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CARLO DE NICOLA DIARIO NAPOLETANO |
OTTOBRE
1799
Martedì primo ottobre. Inaspettatamente sì è inteso
questa mattina compita la esecuzione pel figlio di Genzano e per d'Agnese,
perché passati al meglio la notte scorsa. Di fatti si sono eseguiti, ma mi si
dice ch'erano già semivivi. I due Strongoli andarono ieri imperterriti alla
morte.
E’ ormai publica la notizia di Roma
capitolata, e si è firmata la capitolazione dal generale Broccard pel Re di
Napoli, a cui Roma si è resa, e dai generali Moscovita ed Inglese, non avendoci
presa parte gli Austriaci. Quest'oggi dovevano i nostri prendere la guarnigione
di Roma, ossia possesso di quella.
La Giunta di Stato ha avuta una chiamata
dalla Giunta di Governo, non se ne sa il perché. Si dice che si voglia conto
perché non disbrighi le cause dei rei principali, ossia dei cospiratori si
crede che Martucci abbia portati tali ordini.
L'altra notte ad ore cinque
d'Italia vicine, fu aperto il castello Nuovo, e ne fu estratto un colonnello
che stava cogli altri ministri e cavalieri detenuti, e fu trasportato a s.
Elmo. Da quel punto vi è maggiore restrizione per i detti cavalieri e ministri
ai quali si è tolto anco il permesso di farsi cucinare là dentro, come prima si
faceva, per cui deve venirgli da fuori. La sera poi si cucinano essi stessi,
non potendosi introdurre da fuori il mangiare.
Il principe di Bisignano ha detto a
persona da cui lo so, che l'indulto sicuramente è fatto in Palermo, il perché
non si publica s'ignora, si crede che si vogliano terminate le cause dei primi
cospiratori. Forse l'accaduto di Milano[*1] ne ritarda la publicazione.
S. M. si mostra alieno dal
restituirsi in Napoli, non così la Regina e la famiglia, anzi una delle Reali
Principesse ha mandato a raccomandare
alle Cappuccinelle, un'altra alle Romite di Suor Orsola, perché pregassero
Iddio di farle tornar presto in Napoli. Una di esse disse che sebene avesse
molto patito in mare andando, si contenterebbe di patire il doppio purché
tornasse. Un'altra lagnandosi di Palermo, ove sempre parlano male dei
Napoletani, disse, che avrebbe voluto vedere come si sarebbero essi regolati,
se si fossero trovati nelle circostanze in cui i Napoletani trovati si erano.
Vi è notizia che la flotta
Spagnuola uscita da Cadice, avendo la caccia dagl'Inglesi, si ritirò a Brest,
ove dai Francesi ne fu smontato tutto l'equipaggio Spagnuolo, fu posto in ferri
l'ammiraglio; e si resero essi assolutamente padroni della flotta. Ciò puol
portare grandi conseguenze.
Con dispaccio si è tolto all'ordine
di Malta la esenzione del foro che godeva, e si è soggettato ai Tribunali
ordinarj.
Il cambio è arrivato al 55 per %.
Il Presidente del S. C. sta facendo premura perché si accrescano le paghe ai
ministri, e se gli corrispondano in contanti. Una nota di 800 persone è passata
ai Banchi coll'ordine del sequestro delle polize che si trovano intestate ad
essi.
Mercordì 2 ottobre. L'esecuzione di
quel povero figliolo di Genzano commosse tutto il popolo spettatore, il quale
lungi dal fare i soliti gridi, ammutolì e si vide piangere e biastemare chi ne
avea colpa. Il paziente abbracciò il carnefice, e chiese in publico perdono al
Signor Iddio, al Re, al padre; spettacolo tenero e funesto sul quale non ho
coraggio di piú trattenermi.
La Giunta di Stato chiamata questa
mattina dalla Giunta di Governo è stata, per quanto si dice, rimproverata,
perché si occupi nel fare decisioni particolari, e perda di veduta la
classificazione da S. M. ordinata. Si dice che Martucci portò la grazia della
reintegra dei monasteri soppressi, a riserbo di Monteoliveto, e s. Pietro ad
Aram. Portò il piano da eseguirsi pel Banchi e vii è chi vuole che portò la
caduta di Zurlo direttore delle Finanze.
Gli assassinii continuano per la
città. Fino a sette se ne contano della scorsa notte, uno fra gli altri di un
mercante Veneziano, che si è trovato assassinato e morto, e lo fu circa ad
un'ora di notte in una strada battuta. Nel vicolo Carminello fu gittato da un
balcone un soldato, ossia marinaio Moscovita, come non restò morto se ne saprà
il perché.
Giovedì 3. P, partita altra
cavalleria per la guarnigione di Roma, e sento che il consigliere d.
Giambattista Vecchione, per uno della Giunta di Governo, che dovrà là
stabilirsi in nome del Re di Napoli, dell'Imperatore, e degli altri alleati, ai
quali Roma è resa. Anche il cav. Venuti sopraintendente del Real Museo parte
per Roma per far restituire in Napoli le statue, vasi, ed altro, che dai
Francesi v'era stato trafugato.
Si è publicata disposizione
ordinante che l'attrasso della decima sulle case si paghi in carta; dai 4
settembre in poi pagar si debba in contanti. L'attrasso deve pagarsi per tutto
il 20 ottobre, chi non si troverà averlo per tal tempo pagato, lo dovrà in
contanti.
Il marchese Corradini ha avuta una
pensione di D. 300 contanti attesi i suoi lunghi e fedeli servizii, vale a dire
un'onorata dimissione. Il marchese de Marco è posto in oblio.
Martucci si vuole che abbia detto
di aver portato una cassa di dispacci. Fin'ora due plichi si sa averne
consegnati al Card. Ruffo, e uno piú piccolo al Vicepresidente. Si dice che
abbia portata la risoluzione di ammortizzarsi per metà le fedi di credito, o
d'impiegarsi coi Banchi stessi.
Il presidente Pirelli è stato posto
in una segreta, o come si dice sotto chiave. Son questi cattivi preludii per
quest'uomo da bene, del cui animo ed attaccamento alla Religione ed al Re non
puole dubitarsi. Ma che si vuole da una Giunta che non conosce i soggetti, ed è
tutta ferocia? Anco gli altri ministri e cavalieri detenuti in castello sono
stati ristretti.
Il publico non puol dimenticarsi
della tragica morte di quel ragazzo di Genzano, ed i stessi feroci popolari
dicevano che S. M. gli avrebbe fatta la grazia se fosse stata in Napoli;
comincia già ad abborrire il rigorismo della Giunta. Parte del publico dice di
questa Giunta e suoi subalterni cose peggiori. Gl'innocenti se vogliono uscire
devono pattuire le somme da sborsare. Vi è chi dice che la casa di Ercole
d'Agnese sborsò ducati duemila in contanti per salvargli la vita; ma gli furono
rubati, e colui, morto già, fu salito sulla forca.
Degli assassinii che si commettono
per Napoli s'incolpano i Giacobini, ed intanto la gente quieta non può pur
girar dopo le ore 24. Mi son dimenticato notare nei giorni passati che il duca
della Salandra, uno dei piú fedeli servitori del Re, decaduto senza sapersene
il perché, ebbe la destinazione di castellano in Siracusa. Egli accettò, ma
chiese in grazia di potersi prima portare in Palermo a baciare la mano a S. M.
per discaricarsi.
Si narra il seguente aneddoto del
direttore di Finanze e casa Reale, d. Giuseppe Zurlo. Il Re lasciò per sei mesi
a tutte le persone di Corte i loro soldi. La gente tutta di livrea niuno ne ha
ricevuto; si unirono perciò molti e andarono da Zurlo, il quale gli disgustò
perché gli ricevette e trattò con dure parole.
Coloro aizzati gli dissero, che se
una volta era scampato dalle mani del popolo, non si credesse di scampare se ci
capitava una seconda volta[*2]. Fa il possibile questo soggetto a
disgustare tutti i ceti. A lui si attribuisce la soppressione dei monasteri, a
lui l'ordine del pagamento della decima in contanti, a lui il pagamento dei
pesi fiscali e baronali in contanti, a lui lo stato attuale dei Banchi. Si
ricordano perciò di lui, che fu per essere carcerato dalla Giunta di Stato di
tre anni sono, e fu salvato da Bisogni, per quanto si disse; che fu Glubista
sotto Albanese; fu della unione di Pagano; intervenne a quella tavola che
costui diede, e di cui fu molto parlato. Si uniscono le idee, e si dice, che
seguendo i suoi principii tenti procurare il disgusto universale.
Venerdì 4. Sua Em. Ruffo ha ricevuto
questa mattina pel compleanno del Principe ereditario, ed ha data tavola alle
dame e Cavalieri di Corte; ma non vi è stato questa sera appartamento, perché
si dice che dispiacquero alla Corte quei che si diedero ai 13 e 19 agosto. Le
castella hanno quest'oggi fatta salva Reale, ma oh quanto erano differenti i
colpi di cannone da quei che ci convenne sentire nel giugno e luglio, il cui
fragore sento ancora nell'orecchio.
Si dice che Martucci abbia detto che le carte di
Banco diventeranno più pregiate di prima. Dio lo volesse, per ora si vendono al
55 per %.
Si è ordinato dal cav. Ferrante la
esibizione delle armi di munizione, e si offre a chi lo vuole il prezzo di
carlini 12 per ogni fucile, carlini 8 per ogni carabina, e carlini 6 per ogni
sciabla. Non esibendosi volontariamente, e trovandosi, sarà il detentore punito
col rigore delle leggi. Chi le offre senza riceverne valuta, sarà notato per
essere tenuto in considerazione, e fatto presente a S. M.
Molti uffiziali dell'antico
esercito aveano ripigliato l'uniforme, dopo aver avuto l'assegnamento mensuale
di ducati nove, ma S. M. ha ordinato che lo deponessero, perché non ha egli
inteso mai reintegrarli nel grado che avevano, ma semplicemente dargli modo da
vivere. Gli permette solo di servire da volontarj e farsi merito. Ieri venne la
posta da Roma.
In un luogo di Abruzzo, feudo del
marchese di Roiano[*3], perla esazione dei fiscali la
popolazione si è posta sopra le armi, ha detto non voler riconoscere superiori,
volersi governare da sè; il luogo è detto Anversa.
