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CARLO DE NICOLA DIARIO NAPOLETANO |
SETTEMBRE
1799
Domenica 1 settembre. Circa le ore undeci di Spagna
questa mattina sono entrati alcuni legni che hanno salutato il porto con varii
tiri di cannone, la bandiera di uno di essi che ho veduta era dei Stati Uniti
d'America, si è creduto che fossero i Moscoviti che si aspettano, ma non è
stato così. Si era sparsa una voce sicura della presa di Roma, ma neanche si è
verificata.
Il Re si dice che non venga per
ora, perché non è sicuro ancora del popolo. Questa diffidenza lo fece partire
l'anno passato ed accelerar fece i nostri travagli, dando ansa e comodo ai
ribelli di far venire i Francesi faccia Iddio che la diffidenza medesima non ci
rechi ora qualche altro guaio.
Lunedì 2 settembre. E’ arrivata
notizia sicura della presa di Roma, che si dice seguita nel seguente modo. Il
giorno 23 agosto le nostre truppe ebbero avviso che l'armata Austro‑Russa
il giorno seguente sarebbe stata alle porte di Roma. Il celebre fra Diavolo
profittò dell'avviso, e prese l'altura la notte stessa dei 23, circa le ore 6
d'Italia piombò entro Roma e gittò lo spavento e la costernazione nella
guarnigione francese e patriotta di Roma che immediatamente come seguì in
Napoli si chiuse in castel s. Angelo, lasciandolo padrone della città. Si è
spedita la notizia a Palermo, e si manda l'artiglieria verso Roma con un corpo
di 1500 altri uomini di guarnigione.
La giornata d'oggi è quella
dell'epoca delle nostre sventure, giacchè la leva dei 2 settembre 1798 aprì la
scena alle sciagure che pel corso di un anno abbiamo sofferte, speriamo che
cominci da questo giorno medesimo con la lieta novella, qual'è quella della
presa di Roma, una per noi epoca felice ed avventurata che faccia dimenticarci
i passati travagli.
Ieri sera furono trasportati
moltissimi dei detenuti nelle carceri della Vicaria per imbarcarsi, giacché
continuano a levarsi da Napoli.
Quest'oggi e questa sera si son
viste girare molte pattuglie di truppa Inglese sbarcata dalla fregata qui
arrivata.
Il direttore di Polizia d. Antonio
La Rossa sta formando un nuovo corpo di gente d'arme vestito alla leggiera d'
color grigio, ed hanno la denominazione di fucilieri di polizia; bisogna che
tutto abbia un'aria di novità.
Martedì 3. La notte scorsa vi è
stata la decisione della Giunta di Stato, ed è stato condannato il conte di
Ruvo, Ettore Carafa, a perdere la testa su di un palco. Quest'oggi stesso è
passato alla cappella, e domani si eseguirà la sentenza. Basset, Mantonè e due
altri sono condannati alla forca, ma perché compresi nella capitolazione, non
si eseguono. Il medico d. Antonio Sementini è stato escarcerato, e suo figlio
condannato ad anni dieci di esilio.
Si è detto tornato Martucci, ma non
è stato vero. Si dice che uno degl'incarichi pei quali è partito, sia quello di
far cessare l'anarchia popolare, avendo Ruffo proposto il disarmamento del
popolo senz'essere stato inteso. La verità è che se il popolo non si mette in
soggezione, si andrà da male in peggio. La notizia della presa di Roma non si è
avverata.
Mercordì 4. Ieri sera vi fu molta
truppa in moto per la città, e a notte avanzata vi fu nel quartiere detto della
Duchesca un allarme cagionato da truppa che andò a fare visita in alcune
case per carcerazione da fare. Come
quello è un quartiere popolato molto di plebe, così questa insolente oltre modo
si e posta in sussulto, ed è andata a far violenza al monastero di s. Clemente
volendo obligare quelle monache a suonare la campana ad armi. Per grazia di Dio
le monache non hanno dato retta a tale inchiesta, altrimenti poteva sortire
qualche disordine. Quali carcerazioni siensi fatte da me s'ignora.
Questa mattina il popolo stesso ha
cagionato altro rumore. Dalla stamperia Reale sono usciti alcuni fogli stampati
che contenevano un proclama dei patriotti Perugini che rinfacciava alla Francia
e ai Francesi la cattiva fede; terminava con l'espressione republicana salute e fratellanza. Si è data la
combinazione che leggendosi da un galantuomo a voce alta in mezzo Toledo, il
popolo intese quelle espressioni, e subito allarmato lo ha arrestato e condotto
alla Giunta di Stato. Indi è andato arrestando coloro che andavano vendendo
tali carte. La Giunta ha veduto che tutto era trasporto di plebe stupida e
riscaldata, ma non ha potuto rilasciare l'arrestato per timore che nol
maltrattassero. Ha poi mandati gli ordini perché si procurasse far sciogliere
gli aggruppamenti di popolo ch'erano cominciati a farsi. Siamo sempre lì, se il
popolo non si mette in soggezione andiamo di male in peggio. Si dice che si
pensi a disarmarlo, ma anche il Governo teme di compromettersi: si dice che
delle carcerazioni siensi fatte, anzi si dice che andata una deputazione
popolare a far strepito alla Giunta perché si spedissero le causo dei rei di
Stato, la Giunta la mandò da Ruffo, il quale notar fece i loro nomi col
pretesto di far noto al Re il loro zelo, e poi la notte gli mandò ad arrestare.
Tutto va bene, ma bisogna che gli si faccia vedere il viso delle armi, come
suol dirsi, altrimenti tutto è inutile.
Quest'oggi è seguita la
decollazione del Conte di Ruvo, Ettore Carafa, che sento sia morto
contritissimo.
La Giunta di Stato si dice che da
qui a due altri mesi sarà sciolta, perché S. M. ha ordinato che si decidano le
cause, perché altrimenti non finiranno mai. Per esempio, si è fatta una classe
degli ascritti alla Sala patriottica che ne comprende 1060, per questi sento
che sia ordinata la deportazione e confisca dei beni, così degli altri. Il
numero degli arrestati mi si dice ascendere a novemila seicento, e che ve ne
siano da circa 800 altri di dubia qualità, pei quali si stanno acquistando
ulteriori lumi per arrestarli.
Mi si assicura che il principe di
Torella ebbe un carico provato da testimoni di essere stato egli alla testa
della sua compagnia a cavallo quel giorno che furono trascinate e brugiate le
bandiere Regie avanti al Palazzo. All'incontro il Principe ha mostrato la
coartata di essersi egli quel giorno trovato a letto ammalato, ed ha fatto
constare non aver egli mai montato a cavallo perché pativa di capogiri talmente
che non poteva reggersi. Tale difesa non gli valse, e sta colla sentenza di morte,
della quale la capitolazione lo ha salvato.
E’ sicuro che i patriotti portati
da Cancelliere a Tolone, appena arrivati furono posti in ferri dai Francesi.
Che belli amici si avevano scelti, che bella lealtà, che belle promesse! La
rivoluzione di Napoli sarà di obbrobrio eterno alla Nazione francese.
Quest'oggi dicesi scoverta la flotta Russo‑Ottomana.
Giovedì 5. Effettivamente sono in
rada alcuni legni Moscoviti, non si sa ancora l'oggetto perché son venuti.
E’ degno di tramandarsi alla
posterità il seguente aneddoto.
Un macellaio di cognome
Martusciello, quando S. M. venne in rada, caricò una barca di varj rinfreschi
come frutta ed altro, e li portò a bordo, trovò che il Re non era arrivato
ancora, ed egli lasciò tutto all'ammiraglio Inglese, pregandolo a farlo
avvisato subito che S. M. arrivasse. L'Inglese gli mantenne la parola, ed egli
si portò subito colla solita barca a complimentare S. M., e all'ammiraglio
Inglese presentò un mazzetto con un anello di brillanti che si tolse del dito.
Ora si è saputo che lo stesso macellaio, tornato il Re a Palermo, si è là
portato con la moglie, e fece in Palermo una publica entrata in questo modo.
Marciavano innanzi a lui venti vacche ben pasciute ed ornate in tela d'argento,
venti vitelli, così a venti a venti altri animali da macello; seguivano poi
altri doni di frutta e cose simili. Indi egli in abito nero e parrucca gittando
monete di argento. Ed in questo modo caminando arrivò al Palazzo Reale. S. M.
chiamato dalle grida corse al balcone e lo applaudì colle mani. Indi fece
salirlo sull'appartamento; entrato egli con la moglie presentò tutto a S. M. e
vedendo la nutrice che aveva in braccio la ragazzina della Principessa
ereditaria, la moglie di Martusciello si tolse dal collo un filo di perle e lo
regalò alla nutrice, pregandola di aver cura dell'Infante. Ritiratosi a casa
sua fece sentire a tutti i Napoletani che trovavansi a Palermo, che gli avrebbe
somministrato tutto quel denaro che poteva bisognarli, e durante il tempo di
sua dimora in Palermo si è trattato sempre alla grande e inutilmente.
