lorenzo[*2].
E’ vero che il tapezziere è venuto, ma si mette in
dubio che sia per mobiliare l'appartamento.
Lunedí 29. Chi dice che sia sicura la venuta del
Principe ereditario, chi la nega dicendo che il principe del Cassero niente ne
sa. Altri dice che il Re di Sardegna lo abbia scritto al Re perché venisse.
Altri che siano giunte all'orecchio del Governo alcune voci del popolo, come
sarebbe, che vedendo il Re di Sardegna avesse detto taluni: «questi è anche un
Re che va fuggendo, ed è venuto in Napoli ove sì crede sicuro, ed il Re di
Napoli poi ne sta lontano ». Altri che vedendo l'assiduità del Re di Sardegna e
la divozione con cui assiste in tutte le domeniche alla messa solenne del
Duomo, avessero detto « che questo lo caratterizzi per ottimo Re >>. Voci
tutte che hanno data occasione a far sorgere quella che il Re pensi a
ritirarsi, e si faccia precedere dal principe ereditario.
Martedí 30. Della venuta del
Principe ereditario non v'è niente affatto. lo non so perché debba il publico
essere cosí lusingato.
Fu la Giunta di Stato a costituire
giorni sono l'arcivescovo di Taranto, detenuto sopra S. Elmo come reo di Stato.
Il comandante Moscovita non voleva permetterlo, dicendo che un Ecclesiastico in
tanta dignità non doveva essere costituito da Tribunali laici[*3], ma avendo poi ceduto, fu chiamato
l'arcivescovo al costituto. Ma questi con molta presenza di spirito, disse, che
su di lui non aveano autorità alcuna, e che non poteva giudicarlo neppure lo
stesso Papa, ma vi sarebbe stato bisogno d'un Concilio per giudicarlo e
deporlo. Replicarono i ministri della Giunta, che il Re avea cosí ordinato, ed
egli ripigliò, che il Re dovea sapere dai suoi ministri quello che potesse o
non potesse fare, erano essi in colpa non istruendolo.
Nuovamente si parla di pace
conchiusa; piacesse al Signore Iddio.
Addí 31 decembre ultimo del secolo
XVIII. Terminando il secolo XVIII, intendo compiere ancor io questa parte del
mio giornale e cominciarne una seconda col secolo che va ad aprirsi, sperando
che cominciar voglia con felici auspicii, e vogliano con questo avere termine i
nostri guai ed affanni.
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[*1] In marg. Io non mi lusingo che
venga. Il Regno è tutto anarchia, ed il rigore dei visitatori economici nell'esigere
i pesi fiscali la fa crescere. Altamura ed altri luoghi sono in insurrezione.
Qui in Napoli la Giunta di Stato ammette tutto giorno nuove denuncie per le
quali anco la gente onesta è inquietata. Un caporuota della R. Camera di
nascita distinta, ed i cui sentimenti sono i più puri, sta in bocca agli
inquisitori di Stato, che prendono informo sulla di lui condotta. Con una
denuncia vaga e anonima si è detto al Re che la Giunta di Stato è stata
indulgente, e che molti son liberi che avrebbero dovuto subire pena. E si
nomina quantità di onesta gente la cui condotta è stata imprensibile, e fra i
nominati mi ci sento ancor io, dandomi la qualità di deputato della Sala
patriottica, che io non so neanco dove positivamente si recasse, perché non
ebbi neanche la curiosità di vederla, non vidi neanco la Sala d'istruzione. Si
crederebbe? il fratello del principe della Rocca ha imputata d'indulgenza la
Giunta per non aver confiscati i beni di suo fratello, ed ha chiesto di
esaminarsi la causa di quello, ed a tal denunzia sì è dato corso, e si è
formata una Giunta nuova composta dal presidente Iannucci e non so chi altro
per esaminarla. Il caporuota di Vicaria criminale d. Matteo la Fragola anco è
sotto la inquisizione di Stato. Se queste possono essere disposizioni di quiete
io nol so.
[*2] In marg. Il dispaccio venuto da
Palermo comincia così: «Volendo il Re che il nuovo Regolamento stabilito nel
Real editto dei 25 del passato aprile, riguardante il governo degli affari
della università di questa città di Napoli cominci ad avere la sua esecuzione
dal primo del prossimo venturo anno 1801, è venuta la M. S. a destinare ì
soggetti, che per la prima volta dovranno comporre non meno il Senato di Napoli
che le deputazioni in detto editto indicate ». Pel Senato poi nomina per
presidente il principe di Bisignano; per Senatori del primo ceto, ossia del
Libro d'Oro, il duca di s. Demetrio ed il Principe Dentice: degli altri
registri nobili, il marchese del Tito ed il marchese Ceppagatti: dei togati il
principe di Sirignano Caporuota Caravita, e marchese Caporuota Mascaro: e dei
negozianti, d. Giacinto Cafiero, e marchese d. Gaetano del Sinno. Destina per
sopraintendente del Tribunale di fortificazione, acqua, e mattonata, il duca di
Laurenzana; per deputati del Libro d'oro, il marchese di Miano e d. Troiano
Petra: degli altri registri nobili, il marchese Valva e il conte di Contursi;
dei negozianti d. Gennaro Russo, e degli avvocati d. Pietro Andreotti. Per
sopraintendente della Salute il marchese Bisogni; deputati del Libro d'Oro il
marchese di Rugiano d. Andrea Carmignano, il principe di Belvedere, il marchese
di S. Eramo: degli altri registri, d. Gennaro Barretta marchese di Pescopagano:
negozianti d. Pietro Catalano, d. Pietro Paolo Tramontano, d. Francesco Vetere;
avvocati d. Agostino Cappelli, d. Giuseppe Toscano, d. Gennaro Bammacaro.
Portolano il marchese di Frignano; deputati del Lib. d'Oro, il duca di S.
Valentino d. Ferdinando Minutolo, il duca di Laurino; degli altri registri
nobili, d. Agostino Caravita di Sirignano, marchese Petroni; negozianti, d.
Giovanni de Leva, avvocato d. Pasquale Franceschini, il cav. d. Carlo
Vanvitelli. Stabilisce in ultimo il magistrato di revisione dei conti
universali composto dal Luogotenente della R. Camera della Sommaria, oggi
marchese Vivenzio, e da sei cavalieri, cioè quattro del Libro d'Oro, duca dì
Calabritto, d. Gerardo Loffredo, il principe del Colle, e d. Marcantonio
Carafa: due degli altri registri nobili, cioè il conte di Rocca Forzata ed il
duca di Belgioioso, e due razionali, cioè d. Vincenzo Viola e d. Antonio
Ricciardi.
[*3] In marg. Un'altra simile lezione diede il comandante Moscovita della guarnigione
di Palazzo al principe del Cassaro, il quale essendosi querelato perché aveva
fatto passare tutta la famiglia bassa di Casa Reale che chiedeva i suoi soldi,
il comandante disse che non si dovea negare mai l'ingresso a chi chiedeva pane.