Sabato 5 ottobre. Si è quest'oggi publicata la resa di Roma,
con essersi mandato l'avviso dalla mattina a ‑Lutti gli ordini politici e
militari, ed essersi insieme ordinata gala, salva dei castelli, ed
illuminazione la sera per la città. Circa le ore 23, al tiro del cannone del
castello Nuovo, cui ha immediatamente corrisposto s. Elmo, si è intesa per la
città un'esaltazione e grida di gioia, che superavano per così dire il fragore
dei cannoni ed il suono delle campane tutte. E’ cresciuta tale allegria collo sparo dei
mortaretti ed altri fuochi artifiziali, e da per tutto sentivasi, «viva il Re »
fra gli evviva non mancavano anche le voci di morano i Giacobini, e la gente
sensata ha temuto pure che i trasporti popolari non eccedessero poi in arresti
e guasti. Qual che cosa sento che anco vi sia stata; nella scorsa sera vi è
stata la illuminazione.
La Giunta di Stato è occupata a
decidere della sorte di venti persone delle quali domani sentiremo la condanna.
La, chiamata che ebbe dal Governo fu perché sollecitasse il disbrigo delle
cause dei rei di Stato. Non saprei come possa tanto affrettarsi la processura
che conduce alla morte moltitudine di persone.
I Romani per patto non hanno voluto
ch'entrassero in Roma truppe a massa, resi istruiti di quanto in Napoli era
accaduto, per cui sono rimasti esenti dai saccheggi ed altri eccessi, dei quali
la nostra città è stata il teatro. La guarnigione Francese ed i patriotti
Romani partono, i Napoletani verranno in Napoli ad accrescere il numero dei rei
di Stato che vanno a giudicarsi.
Il monastero di Visitapoveri si
dice che sarà incorporato colla casa della dogana, le monache avranno il
monastero di s. Pietro ad Aram. Quello di s. Maria delle Grazie sopra s.
Aniello dei PP. Bottizelli sara incorporato all'ospedale degl'Incurabili;
avranno quel PP. il monastero di s. Gaudioso. Si dice che ne sia venuto il
dispaccio.
Domenica 6. La Giunta di Stato ieri
condannò a morte d. Giorgio Pigliacelli che fu dell'alta Commissione militare,
indi Ministro di Giustizia e Polizia. Uomo che non meritava tal fine, perché
sperimentato, onesto, e dotto avvocato, e Vi è ragione da credere che
nell'animo non fu mai fellone. Condannò anche due altri, un tal Nicola Pagano,
ed un altro di cognome Rossi. Ad esilio perpetuo poi con confisca dei beni
condannò d. Giuseppe Raffaele, anch'esso ottimo avvocato criminale, poi uno dei
ministri dell'Alta Commissione militare. A dieci anni d'esilio un altro Rossi,
figlio del condannato a morte. Pei due, Pagano e Rossi, sento che quest'oggi
stesso siano passati in Cappella, per Pigliacelli si è fatta relazione a S. M.
perché si crede che goder debba la capitolazione.
Si dice comunemente che fosse
venuta la grazia della vita pel figlio di Genzano dopo eseguita la sentenza;
quello che vi è di certo si è che dal padre fu spedita una filuca
immediatamente seguita la condanna a Palermo. Egli il giorno che doveva
eseguirsi il figlio se ne andò a Portici, intese la sospensione e tornò a
Napoli il giorno seguente, mentre andava ad eseguirsi, per cui fu veduto per la
città.
Sono venuti più legni Moscoviti ed
Olandesi; vennero tre giorni sono alcuni legni Tunesini, ma per non aversi
voluto sottoporre alle leggi di Sanità, partirono immediatamente.
Essendosi publicata la decisione,
ossia appuntamento delle quattro Ruote, la Vicaria non fa che decreti di solvant in pecunia numerata. Il cambio
intanto è al 56.
Questa sera vi è stata anche
illuminazione per la città per la resa di Roma. Le notizie publicate circa la
stessa sono che il giorno 30 settembre, due ore dopo mezzanotte, il maresciallo
Bourchard, comandante in capo della nostra armata, prese possesso di tutti i
posti esteriori ed interiori della città. La prima colonna francese col suo
Generale in capo partì la stessa mattina per Civitavecchia; la seconda più
numerosa si pose in marcia per la stessa volta il giorno due corrente ottobre,
scortata da un battaglione di fucilieri, da una compagnia di granatieri, e da
uno squadrone di cavalleria; quale truppa restar deve a guarnir Civitavecchia,
e prender possesso di Corneto e della Tolfa. L'ingresso della nostra armata
seguì con quiete, senza alcun saccheggio. La sola truppa di linea entrò nella
città, le masse restarono fuori le porte[*4] a guardar l'esterno; altra
porzione fu situata a custodire le alture di Frascati, Marino, ed Albano. La
truppa di Pronio restò tra Roma e Rieti, quella di Salomone tra Tivoli e
Monterondo. La mattina del giorno 2 i
Francesi evacuarono castel s. Angelo, la nostra truppa ne prese possesso, e
inalberò la nostra bandiera Reale con giubilo di tutta la popolazione. Il
Maresciallo formò subito una Giunta di Governo composta di quattro cavalieri
Romani ed un togato. Nell'arsenale di Ripa grande si son ritrovate molle
artiglierie, cartocci, e fucili da armare un regimento, tutta roba attinente al
nostro Sovrano. In castel s. Angelo si è ritrovata una quantità di generi di
Belle Arti anche della nostra Corte, come statue, vasi dell'Ercolano, ed altre
cose appartenenti alla stamperia Reale.
Quest'oggi vi è stato molto di
precauzione per la città. Il generale de Gambs si è portato questa mattina a
far sciogliere la Giunta di Stato; la truppa è stata tutta sopra le armi, si
son situati innanzi al Real palazzo dei cannoni e si è montato il fortino fatto
alle spalle del Gigante; s. Elmo è stato guarnito interamente dalla truppa
Moscovita. Tutto per effetto della denunzia di Basset, il quale avea detto che
la giornata del 5 era stata designata per far seguire una nuova rivoluzione
popolare, che dovea far violenza alle carceri e ricominciare i saccheggi. lo la
credo una fandonia, il fatto delle disposizioni è sicuro.
Lunedì 7. La esecuzione dei due
condannati non è seguita quest'oggi, perché i Bianchi, per quanto si dice,
rappresentarono che il tempo era troppo breve a disporli; sarà domani, D. Nicola
Rossi è uno, d. Domenico Pagano è l'altro; il primo l'ho conosciuto facendo
l'avvocato criminale, uomo di sopra i 50 anni, cordato ed onesto, non so come
vi sia inciampato.
I quattro ministri Pirelli, Dragonetti, Giannotti, e
Colace, nella scorsa settimana stiedero tre giorni in criminale, gli furono
tolte le lenzuola dal letto, e fino la fettuccia che figa la cinta dei calzoni;
tre sento che furono l'altr'ieri allargati, Dragonetti no.
E’ arrivata la notizia che il
giorno 5 S. M. s'imbarcò, chi vuole che sia per venire alla Favorita, ove si
mandano a tutta fretta dei mobili, chi vuole che faccia un giro per la Sicilia.
Si son mandati a Palermo in nota quindici avvocati per esser promossi nella
magistratura.
Martedì. Si è eseguita la sentenza
per Rossi[*5] e Domenico Pagano; si è publicata
l'altra per Mario Pagano, Domenico Cirillo, Ignazio Ciaia, e Matera, uno dei
generali della truppa civica; tutti e quattro condannati alla forca. Per Matera
sento essersi rappresentato a causa che questi venne con l'esercito francese, e
coll'uniforme francese, e con questo sopra fu arrestato calando da s. Elmo,
come individuo delle truppe francesi.
Questa sera ad un'ora e mezza di
notte, sotto il campanile del monastero di Regina Coeli, da due persone si è
tentato di spingere un prete entro un portone per spogliarlo, ai gridi è corsa
gente, e si è liberato. Posso dire esserne stato testimonio io, perché stava
sulla casa del marchese de Rosa, ed alle grida siamo tutti corsi al balcone, donde,
abbiamo inteso l'accaduto.
Mercordì 9. La grande novità del
giorno è stato l'arresto del cav. Medici, seguito ieri sera ad ore 23 e mezza
in casa del direttore d. Giuseppe Zurlo. Si racconta così. Fu incaricato un
Ispettore di Polizia di stare alla vedetta quando uscisse, ed avvisarne il
giudice di Polizia d. Pascale Bosco. Medici uscì, ed andò dal direttore Zurlo
sopra s. Potito. L'Ispettore ne diede l'avviso a Bosco, costui colla sua gente
si portò in casa del direttore, situò le guardie al portone, ed anco si dice
innanzi alla stanza di udienza del direttore medesimo, entrò dentro ed eseguì
l'arresto. Contemporaneamente fu arrestato il di lui nipote, al quale si
andarono a sorprendere le carte tutte che furono portate alla Giunta di Stato;
essendosi per quanto si dice rilasciato il nipote, fu ritenuto con Medici il
suo cameriere e servitore. Quest'uomo ha avuta la disgrazia di dispiacere a
tutti i Governi, giacchè anche ai ribelli fu sospetto, e fu arrestato, come
regalista, ora si è arrestato di nuovo come cospiratore. Intanto si arrestò
fuori casa per evitare che non nascondesse o levasse carte arrestandosi in
casa. In conseguenza di quest'arresto se ne dicono degli altri. Dio faccia che
non si apra altra scena di tragedie.
Si è trasportata a s. Elmo la
mannaia perché si dice che non vogliono farsi più decollazioni in publico a
cagione che videsi il popolo molto commosso a quella di Genzano, giacché la
veduta del sangue fa più orrore della semplice sospensione alla forca. Alla
esecuzione di ieri non si vide il solito concorso del popolo, né vi furono i
soliti applausi, per cui va sembrando che il popolo sia soddisfatto, e non
vegga più col piacere di prima simili esecuzioni.
Questa mattina si è posto in
cappella Matera, e domani si esegue: per gli altri tre, Pagano, Cirillo, e
Ciaia, si è rappresentato per effetto della capitolazione[*6].
Circa le due dopo mezzogiorno sono
venuti da Capua alcuni Francesi, che per essere infermi erano là rimasti. Il
popolo ha fatte le sue solite dimostrazioni di soddisfazione in vederli venire
come prigionieri in mezzo alla nostra truppa.
La Giunta si è occupata in altre
decisioni.
E’ venuta da Palermo dispaccio
caldissimo perché si proceda contro gli Eletti di città che non vollero riconoscere
l'autorità Regia lasciata da S. M. al suo Vicario generale Pignatelli, e
specialmente si parla di Canosa, pel quale si è ordinato rinnovarsi il
sequestro al Banchi ed agli effetti suoi tutti[*7].
In mezzo a questo orgasmo, costantemente si dice, che S.
M. sia per venire, e si aggiunge, che anche la Real famiglia smonterà a
Procida, ove si son mandati già 400 uomini di guarnigione.
Si evacueranno le carceri di s.
Felice e s. Maria d'Agnone, per riceversi in quelle i rei di Stato che verranno
da Roma. Con questi viene arrestata la principessa Belmonte‑Pignatelli.