Sono stato assicurato che la Giunta
di Stato abbia effettivamente avuto un dispaccio d'istruzione per le cause dei
rei di Stato, e che contenga le seguenti determinazioni. Per i glubisti
ascritti prima e dopo la venuta dei Francesi, giudicati a tenore delle leggi,
lo stesso pei rappresentanti ed altri incaricati di prim'ordine. Per gli
ascritti e giurati alle Sale patriottiche, deportazione in vita e confisca dei
beni. Per i civici volontarii, e per quel che avevano graduazione, una
mortificazione ad arbitrio della Giunta. Per i civici forzosi, ammessi alla
Reale indulgenza. Per i municipalisti ed altri impiegati volontarii, una
mortificazione, e privati di ogni impiego, ed esclusi da quelli in ogni tempo.
Per i municipalisti ed impiegati necessarii e forzosi, esclusi da ogni impiego.
Per quei che hanno poi carichi particolari, giudicati secondo le circostanze.
Non mancano dei disordini che si
commettono dal popolaccio, e non è sicuro il girare per la città dopo le ore
due, né l'uscire da quella. Nella strada di Portici fu verso un'ora e mezza di
notte arrestata la carrozza del cav. Marulli sotto la solita scusa di vedere
chi fosse, ed avendolo fatto calare si presero quanto aveva, anche la chiave
d'oro, credendo che veramente fosse d'oro. Per la città arrestano col chi viva,
e poi spogliano. Il direttore di Polizia, della Rossa, ha prese però le misure
per dar torneo a tali disordini, e sta per tal motivo sollecitando la
formazione dei suoi fucilieri di Polizia, dei quali ne ha vestiti cento, e
domani ne veste altrettanti.
I legni Moscoviti sento che abbiano sbarcati altri
1500 uomini.
Venerdì 6. Si è publicato colle
stampe il dettaglio di una luminosa azione seguita il giorno 15 agosto nelle
campagne di Novi. L'esercito francese forte di 50 m. uomini comandati dal
generale in capo Joubert fu attaccato dall'esercito Austro-Russo. L'azione fu
vivissima, e tre volte i Russi avendo attaccato il centro dell'esercito
francese furono respinti con perdita. Il generale Austriaco barone Melas si
mosse finalmente con sedici battaglioni e caricò l'ala sinistra nemica in
maniera che fece piegarla e darsi in fuga, e con lei tutto l'esercito che fu
inseguito fino a notte avanzata. Restò morto sul campo il generale francese
Joubert, e mortalmente ferito Moreau. Altri quattro generali rimasero
prigionieri con 4 o 5m. tra ufficiali e soldati, e tutta l'artiglieria nemica
rimase in mano agli Austro‑Russi. Il generale Melas confessa essergli
costata cara tale vittoria, ma dice che le conseguenze ne saranno brillanti, e
per poco altro si sentiranno i Francesi in Italia.
Si è mandata insinuazione ai luoghi
pii di prestarsi all'opera del riscatto dei
schiavi presso i Barbareschi con una prestazione in denaro. Fatto sta che i
luoghi pii sono esausti, e il direttore Zurlo li vuole annichiliti.
Questa sera si è sparsa voce dell'arresto del duca
della Salandra. Sarebbe un'altra scena tragica questa. Il piú acerrimo realista
si è mostrato il duca sotto il Governo republicano, fino ad andar sempre
vestito a lutto, ed a parlare senza ritegno. Ne riporterebbe questo premio.
Sabato 7. Domani alle sette di
Spagna parte per Roma il generale Broccard (Bourcard)
con duemila uomini di truppa di linea e molta massa, vanno con lui da
volontari molti ufficiali del distrutto esercito di S. M. La notizia di
Salandra fu falsa, lode a Dio.
Il dispaccio venuto da Palermo, e
che accennai l'altro ]eri, sento che sia piú aspro di quello che mi si disse,
spero averne la copia. Questa mattina è surta la voce che S. M. con altro
dispaccio ringraziava tutti coloro non ostante il rigore dei ribelli, si erano
esentati dal servire, ascrivendosi da contribuenti.
Mi rincrescerebbe se fosse vera
l'altra notizia che si è detta, cioè di qualche dissenzione tra l'Inghilterra e
la Moscovia relativamente a Malta, giacchè il Czar avendo preso il titolo di
Gran Maestro dell'Ordine ne vuole la protezione, e la chiede per sè.
L'Inghilterra all'opposto la vorrebbe per conquista. Questa dissenzione
potrebbe nuocere agl'interessi nostri in particolare.
Domenica S. Questa era la gran
giornata della sontuosa festa di Piedigrotta per la uscita dei Sovrani con
intero treno e squadroni di tutta la truppa accampata alle spiagge, e squadra
situata in rada. Festa ricca insieme e maestosa, che attirava il concorso di
tutta la popolazione vicina. Ci è mancata quest'anno con infinito
rincrescimento; si è veduta bensì venire anche della molta gente di campagna,
che si lusingava forse che ci fosse. Abbiamo avuto la festa anco a s. Chiara,
fatta dai gentiluomini di Camera e Scheffi di Corte, con molta sontuosità
questa mattina.
Il generale Broccard è partito, ma
si spera di sentir presa Roma. Si dice giunta notizia d'un'altra disfatta data
dall'arciduca Carlo all'esercito francese sul Reno comandato da Massena con la
prigionia del d. generale, dopo saltatogli un braccio con un colpo di cannone.
Cennai nei passati giorni il rumore
che il popolaccio fatto aveva per una carta stampata, in cui aveva veduto
scritto salute e fratellanza. Mi è
pervenuto il d.o foglio, e meriterebbe che si facesse non solo noto, ma publico
a tutti, acciò fosse ognuno a giorno della perfidia francese, e conoscesse da
quali orrori ed umiliazioni siamo noi stati liberati. Ne darò un
estratto,perché non so se mi riesca di poterne conservare una copia.
Porta la data di Perugia, e
l'epigrafe Avviso interessantissimo per
gl'Italiani, ed incomincia così: « Popoli d'Italia, mirate con indignazione
ed orrore nel documento autentico che io riporto a qual funesto destino vi
aveva riserbato il piú infame complotto, l'esito della slealtà e della
perfidia, il direttorio esecutivo diFrancia ecc. ». Questo è il grande
monumento pubblicato in Perugia, colla data di quest'anno presso Carlo Badual e figli, che dovrebbe farsi
noto a tutte le popolazioni Italiane, perché si ricredessero. E pure il nostro
stupido popolaccio, per avervi trovato Salute
e Fratellanza, ha posto nella
necessità il Governodi farne proibire la ulteriore publicazione. Sul proposito
dei capi di opera trasportatisi dai Francesi, devo avvertire, che l'Ercole
Farnese è rimasto, essendosi trovato incassato ma non partito ancora.
Lunedì 9. Son cominciate a
trattarsi nella Giunta di Stato le cause di minor momento ad oggetto di
sfollare le carceri da tanti arrestati. Il principe di Torella e Riario,
dicesi, che abbiano avuta la grazia della vita per effetto della
capitolazione, ma resteranno in vita nel fosso del Maritimo; grazia piú
orribile della morte.
Quest'oggi nel cortile del
Tribunale di Capuana mentre reggevasi Camera Reale[*1] è accaduto un disordine non nuovo,
ma di funeste conseguenze. E’ stata sempre antipatia tra birri e soldati, e da
questi si è preteso sempre che passando birri innanzi a sentinelle militari,
dovessero togliersi il cappello. La nuova squadra dei fucilieri di Polizia che
sta formando il direttore La Rossa credeva forse non doversi considerare come
l'antica sbirraglia, e non si toglieva perciò il cappello ai militari.
Quest'oggi dunque essendo di guardia un uffiziale forse piú formalista, ha
maltrattato uno dei detti fucilieri, perché non si aveva tolto il cappello
passandogli avanti. Il fuciliere ha voluto rispondergli con impertinenza e
l'uffiziale dalla sua gente ha fatto cacciar fuori lui e tutta la squadra di
Polizia, che vi era in quel cortile. Uscendo la porta uno di essi ha continuato
a tenere il cappello in testa. La sentinella a cavallo con la carabina ha fatto
cascarcelo, il fuciliere si è calato a prenderlo a terra, forse con modo
improprio ed anche minacciante, e la sentinella gli ha scaricata in testa la
carabina, che fortunatamente gli ha preso il solo cappello, e la palla è
passata a ferire un altro fuciliere nella coscia. Questo l'accaduto d'oggi; se
non si ripara, sentiremo ogni giorno attacchi tra soldati e birri.
Si dicono arrivati a Gaeta ottomila
Moscoviti.
Molti generi che ci mancavano da un
pezzo sono venuti in dogana, come zuccaro, caffè, cacao, e simili; per cui si
crede che dovranno sentirsi gli antichi prezzi, avendo pagato il zuccaro fino a
24 carlini, ed il caffè a carlini 32 il rotolo.
Martedì 10. Si è publicata colle
stampe la capitolazione di Civita Castellana seguita il giorno 25 agosto; di
breve, sentiremo attaccata Roma. Si è permesso alla guarnigione di Civita
Castellana il potersi ritirare a Roma, ciò fa vedere che non si cura. Fra i
capi della capitolazione v'è il perdono generale, che si dice accordato dal
generale Austriaco « perché questa è la mente del Sovrano ». Volesse Iddio e si
regolasse così il nostro Re, ma ètutto il contrario, come va a vedersi
dall'estratto che vengo a notare del dispaccio che accennai l'altro giorno,
quando mi fu riferito semplicemente.
