CARLO DE NICOLA

DIARIO

NAPOLETANO

 

 

DICEMBRE 1798

 

Il giorno 29 novembre dell'anno 1798 la M. del nostro Sovrano con una sua lettera direttaci dal quartier generale di S. Germano fece saperci essere egli partito alla testa dell'esercito per andare a restituire la Religione e la quiete all'Italia. La sua partenza fu preceduta da un proclama spedito dal quartiere medesimo il giorno 14, con cui faceva sapere agl'Italiani tutti ch'egli sarebbe andato fin dove la necessità lo richiedesse, ed insinuava ai generali delle truppe straniere di uscire da Roma.

 

Il giorno 29 giunse notizia officiale della marcia del real esercito già in vista di Roma ricevuto da tutti con applauso ed acclamazioni.

 

Il giorno 8 dicembre venne lettera di S. M. diretta ai popoli degli Apruzzi, colla quale gli animava a difendersi da un'invasione che il nemico minacciava fare a quelle provincie.

 

Il giorno 13 s'intese arrivata S. M. di ritorno da Roma, e nei giorni seguenti si ebbe notizia del rovescio avuto dalle nostre truppe per tradimento di molti capi di armata, fra gli altri del maresciallo Meccer (de Metsch), che fece rendere prigioni quattro regimenti. Nei giorni seguenti si andarono sempre più ricevendo notizie della ritirata delle truppe e de' vantaggi del nemico.

 

Il giorno 15 S. M. colla Real consorte e famiglia fu ad assistere al solenne triduo fatto celebrare dalla Città nella sua chiesa di s. Lorenzo.

 

Il giorno 16, ricorrendo la commemorazione del patrocinio del nostro s. Protettore, il popolo era in grande aspettativa per la liquefazione del sangue, che seguì all'ore 22 circa.

 

Il giorno 17 si seppe che la notte precedente si erano trasportati dal Banco della Pietà nel castello Nuovo dieci milioni e D/.  500m. di contanti, e che la Corte meditava mettersi in salvo. Si seppe pure che gli Abruzzesi avevano respinta una colonna francese che andata era ad investirli.

 

Il giorno 18 s'intese con sorpresa universale l'arresto del Segretario di Guerra maresciallo d. Giovanni Emanuel, e arrestato portato nel Castello dell'Ovo dall'esente d. Giuseppe Minutolo che si portò in Segreteria ad arrestarlo d'ordine di S. M. alle ore 21.

 

Il giorno 15 s'intesero voci di altri arresti che si dissero anche seguiti.

 

Quest'oggi 20 son corse voci di altri arresti di personaggi di vaglia, e dell'arrivo in Italia dell'esercito Tedesco. Il popolo è corso a folla innanzi al Real Palazzo chiedendo a S. M. armi per difenderlo e difendere se stessi, a castigo dei traditori della patria. Continuerò il presente mio giornale per trasmettere alla posterità le notizie di quanto sarà per accadere, sperando che voglia finirlo al più presto colla notizia d'essersi al nostro amabile Sovrano ed al Regno tutto la tranquillità e la quiete interamente restituite.

 

Luigi Marchese : Pianta di Napoli

 

Addì 21. Il trasporto del popolo continua: impedisce l'imbarco a chiunque, ed è arrivato all'eccesso questa mattina di trascinare fino ad avanti al Real Palazzo una persona che ha creduta sospetta e francese, e l'ha lasciata morta sulla strada, d'onde si è trasportata già cadavere nella Chiesa di s. Spirito. In questa stessa giornata l'ex consigliere magn. d. Carlo Vanni si è trovato ammazzato da se stesso con un colpo di pistola. Ha egli lasciato scritto così: « La ingratitudine del Governo, la certezza di non trovar asilo in alcun luogo, mi determina ad ammazzarmi. Perché non si attribuisca ad altri la mia morte, lascio la presente memoria, o parole che importino lo stesso ». Egli era stato inquisitore della Giunta di Stato, poi giubilato perché si conobbe aver ecceduto. La sera si è posto un breve editto con cui per comando espresso di S. M. si faceva sapere alla fedele popolazione di Napoli, che qualunque unione tumultuaria che turbar potesse la publica tranquillità sarebbe immediatamente e militarmente punita di morte.