Sono state arrestate, una tale d.
Barbara Sancaprè, moglie di un capitano di Marina, celebre per la bellezza e
brio, per cui molto di sè ha fatto parlare negli anni passati,. e d. Carmela
Clarizia, moglie di d. Domenico Moscati, che fu uno dei più schiocchi e decisi
patriotti, che si portò in parecchie spedizioni.
La notte scorsa è passata all'altra
vita la principessa di Feroleto, colla quale si è estinta la vera famiglia
d'Aquino, giacché quella di Caramanico non è di Aquino, ma di Achino, come a
molti è noto. I feudi della detta casa si devolvono per mancanza di successori
in grado.
Il delegato della Posta,
consigliere d. Tommaso Frammarino, ha fatto noto che sarà duplicata la partenza
dei corrieri per tutte le provincie, ossia luoghi vicini, come Maddaloni,
Benevento, e simili; verrà ogni giorno la posta come da Salerno.
Giovedì 10. Si è eseguita la
condanna di Matera.
Ieri, si dice, che una deputazione
di plebe si portò dal Card. Ruffo, a chiedere la escarcerazione dei loro
compagni che al numero di 500 trovansi carcerati per violenze e sacchi usati.
Ruffo si pose in qualche agitazione, ed ordinò che stasse la truppa sopra le
armi e s. Elmo coi ponti alzati, temendo qualche commozione. Quest'oggi ho
inteso spargersi la voce che sia uscito un dispaccio ordinante che tutti i
sospetti di Stato fra venti giorni dovevano presentarsi, altrimenti scorso tal
termine, il popolo avrebbe la libertà di andarli arrestando. Questa è una voce
quanto falsa tanto pericolosa, e che palesa il maltalento del popolo, che
trovandosi comodo ai saccheggi vorrebbe cominciare da capo. Se Iddio non
provede saremo nuovamente in guai.
Si assicura che di tutta fretta si
mandò mobile alla Favorita[*8], e siasi fatto sentire ai
villeggianti nelle ville vicine che dovessero quelle evacuare per servire
all'uso del seguito di S. M. che si aspetta a momenti. Volesse il Cielo, e
fosse ciò vero.
Altre decisioni si son fatte dalla
Giunta di Stato, ma come non si sa con certezza e precisione, così mi riserbo
notarle nel giorno di domani. L'arresto di d. Luigi dei Medici si vuole per
nuova scoverta fattasi contro di lui, e per una lettera a lui scritta da
Annibale Giordano.
Venerdì 11. Dodeci gentiluomini di
Camera di S. M. sono stati cassati, non so ancora quali siano. Al numero di 80
ascendono tutti gli allontanati dalla casa del Re. Si dà per indubitata la
venuta di S. M. e famiglia; resterà questa in Procida, il Re scenderà alla Real
Favorita, ove si dice che abbia ordinato differirsi la vendemia al suo arrivo.
Fra le sentenze fatte ieri notte
dalla Giunta, vi è quella delle due dame sorelle Cassano e Montemiletto, che
hanno avuto anni sette di esilio; come l'hanno fatto a buon mercato, perché
girando questuando per la Republica, carreggiando pietre pel fortino del Molo,
così il publico dice che moltissimo danaro dalle rispettive case sia uscito per
cucirsi nei loro processi[*9]. So per altro che questo metallo
non ha potuto salvare un Colonna, un Torella, un Cassano, un Genzano, e tanti
condannati dei primi signori che hanno lasciata la testa su d'un palco, a
riserba di Torella cui l'ha salvato la capitolazione.
Sabato 18. Questa mattina alle ore
10 d'Italia è partito il consigliere Frammarino per Roma con carattere di
consultore del cav. Naselli destinato governatore politico e militare in quella
città. Il dispaccio accorda al Frammarino gli stessi emolumenti che furono
accordati a Troisi nell'infelice spedizione dell'anno passato. Questa mattina
pure è arrivato un plico a Mons. Torrusio per Sua Em. Zurlo, che gli ha spedito
immediatamente. Si crede che sia la di lui grazia, colla chiamata insieme al
Conclave in Venezia per la elezione del nuovo Pontefice, giacché non piú si
mette in dubio la morte di Pio VI Braschi.
Gli aneddoti che corrono circa tale
elezione sono che il Pontefice sia già designato nella persona dell'arcivescovo
di Colonia, ossia l'Arciduca d'Austria Massimiliano fratello della nostra
Regina, e perciò si voglia completare il numero dei voti, ed ecco l'occasione o
spinta alla grazia di Zurlo. Anche il Card. Ruffo partirà per Venezia a tale
oggetto. Il collegio ha pensato di eleggere un Papa che possa restituire la
sovranità al Triregno e sostenerlo anche col cannone se occorre, nel caso che
la Francia volesse colla elezione di qualche antipapa, prendere occasione
nuovamente per invadere Roma. Ha pensato pure mettere sul trono chi possa
sostenerlo con appoggi esterni contro i stessi Romani rivoltosi; insomma si
crede un'elezione tutta politica.
La Giunta di Stato si è chiusa in
modo da essere impenetrabile a chiunque, né piú permette l'ingresso in
Monteoliveto ove si regge. Ciò servirà a fare profondere piú danaro. lo alcune
cose che si dicono non le vedo, ma le noto se non altro come dicerie del tempo,
tal'è quella che segue: dieci oncie ogni notizia che uscisse dalla Giunta e gli
venisse rapportata pagava il Principe della Rocca.
Sento essersi mandato dalla Piazza
ai castelli un dispaccio che contenga a presso a poco quel provedimenti che
sotto i ribelli chiamarono prove di sicurezza ossia ritirata, perché al segno
del cannone di giorno, o dei fanali di notte, tutta la truppa si ordina che si
metta sopra le armi ed occupi i larghi, e si allarmi tutta la città. Indi si
dice che ciò debba farsi nel caso che comparisce qualche incendio. Tal
dispaccio non ho letto ancora, cercherò di averlo[*10].
Il regimento che va a Procida è un
regimento nuovamente formato sotto nome della Regina Inglese.
Si dicono molti arresti in Sicilia,
e si nominano fra gli altri Pietraperzia e Vasto; anche qui si è detto che
dovesse arrestarsi il consigliere Giaquinto e il Giudice Parisi, e questa mattina
correva da per tutto la voce che si fosse arrestato quel Martoscello che tanto
si distinse, e tanti onori e doni ne riportò dai Sovrani. Ora si dice che fosse
uno dei nuovi cospiratori, o che gli si sia imputato l'aver avuto l'appalto
delle vaccine pel Francesi, ed essersi servito degli animali della vaccheria di
S. M. Tutte tali voci le credo false, ma mi fanno tremare, perché il popolo
avido di saccheggio anela una nuova anarchia[*11].
La nota dei condannati ieri dalla
Giunta, è la seguente:
Luigi Rossi ‑ Giuseppe
Logoteta ‑ Giuseppe Albanese Domenico Bisceglie ‑ Onofrio Colace[*12] ‑ Gregorio de Mattheis ‑
Clino Rosselli[*13]. Il marchese Dragonetti condannato
a relegazione perpetua ‑ il consigliere Giannotti per anni quindici ‑
Francesco de Angelis per anni 20 ‑ Giuseppe Celentano per anni 3.
Ieri giunse il pacchetto da
Palermo, si dice che abbia portata la conferma, ossia approvazione alla
condanna di Cirillo ed altri. Se mai è vero, avremo giustizia[*14] nell'entrante settimana.
Sul pacchetto medesimo venne un
prete che fu preso dal giudice Bosco e portato in Vicaria.
Mi è stato riferito un aneddoto; lo
rapporto tal quale. La Regina diede al Re le piú grandi premure per farlo
risolvere a, restituirsi in Napoli. Il Re dopo di aver resistito lungamente,
disse in fine << Se vuoi andare a farti scannare tu, non ci voglio andare
io >> Se ciò è vero bisogna dire che vi sia chi getti continuamente delle
diffidenze e dello spavento nell'animo del Re, e gli metta in orrore i
Napoletani. L'accaduto giustifica in qualche parte la sua contraria
prevenzione, ma è certo che la totalità lo desidera, ed io son sicuro che se
fosse egli venuto dal principio con un perdono generale, avrebbe ligati i cuori
di tutti e disarmati anco i malintenzionati.
La posta ha messi i portalettere,
cioè dei facchini che portino per le case dei particolari le lettere Come
vengono, pagando chi vuole tal comodo, un cari al mese per ogni posta,
essendosi levate le fuori lista per quei che le volevano presto, e che si
pagavano non più che cinque carlini l'anno.
Domenica 13. L'aggio sulla moneta
ieri da 54 bassò al 50, ed i venditori facevano premura per venderla, non
ostante che l'avessero comprata a maggiore ragione, perché temevano uno
sbassamento maggiore, difatti quest'oggi è arrivato al 49. Occasione di tale
sbassamento è la voce surta di essere vicini ad aprirsi i Banchi, per cui il
numero dei compratori di moneta è minorato, procurando ciascuno astenersene
colla fiducia nell'apertura dei Banchi. La notizia poi del riaprimento dei
Banchi è nata dalla voce sparsa di un imprestito di quattordici milioni di
contanti fatto dagl'Inglesi da soddisfarlo fra otto anni in generi.
Quel contante si crede che lo abbia
la nostra Corte improntato per metterlo nei Banchi. lo non me ne lusingo
ancora, perché i bisogni della Corte son ancora grandi. Del resto è sicurissimo
che il Governo si occupi incessantemente di tale oggetto, ed è certo pure che
Martucci, nel tornare da Sicilia, cominciò a dire che le carte di Banco
avrebbero riacquistato il loro credito. Ad ogni modo finalmente la sola voce
sparsa, ci fa avere il contante a piú bassa ragione, tanto è vero che molto
poco ci vorrebbe ad accreditare i Banchi[*15].
La giornata è stata molto allegra
per le tante feste popolari. Sul Vomero, e sul ponte della Maddalena, per la
strada Nuova e tutto quel rione, non vi erano che altari e feste, fuochi
artifiziali e mortaretti. Alla Madonna dell'Arco si è solennizata con tanta
pompa la festa in ringraziamento, che il concorso vi è stato immenso.
Son passati in cappella per
eseguirsi domani il P. Guardati Benedettino e nobile Sorrentino, un tale di
cognome Tocchi, e un terzo, di cognome Assisi, che mi dicono essere uno dei
giovani degl'Incurabili dei capi complotto.
Girano continuamente la sera e per
tutta la notte delle pattuglie d'infanteria, cavalleria, e della squadra di
Polizia, perciò non più si sentono tanti furti ed assassinii.
Lunedì 14. Cinque, non tre furono i
condannati posti ieri in cappella, cioè Assisi
[*16], Antonio Tocchi[*17], Palomba[*18], Mastrangelo[*19], e il già Benedettino Guardati.