Porta questo la data del 27 agosto
della Segreteria di Giustizia, 23 da Palermo, diretto al Card. Ruffo dal
generale Acton. Risponde ad una rappresentanza della Giunta di Stato in
adempimento di altra Real Carta del 30 luglio colla quale S. M. gli aveva
manifestato che nel formare la Giunta aveva avuta la mira principale di
provvedere i mezzi piú efficaci a sradicare i ribelli, e dare degli esempi di
pronta e severa giustizia, che in ogni tempo scoraggiasse i perversi. Ma che
per conciliare la giustizia colla connaturale clemenza del Re, e risparmiare al
possibile il sangue umano, volea S. M. che il piú gran numero dei rei fosse
punito colla deportazione in vita e confisca dei beni ancorché meritassero
l'ultimo supplizio, e però l'ingiungeva, non meno il pronto e sollecito castigo
dei principali rei, secondo tutto il rigore delle leggi, che un piano da
comprendere le classi dei meno colpevoli, i quali meritare potessero la
deportazione e confine d a infliggersi dalla Giunta, fissando un metodo
semplice e conveniente per evitare le lungherie, e sgravarsi con celerità i
Regni di S. M. da tali scellerati. La Giunta dice aver trovata difficile la
classificazione, prima perché credeva che fosse bisognata una sommaria
cognizione dei reati di ciascuno, locché il numero eccedente degli arrestati e
le altre circostanze non permettevano; secondo perché in tali delitti tutto è
atroce e tutto è punibile con severità, onde la distanza è nulla, o assai poca.
Pur non di meno per secondare i moti del pietoso cuore di S. M. proponeva i
suoi sentimenti nel seguente modo formando così le classi. Prima, tutti coloro che al numero di 416 si trovano notati in un
libro intitolato Coscrizione dei
Patriotti, che hanno giurato nella Sala patriottica, di vivere liberi o
morire. La Giunta crede che sieno tutti gravi delinquenti, ma come tra questi
vi sono di quei che hanno altri delitti complicati, così opina per costoro
doversi giudicare, e per tutti gli altri mettersi nella classe dei meno
colpevoli, s condo le mire del Re. Seconda
classe, vi è un altro libro intitolato, Elenco
di tutti gl'individui componenti la Società popolare ai 19 fiorile, anno VII
della libertà, ove sono coscritti altri 471 patriotti. Questi anche li
giudica gravi, perché cospiravano allo stesso fine, ma meno, perché manca in
loro la qualità del giuramento, e però tolti quelli che hanno qualche altro
delitto complicato, tutti gli altri compor possono la seconda classe dei meno
colpevoli. Terza classe. Quel che
hanno servita la truppa di linea e la nazionale, che si dividono in truppa di
Marina e di terra. I primi sono più delinquenti, perché nel Provisorio
giurarono libertà o morte, e però dovrebbero soggettarsi a condanna
giudiziaria. Per quei di terra, vi sono coloro che oltre il servizio preso,
hanno poi combattuto nelle diverse spedizioni contro le truppe di S. M., suoi
alleati, e Realisti. Fra questi debbono collocarsi in primo luogo coloro che
fino all'ultimo punto hanno combattuto nei castelli di s. Elmo, Capua e Gaeta,
onde in confronto di questi crede la Giunta che gli altri sieno meno colpevoli.
Quarta classe. Tutti gl'impiegati al
Governo e magistratura, la Giunta li crede delinquenti, perché da una mano illegittima e da un capo di ribelli ricevettero la
potestà che compiutamente esercitarono. Ma che in confronto sono piú rei
quelli che occuparono la rappresentanza del Governo provisorio, quelli del
Potere Esecutivo, del Comitato Legislativo, del Tribunale Rivoluzionario,
dell'Alta Commissione Militare. Questi crede doversi giudicare, gli altri
annoverare nella classe dei meno colpevoli. Si escludono da tal reato quei che
occuparono oppure restarono nelle antiche magistrature, variato il nome e il
solo esecutivo delle leggi e costituzioni con le quali si governavano nel tempo
della tranquillità dello Stato. Quinta
classe. I proclamatori, i predicatori, i seduttori sono gravi delinquenti,
distingue però la Giunta quelli che sugli altari e nei luoghi publici hanno
predicato da quelli che ciò hanno fatto in privato. I primi la Giunta dice
doversi assoggettare a condan na, i secondi annoverarsi nella classe dei meno
colpevoli. In questo modo la Giunta ha creduto poter classificare i piú o meno
colpevoli, ma ha rassegnato pure che nella classe dei meno colpevoli possano
esservi quel in cui concorrono piú colpe che li rendono deliquenti, e nel
numero dei piú gravi potervi essere di quei che, per una legale eccezione o
particolare difesa, meritarono diminuzione di pena. Si rimette in fine la
Giunta all'alta economia e potestà del Re per deliberare dei suddetti rei a
tenore delle Sovrane manifestazioni.
Il Re risolve così col dispaccio
seguente:
S. M.
avendo preso in considerazione quanto la Giunta ha espresso, è venuta ad
uniformarsi alla classificazione fatta dei rei meno colpevoli, e comanda che la
Giunta sud.a in questa conformita esegua pei rei meno colpevoli e colla
maggiore possibile celerità per passarsi alla deportazione e confisca dei beni
di tali rei, giudicando la Giunta secondo il rigore delle leggi e con eguale
sollecitudine gli altri rei principali e più gravi.
Mercordì 11. Ieri sera circa le ore
due fuori lo Spirito Santo una pattuglia a cavallo, o per abbaglio del Santo, o
per altro accidente, si attaccò colla sentinella ch'è alle carceri di s.
Felice, questa fece fuoco, corsero i Moscoviti ed il fuoco crebbe, non se ne sa
il dettaglio preciso. Altri disordini non sono mancati, né mancano sera per
sera, come di gente assassinata col pretesto di Giacobinismo, e di botteghe
sfasciate. Si dice che il direttore La Rossa abbia data la sua dimissione.
Sarebbe un altro malanno, essendo Ministro di petto, di ottime intenzioni, ed
impegnato pel bene publico senza rnistero e fini privati.
Non mi ricordo se ho accennato che
il Presidente ossia Vicepresidente pensi di unire le quattro Ruote per far
risolvere i pagamenti da farsi generalmente in contanti per finire di gittare
nel discredito le carte di Banco.
La vendita dei beni dei luoghi pii
soppressi la Corte anche vuol farli in contanti; la decima la vuole in
contanti, i pesi fiscali in contanti, ed i Banchi continuano ad essere chiusi,
restando ai particolari le carte che hanno il valore della metà fin'ora, e di
qui a poco del niente.
I cappellani del Tesoro avevano la
prerogativa di essere del ceto dei Cavalieri di Piazza, vacando un luogo, si è
dato ad un tal Cafiero del ceto dei negozianti, dicendosi che la distinzione
della Piazza è terminata. Lascio a chi mai sarà per leggere queste memorie di
fare le sue riflessioni, e passo ad accennare un altro fatto. Il primario dei
Tavolarii del S. C. doveva essere Cavaliere di Piazza e dalla Piazza doveva
elegersi, si è eletto non so come, e si èuscito dalle Piazze, essendosi
conferito ad un certo di cognome Petroni.
Giovedì 12. Ogni sera si tiene truppa sopra l'armi
temendosi di qualche disordine, perché la città niente è quieta, e non mancano
giornalmente dei malanni causati da gente malintenzionata, e dal popolaccio.
Queste notizie sono così arrivate fuori Regno, che molti bastimenti mercantili
carichi di generi che sono in Livorno hanno ricusato di voler venire in Napoli
temendo gli assassinii, le crudeltà, e barbarie che qui si commettono, o almeno
si son commesse da un popolo dato in preda alla rapina e al sangue.
Si crederebbe questo che vengo a
narrare, se non fosse accaduto sotto gli occhi di un immenso popolo? almeno non
si crederà nell'avvenire. Mentre in s. Agostino dei Scalzi si celebrava martedì
la festa di s. Niccolò Tolentino ed il ritorno di S. M., una turba di gente
popolare, istigata da un infame assassino, che aveva presa di mira la casa d'un
particolare, cominciò a dire, che questi era Giacobino, e fecero arrestarlo
dalla truppa in massa che si prestò volentieri colla speranza del saccheggio.
Questo povero infelice ebbe tanto spavento nel vedersi arrestato, che cadde
morto all'istante. Fu arrestato allora colui che faceva l'istigatore, se gli
trovò sopra uno stile ed una carta republicana, che confessò di portarla in
sacca per farla poi trovare addosso a colui che voleva far arrestare. Non mi
fido dire altro.
Quest'oggi sento essersi
saccheggiata la casa di un galantuomo all'Olivella, solo perché stava chiusa,
essendosi fatto spargere la voce che vi teneva dei Giacobini. La casa si è
aperta, niuno vi era, e frattanto si è saccheggiata.
Il Vicepresidente del S. C. ha
publicato un suo decretum pro indicenda
unione quatuor aularum S. R. C. ad oggetto di discutersi i seguenti punti[*2].