 

Ignoto : Assassinio del corriere del Re Antonio Ferreri

 

Addì 22. Questa mattina si è trovato affisso un editto di S. M. con cui faceva sapere che andava in Sicilia per trarne soccorso e mettere in salvo la sua Real famiglia, lasciando il generale d. Francesco Pignatelli alla testa del governo da Vicario generale, ed il Barone de Mack alla testa delle truppe. Si è publicata insieme lettera di S. M. diretta al popolo in data de' 16, colla quale lo anima a levarsi in massa per respingere il nemico. Il Real Palazzo e le Reali Segreterie si sono trovate chiuse. La costernazione di tutta la città è stata grande, e molti tra Signori e particolari l'avevano già cominciata ad abbandonare. Il cambio delle carte di Banco per ridurle in contante è giunto al 68 per%, e neanco si trovava; ma il popolo non ha dato in nessun trasporto. Questa sera si è saputo che S. M. domani cala da bordo e resta in Napoli con tutta la famiglia, mosso dal suo paterno affetto per questa popolazione che si è portata a supplicarla colla Città in Corpo ed una deputazione della magistratura. S. M. si dice che abbia rimproverato al popolo di ieri su quell'infelice, che lungi dall'essere come credevasi una spia nemica, era un corriere di gabinetto che partiva per commissione. Un altro infelice fu anche vittima del furore popolare. Insomma abbiamo anche due funeste giornate quella di ieri e l'altra di oggi, speriamo che cominci da domani un ordine di avvenimenti più felici. Il nemico, si dice aver evacuati gli Abruzzi respinto dalle Reali truppe e da quei Provinciali.

 

Addì 23. Questa mattina si credeva di sicuro che il Re si restituisse a Palazzo, ma sono rimaste deluse le nostre speranze. E' tornata la deputazione dei magistrati a supplicarla, ci si è portato il Clero e molti dell'ordine dei Nobili; niuno ha potuto vederlo; ed egli a tutti ha fatto rispondere che sarebbe ritornato. Il dopo pranzo ci è andato Sua Eminenza l'arcivescovo, quello che qui dicesi capo lazzaro, che ora è un tal Sabato Buonocore, volgarmente Sabatiello A Sua Em.a il Re ha parlato da sul vascello, si è raccomandato alle sue orazioni, e gli ha raccomandata la Religione. Ha detto. che lasciava alla testa del governo una persona che aveva sempre creduta amica ed in cui si fidava. Al capo lazzaro che voleva prendere la parola, ha detto con ciera brusca «hai coraggio di venirmi innanti? due volte ho conosciuto chi sei »., e la deputazione del popolo[ 1] .

General Jean Etienne Championnet

 

 

 

A d. Zaccaria Gargìulo avvocato della deputazione del popolo, ha detto « non esser tempo di Paglietti ». Alla marineria «che aveva occasione di lagnarsi di essa per aver trovati i suoi legni mal serviti » e volendo scusarli il canonico Vinaccia, ha lui detto « non esser tempo di scuse ». Finalmente ha detto « che sarebbe egli tornato tra noi quando avesse avuto co' fatti riprove di sua fedeltà ».

 

Un principe idolatrato dalla nazione intera, sentendosi aver così parlato, farà credere alla posterità di essere stato mal corrisposto dai Napoletani, e pure è sicurissimo che ciascuno di noi è trasportato per lui, e per lui darebbe la vita. Chi sa chi lo ha così malamente prevenuto contro un popolo a lui attaccassimo e che merita il titolo di fedelissimo. Che parta, e faccia Iddio che si ricreda e ci restituisca il suo amore e la sua fiducia. Ci ha lasciati tra le amarezze, ma la massima è sapere che ci ha lasciato credendosi dai Napoletani malveduto. Iddio la perdoni a chi di questo errore lo ha imbevuto e ci dia i mezzi a farnelo ricredere. Son questi i voti miei, e son sicuro che lo sono dell'intera popolazione.

 

Si è il Re imbarcato senza niuna compagnia della sua Corte che tutta è stata licenziata. Due sole cameriste porta seco, e niente seguito. La marina si dice licenziata, pure si dice l'artiglieria. Si dice pure che siasi colato a fondo il vascello Partenope. Se Iddio non ci soccorre, la nostra rovina è irreparabile, e non si sa onde ci venga. Chi sa se in quei che più fida il nostro buon Padrone, vi sia quella intera fede che si crede.

 

Addì 24. S. M. continua a bordeggiare a vista di Napoli, né si sa capire perché non avendo voluto restituirsi a noi, non ostantino le suppliche ricevute da tutti gli ordini della città, non profitti almeno del vento favorevole per la Sicilia, e sta in mare con una giornata orrida e nevosa. Si dice che aspetta la notte prossima, in cui gli si è detto che deve scoppiare una insurrezione, che Iddio ce ne liberi, io per me son quasi sicuro che sia un timore panico di cui è imbevuto il di lui animo. Intanto la corte si ha imbarcato tutto il contante che vi era ne' Banchi. Le carte hanno il valore infelicissimo di meno del terzo, pagandosi l'argento 68 per %, né si trova,  in piazza non hanno le carte corso alcuno: si dice che la tesoreria non abbia pel pagamento delle truppe altra somma all'infuori di quella che può bastare per la sola fine del mese; e se ciò è vero, i soldati si ritireranno tutti alle loro case.