Quest'ultimo però dopo ore 21 di cappella, n'è stato levato per ordine della
Giunta, ed è ignoto ancora il perché. Gli altri si sono eseguiti. Indovinando
taluni dicono, che si è sospeso per Guardati, perché la Giunta si è avveduta
che per costui doveva farsi relazione, altri hanno detto che si fosse
indultato, ma ciò non è vero.
Quest'oggi dovevano farsi le cause di tre ministri, Dragonetti,
Colace e Giannotti, per quest'ultimo si dice venuto da Palermo l'assoluzione.
Ieri fu arrestato il duca di Jelzi
della casa Roccella. Questo cavaliere è passato sempre per savio ed aggiustato:
fu eletto per rappresentante e rinunziò, non so poi quale incarico ebbe per cui
è stato arrestato. Anche d. Domenico Cotunnio che si disse chiamato a Palermo,
passa dei guai. Egli fu nominato direttore d'una casa d'istruzione, è stato
sospeso dei soldi e livrea di Corte, ed ha avuto ordine di giustificarsi.
Questo sembra voler castigare il buon nome che qualche uno avea, perché molti
furono nominati a causa appunto dell'opinione publica che godevano. Se al Re
non si fa capire questa e qualche altra verità, tutto Napoli sarà intinto ed
inquinato. Fino ad oggi sono trent'otto i giustiziati, Dio sa quanti altri ne
saranno caminandosi di questo piede. Queste disposizioni non fanno sperare così
vicina la venuta del Re, come credevasi, ed io particolarmente ho notizia in
contrario, mentre so che ha mandate a prendersi le reti per la caccia, e la
biancheria moltissima che ha ricuperata.
La truppa Moscovita si ha fatta una
giustizia colle sue mani. Ieri molti popolani si tiravano delle pietre, solito
divertimento del popolaccio Napoletano. Un uffiziale Moscovita gli fece segno
facessero alto, coloro lo disprezzarono, e fosse caso o premeditazione, fu
tirata all'uffiziale medesimo una sassata nel petto, chiamò egli la pattuglia
dei suoi, fece arrestare tre essendo gli altri fuggiti. Questa mattina nel
largo medesimo della cappella dei Bianchi allo Spirito Santo, ove accadde il
fatto, gli è stata data una bacchetta che si dice continuerà per tre giorni:
non entro a vedere il quid juris di
questo fatto.
I Bianchi dello Spirito Santo mi
hanno fatto ricordare dei Bianchi che assistono i giustiziati. Questi sono
individui d'una congregazione anco Nobili che ha quest'opera veramente pia
ingiunta alla confraternità tutta di sacerdoti. Si lagnano della spesa che soffrono
alla quale non potranno reggere, perché sin'all'ultima esecuzione, esclusa
quella di oggi, avevano spesi ducati 700 contanti di sole carrozze e sussidii,
che danno alle case dei giustiziati quando siano povere, ed altre spese che
importa l'opera. Ma non è questa la massima loro lagnanza, mentre si querelano
della maniera colla quale son trattati, delle impertinenze che ricevono nel
Castello, e del poco riguardo che hanno per loro; oltre l'incomodo grande ed il
pericolo in cui sono che la loro salute ne patisca, assistendo tali infelici, i
quali son tenuti ligati a terra in un luogo così infame, che non vi si puol
neanco celebrare la S. Messa; pieni di sporcizie e di scabie. Une, dei
superiori ha detto che poco manca, e non si dismettono di una tale opera.
Di sicuro si dice l'arresto di
Martuscello, e la occasione è quella che accennai, promossa da quei macellai
che rimasero corrivi con lui, allorché vennero gl'Inglesi, perché mentre uno
prendeva l'appalto, si offrì Martuscello a prenderlo per due grana di meno, e
fu l'origine dei suoi meriti. Ora gli emuli suoi hanno fatto sapere che lo
stesso Martuscello prese l'appalto per la truppa francese, incettò tutte le
vaccine che vi erano, per cui mancarono al publico, e si prese anco quelle
della vaccheria di S. M. per macellarle ai Francesi.
Martedì 15. Il suono delle campane
a funerale, le armi di Pio VI abbassate, e quelle di sede vacante innalzate non
lasciano più luogo a dubitare della morte di quel Pontefice; il di cui
pontificato è stato di anni 24 e mesi sette. La storia parlerà molto di lui,
grande per l'intrapresa delle paduli Pontine rese a coltura, grande per le
grandi contese avute coi piú cospicui potentati di Europa, grande pei travagli
sofferti, e per la catastrofe sofferta negli ultimi suo] anni, degno della
commiserazione del mondo. Quello che onta gli ha recato, è stato il nepotismo
da lui portato innanzi. La profezia attribuita a s. Malachia di questo
Pontefice dice Peregrinus‑Apostolicus,
e s'è pur troppo avverata, essendo morto peregrinando nei regni della
Francia e della Spagna. Se si avvera l'elezione dell'Arciduca Massimiliano in
di lui successore, si vedrà avverata anche la profezia che porta Aquila rapax.
Questa mattina si sono portati
frustando per la città alcuni popolari, chi dice che siano quelli medesimi
ch'ebbero ieri la bacchetta dai Moscoviti, chi vuole che fossero di quel
saccheggiatori che ora si dicono Santa
Fede, giacché fingendo zelo per questa sono andati saccheggiando la città.
Il Principe di Corleto è stato
arrestato quest'oggi, ed è stato arrestato pure il duchino della Castelluccia.
Il primo si dice pel matrimonio della figlia che trattò col generale Francesco
Rusca, il secondo perché fu uno dei deputati di Città sotto il Vicariato di
Pignatelli.
Mercordì 16. Ieri verso le ore 23
vi fu una rissa tra soldati e birri, o siano fucilieri di Polizia. Cominciò
vicino Porta Capuana, e si estese per tutto Napoli, perché essendovi morti due
soldati di cavalleria e quattro birri, ne venne in conseguenza il solito
disordine, che i soldati si diedero a scorrere la città in cerca dei birri, per
cui questi si nascosero, e chi v'inciampò fu malmenato. Questa mattina
continuava ancora il disordine.
Si dicono degli arresti, in
compenso però molti dei detenuti per cause leggiere sono stati posti in
libertà. Questa sera si susurrava l'arresto del presidente Ajello.
Giovedì 17. Si è publicata la
seguente lettera di S. M. la Regina al cav. d. Gaetano de Ferrante:
“Vi rimetterà questa mia lettera Agostino Tucci, il quale
ha reso conto di quanto è stato incaricato[*20]. Il Re ha gradito l'amore del suo popolo, ed ha
promesso il suo pronto ritorno, sempre che sarà in fatto convinto che sia
restituita nella capitale e nel Regno la publica tranquillità, il buon ordine,
e la dovuta sommissione ai suoi ordini ed alle leggi. Potete dunque assicurare
il popolo nel nome del Re e nel mio di questi sentimenti di gradimento, di
amore, e di piacere di rivederlo, acciò esso colla sua condotta corrisponda al
suo obligo ed alla volontà del Re che vi manifesta. Sono intanto la vostra
buona Padrona. Carolina. Palermo, 10 ottobre 1799, al cav. d. Gaetano de
Ferrante”.
Il detto Cavaliere in seguito di tale lettera ha
rinnovato l'ordine precedente dato con Real dispaccio a lui diretto per
Segreteria di Guerra, per ritiro di tutte le armi di munizione fra sei altri
giorni, e per l'abolizione di tutti i distintivi di gigli, ritratto Regio, ed
altri che si erano distribuiti da capi delle così dette Società Realiste.
Si è saputo che il P. Guardati fu
posto in cappella per una svista del segretario della Giunta di Stato, il quale
si dimenticò nella sentenza di morte, pronunciata per lo stesso, aggiungere il verum fiat consultatio S. R. M. Ecco
perché dopo 21 ore fu mandato a levare di cappella; tre altre ore, e la piccola
svista del segretario lo faceva afforcare.
Venerdì 18. Non ho cosa di positivo
da registrare in questa giornata, si aspetta però sentire la decisione di più
cause di rei di Stato che tiene oggi occupata la Giunta. L degno d'avvertirsi
che non si trova chi voglia fare da Segretario, avendo rinunziato anco il
giudice Pellegrini, ch'era stato incaricato di ciò, ora si dice che sia il
giudice d. Salvatore di Giovanni.
Si fanno dalla Corte le
restituzioni dei capitali degli argenti ai Luoghi pii, colla condizione di non
poter impiegarli ad altro uso, ma solo alla formazione di nuovi argenti per le
loro chiese, come pure i capitali se gli restituiscono in carta, così molti
pochi se ne potranno fare.
Sabato 19. Si è publicato questa
mattina bando pressantissimo per la restituzione di tutto il restante mobile di
Palazzo non ancora restituito, e si accordano a coloro che lo tengono, o che lo
hanno comprato, altri giorni venti a restituirlo, elassi questi, si dice, che
si procederà senz'altra verifica a costringere i detentori colla galera,
trattandoli come publici ladri, dandosi luogo alle denuncie, che si dicono già
conservarsi in ufficio.
Si dice di nuovo che tutte le carte
di Banca del conto vecchio resteranno impiegate coi Banchi medesimi al 3 per %;
questa sarebbe un'altra oppressione degna di quel cervello incendiario del
direttore Zurlo, che lo ha proposto.
E' stato arrestato il negoziante d.
Pascale La Greca. Costui fece l'acquisto sotto il governo republicano di un
casino che S. M. ha al Fiatamone, che fu del principe di Zancaviglia.
Domenica 20. Lettera del duca
d'Ascoli assicura che il Re sia per venire tra breve, ma solo pria di Natale,
però si dice che l'intera famiglia Reale sarà anco in Napoli; stento a
crederlo.
Si è ordinato la formazione dei
Consigli subitanei che fra giorni venti dovranno giudicare tutti i militari rei
della distruzione dell'esercito dell'anno passato. Il Consiglio è composto di
otto individui dello stesso grado del reo che dovrà giudicarsi, ed ‑un
superiore. Per esempio dovendo giudicarsi un maresciallo, il Consiglio sarà composto
da otto marescialli ed un generale; se il giudicando sarà colonnello, da otto
marescialli ed un generale; se il giudicando sarà colonnello, da otto
colonnelli ed un brigadiere; se brigadiere, da otto brigadieri ed un
maresciallo. Le sentenze saranno eseguite pria che il Consiglio si sciolga.