La giornata dei 14 era fissata per
tale unione, ed aveva il Presidente destinati per avvocati a sostenere il pro
et contra, d. Michele d'Urso e d. Vincenzo Volpicella. Il primo di essi ha
rinunziato, e si dice che forse si tratterà senza tali arringhe, essendosi
anche differita la giornata fino ai 24 del corrente. Vi è chi crede che tal
decisione urti nella publica economia, e possa causare maggiore discredito
delle carte di Banco; e cagionare piú danni che utile. Di fatto anche nel
consesso dei Ministri vi è stato chi si è opposto a tale unione.
Quello che vi è di certo è che la
Corte vuole accreditare le carte di banco per darle, ma non per riceverle, per
cui la decima ed i pesi fiscali tutti ha ordinato che si paghino in contanti,
più ha esposti venali i beni dei monasteri soppressi, e vuole le offerte in
contanti. La unione delle quattro Ruote metterà il sugello al discredito delle
carte di Banco, e siccome l'aggio è al 50 per %, così lo vedremo crescere fino
a non trovarsi piú a vendere le carte di Banco.
La casa all'Olivella non è stata
interamente saccheggiata, perché corse la truppa Inglese ad impedirlo.
Si è detto che una spedizione
lazzaresca sia andata a Palermo chiedendo il ritorno del Re, e promettendo per
sua quiete il massacro in un giorno di tutte le giamberghe, e la loro espulsione, vale a dire di tutti coloro che
sono di un ceto al di sopra del loro. Furono essi per quanto si dice arrestati
e meriterebbero essere per esempio degli altri tutti afforcati. Chi è stato in
Napoli ha veduto questo stesso popolaccio che fa ora il zelante deliziarsi
cantando la Carmagnola, andando gridando, voci di libertà, vendendo carte che
si publicavano con espressioni ignominiose ed irreligiose. Ed ora essi sono gli
eroi, gli altri ceti i ribelli, mentre dai birboni che volevano governar
Napoli, questi stessi due ceti si erano presi di mira, ed il popolaccio era
accarezzato.
Mi è pervenuta copia di una lettera del Re che diede
causa alla rappresentanza della Giunta, ed alla classificazione fatta in
seguito; la trascrivo per intero al
margine[*3].
Venerdì 13. La Giunta di Stato è
occupata quest'oggi a decidere piú cause capitali, si è in aspettativa per
sentirne l'esito.
Il Presidente d. Vincenzo
Sanseverino quest'oggi ha avuto il dispaccio di Presidente di Foggia.
Si sente che la Giunta stia
liquidando il giuramento dato dai ministri eletti pel Tribunale di Cassazione,
e si teme qualche nuova tempesta pei tre ministri Targiani, de Rosa, e Paternò
che stiedero per tal causa arrestati per otto giorni. Il publico sa il cuore,
la religione, il costume di questi ministri, e gli desidera aggraziati, e
volesse Iddio che a S. M. si facesse arrivare questa voce publica ch'è il più
sicuro testimonio della innocenza di di questi tre soggetti.
Sabato 14, Si hanno notizie di
grandi carcerazioni che si fanno pel Regno dai Visitatori, ed anco delle
esecuzioni; il terrore si spande da per tutto nel Regno di Napoli, mentre
l'Imperatore e il Gran Duca di Toscana fanno campeggiare una clemenza, ed un
generale perdono: giudicheranno i posteri.
Sono stati chiamati ed interrogati
dagli inquisitori di Stato i domestici di Targiani, Rosa, e Paternò circa le
persone che intervenivano nell'atto di possesso del Tribunale di Cassazione.
Ecco le decisioni della Giunta di
Stato nel giorno di ieri.
D. Elisabetta Molina Sanfelice, decapitata[*4]; P. de Meo afforcato[*5]; Ercole d'Agnese, forca e
relazione a S. M. perché conipreso nella capitolazione[*6]; Sancaprè, relegazione di anni
dieci, indi sfratto dal Regno [*7]; d. Nicola Pignatelli, relegato
vita durante[*8]; d. Ferdinando Carcani, relegato
per anni dieci[*9]; d. Gaetano Scudiero, relegato per
dieci anni; d. Carolina Scudiero, due anni di Conservatorio.
Si hanno d'Italia felicissime
notizie, a riserbo di Genova, Ancona e Roma, tutto il restante d'Italia è
purgato dai Francesi, ed a giorni sentiremo questi luoghi in potere delle
truppe alleate. Corre voce che in Palermo vi sia stato un tremuoto ed un attacco
tra Turchi e Siciliani che produsse sconcerto, e fece correre molto sangue.
Nella scorsa notte son passati al
castello del Carmine il P. de Meo e la Molina San Felice. Domani si eseguirà
per ambedue la sentenza. La Molina protestò la sua innocenza. Ella è giovane e
di bell'aspetto; l'avvocato Moles, che l'ha difesa, credeva liberarla da morte,
avendo sostenuto che non vi sia legge che con danni a morire chi scovra
congiura a quel Governo sotto il quale si trova. E che colei per tal motivo non
era rea di lesa
Maestà o di ribellione verso il Re,
che non poteva certamente sapere se veniva o no giovato dalla controrivoluzione
ch'ella scovrì. Quest'oggi si è detto che forse siavi sospensione per la
Molina, essendosi accordata revisione o sia riesame della decisione. Ciò
sarebbe cosa tutto nuova in questa Giunta che giudica inappellabilmente e senza
gravame. Potrebbe essere piuttosto quello che si è detto, cioè di essere
arrivato un dispaccio d'indulto.
Lunedì 16. Fu verissima la
sospensione pel due condannati Molina e de Meo che uscirono il giorno dalla
Cappella. Ecco l'aneddoto interessantissimo perché dà lume alla storia del
tempo. Ieri Molina era stata condannata con disparità di voti, perché d.
Antonio La Rossa era stato di vita, e due altri devennero a sentenza di morte,
per non discordare dal compagni; ma La Rossa tenne fermo. Gli avvocati di lei
Vanvitelli e Moles chiesero il rimedio della nullità, dicendo, che essendosi
dalla Giunta adottata la costituzione Sicula, questa ammette il gravame subito
che uno dei votanti sia discorde. Non gli giovò tale inchiesta, si
protestarono, ma la Molina passò in Cappella. La madre di lei, donna piena di
coraggio, andò strepitando attorno, ed arrivò a dire a Damiano, che il sangue
della figlia sarebbe stato vendicato col sangue loro. Ieri al giorno si seppe
che la Giunta avea ricevuto dispaccio d'indulgenza, e non lo aveva reso
publico. Corse l'avvocato Consigliere Vanvitelli dal direttore d. Antonio La
Rossa, il quale, non ostante l'immenso diluvio che faceva, essendo stata
un'orrida giornata, corse alla Giunta e fece i piú alti strepiti contro un sì
crudele ed irregolare modo di procedere.
Arrivò a dire ai compagni, che
invece di fare i Ministri, potevano fare i boia, e situarsi al Mercato per
appendere e spendere la gente, chiese conto del dispaccio, e volle che si
rendesse noto, così fu sospesa la esecuzione, e Il dispaccio s'è saputo Eccone
il riassunto. Cospiratori, relegazione[*10], e confisca dei beni in vita.
Impugnatori di armi contro il Re, relegazione e confisca dei beni a tempo.
Proclamatori, scrittori, ed altri di simil natura, gastigo e sequestro dei beni
a tempo e proporzionata in ente al delitto. Burò, guardia civica, ed impieghi
subalterni, purché non siano ascritti ai patriotti, liberi e franchi da ogni
pena. Si ordina infine non procedersi contro coloro che non sono ancora
liquidati rei, e che si liberino coloro pei quali non vi è indizio di tortura[*11].
Questo dispaccio è degno della clemenza del Re, e
non puole immaginarsi la esultazione che ha prodotto negli animi di tutti i
buoni, che purtroppo erano avviliti dallo spavento e terrore che incutevano le
continue carneficine.
Si dice che sia tutto effetto dei
buoni officii di S. M. la Regina; ciò la renderà degna di un nome immortale,
mentre contro lei hanno sfogato scrivendo e parlando.
Si crederà che la Giunta con questo
dispaccio in sacca mandar volesse alla forca una donna ed un ecclesiastico? Il
Cardinal Buffo è così disgustato di tal modo di procedere della Giunta e di
tutte le passate operazioni del Governo, che per quanto mi si dice, aspetta
sentire che Roma sia presa, per andarsene da Napoli. Mi si dice pure che abbia
scritto molto forte al Re, protestando che se si continua nel cominciato rigore
egli non si comprometteva della tranquillità del Regno. Disse sicuramente ad
una persona che gli rincresceva trovarsi al suo posto, molto piú che non vedeva
apparenza per esentarsene non essendovi speranza che la Corte si restituisse
per ora in Napoli.
Vi è però chi crede che forse si comincia a pensare
di venirsene specialmente dopo l'accaduto coi Turchi, accaduto che produsse del
grande disordine. La causa non la so, ma per quanto si dice fu perché salite
sui legni alcune donne Palermitane coi loro uomini, i Turchi obligarono gli
uomini ad andarsene, ritenendo le donne, cosa che produsse com'è naturale un
rumore grandissimo.