 

Addì 25. Tutto è quieto: il Re è già partito ed ha lasciato noi tra i palpiti e la miseria. Le disposizioni che si danno ci fanno temere le più gravi sciagure. La notte scorsa fu gittata in mare tutta la polvere da sparo che si conservava sotto il monte di Posillipo; la notte ventura s'incendieranno tutte le barche cannoniere che son costate tesori, i cannoni che difendevano la nostra rada son tutti inchiodati: tali disposizioni che dinotano si vedrà col tempo, per ora si dice che sia perché venendo i Francesi non possano servirsene di difesa contro la squadra Inglese, il cui ammiraglio Nelson si è compromesso fra sei ore di rendere Napoli un mucchio di pietre bombardandola. Si puol credere che un Re tanto amato dai suoi sudditi voglia vederli così distrutti, dopo di aver da essi ottenuto quanto ha voluto? Iddio sarà per noi, ed Iddio lo perdonerà: egli è tradito da chi gli è a fianco, gli Inglesi lo hanno sacrificato, ed il desiderio di vendetta da cui era animata la moglie, ha rovinato lei e noi. Se queste mie memorie si leggessero ora, sarei rovinato, e pure parla in me l'affezione pel mio Sovrano, ed il dolore che sento al cuore. Egli era adorato, ed ora gli animi dei Napoletani son già da lui alienati: un miracolo può salvarci, e pure da noi si spera.

 

Addì 26. Continua la quiete nella città, S. M. si dice da taluni già in alto mare, altri lo vogliono ancora vicino. Si è publicata la notizia di essere stati scacciati da Teramo i Francesi, e fatto prigioniero il generale che si dice Rusca, il tutto dai paesani levati in massa senza aiuto alcuno della truppa. L'accaduto si dice il giorno 19 alle ore 19.

 

Addì 27. Il temporale della scorsa notte ha fatto perdere nella nostra rada più legni, ed un vascello portoghese ha cercato aiuto con più tiri di cannone circa le ore 5 della notte: è stato in pericolo, ma si è salvato. Questa mattina si diceva che il vascello ov'è imbarcato S. M. fosse a Baia, che il Re stasse poco bene, come pure il Principe ereditario, che la neonata infanta fosse pericolata. Più tardi si è sparsa la voce che il Re volesse calare a terra e gl'Inglesi glielo avessero negato, dicendo volerlo tenere per ostaggio fino a che l'Impero e la Spagna non si dichiarassero contro la Republica francese. Questa sera si è detto che domani la Città con l'arcivescovo sarebbe tornata a portarsi a pregarlo perché si restituisse a noi. Finalmente si dice che tutte sieno ciarle, e che il vascello sia in alto mare, né si abbia altra notizia. La Città si unisce spesso e si sta coalizzando il piano della guardia civica. Questa mattina si è unita la Piazza di Nido per la elezione di un eletto di Città; aveva avuta l'insinuazione dal marchese Simonetti ora Segretario di giustizia di confermare il principe di Colobrano eletto passato, o nel caso non si volesse venire a tale conferma, di sospendere la nuova elezione. La Piazza ha fatto tutto il contrario, ha escluso Colobrano, ed ha eletto il conte di Policastro, il quale ha rinunciato sul momento.

 

 Addì 28. E' arrivata notizia che le truppe comandate dai generali Gambs, Dillon, e Schudi, sono state battute da una colonna francese il dì 23, e che i nemici si avanzano per la via di Benevento. Quest'oggi si sono fatte incendiare le barche cannoniere, e tutta la rada si è disarmata. Tali disposizioni fanno credere vero il sospetto che all'entrare de' Francesi Napoli sarà bombardata ed incendiata. Ecco a che ci hanno ridotti. Non sarà certamente creduto che un Re così buono abbia voluto abbandonarci e sacrificarci barbaramente, lasciandoci senza difesa e concorrendo alla nostra distruzione. Non bisogna perdersi di speranza, est Deus in Israel.

 

Addì 29. I Francesi sempre piú si avanzano. Gli Eletti di Città sono in moto, e si crede che pensino a qualche risoluzione di mandare a cercare essi un armistizio ai Francesi. Questa sera si è spiccato un corriere all'Imperatore dal Vicario Pignatelli, ma il corpo di Città pensa di trattare indipendentemente da Pignatelli. Si è avuta notizia di essere giunta S. M. a Palermo il giorno 26, avendo sofferta una burrasca di mare, che i due comandanti, cioè l'inglese Nelson e il nostro duca d. Francesco Caracciolo dicono di non aver sofferta da che hanno cognizione di mare.