La Giunta di Stato non si è fidata
di decidere la causa della Commissione ecclesiastica, che fu fatta per la
formazione del Catechismo republicano come ho detto, credo, a suo luogo nelle
presenti memorie; ed aveva l'incarico pure di riformare tutta la disciplina
ecclesiastica. Vi era fra quella Mons. della Torre, il parroco de Luise, ed
altri soggetti. Or l'avvocato dei rei, Vanvitelli, ha intrapreso che questa
commissione resistette al torrente d'abominazione che volevano introdurre i
ribelli rappresentanti, e cercò di evitare al possibile che non si facessero
maggiori ferite alla religione e disciplina ecclesiastica. L'ha tanto sostenuto
che la Giunta si sciolse senza decidere.
L'approvazione venuta da Palermo,
sento che sia per l'altro Riario, Bozzaotra, e non so altro. Lo sentiremo
domani.
Lunedi 21. L'approvazione venuta da
Palermo, sento che sia, per Cirillo, Pagano, e tutti gli altri. Venne anche da
Palermo dispaccio ordinante che non occorreva farsi relazione, ove la pluralità
dei voti fosse per la morte. Intanto domani saranno eseguiti i seguenti
infelici che sono degli ultimi condannati: sacerdote Giovanni Morgera, dannato
ieri e dissacrato questa mattina, è di Procida ‑ d. Giovanni Veronese ‑
d. Luigi Bozzaotra: tutti alla forca ‑ Riario, ragazzo di anni 19 ‑
d. Onofrio Colace, che fa la compassione di tutta la città, perché non si puol
dare uomo più da bene, più retto per cuore, più probo ed attaccato ‑al Re
‑ e d. Francesco Grimaldi: questi saranno decapitati.
Il reato di Colace, per cui fu
condannato a morte con tre voti, giacché de Fiore e della Rossa furono di vita,
si è l'aver segnata, essendo dell'alta Commissione sotto la Republica la
sentenza di morte di quei insorgenti della Torre che andarono a saccheggiare
l'eremo dei Camaldoli, ammazzarono il cellario e un altro Padre, vi presero le
pissidi e i calici, ed obligarono gli altri Padri ad abbandonare l'eremo.
Questi scellerati, che tutt'ora infamano la Torre, fan morire l'infelice
Colace, perché arrestati alcuni ne furono giudicati e condannati dall'alta
Commissione.
Grimaldi, trasportandosi la notta
scorsa dalle carceri del Castello del Carmine, ha tentato scappare da mezzo
alla truppa, e gli è riuscito; ma raggiunto da un soldato di cavalleria e ferito
con tre colpi di sciabla, è stato portato al suo destino. si è intanto
arrestato il capitano di quella pattuglia, e posto in carabozzo segreto,
credendosi che avesse dato egli mano a tal fuga.
Ieri furono giudicati i seguenti
dei quali, come ho detto, si eseguiranno domani: sacerdote Giovanni Morgera, d.
Giovanni Veronese, d. Francesco Bagni, forca: d. Francesco Sacco, d. Luigi
Mirra relegati a vita: d. Placido Spiciati, per anni sette esiliato, e d.
Severio Chiuvena relegato per anni 20.
Oggi si stava decidendo della
Commissione Ecclesiastica, cioè del vescovo Bernardo della Torre, Parroco de
Luise, sacerdote d. Vincenzo Troise, e non so di chi altro.
Mercoldì cominciano i Consigli
subitanei, e si apre una nuova scena di tragedie militari, e sarà forse primo
il conte Anguisciola, castellano sotto la Republica del castello dell'Ovo.
Non è possibile che un cuore umano
e sensibile possa reggere in mezzo a questa carneficina, sopra tutto quando si
vedono condannati chi non lo merita, e si comincia a dubitare della rettitudine
della Giunta. Dio lo perdoni a quei birbanti della Sala patriottica che si
opposero alla Deputazione che si voleva mandare a Palermo, allorché partì da
Napoli Magdonald coll'esercito francese. Ho io saputo con accerto quanto vengo
a dire. Giuseppe Abbamonte propose, che si dovesse fare una deputazione e
mandare a Palermo a chiamare il Re, domandando un perdono universale, e lo
propose facendo vedere che la ideata Republica era impossibile sostenersi senza
forza, senza aiuto esterno, senza danaro, senza le provincie. Cirillo, Pagano,
e qualche altro lo sostennero, e forse tutto il Legislativo ci divenne, ma
saputosi dalla Sala patriottica, da quei scellerati stupidi e riscaldati
patriotti, vi si opposero acremente, minacciando di massacrare l'intero
Legislativo, per cui non ebbe effetto. In Palermo se n'erano avute le notizie,
tanto che si tenne consiglio per risolvere che convenisse fare, e fu risoluto
di ammettersi la domanda, solo escludersi dal perdono i capi cospiratori, e
quelli che si trovavano ascritti al Glub di Francia; e pure a questi non si
assegnava altra pena che quella dell'esilio dal Regno, colla facoltà di
portarsi tutto il loro. Se la deputazione si fosse mandata, tanta gente non
sarebbe perita, tante famiglie non sarebbero desolate, Napoli non avrebbe avuta
la guerra, il saccheggio, la strage, e tutto sarebbe finito con tranquillità e
decoro. Iddio aveva altrimenti destinato per punire i nostri peccati; mi
rincresce che la sua divina giustizia non è sodisfatta ancora, e tremo in
considerando che il sangue di tanti giusti che son periti e periscono chiamerà
nuovi flagelli sulla mia infelice patria. Sfogo l'oppressione del mio cuore,
dicasi di me quel che si vuole da chi leggerà queste memorie.
Le notizie della venuta del Re vi è
chi le conferma con dire, che siasi fatta insinuazione a parecchi di predicare
che S. M. è per venire, e che alla sua venuta saranno aperti i Banchi. lo non
credo che il Re venga, e pei Banchi ho notizia che si apriranno col sopprimersi
tutte le fedi di credito del conio vecchio, che sarà nuova rovina. Lettera
venuta da Palermo da una dama di Corte che scrive a sua madre parla, che prima
di aprile non si spera che la Corte venga. Ciò è naturale, perché non è
possibile che il Re venga in mezzo ai massacri ed al malcontento di tutti gli
ordini.
Ora si dice che tornerà da Roma
Naselli e Frammarino, perché le potenze alleate non vogliono che il Re di
Napoli si arroghi solo il governo di quella città, ma si bene che si faccia una
reggenza in cui entri il Romano, il Tedesco, l'Inglese, e il Moscovita. Vi è
chi aggiunge che si accosta l'esercito Tedesco, il quale ha l'ordine di far
togliere le bandiere Regie innalzate in Roma e suoi contorni. Iddio liberi
l'Europa da un'altra guerra tra le Potenze alleate ora, quando sarà da
dividersi il conquistato.
Mi è pervenuto il dispaccio in caso
di allarme o incendio ch'è più antico di quello che credeva, e lo trascrivo per
intero perché si faccia il confronto con la ritirata che fu annunziata dai
Francesi col tiro di prove di sicurezza.
« Avendo S. M. ordinato con R.
dispaccio del 18 agosto prossimo passato, ed a me comunicato dal generale duca
della Salandra con sua carta dei 17 detto,
provvedere e dare le disposizioni nei casi d'incendj o allarmi, nei quali
conviensi non solo che i Reali castelli si pongano nello stato di difesa, ma
ben'anco che la truppa destinata per li varj quartieri di questa R. Piazza
concorra nei varj luoghi di assemblea di ciascun capo in particolare assegnato:
1° Ordina pertanto; che qualunque dei R. castelli
riceva l'ordine di fare dei segnali d'incendj o pure d'allarmi, in tempo di
giorno abbia ad inalberare una bandiera blò e rossa, la parte blò al di sopra e
la rossa al di sotto, e che questa abbia a durare inalberata fintantochè durerà
l'allarme, e che la sua fine sarà contrassegnata dall'abbassamento della detta
bandiera, ed inalberarsi della bandiera Reale – 2° Se in tempo di notte, il
segnale dell'allarme sarà due fanali accesi molto visibili ed appoggiati
all'asta della bandiera, e due minuti dopo alzati detti fanali, seguirà lo
sparo di due bronzi, con lo spazio d'un minuto l'uno dall'altro, e terminato
l'allarme si abbasseranno e smorzeranno i due fanali – 3° Da qualunque dei
quattro castelli cominceranno questi segnali d'allarme, saranno corrisposti dai
rimanenti tre egualmente: ai quali segnali i quattro castelli si metteranno
nello stato di difesa colla truppa sotto le armi, col chiudere le porte, col
preparare le artiglierie, e quella truppa presso le medesime – 4° A tale
oggetto, tanto dai castelli che dai quartieri si terrà una sentinella vigilante
ed accorta in quel sito dove possa scorgere e vedere i castelli da dove possono
pervenire i segnali – 5° Subito veduto i segnali la sentinella per mezzo del
capo posto ne farà pervenire notizia al comandante di d.o quartiere, il quale
assicurandosi del segnale, immediatamente farà battere la generale, e mettere
la truppa sotto le armi – 6° Nel punto che si batterà la generale dai tamburi
di ciascun quartiere e castelli, e così dalle trombe dei quartieri di
cavalleria, si distaccheranno due di essi e due tamburi per battere il
battarella per la strada piú corta e condurla alla gran Guardia, ed a questo
suono la gente si ritirerà nelle case[*21], e quando saranno dati i segnali di essere terminato
l'allarme o il fuoco, detti tamburi e trombe si ritireranno ai proprii
quartieri, battendo e sonando la ritirata – 7° La truppa acquartierata nei
castelli, rimarrà alla custodia dei medesimi, la rimanente marcerà nei luoghi
sotto espressi – 8° La truppa che trovasi alla Panatica marcerà al largo di
Palazzo, e si fermerà colle spalle allo stesso – 9° Nel quartiere di
Pizzofalcone, ove si devono sempre tenere acquartierati due regimenti, il primo
più antico, marcerà al largo del Castello, e l'altro rimarrà nel quartiere
medesimo – 10° La truppa acquartierata nel quartiere dei Fiorentini,
comunemente detto quartiere degli esteri, si situerà avanti detto quartiere,
aspettando ulteriori ordini 11° La truppa acquartierata nel quartiere di
Piedigrotta, e quella dei volontarj Albanesi, anderanno a situarsi nella piazza
di Chiaia, colle spalle alla batteria, lasciando bensì una guardia al proprio
quartiere – 12° Il corpo dei Russi acquartierato allo Spirito Santo si metterà
al largo del Mercatello in battaglia colle spalle a Porta Sciuscella – 13° La
truppa acquartierata a s. Carlo dell'Arena si formerà avanti al detto quartiere
14° La truppa acquartierata al largo di Loreto si formerà avanti al detto
quartiere – 15° Il battaglione di cavalleria e volontarj Nobili montati a
cavallo marceranno al largo di Palazzo 16° I due squadroni di cavalleria, Val
di Mazzara, lasceranno avanti al proprio quartiere 25 uomini, il rimanente del
corpo si manderà al largo del Castello per situarsi sulla dritta della Gran
Guardia, colle spalle a Castelnuovo – 17° Il regimento cavalleria Real Carolina
marcerà al largo delle Pigne – 18° Il regimento di cavalleria secondo Calabria
si situerà a fianco della Vittoria, accosto alla batterla – 19° Tutta questa truppa
situata nei diversi luoghi di particolare assemblea aspetterà gli ulteriori
ordini – 20° Tutti i generali impiegati si renderanno con la maggiore
sollecitudine al largo di Palazzo per ivi ricevere gli ulteriori ordini ‑
Camillo Guevara ».