Questa notte parte per Palermo la
duchessa di Corigliano Marini, chiamata colà dalla Sovrana.
La chiamata alla Giunta dei
servitori di quei Ministri che furono istallati al Tribunale di Cassazione, e
agli altri Tribunali Republicani, fu per l'inquisizione contro d. Giorgio
Pigliacelli, già Ministro di Giustizia e Polizia della Republica.
Martedì 17. Per ordine di S. M.
tutti i rei di Stato, condannati a morte e non eseguiti per effetto della
capitolazione, si sono la scorsa notte imbarcati per Palermo, ove sentiranno il
loro destino.
Nella rada di Palermo sono la
squadra Inglese, la Russa-Ottomana, e la Portoghese; scrivono di là che sia il
piú (bello) colpo d'occhio, e deve
essere così. Si crede che verranno a questa volta, e molti si lusingano che
venga la Corte a Procida fra giorni.
Con Real Carta venuta da Palermo S.
M. ha ordinato che le decisioni profferite secondo le leggi formate dal preteso
Governo Provisorio, o secondo lo spirito degl'infami principii democratici
tanto dagli antichi magistrati, quanto dai giudici nuovamente eletti dalla
sedicente Republica, o per effetto dei di lei stabilimenti restino del tutto
nulli, e si abbiano come non fatte. Volendo poi S. M. far uso della sua Sovrana
clemenza ed autorità[*12], si è degnata e viene ad accordare
una sanatoria a quei decreti, decisioni, ed ordini, emanati a tenore delle leggi
Monarchiche vigenti nel tempo dell'invasione dei Francesi. A qual uopo comanda
S. M., che si commetta alla R. Camera di s. Chiara, perché proponga i mezzi da
osservarsi per togliere dai processi tutte le carte confacenti, la qual norma
deve essere ancora eseguita per le scritture di simil natura esistenti negli
archivii ed altri luoghi publici, ed anche per le scritture dei privati che ne
vogliono far uso in giudizio
Mercordì 18. S. Elmo ha dato il
segno questa mattina di squadra che veniva alle ore 21. Quest'oggi poi sono
entrati in rada sette legni da guerra Moscoviti, e si dice che sia la
vanguardia della squadra Russa‑Ottomana.
Mi è pervenuto il dispaccio di cui
notai l'estratto giorni sono, ma vi è molta variazione, per cui vado a
riassumerlo.
E' stato destinato il commendatore
d. Nicola Perres per avvocato di tutte le cause delle case del fu duca
d'Andria, ossia conte di Ruvo, del fu principe di Torella[*13], e del principe d'Angri; tutti gli
avvocati e procuratori che dette case avevano sono stati disdetti.
Ecco il riassunto del dispaccio:
«Lungo proemio sulli gravi disordini della rivoluzione di
Napoli, difficoltà di evitare le conseguenze di una esatta perquisizione dei
rei, dei quali essendovene 8000 circa detenuti, i processi annunziavano
Infinito numero di correi. Indi conflitto nell'animo del Re per l'osservanza
delle leggi che volevano di tali rei il castigo, sensibilità dell'animo suo in
volerne l'assoluzione. Ma finalmente, si dice, il sentimento del paterno amore
che nutre il Re N. S. pei suoi vassalli ha saputo trionfare, ed ordina: che la
Giunta di Stato condanni col rigore delle leggi tutti gl'individui del Governo Republicano con sommario
processo e dispensando dalla liturgia criminale e da quelle formalità che non
alterano la verità ed il fatto. Per quei che gli ha per rei di lesa Maestà in
primo capite, passi a condannarli pure, senza trascinar con essi tanti altri
rei che da tali processure risulterebbero. Nella stessa classe situa tutti i
fautori, i proclamatori, coloro che avessero prese le armi, e che siensi
segnalati nella empietà. Prima però di eseguirsi le sentenze, ordina che se ne
faccia relazione a lui, per aspettare gli ordini che gli saranno dettati dalla
sua somma giustizia ed infinita clemenza. Per altri rei che anco meritassero
l'ultimo supplizio, gli esenta da tale pena. Questi sono gli ascritti alla sala
patriottica con giuramento di vivere liberi o morire, sebene avessero per così
dire segnata colle loro mani la loro sentenza di morte, pure vuole che
verificati i caratteri, siano asportati lor vita durante dai Reali dominii, e
che la Giunta sommariamente decida sulla confiscazione dei loro beni. Per
taluno che occorra di riferire, potrà farlo. Per tutti altri rei di somigliante
peso, ordina lo stesso, potendo bensì la Giunta, secondo le circostanze,
transigere la pena. Per tutti gli altri non compresi in dette due classi
principali, ordina che siano esiliati, e i loro beni restino per ora
sequestrati, riserbando al suo sovrano arbitrio, ristabilita che sarà la
publica quiete, di abilitare ad un esame giudiziario alcuni che lo chiedessero,
altri abilitarli a tornare nella loro patria, quando con la condotta avessero
dati segni non equivoci di emenda, giacchè in qualunque luogo si condurranno S.
M. non lascerà di tenerne le più esatte ed appurate relazioni. Per tutti gli
arrestati pei quali non vi è indizio a cattura, vuole che siano posti in
libertà. Si riserba far esperimentare in appresso e senza ritardo gli effetti
della sua sovrana clemenza a tutti i rei che trovansi detenuti. Per tutti
coloro che debbonsi deportare ed esiliare dai Reali dominij ordina che in caso
di contravvenzione siano soggetti alla pena di morte, e chi gli dasse aiuto ed
asilo relegato in un'isola per dieci anni. Quanto sta disposto pei rei detenuti
nella capitale, tanto vuole che si esegua pure per quelli delle provincie,
dando perciò gli ordini ai Visitatori, accio con eguale misura si diriggano.
La conclusione è quella che segue;
Vuole infine S. M. che nel palesare
V. Em.za queste sue Sovrane deliberazioni a cotesta Giunta di Stato per la
esecuzione che ne risulta s'incarichi a derimere e a passare sopra i piccoli
ostacoli che se li potranno presentare nella esecuzione, e dove dei validi ed
insuperabili ne rimarchi, lo dica, proponendo il suo parere, e suggerendo
ancora quanto altro stimi proporre perché la giustizia facci il suo corso
spedito, il pubblico riceva dei vivi esempii, ed il Regno resti purgato dai
malintenzionati cittadini, e si metta fine alle turbolenze al piú presto
possibile, e rasserenasi la publica tranquillità. Nell'intelligenza che su
quanto potrà esporre la Giunta di Stato, V. Em.za ne tratti nella Giunta di
Governo, acciocché sulle proposizioni e pareri della Giunta del buon Governo,
S. M. con più chiarezza e serenità possa comunicare a V. Em.za gli ulteriori
suoi ordini. R. Segreteria, Nap. 13 settembre 1799 ».
Giovedì 19. Dai legni Russi
arrivati ieri sono sbarcati circa400 uomini, ma si dice che partiranno per Roma.
L'ammiraglio ha detto che la Corte di breve sarebbe venuta in Napoli, almeno il
Re. Lo stesso ammiraglio domandò come il popolo stasse quieto, e come si
conducessero le truppe Moscovite, gli fu risposto, che il popolo non era ancora
interamente quieto, e che i soldati Moscoviti non avevano dato il menomo
disgusto.
Difatti è così, perché non si dà
gente meglio disciplinata di loro.
L'ammiraglio soggiunse che pel
popolo si farebbe stare a dovere, e pei Moscoviti, i nuovi venuti sarebbero
come fratelli.
Questa sera mi vien detto di
sicuro, che il Re sarà in Napoli pel giorno 4 di ottobre. Mi si è detto pure,
che i Siciliani non vogliono che la Corte si restituisca più in Napoli.
Venerdì 20. Questa mattina è
pervenuto dispaccio al presidente del S. C. in seguito di rimostranza,
coll'ordinativo, che dovendosi esaminare dalla Giunta di Stato ministri, ciò si
facesse a norma del prescritto dalle Prammatiche, cioè che si ricorra a S. M.
da chi vuole il testimonio del ministro, il Re rimette al ministro il ricorso,
acciò dica quello che sa. Il ministro risponde in scritto, e questa sua
risposta fatta a S. M. vale per qualunque giurata deposizione quasi facta toto iure civili teste, perché risiede tutto nella
suprema potestà. Questa rimostranza si è fatta dal presidente a suggestione del
caporuota d. Tommaso Caravita principe di Serignano, il quale avendo saputo che
molti consiglieri erano stati chiamati a deporre dalla Giunta, suggerì al presidente[*14] il fare tal rimostranza, per sostenere
il decoro della magistratura.
Sabato 21. Continua la voce che S. M. sia per venire
di breve, ma domani potrà sapersi qualche cosa di piú preciso, perché si dice
che sia arrivato il già maggiore della Piazza, d. Filippo Cancellieri, che
porta da Palermo varie disposizioni.