 

Addì 30. La Città in Corpo si sente essersi portata al Vicario principe Pignatelli, chiedendo da lui sapere che facoltà avesse per trattare coi Francesi, perché nel caso non l'avesse, la Città tratterebbe da se. Si dice che il Vicario generale prima avesse cercato sfuggire, dicendo che la Città non aveva questo dritto, ed avendogli uno degli Eletti, che si vuole essere stato il principe di Colobrano, detto, essere essi i rappresentanti della nazione, che alla stessa erano responsabili di ogni disastro che potesse accadere; a questa risposta il Vicario avesse detto: esser quello un linguaggio republicano. Al che aggiunse, per quanto si dice, Colobrano, che il linguaggio era di colui che aveva roba da perdere e non voleva essere trascinato per Napoli dal popolo. Stretto dunque Pignatelli si vuole che avesse detto, essersi lasciato al generale Mack la facoltà di trattare, per cui s'era mandato a chiamare. Andò pure una deputazione di patrizii da Pignatelli e tenne un linguaggio quasi uniforme. Mi ero dimenticato notare che fra le cose dette dalla Città, ci fu quella di voler sapere, perché s'era gittata a mare la polvere, sguernita la rada, inchiodati i cannoni, brugiate le barche cannoniere e i lancioni, e vi fosse l'ordine d'incendiare la darsena; soggiungendo che lo pregavano a sospendere l'ordine, altrimenti si sarebbe dato altro passo. Quest'oggi poi si è saputo che si sono unite le Piazze ed hanno nominati quattro cavalieri deputati, per ciascuno dei quali ne eleggerà due il generale Pignatelli per ogni Piazza; ed a questi deputati saranno conferite le facoltà per fissare gli articoli del trattato col generale medesimo. Questa sera poi vi sarà gran consiglio di guerra.

 

Addì 31. Il Consiglio di guerra cominciò alle ore due della notte e finì alle ore nove. Si dice che quel matto del generale Mack avesse detto ou tous qui marchent, ou la ville écrasée: o tutti che marcino, o che si spiani la città. Il risultato del consiglio di guerra è stato di destinare quattro deputati per andare a Roma a chiedere un armistizio di sei mesi per trattare fra questo tempo il di piú. I deputati nominati furono, il principe di Francavilla, il principe di Migliano, il duca del Gesso, e l'incaricato di Spagna d. Giovanni Bolognini, ma si dice che manco potè ultimarsi, che l'incaricato di Spagna disse che non voleva partire senza essere autorizzato con una scritta del Vicario generale, e questi aveva detto non avere tal facoltà. Sentiremo il di piú. L'Incaricato si dice abbia ragione, perché avendo egli passato pria di venirsi alla guerra altro ufficio alla nostra Corte per farla desistere da tale impegno, era stato tal suo ufficio preso in cattiva parte, ed egli mal veduto, non vorrebbe dunque gli accadesse la seconda. Il Vicario generale neanco avrà torto se nega di prestarsi, perché l'Incaricato crede poter riuscire nell'ottenere l'armistizio assumendo, che avendo S. M. abbandonato il regno, sia questo decaduto per effetto di quanto fu preveduto nello strumento di cessione fattone da Carlo Borbone a suo figlio nel 1758. Le Piazze hanno anche fatti i loro deputati, ed avendone ciascuna nominati quattro, il generale ne ha eletti due pigliando i due primi, nominati. Questa mattina si sono uniti in casa dell'avvocato d. Angiolo Padovano, uno dei due deputati della Piazza del popolo, ove, si dice, che abbiano cominciato a distendere gli articoli da proporre al generale Pignatelli; e si dice che il primo sia di voler armata nuovamente la rada: il secondo che si destinino due cavalieri deputati per ogni castello, ai quali debbono essere subordinati così il castellano come gli altri uffiziali della guarnigione del castello. I Francesi si dicono arrivati a Sangermano, e che il nostro esercito avrà tre divisioni, una resterà in Capua, le altre due, una prenderà la via della Calabria, e l'altra quella di Puglia, per impedire il guasto di quelle provincie.

 

 

 

 

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 [ 1]                 Meglio informato, il nome del capo lazzaro è Giuseppe Paggio della parentela di Nicola Sabato, egli è molinaro di professione, ed è uomo di mal affare per quanto si suppone. Dio non voglia che costui prenda ascendente sul popolo.