Grazie a Dio fin'ora non è stato
bisogno di mettere in pratica tali disposizioni, e speriamo che neanco vi sia.
Martedì 22. Si era detto che
partisse il Card. Ruffo pel Conclave, e venisse per Vicario il principio del
Cassero, Siciliano, della famiglia Statella, ma si è saputo che Ruffo non ha
avuto da S. M. il permesso, ed in conseguenza resta.
Ieri sera arrivò staffetta colla
notizia che nella Svizzera Suarow ha data una completa disfatta all'esercito di
Massena, fatto prigioniero questo generale, e lasciati sul campo e fatti
prigionieri da 29m. Francesi. Egli, lo stesso generale Suarow, sta ferito in un
braccio. I dettagli si sapranno, per ora si dice, che colla baionetta in canna
si resero i Russi padroni dell'artiglieria nemica.
Si è publicato un dettaglio della morte
di Pio VI seguita in Valenza nella notte del 28 al 29 di agosto, di età di anni
81 e mesi otto, e di anni 24 e mesi sei di Pontificato, gli ultimi anni del
quale molto infelici. Fra le circostanze che si notano vi è che nel viaggio i
birbanti Francesi lo avevano posto su di una carretta, poi in una vettura, e
come il popolo per dovunque passava si affollava a chiederli la santa
benedizione, così chiusero le gelosie della vettura, ma dovettero rialzarle
poiché il popolo fremeva.
E' seguita quest'oggi la esecuzione
di sei soggetti che notai, essendo stati decollati Giuseppe Riario, Francesco
Grimaldi, ed Onofrio Colace; afforcati Bozzaotra, Veronese, e sacerd. Morgera.
D. Onofrio Colace ha fatta la morte del giusto, rassegnato e costante tutta la
notte scorsa, ha egli confortati i compagni. Come siasi affrettata questa
esecuzione è lo stupore universale. D. Antonio della Rossa fu in voto dirsi excarceretur, Fiore fu anche per la
vita; dall'excarceretur alla morte vi
è una distanza infinita. Dopo la condanna se gli fece fare un memoriale tutto
di suo carattere, implorando la clemenza del Re, anche perché si era egli
presentato sulla parola dell'ammiraglio Nelson, che ammetteva alla clemenza di
S. M. chi si presentasse volontariamente essendo stato impiegato. Anco dagli
avvocati dei rei erasi ciò allegato, ma il Fiscale aveva altro dispaccio col
quale si diceva che la promessa di perdono fatta da Nelson, non dovesse
attendersi. La posterità darà giudizio di tali accidenti[*22].
E’ stata giudicata la commissione
Ecclesiastica. D. Vincenzo de Filippis già ministro dell'Interno, è stato
condannato alla forca, insieme col sacerdote d. Vincenzo Troise[*23]; il vescovo Mons. della Torre, e
il parroco di S. M. di Ogni bene ad esilio perpetuo.
Mercordì 23. Il primo Consiglio
subitaneo ha condannato quest'oggi il colonnello d. Checco Federici a perdere
la testa, ed il maresciallo Anguisciola a piccola pena temporanea: la sentenza
per Federici si è eseguita all'istante nello stesso castel Nuovo, luogo del
Consiglio, ove s'era la scorsa notte trasportata la forca e mannaia. Questi
Consigli subitanei sono a simiglianza di quei che si fanno sul campo in faccia
al nemico. Il Castello si è chiuso con i ponti alzati nell'unirsi del
Consiglio, e si e aperto dopo sciolto.
Le tante esecuzioni hanno mosso
l'estro di un cuore sensibile, che ha publicato il seguente Sonetto, che si
dice mandato anche a Palermo:
Signor sei Padre e Re, tuoi figli sono
Tutti i sudditi tuoi o giusti o
rei,
Pensa dunque Signor che il Padre
sei
Così del figlio reo come del buono,
Ma chi tentò di rovesciare il trono
Il suo Padre il suo Re, come il
potrei
Chiamar tuo figlio? e come a te
direi
Che gli accordi qual padre il tuo
perdono?
lo nol dirò... Ma senti un'altra
voce
Che così prega pei nemici suoi,
« Padre perdona a chi mi ha messo
in croce ».
Se dunque perdonar così non vuoi,
Punisci pur ma non con pena atroce,
Ma punisci da Padre i figli tuoi.
Ora si dice che il giorno dei 4
novembre, giorno di s. Carlo, nome della Maestà della Regina sarà publicato
l'indulto.
Il cambio è cresciuto nuovamente,
essendo arrivato a 52. Il bassare non è che un giocchetto che si fa dagli
agiotatori, i quali quando debbono comprare il contante, due o tre giorni
prima, fanno che il contante bassi di prezzo per comprarlo a buona ragione,
indi lo alzano di nuovo per venderlo con vantaggio. Questi dovrebbero afforcarsi.
Questa mattina sotto il colpo del
cannone della squadra Moscovita, ch'è il tiro di sera, è cascata al far del
giorno una casa vecchia che stava puntellata agli angoli, i piani superiori
sono vacanti, ma non così le botteghe, per cui vi è pericolata della gente, e
fra gli altri è rimasto sotto le pietre un carro che stava scaricando vino
della cantina dirimpetto, ch'è rimasta interamente chiusa dalle sfabricature,
insieme cogli altri bassi allo stesso livello.
Giovedì 24. La pena di Anguisciola
non fu che per un anno. Egli fece costare di essere stato arrestato dai ribelli
sotto la Republica, perché creduto Realista; indi fu liberato con l'obligo di
assumere il comando del castello. Il rifiutarlo gli sarebbe costata la vita, se
dunque era risoluto che dovesse morire, non poteva evitare il suo destino[*24]. Questa mattina si eseguirà la
sentenza di morte del sacerdote d. Vincenzo Troise.
Non ci è stata altra novità nel
giorno d'oggi. Si dice una lettera della Regina, la quale dice, quando meno lo
credete, o più presto di quello che credete, saremo in Napoli. Si dice che dopo
la esecuzione di 84 dei rei principali, fra i quali i già eseguiti sono 45, ed
i condannati credo che arrivino a 60, dopo tali esecuzioni dico, si publicherà
l'indulto. Vi è chi crede che sarà pel giorno di s. Carlo.
Venerdì 25. Dissi male non esservi stata altra
novità il giorno d'ieri, ve ne fu una che sempre piú fa vedere quale sia lo
stato deplorevole di questi tempi, ecco il fatto: un capitano di marina di
cognome Velasco fu portato a costituirsi a Monteoliveto innanzi al consigliere
Fiore, si vuole che fosse stato molto malmenato, per cui uscì riscaldatissimo
ed acceso in volto. Il costume è per gli uffiziali di portarli sciolti in mezzo
alla truppa. Uscendo così il d.o capitano in passando per innanzi al finestrone
del corridoio di Monteoliveto, diede un urto al soldato che gli era al fianco,
e si slanciò con tanto impeto che non furono a tempo di trattenerlo, onde colla
testa all'ingiù si gittò a basso, e restò morto sul momento.
Sabato 26. Quest'oggi vi è stato
Consiglio subitaneo per due uffiziali, uno di cognome Fonseca, l'altro
Cimaglia, e non ancora se ne sa la sorte. Anco la Giunta di Stato era occupata
quest'oggi, e ne sentiremo domani le decisioni. Si è publicata una nota
lunghissima di uffiziali degradati e privati d'impiego.
Per Martuscello s'è ordinato il
sequestro di tutti i suoi beni, anco sulla masseria ultimamente donatagli da S.
M. come si disse.
Sono stati tolti tutti
gl'lntendenti dei siti Reali, ed invece creati direttori col soldo di D/. 100
al mese, carrozza con livrea di Corte e casa.
Il marchese Venuti ha fatto sapere
aver trovato in Roma tali e quali nelle casse, la porcellana, i disegni, i
vasi, i bronzi, le statue che dalla Fabrica e dal Museo erano stati levati da
Championnet, Magdonald, e commessarii. La sola porcellana ascendeva al valore
di D/. 170m. Magdonald s'avea fatto fare il suo busto in porcellana biscotta,
non arrivò a prenderselo, ed avendo Venuti fatto saperlo a S. M., gli disse che
lo avesse lasciato stare.
La stamperia Reale ha publicate le
notizie dei vantaggi in Italia e nella Svizzera, e sul Reno, riportati dagli
Austro‑Russi. I Francesi sono nell'assoluta decadenza, è cominciato per
essi il rovescio; hanno finito ad ampollosamente dire come dissero col loro
proclama qui in Napoli “ la ovunque
vincitrice armata Francese “ digitus Dei est hic; anco questa volta la
loro tomba è stata l'Italia, lo dissi, e lo replico.
Sento che siano stati liberati
tutti e due i giudicati quest'oggi dal Consiglio subitaneo, ciò mostra qual
differenza passi tra magistrati Siciliani e Napoletani.
Domenica 27. Dalle ore 15 d'ieri
mattina fino alle ore sei della notte stiede chiusa la Giunta di Stato per le
decisioni che seguono: decapitati, d. Francesco Ruggi[*25], d. Saverio Caputo Olivetano, d.
Raffaele Doria[*26] : afforcati, Colombo Andreassi,
Raffaele Iossa, sacerdote Ignazio Falconieri: Michele Pierri[*27], deportato per anni 15, Ferdinando
Guerra, deportazione perpetua, d. Vincenzo Pignatelli[*28], per anni 25 deportato, Ignazio
Turco, deportato per anni 15.
Domani saranno posti in cappella,
Pigliacelli, Cirillo, Pagano Mario, e Ciaia.
E' venuto un dispaccio da Palermo
che premura il disbrigo delle cause che restano a farsi, ma non saprei come la
Giunta possa sollecitarsi piú di quello che sta facendo. La premura si dice che
sia perché la Corte vuol venire, essendo la Regina niente bene, per cui parte
effettivamente Cotugno, che ha ripigliata la livrea di Corte. Il Re si dice che
sia pieno di salso, la Regina colle gambe gonfie. Acton non vuol venire, e la
più sicura è che prima di maggio la Corte non venga.