Quel Martuscello, di cui riportai
quanto aveva fatto in Palermo ha publicato un dettaglio delle accoglienze
ricevute dai Padroni, e dei doni riportati nel ritornarsene. Eccone un
estratto:
Essendo ancora in Napoli ebbe dalla
Regina la seguente lettera:
«
Ho molto gradito i i fiori e le frutta che mi avete mandati, li ho accettati,
perché sono certa che vengono per parte di un suddito fedele, come voi siete,
e che come tale vi siete diportato per il tempo passato, ed avete persistito
nel tempo della piú iniqua rivoluzione, nella quale avete saputo ben conservare
la fedeltà ai vostri padroni, con darne certe riprove che mi son note. Come
parimenti ben conosco quello che avete fatto in aiuto dei buoni e fedeli
sudditi, ed i contrasegni di vero giubilo che avete mostrato all'arrivo del Re
vostro Padrone. Continuate la vostra fedeltà verso i vostri Padroni, sia la
vostra condotta esempio a tutti i buoni, di confusione a tutti i cattivi,
contate sulla gratitudine dei vostri Padroni, e sulla mia particolare, e che
sarò sempre la vostra buona Padrona ‑ Carolina ‑Palermo 31 luglio
1799 ‑ a Martuscello ».
Questa lettera fu accompagnata da
una scatola di oro di non ordinaria grandezza contornata di due grandi ed
ottimi brillanti con cifra dinotante Cor
fedelis. Egli così l'ha interpretata, ma io credo che fosse la solita cifra
F. e C., cioè Ferdinando e Carolina. Essendo poi andato in Palermo, con
precedente permesso, fu introdotto dalle MM. Loro, che lo animarono vedendolo
confuso, indi fu trattato nello stesso Palazzo del conte di Pastiglia, che glie
lo cedette passando ad abitare altrove. Ivi fu trattato a spese della Corte, di
carrozza, pranzo, cena, rinfreschi, caffè, e merenda di dolci pei figli. Il
Principe d. Leopoldo scrisse al di lui figlio, inviandoli un complimento, il
seguente biglietto:
« Tu sei figlio di un fedele
servidore del mio caro Papà, io ti do un ricordo ben piccolo, ma come posso
della mia gratitudine ‑ Leopoldo Borbone ».
Avendo preso congedo ebbe i
seguenti regali. Dalla Regina fu dato alla di lui moglie un medaglione ben
grande ligato a giorno con doppio giro di brillanti ben grossi, di ottima
qualità, con cifra M. C. ancora di brillanti. A lui un anello di brillanti di
non ordinaria grandezza, una ripetizione con catena d'oro, ed un pomo di legno mpetrier legato in oro. A sua figlia
Raimonda un tosone d'oro coll'effigie di S. M. la Regina, contornato di rari
brillanti, e la chiamò commare, promettendo di mandare ciò ad effetto al suo
ritorno in Napoli. Il principe ereditario gli donò una scatola d'oro col suo
ritratto in grande. La Principessa ereditaria, alla moglie, un medaglione d'oro
coi ritratti suo e della figlia, con catena d'oro bastante a girare il petto e
le spalle. Il Principe Leopoldo al detto suo figlio Raimondo una mostra d'oro
alla corriera, con catena, suggello e chiave d'oro, ed un anello girato di
perle coi suoi capelli ligati con rosette d'Olanda. Arrivato in Napoli, ebbe il
seguente dispaccio:
« Avendo preso il Re in
considerazione i rilevanti servigi prestati alla Real Corona dal benemerito d.
Raimondo Martuscello, e volendogli dare un contrasegno della sua Reale
munificenza per l'attaccamento e la fedeltà colla quale si è distinto in più
occasioni nel tempo della passata rivoluzione di Napoli, ha risoluto perciò la
M. S. di conferirne al medesimo d. Raimondo Martuscello una massaria dell'annua
rendita di D/. milledugento da passare a perpetuità nella di lui famiglia. R.
Segret. Palermo, 3 Sett. ‑ Gius. Zurlo ‑ Sig. d. Raimondo
Martuscello ».
Domenica 22. Questa mattina si è
sparsa generalmente la nuova che Cancellieri portato avesse un generale
amplissimo indulto, a norma di quello fatto dall'Imperatore colla restituzione
ancora dei beni dei condannati agli credi fidecominissarii. E si è così universalizzata
che ha prodotta l'allegria in tutta la città, ove ciascuno ha, chi il parente,
chi l'amico, e chi fratelli e figli, chi madre, che di tale indulto ha bisogno.
Si è sparsa pure la voce che Roma fosse stata presa d'assalto.
Quest'oggi poi si è saputo che
l'indulto non in altro consisteva, se non che in ammettere a perdono i
municipalisti e le guardie civiche del Regno, in seguito di rimostranza del
Visitatore Mons. Ludovici, il quale ha fatto rapporto che costoro erano la
miglior gente dei rispettivi paesi, perché per municipalisti eransi prescelti
quelli che avevano l'opinione della popolazione, e per guardie civiche la gente
più proba e quieta del luogo. La notizia di Roma è stata falsa in tutto.
Questa sera ho saputo che la Corte,
forse il giorno 4 ottobre solennizzerà il compleannos del Principe ereditario,
e la notte si metterà in mare per restituirsi in Napoli, soggiungeva questa
persona, che la Regina non ha incontrato giovamento da quell'acre, e che abbia
del gonfiore ai piedi, per cui sollecita il venirsene. Vi è chi dice che i
Siciliani si oppongono, e che alcuni vogliono che restino il Principe e la
Principessa ereditaria.
Lunedì 23. Questa mattina si è
publicato con affissi ordine a tutti coloro che hanno patente di Realisti nelle
varie Società formate di esibire le armi fra due giorni. Ciò si desidera,
perché non si vedevano per Napoli che genti armate con tale pretesto. Salvatore
Bruni della sua compagnia ne ha formato un corpo di truppe, con uniforme bianco
e verde spessissimo.
L'allegria d'ieri per l'indulto è
scomparsa col sentirsi ordinata l'esecuzione della sentenza per Basset,
Mantonè, ed un tal de Seis, (Sieyés) che si eseguirà domani; già si credeva che
fosse cessato lo spargimento di sangue.
Il fatto che accennai di Palermo coi
Turchi fu seriissimo, tanto che nella mischia, vi rimasero morti da 12 Turchi e
piú Siciliani. L'ammiraglio Turco suonò la generale, e si pose in situazione di
bombardare Palermo, per cui la Corte fuggì in campagna, e non vi volle poco ad
assicurarla che tutto era stato accidente, perché dubitava di tradimento.
L'ammiraglio Nelson, chi vuole che
sia stato richiamato a Londra per dar conto del passo falso dato di non aver
ammessa la capitolazione fatta in Napoli colla guarnigione dei Castelli Nuovo e
dell'Ovo, chi per andare a trattare con la Porta Ottomana.
La Giunta di Stato fece le seguenti
condanne: decollati, d. Ferdinando, e d. Mario Pignatelli Strongoli, d. Filippo
Marini[*15], d. Giuseppe Riario Corleto, d.
Vincenzo Pignatelli di Marsico Nuovo ‑ Afforcati, d. Prosdocimo Rotondo,
d. Luigi Bozzaotra, d. Francesco Grimaldi, d. Francesco Astore ‑
Esiliati, d. Francesco e d. Andrea Pierapertosa ‑ Deportato a a vita d.
Luigi Riario ‑ Relegato per 1,5 anni, sacerdote d. Giov. Battista Rotondo
‑ Escarcerati, d. Carlo Pisciotta, d. Bartolomeo Apicella ‑ Alla
Giunta di Guerra dei generali, d. Vincenzo Pignatelli Strongoli.
Quando finiranno tante stragi che
non si possono sentire senza ribrezzo. Non vi è nella storia delle rivoluzioni
esempio di tante vittime sacrificate. Oh Dio quanto è mal consigliato 'l Re!
Come potrà tornare in mezzo ad un popolo di malcontenti, divenuti tali per
soverchio rigore. La Giunta di Stato è una Giunta di carnefici. S. M. è
ingannato, perché se gli si facesse presente quanto convenisse a restituire la
tranquillità in questo infelice Regno, lo farebbe certamente; veggasi nel
seguente fatto.
Il Visitatore Mons. Ludovici
vescovo di Policastro rappresentò che se si eseguiva quanto gli era stato
ingiunto, cioè di arrestare i municipalisti e le guardie civiche, si sarebbero
processati i buoni e lasciati impuniti i malvagi, dappoiché nelle provincie i
municipalisti ed altri del Governo erano stati eletti dal popolo, e le loro
elezioni erano cadute nelle persone piú probe dei rispettivi luoghi. Le guardie
civiche le avevano fatte i piú quieti per custodire le loro patrie. S. M. con
Real carta da Palermo in data 21 corrente si è uniformato, ed ha ordinato che
non si molestassero, ma solo si prendesse notizia di loro condotta.
Si è affisso editto in nome di S.
M. minacciando pena di morte a chi commettesse saccheggi, rapine e altri
attentati simili; frusta e dieci anni di galera a chi arrestasse qualunque
persona ancorché fosse conosciuto ribelle; frusta e galera ed altra pena ad
arbitrio, fino alla morte, a chi insultasse qualunque cittadino, chiamandolo
Giacobino: le pene comminate dalle Regie Prammatiche a chi asporti armi senza
nuovo permesso posteriore a d.o editto.