Il Consiglio subitaneo non assegnò
che un anno di castello a Cimaglia e Fonseca
[*29]. I Bianchi fanno la penitenza di
star chiusi nel Castello durante il tempo del Consiglio, e stanno anche
digiuni, perché la congregazione essendo esausta non gli passa piú il pranzo.
Il Card. Ruffo parte, e viene come
si disse il principe del Cassero per Vicario.
Lunedì 28. Il principe del Cassero
si dice che abbia rinunziato, e v'è chi crede che siasi proposto in vece di lui
il marchese di Realmigi.
A partito per Palermo il duca della
Salandra. Vi è chi crede che la sua gita colà possa far succedere qualche
mutazione. Devesi far giustizia alla rettitudine di questo cavaliere: egli fu
assassinato per così dire mentre veniva colla sua truppa, ed è rimasto molto
offeso e debole della persona, sa chi furono i suoi assassini, e non ne parla.
L stato sempre attaccato al Re, fu al rischio di essere fucilato, e pure vi è
stato chi ha avuto ardire di calunniarlo.
Si è detto che ieri notte una pattuglia di 12 uomini
fu arrestata alla spiaggia di Chiaia, perché incontratasi con altra truppa, non
corrispose al Santo, cercò mettersi in difesa, e diede sospetto che fosse gente
nemica; il fatto non è sicuro. E’ sicuro che ieri sera ad un'ora di notte fu
assassinata una persona innanzi la porteria del monastero del Consiglio,
essendoci la cantina aperta e gente che trafficava. Cinque persone armate, due
delle quali con le dragone sulle spalle con pistola e stile postogli alla gola,
la spogliarono. Se a questo disordine non si ripara sarà un guaio nel prossimo
inverno.
Falconieri si dice che non sia
stato dissacrato, e che avrà la vita in grazia del sonetto che trascrissi, «
Signor sei Padre » del quale si vuole ch'egli sia l'autore.
Questa mattina nella chiesa di s.
Lucia del Monte si è celebrata la festa di s. Simone e Giuda, che oggi ricorre.
Nel tempo della messa è salito sull'altar maggiore un prete [*30]con crocefisso al petto, come lo
portano ora tutti quei preti che son venuti con l'armata; ha egli predicato al
popolo di essere stato liberato a Frascati dal furore dei ribelli patriotti per
la intercessione di questo Santo, a cui aveva con fervore cominciata una
novena. E descrivendo la scelleraggine dei patriotti Romani, e soprattutto
degli Ebrei, ha egli detto, che un Ebreo strappandogli il crocifisso dal petto,
gli avea detto “ costui fu un coglione “. Si crederà a questa sciocca ed
indecente maniera di esprimersi predicando in una chiesa, su di un altare, un sacerdote?
Martedì 29. Ha quest'oggi fini Lo
il mondo di parlare di quattro soggetti che si avevano in quello acquistata
molta fama, ed hanno finita essi la loro vita per mano di un carnefice. D.
Domenico Cirillo, il meno che sapeva era. la medicina, il suo nome era
conosciuto in tutta l'Europa, era il decoro dei medici, pulito, avvenente,
aveva l'incesso e il tratto d'un signore. Mario Pagano aveva acquistato il nome
di buon filosofo, ottimo nella ragion criminale, il suo opuscolo del processo
criminale è stato tradotto anche in Inghilterra, i suoi Saggi politici davano
un'idea del suo sapere; ma non tralasciavano far conoscere ove difettava[*31].
Egli ha dato sempre nello
stravagante, ed aveva molta opinione di se stesso; voleva a dispetto delle Muse
esser poeta e tragico, aveva in pensiero di essere, in quanto al teatro, il
Voltaire dell'Italia. Il suo Corradino però e il suo Gerbino saranno dimenticati
prima di lui.
Giorgio Vincenzio Pigliacelli non è
stato certamente l'ultimo degli avvocati Napoletani in questi tempi. Era
sottile nel sostenere gli articoli di legge, si esprimeva con nettezza, ed il
suo perorare era senza impeto, senza declamazione, ma sodo e sistemato.
Ignazio Ciaia, come i suoi talenti
non erano stati aperti al publico, perché fu egli uffiziale di Segreteria, e
come lo non l'ho trattato mai, così non saprei dire quanto valesse, ma chi lo
ha trattato mi dice che pieno era di talenti, ma di quei che dicevansi di moda,
e questi lo hanno portato alla forca.
Il dispaccio che accennai venuto da
Palermo, mi si dice, ordini la spedizione sollecita delle cause dei rei di
Stato, acciò possa il Re far uso della sua clemenza cogli altri. Il Consiglio
subitaneo continua a fare le sue decisioni, ma tutte miti, v'è chi crede che
non farà più condanne di morte. Molti detenuti sono stati liberati, fra quali
il principe di Arianiello uscito quest'oggi. Mi dicono che da circa 150 di
minor nome sono stati pure liberati.
Quest'oggi sono partiti per Palermo
col pacchetto, il duca della Salandra, il duca di Sangro, e d. Domenico
Cotunnio, si dice anche la duchessa Bagnara, ch'è anche moglie secreta di
Cotunnio. L'andata di Cotunnio è perché S. M. non sta bene per causa del salso
o sarfato , e la M. della Regina del gonfiore ai piedi. Vi è chi crede pure che
sia la detta andata di Cotunnio diretta a fare che si affretti il ritorno delle
MM. LL. a causa della salute che a quell'aere ne patisce: e dicesi che lo stesso
Cotunnio l'abbia detto.
L'andata di Salandra si crede che possa portare dei
rovesci per qualche altro soggetto. Si continua a dire, che per la rinunzia del
principe del Cassero, la Corte non abbia chi mandare in Napoli, ed hanno
nominato oltre di Realmigi, anco Innocenzo Pignatelli. Ruffo intanto con
lettera della Regina ha avuto il permesso di partire pel Conclave, ma il
dispaccio non lo ha avuto ancora, e l'apertura del Conclave è appuntata si dice
pel giorno 3 del prossimo entrante mese di novembre.
Si è publicato quest'oggi il
dettaglio della grande azione campale succeduta nella Svizzera i giorni 10, 11
e 12 ottobre tra le due grandi armate AustroRussa comandata da Suvarow, e
Francese comandata da Massena, due dei piú grandi generali di quest'epoca.
L'esercito era forte di 60 m. uomini, 30 m. veterani, e 30 m. di nuova leva,
ossia truppa in massa. Era postato in sito vantaggioso, trincerato con cento
cannoni, e monti alle spalle. Suvarow chiamato al soccorso di quelle truppe
Austriache, che in due precedenti assalti erano state battute, corse con 15 m.
dei suoi, trovò in cattiva situazione l'esercito composto di non più di 25 m.
uomini, che coi suoi fecero 40 m.; vide la superiorità del nemico e la sua
posizione, e voleva retrocedere e portarlo in altro sito. Ma i soldati suoi si
mostrarono volentorosi all'attacco, ciò lo fece ardito il giorno 9 a presentare
l'attacco al nemico. Massena incoraggiava i suoi dicendo, che dopo quella
vittoria li avrebbe fra 15 giorni portati in Vienna. Il primo giorno l'esercito
Austro‑Russo fu respinto con perdita, ma guadagnò uno dei posti colla
perdita di 2 m. uomini. Nel secondo giorno Souvarow finse un falso attacco alla
sinistra, Massena credette che volesse occupare quell'altro posto, e si mosse
dal centro ove stava e corse a soccorrere quell'ala, Souvarow con 6 m. cavalli
entrò nel centro, ma si trovò ivi molto inviluppato; ammazzar fece 400 cavalli,
e coi corpi di quelli si formò una falsa trincea; smontò 2 m. dei suoi e li
pose a battersi a corpo a corpo coi Francesi, egli con 2 m. correva ove il
bisogno lo chiamasse. Intanto s'era sparsa pel campo la novella della sua
morte, e questa voce che poteva produrre la perdita, produsse la vittoria,
perché i suoi soldati non sentendo piú comando, né temendo il fuoco, ruppero le
file nemiche ed arrivarono al centro. Souvarow spinti allora i suoi, si riunì
col grosso dell'esercito. Allora il nemico si avvilì, i soldati di nuova leva
deposero le armi, i veterani si diedero alla fuga. Sovraggiunse la notte in cui
poco si operò, ma al far del giorno poco vi fu da combattere, perché l'esercito
nemico era già tutto sbandato; 8 m. Francesi rimasero sul campo, 20 m. furono
prigionieri, cento cannoni, tutto il bagaglio, due casse militari, furono il
bottino. Massena è ignoto se fosse morto o ferito. La perdita degli Austro‑Russi
fu anche significante, 9 m. se ne contarono morti, fra quali mille uffiziali e
lo stesso fratello del generale Souvarow; questo eroe del Nord è anche ferito
da una palla.
Il dettaglio di quest'azione non
dovrebbe entrare nelle presenti memorie, ma l'ho notato per l'influenza che
gli affari d'Italia hanno nella nostra quiete.
Narrai il fatto della pattuglia di
Chiaia che mi si disse ieri, a Portici ho saputo che non fu altro se non che
una pattuglia di fanteria s'incontrò con una di cavalleria che gli chiese il
Santo, quel capo posto di fanteria disse averselo dimenticato, l'accorto capo
di posto di cavalleria fece passarli avanti senza rumore, e li portò alla
Piazza ad essere riconosciuti. Né accadde altro, il dippiù che si disse fu
un'esagerazione.
Ieri sera ad un'ora di notte,
all'imboccatura del vicolo ch'è accosto alla chiesa dei Gerolomini, fu
spogliato un galantuomo col servitore col lume, ch'è quanto si puol dire. Erano
sette persone armate.
Mercordì 30. La scorsa notte sono
stati trasportati nel castello del Carmine per essere posti in cappella, il P.
d. Saverio Caputo, il sacerdote d. Ignazio Falconieri, Colombo Andreassi, e
Raffaele lossa. Falconieri ha sorpreso quanti sono nel castello per la presenza
di spirito colla quale conforta i compagni della sua pena; anzi si è sparsa
voce aversi annunziata da piú tempo la giornata del suo supplizio per la
vigilia dei Santi[*32]. Questi è un altro uomo illustre
di cui si fa perdita, valente nelle Belle Lettere, e ne ha dato saggio per
l'addietro sulla cattedra e nelle lezioni private, non meno che nelle
produzioni date alle stampe.
Mi vien data notizia che merita
conferma, d'essere stati arrestati quei del Consiglio subitaneo dei giorni
passati, intendo i componenti di quello. Il Consiglio subitaneo di sabato è
quello che si è ristretto in Castello per la decisione della causa di un tale
uffiziale Beaumont, per quanto si dice, ed il motivo per avere il Consiglio
intesi dei nuovi testimoni a favore dello stesso, senza intesa del fiscale
della Giunta, al quale si appartiene la formazione del processo.