Si è eseguita quest'oggi la
sentenza di morte per Mantonè e quel tale Seis, o cognome consimile, per Basset
si è sospesa, perché ha chiesta indulgenza per palesare altro.
Dai vascelli sono sbarcate truppe
Moscovite, ora si dice che detti vascelli faranno vela. Vi è chi mette in dubio
tutte le ottime notizie d'Italia, e ci fa temere una nuova invasione. Allora sì
che sarebbe terminata per noi.
Mercordì 25. Una frusta si è data
questa mattina con molto rigore e maggiore apparato a tre del basso popolo rei
di furti ed omicidii. Si son fatti girare per le strade più popolose della
città in mezzo a molta cavalleria e fanteria. Era necessario che si cominciasse
a domare il popolo basso che purtroppo s'era reso baldanzoso, e tutti chiamava
Giacobini per assassinarli e rubarli. Molti, si sente che sieno nelle forze
della Giustizia vicini a subire la stessa pena, e si va inquirendo contro dei
piú rei di rapine, saccheggi, ed assassinii commessi sotto la sofferta anarchia
dei giorni della controrivoluzione. Di quei che commisero la esacranda barbarie
nel corpo di Fiani, molti furono arrestati dal colonnello d. Scipione la Marra,
che pria di consegnarli al braccio pagano cioè alla Vicaria, li tenne nel
castello del Carmine, facendogli consegnare cinquanta legnate da tempo in
tempo. Si ricorderà chi legge di tale barbarie, ma per vieppiù sentirne
l'orrore, ricorderò nuovamente che dopo aver fatto a pezzi il cadavere e
portatene le membra per la città, arrivò la barbarie a metterle al fuoco,
cuocerle e mangiarle. Ripugna la mano a scrivere tali orrori.
Si dice che sia venuta la
uniformazione di S. M. alle sentenze di morte della Molina[*16] e P. de Meo, cosa da fare
similmente orrore è la condanna della Molina.
Ieri unite nelle quattro Ruote il
S. R. C. risolvette sul decreto del vicepresidente pei pagamenti da farsi in
contanti ed in carte di Banco. La risoluzione fu un appuntamento di allargare
la mano nelle decisioni a favore dei pagamenti in contanti, specialmente per le
rendite dei terreni, dei censi, su quelli delle botteghe di negozio e simili,
che introitando contanti, fanno il negozio poi di venderlo e pagare in carta i
padroni. Un tale appuntamento non si è publicato, ma già la città è in allarme,
e si rifiutano le carte di Banco.
Della determinazione del S. C. si
parla male, perché regolata con private, non con publiche vedute, molto piú
perché non si rende publica, e par che resti il litigante all'oscuro di quel
dritto che deve giudicarlo.
Giovedì 26. Niente di particolare ci ha
somministrato la giornata di oggi, ma son corse molte notizie, fra quali la
morte di Pio VI arrivata per istaffetta a Sua Emin.za Ruffo. Si dice morto in
viaggio, mentre facevasi inoltrare nella Francia, al giorno 28 del passato mese
di agosto[*17]. Si dice poi Genova presa
per assalto con massacro di piú migliaia di Francesi tutti figlioli non
eccedenti l'età di anni 17. Roma si vuole che stia capitolando.
Questa sera si è chiuso il Sangue
del nostro Protettore s. Gennaro, che in tutti i giorni ha fatto vedere
costantemente la sua miracolosa liquefazione. Il primo giorno fu notato che non
volle liquefarsi nel Tesoro, dove stiede per tre ore esposto fra le preci e schiamazzi
soliti del popolaccio, portato poi sull'altare maggiore della cattedrale, sulle
scale si liquefece a vista di quanti vi erano.
Venerdì 27. Molte carcerazioni
segretamente eseguite si dicono di soggetti ragguardevoli, conseguenza di
quanto ha manifestato Basset, fra gli altri si dicono arrestati due Cavalieri
dell'Ordine di s. Gennaro, ma s'ignora chi siano. Si dice pure che siansi
mandati a richiamare moltissimi uffiziali della piana maggiore della truppa
marciata verso Roma. Annibale Giordano s
vuole che fosse in questo complotto, per cui è stato ristretto, e si
dice pure se gli sia trovata addosso una boccetta di veleno.
La capitolazione di Roma si dice
non seguita ancor per disparere tra i generali Inglese e Moscovita. Il primo
voleva accordare alla guarnigione l'andarsene ove gli piacesse colle armi e
carri coverti; il secondo si è opposto, dicendo che la guerra per terra la
sosteneva con le sue truppe, ed in conseguenza non voleva che questa
guarnigione andasse ad ingrossare il resto dell'armata Francese che ancora è in
Italia, e però la voleva prigioniera di guerra.
Vi è chi mette in dubio la morte di
Sua Santità, altri dicono che sia morto di disagio nel viaggio per Valenza
trasportandolo. Dicesi un aneddoto: che per derisione un giorno lo posero su di
un carro portandolo così, come in berlina, scoverto agli occhi delle
popolazioni per le quali passavano, ma che rimasero delusi, perché tutti gli
s'inchinavano nel passaggio, e gli chiedevano la benedizione, per cui lo misero
di nuovo nella carrozza.
La grazia che si disse fatta a s.
Severino non fu altra, che il permesso di sollennizzare una festa annuale nella
Chiesa.
Sabato 28. Niente di nuovo ci ha
somministrato la giornata di oggi. Una favoletta si è raccontata questa
mattina, cioè che Basset si fosse avvelenato, e avesse lasciato scritto che
egli aveva promesso di denunziare per prender tempo per questa operazione. Si è
detto pure che Mantonè, prima di essere portato alla forca, chiese di scrivere
e di restar solo, ma stato poi qualche tempo, chiamò nuovamente i Bianchi, e
disse aver cangiata risoluzione. Si vuole che avesse pensato a denunziare.
Anche Prosdocimo Rotondo si dice che voleva indultarsi. Non si mette in dubio,
che siano seguite carcerazioni di Nobili ed uffiziali graduati.
Tutte le Società Realiste sono
state disarmate. Si sta provedendo alle cause contro i ministri detenuti, tra i
quali d. Ilario Pirelli, di cui si teme. Il fiscale non lo risparmierà
certamente. Da Sicilia è venuto fuori un altro Promotore fiscale per la Giunta,
di nome d. Francesco Maggiore. Anco di Sua Eminenza Zurlo si dice, che vi siano
triste notizie. Si parla di una lettera da lui scritta al generale Championnet,
in cui lo felicita della sua venuta in Napoli, e dice averla da più tempo
desiderata. lo non lo credo.
Si ha notizia che in Milano si è
tentata una rivoluzione da quei stessi ai quali l'Imperatore aveva accordato il
perdono. Se mai è vero, ciò farà sempre piú allontanare le idee di perdono pei
rei di Napoli, e seguiteranno a sentirsi condanne ed esecuzioni.
Domenica 29. Circa le ore 15 è
accaduto un barbaro omicidio. Uno dei detenuti nelle carceri della Vicaria per
essersi accostato alla cancella per guardare di fuori, ha ricevuta una palla in
fronte, tiratagli da uno dei soldati di sentinella, ed è rimasto morto sul
fatto. Barbarie simili formeranno il disonore perpetuo della nostra Nazione.
Continuano le carcerazioni
popolari, e nella scorsa notte ne son seguite in Antignano ed a Soccavo. Il
popolo lo sente a male, ed io ho inteso dire: «che gli abbiamo fatto, perché
deve castigare? per noi ha ricuperato il Regno, e se abbiamo saccheggiato, lo
abbiamo fatto nella roba dei traditori » e simili querele.
Anco le feste continuano, e questa
mattina si celebra solenne quella di s. Michele Arcangelo nella chiesa della
Pietra Santa, seguita da tre ore d'illuminazione per tutta la strada per quanto
si estende, dalla chiesa della Croce di Lucca al Purgatorio, avendoci a tal
uopo fatte delle palizzate con tele dipinte. Domani poi vi è Te Deum solenne
cantato con invito nella chiesa di s. Ferdinando, a spese dei Cavalieri
dell'Ordine Costantimano, di cui è quella chiesa.
Si dice arrestato Dillon castellano
di s. Elmo, si dice scoverta una seriissima cospirazione; si dicono arresti di
molti cospicui soggetti di riguardo, porzione dei quali si trovano nell'esercito ch'è alla spedizione di Roma.
Si son posti questa mattina in cappella i seguenti
soggetti; Genzano figlio, dell'età di anni 20[*18], i due Strongoli e la
Molina, per essere decollati. Prosdocimo Rotondo, il P. de Meo, Astorre ed
Agnese, per essere afforcati.
Questa notte parte altra truppa per
Roma, e pure vi è ancora chi sostiene che abbia capitolato. Iddio ci liberi da
qualche altro disastro.
Della morte del Pontefice non si
dubita piú, anzi si dice che i Cardinali siano già cominciati ad unirsi in
Padova per chiudersi in conclave, avendo all'uopo eletto il monastero di s.
Giustina dei PP. Benedettini.
Il principe di Torella, che fu
imbarcato con Albanese, Abbamonte, Albarella ed altri per andare al loro
destino, si dice morto in viaggio.
La casa del medico Cirillo, col suo
magnifico orto botanico, sito a Ponte Nuovo, è stata data in dono a d. Scipione
La Marra per compenso del danni sofferti.
Il seguente fatto che viene sul momento
ad accadere, farà sempre piú vedere lo stato della nostra città, uno dei pregi
della quale era la sicurezza con cui giravasi la notte, sopratutto accompagnato
da un servitore col lume. Poco dopo le ore quattro d'Italia, lo ho inteso
alcune grida seguite da un colpo di pistola, indi si è saputo che ritirandosi
col servitore il giudice della G. C. criminale, d. Salvatore de Giovanni, è
stato assalito da quattro persone per assassinarlo, poco discosto dal suo
palazzo. Egli si è posto in difesa tirando mano alla spada, uno dei quattro gli
ha lasciato un colpo di pistolotto, che non lo ha colpito; ma come
nell'accelerare il passo è caduto, così lo hanno creduto ferito, e son fuggiti.
Quattro palle si veggono attaccate alla porta di una bottega[*19]. Ecco qual'è la nostra sicurezza
in mezzo a tanta truppa, gente d'armi, Tribunale di Polizia, e che so io.
Lunedì 30. Circa le ore 14 è
entrato in rada una nostra fregata, che ha salutato il porto con più tiri di
cannone, si dice proveniente da Palermo. Circa la stess'ora è partita una
colonna di 900 Moscoviti per Roma. Per notizia sicura che di là ho avuta con
lettera del 26, vi è sospensione d'armi, ciò potrebbe combinare colla notizia
che mi è stata data, cioè che i Francesi ed i patriotti Romani non hanno voluto
stare alle facoltà che i generali dicevano avere per la capitolazione,
dubitando non gli accadesse quello che accadde ai patriotti Napoletani del
castel Nuovo e dell'Ovo, per cui hanno voluto che si mandasse a Palermo a soscriversi
da S. M.
La esecuzione è seguita alle ore 19[*20] per cinque degli otto posti in
Cappella, essendosi sospesa per tre, cioè, per la donna Molines, perché a
premura dei Bianchi, fattosi la ricognizione da mammane e chirurgi, si è
trovato vero esser gravida, come aveva asserito; pel figlio di Genzano poi e
per Agnese, perché si son trovati moribondi. Per cui al Genzano si è data
l'estrema unzione ed i Bianchi terminata la esecuzione, son tornati nel
castello ad assisterli, perché vicini a morire.
Con la fregata di questa mattina è
tornato d. Domenico Martucci, il principe di Bisignano con la moglie, e la
principessa de Luzzi Si dice che
portino notizia che S. M. non abbia piú idea di tornare in Napoli, ma voglia
fissare la sua dimora in Palermo Veramente se continuano le condanne non verrà
certamente in mezzo ad una Nobiltà per ogni verso disgustata.
Alla festa di s. Ferdinando questa mattina molta
poca gente ha assistito, ed era naturale, perché il parentato dei Nobili che
dovevano questa mattina eseguirsi e molto esteso.
Circa le ore 21 è arrivato altro
legno da guerra. Oltre la colonna Moscovita partita questa mattina, altra
truppa e quantità di artiglieria è partita circa le ore 10 d'Italia.
Mi vien detto che Martucci non sia
tornato molto contento del suo viaggio, e che parli di ripigliare il suo carico
di fiscale di Camera. Mi vien detto di piú che in una lettera scritta da S. M.
la Regina al Card. Ruffo, vi sia un paragrafo il quale li dica presso a poco
così: « vi raccomando Martucci, questi è un fedele servitore del Re, ma qui è
stato poco fortunato ».
Alle ore 20 è arrivato corriere da
Roma colla notizia della capitolazione di Roma, Ruffo ha publicata tal novella.
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[*1] In marg. Continua a reggersi in Tribunale fino a che il vicepresidente lorio non
passi ad abitare una casa in mezzo Napoli, continuando tuttora a dimorare
all'Infrascata.
[*2] In marg. Ecco l'epigrafe di tal decreto, ossia proemio: «Quoniam frequentissime suboriuntur controversiae inter creditores et
debitores quoad modum persolvendi aes alienum, scilicet in pecunia numerata,
vel ministerio Banci, et huiusmodi lites magistratíbus in dies maximum
negotium lacessunt, non sine litigatorum detrimento, ad evitanda opiníonum
varie tatem in iis derimendis, ita ut intendum in uno eodemque articulo dissi
miles feruntur sententiae, ideo existimavimus ut S. R. C. quo sibi perpetuo
constaret, et ne amplíus huiuscemodi occupationibus distentum, in publica
commoda peccare videatur, junctis aulis ex Regali constitutione 1738 diversas
quaestiones id genus quotidie in loro obstrepentes, semel ad certam iudicandi
normam decernat atque inde S. R. M. proponat.
Et primo. An colonis emphiteutis
vel venditoribus censualium in pecunia numerata sii merces, canon, vel
annualitas persolvenda, ex quo ipsimet non aliter, al moris est, vendunt
fructus perceptos ex lundis locatis in emphiteusim concessis, vel pro annuali
censi suppositis? Secundo. An idem servandum sii in pensione officinarum atque
ac in tabernae seu negotiatoriae, ferrariae libreriae, medicinae exercendae
causa, seu vinariae, cascariae, oleariae, meritoriae, atque alíarum id generis?
Tertio. An in solutione alimentorum et aliarum assignatíonum quae habentur pro
alimentís, debitor praesentem pecuniam solvere tenuatur, Pel id per schedulam
Bancarium possii? Quarto. Utrum artifices et aliis qui operam locant mercedem
in pecunia numerata petere possint, et quid statuendum sii quoties eorum opera
magni aestimanda sii. Quinto. An solutio iurium sigilli, signi, actuaríorum,
scribarum, porteriorum, et notariorum fieri possit per publicam mensam? Sexto.
Quid landem hac in quaestione dicendum sii de illorum salario qui in
comunitatibus vel privatis inserviunt? Datum Neap. die 9 mens. septembri 1799
Michael de Iorio S. R. C. PP.
[*4] In marg. Costei è quella Luisa che
si nomina nella lettera di S. M. che scovrì la congiura dei Baccher. Ha
obbligazione alla Pimentel, che la nominò nel Monitore.
[*5] In marg. Questi è Crucifero,
fratello di un Giudice criminale giubilato, non so che gli sia stato
d'imputazione.
[*6] Costui era dell'Esecutivo, e non si
dubita di essere stato un birbone senza religione. Si ricorda al fatto della
monaca da lui fatta uscire dalla clausura per darla in moglie alla republicana
ad uno che aveva i quattro ordini.
[*7] In marg. Costui non so chi sia
[*8] In marg. Costui è uno spurio,
marito di d. Carolina Scudiero, di lui, della moglie e cognato Gaetano
Scudiero, non so i carichi.
[*9] In marg. Fu segretario della
Commissione Esecutiva, ed era stato uffiziale della Segreteria Reale.
[*10] In marg. Credo che debba dire
relegazione a vita e confisca dei beni, altrimenti sarebbe anche confisca
durante la vita del reo, e sarebbe maggiore clemenza perché non si priverebbero
gli eredi della roba.
[*11] In marg. Deve dire indizii a
cattura; altre diversità sento vi siano.
[*13] In marg. Fu principe di Torella dice l'avviso, considerandolo morto civilmente,
sebbene vivo ancora, ma naturalmente come dissi, ed è partito e con tutti gli
altri per sentire, arrivati che saranno a Palermo, il loro destino.
[*14] In marg. S'intende già vicepresidente, ma da tutti presidente si chiama.
[*17] In marg. Di questo Pontefice le profezie che sono stampate in Vallemont, Elementi di Storia, sotto il nome di s. Malachia,
dicono, peregrínusapostolicus, e si
vede avverato, essendo morto peregrinando. Il suo pontificato è stato
lunghissimo e pieno di accidenti, che non è del mio intento rapportare. Iddio
liberi l'orbe cattolico da qualche scisma. Fra le profezie che corrono, ve ne
ha una che dice: due Pastori sederanno
sulla cattedra di s. Pietro, quella di S. Malachia ci annunzia anche male
col motto Aquila rapax.
[*18] In marg. Questo infelice figliolo anche fu prevaricato dall'ajo, e il suo reato è
stato aver tagliata la testa alla statua di Carlo III.
[*19] In marg. Anzi al portone, e per quanto ho saputo da lui stesso, la caduta lo salvò
dal colpo di pistoncino, o carabina che fu, non essendo stata pistola, come si
disse. Due lo arrestarono, uno col prenderlo alla gola, l'altro col dargli la
mano all'orologio. Egli fece segno di tirare la spada ed uno di essi si diede
indietro, e gli alzò l'arme da fuoco in faccia. Al vedere ciò retrocedendo
provò guadagnare il portone, prese il falso della strada e cadde, il ladro
lasciò allora il colpo, per cui lo scampò. Si trattennero ancora qualche minuto
a vedere che dovessero fare, indi se ne andarono vedendo uscir gente dal
portone. Che sarà di noi nel prossimo, inverno? e la Polizia? tanti giudici?
tanti ispettori e subispettori?
[*20] In marg. Nel sospendersi il monaco de Meo è caduto improvvisamente un diluvio
immenso d'acqua, violentissimo, ma di poca durata.