Mi viene detto che quando fu
interrogato Federici vi fu Gualenghi, uno dei suoi giudici, il quale gli volle
dire, perché avesse preso servizio non avendone bisogno per vivere, ed egli
rispose « non cimentate tanto la mia sofferenza, perché potrei dir cosa da
farvi dispiacere » volendo ricordare ch'era stato esso Gualenghi da lui più
volte a premurarlo, perché gli facesse avere situazione nella truppa della
sedicente Republica.
Il principe dei Luzzi si dice che
venga in vece del Card. Ruffo. Ho letta lettera di S. M. la Regina responsiva
alle dame di Corte che le hanno mandata supplica pregandola del ritorno, altro
non diceva, se non che avevano fatto il loro dovere, essendo dalla M. S.
benediciate, e che avea letto quanto chiedevano. Vi è chi dice che la roba sua
sia già imbarcata.
Si annunzia sicuro pel 4 novembre
la publicazione dell'indulto, io credo che siano i desiderii universali. Il
popolo però che vorrebbe assolutamente una terza occasione di andar
saccheggiando col pretesto della S. Fede, si dice che mormori, dicendo che se
vedrà Giacobini andar girando per Napoli, li castigherà colle sue mani. Se non
si mette freno alla baldanza ed ingordigia popolare, Napoli non sarà quieta per
ora.
Mi si dice passato dispaccio alla
Giunta di Stato, che gli dice alzar la mano alle decisioni capitali, perché
terminate essendo le cause dei rei principali e cospiratori, S. M. avrebbe
risoluto quello che credeva per gli altri. Speriamo dunque non sentire più
condanne di morte. Ma vi sono ancora da venti condannati a morte che dovranno
eseguirsi venuta che sarà l'approvazione. I Consigli subitanei anche seguitano,
ma le condanne sono miti e temporanee.
Si dice che sia venuto un plico da
Spagna e spedito subito a Palermo, ma è notizia che ha bisogno di conferma. Si
dice pure che la squadra ch'è in rada sia per partire.
Il direttore di Polizia, d. Antonio
La Rossa, ha publicata ed affissa lettera di S. M. la Regina che assicura il
publico della premura che ha il Re di restituirsi e rivederlo subito che avrà
dato riprove di essere rientrato nel buon ordine. Presso a poco è quello Che
publicò il cav. Ferrante. Il direttore vi ha aggiunta l'ingiunzione al popolo
di mostrare di aver dimenticati i disordini dell'anarchia e rivoluzione.
S'è eletta una deputazione
incaricata a scegliere le carte tutte trovate nelle officine Republicane di
Palazzo, municipalità, dicasteri; fra questi deputati vi è il giudice d.
Raffaele Giovannelli. Quel birboni sciocchi e sciagurati dei patriotti non
ebbero neanche l'accortezza di brugiare tali carte onde togliere a tanti poveri
infelici le prove di essere stati nominati se non altro, ed in conseguenza
inquietati, giacché molti poveri disgraziati vi saranno che non coll'animo di
delinquere, ma forse per aiutarsi, avevano date memorie per le quali possono
ora inquietarsi. Così accadde anche dopo la rivoluzione di Masaniello; quando
il duca di Guisa ideò anco di fare in Napoli Republica, essendo egli il duca.
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[*1] In marg. Si vuole di sicuro che in Milano fu dai patriotti
trucidata la guarnigione Austro‑Russa, per cui andatoci l'esercito e
trovata una disperata difesa nei patriotti, fece man bassa su tutti, in
maniera, che all'infuori di donne e ragazzi, non vi è altra gente in Milano. Si
soggiunge che l'Imperatore abbia scritto al Re, essersi egli avveduto, che sia
volontà di Dio l'esterminio di tali ribelli, non avendo egli manco potuto
risparmiarli col perdono generale accordatogli, avendo dopo quelli dato in tali
eccessi.
[*2] In marg. Si riscontri quello che accadde a Zurlo nell'anarchia nel mese di
gennaro.
[*3] In marg.
Recupito.
[*4] In marg. Lo hanno meritato per quello che hanno fatto in Napoli,
,ove entrarono da ladroni depredando piú che combattendo.
[*5] Nicola M.a Rossi.
[*6] In marg. Ieri si diceva tutto il contrario.
[*7] In marg. Si apre una nuova inquisizione per tutti coloro che avevano per quanto si
dice ideata un'aristocrazia che non ebbe effetto perché il partito democratico
fu superiore ed ebbe l'appoggio dei Francesi.
[*9] In marg. Si dice che 30m. D/. sia costato
il loro processo e si soggiunge che siasi ora aperta questa miniera di salute
pei rei e di tesori per la Giunta. Io intendo trasmettere alla posterità queste
memorie, se ci arrivano tali quali sono, e per quelli che non sono fatti, non
intendo esserne garante.
[*11] In marg. Quello che mi addolora, è
il vedere questo popolo assassino e briacone che si fa un merito di essere
stato egli solo il fedele al Re, e colle sue canzoni malmena tutti i ceti, per
esempio va cantando:
Maiestà chi t'ha tradute
Te volevano prigioniere
E
simili. Guarda con malocchio tutti i galantuomini, e quasi dice che ha egli
restituito il Regno al Re; quando noi, che siamo stati in mezzo a questa
orrenda catastrofe, sappiamo che quei stessi che andarono gridando « viva il Re
» gridavano «viva la Libertà » attorno a Championnet allorché andò
all'arcivescovado. Quei stessi che vanno cantando le di sopra cennate canzoni,
andavano cantando l'inno Marsigliese, e la così detta Carmagnola. Quei stessi
che corsero a tagliare gli arbori, concorsero a far le feste quando si
piantarono. Quei stessi che tanto si vantavano attaccati ai Sovrani,
assordivano le nostre orecchie gridando per le strade la fuga del Tiranno, la
nova cantata de Carolina, la Libertà de li muonece e de li prievete, e simili
scelleraggini che a me facevano fremere, che Dio sa con qual cuore soffrivo. Mi
sovvengo di quella mattina che trovai vendersi per tutto Napoli quell'infame
proclama detto libertà dei monaci, avrei dato in furore contro quei birbanti
che lo andavano vendendo con tanta gioia. Ora sono essi i fedeli, noi siamo i
traditori, dopo che siamo stati assassinati ed avviliti dai Francesi, e poi
saccheggiati dai popolari, che come saccheggiarono la casa di Rocca e simili,
così saccheggiarono nell'ingresso dei Francesi il Palazzo Reale.
[*12] In marg. Questi era fiscale di Vicaria Criminale, uomo il di cui nome è stato di
probo e da bene.
[*13] In marg. Questi era un ingegnere militare, e tutto quanto era riconosceva dal Re
perché figlio di un uffiziale di Segreteria, ove stava anco un fratello.
[*14] In marg. Mi servo dell'espressione giustizia perché così diconsi
le esecuzioni dei condannati, che perciò chiamansi giustiziati.
[*15] In marg. Non è da immaginarsi quello che si vede per la strada di Toledo. Per ogni
dove vi sono venditori di moneta, che con tavolini pieni di argento fanno
questo nuovo genere di negoziato, ed intanto i Banchi hanno il solo giro delle
carte.
[*16] In marg. Giovane degl'Incurabili.
[*20] In marg. L'incarico era di presentare a S. M. la Regina una supplica in nome del
popolo Napoletano per intercedere presso il Re il ritorno in Napoli.
[*21] In marg. Ma che ne sa la gente di
doversi ritirare a quel tocco, se non gli si annunzia anticipatamente?
[*22] In marg. Riario è uscito con una
camicia tutta nera e lacera, e una giamberga senza giamberghina, ed un calzone
così rotto che compariva il nudo.
[*23] In marg. D. Vincenzo Troise, questi è stato uno di quei che mi ha sorpreso. Avea una
figura di esemplarissimo sacerdote: era stato dei PP. dei Vergini, e valente
missionario. Spiegò un carattere così perverso da non immaginarsi. Perorò la
libertà degli Ecclesiastici a potersi casare, la nullità dei voti, la
democrazia; e disse quanto puol dirsi d'infamante contro la monarchia. Fu il
primo direttore della Sala d'istruzione. Io lo conoscevo, ma non lo aveva mai
frequentato, alla Sala non ci andai mai e pure li venne in testa di nominarmi
quando voleva che si formasse un collegio di avvocati per difendere i poveri.
Mi rincrebbe moltissimo l'essere stato nominato ma né io lo vidi, né cosa feci,
per cui restò in oblio la nominazione, e so ch'egli aveva cominciato a
volermene male.
[*24] In marg. Il publico certe volte
s'inganna nei suoi giudizii preventivi. Sì diceva che per Anguisciola vi fosse
più pericolo di Federici, e pure non è stato così. per Anguisciola vi sono
stati gli attestati di tutti i detenuti del Castello sotto i ribelli, i quali assicuravano
che Anguisciola gli dava coraggio in segreto, dicendogli << state
allegramente perché di breve verrà il Re e sarete liberi ». Gli ben trattava ed
alleviava per quanto poteva la loro disgrazia; che si fosse trovata una sua
lettera colla quale dando conto dell'infelice riuscita della sua spedizione,
chiedeva aiuto di gente per tornarsi a battere cogl'insorgenti. La detta
lettera fu mandata al Consiglio dalla Giunta di Stato. Fu ordinato che il
carnefice non toccasse né morto né vivo il corpo di Federici.
[*26] In marg. Questi fu uffiziale di Marina sotto il Re, poi rappresentante, e non
portò cattivo nome, anzi rinunziò una volta.
[*27] In marg. Cognato di Giuseppe Raffaele.
[*29] In marg. Si è detto che la difesa fu, ch'essendo andati con Caracciolo sulle batterie
flottanti fecero sempre fuoco fuori tiro. Quando furono portati sotto le
bandiere a sentire la sentenza, e videro l'apparato della forca, vennero meno.
[*31] In marg. Io lo conobbi nei primi anni, allorché leggeva da estraordinario al publico
l'Etica, e nel privato dava lezìoni di filosofia ed ì principii di Matematica.
Un anno intesi le sue lezioni, fin da quel tempo e conobbi i suoi talenti e la
sua stravaganza. Si diede alla scherma con tanto furore che fu poi uno dei più
valenti dilettanti, e fatigò anche con quel Gaetano de Marco, che fu anco
ultimamente afforcato per la causa medesima della rivoluzione. Si diede poi al
foro nella ragion criminale, ed in quella si distinse dando alla luce ottime
allegazioni, ed il suo Processo criminale. Fu invaso dalla mania di esser poeta
e tragico e comico, sì fece piantare un teatrino su di un casino, ove faceva
rappresentare le sue tragedie e comedie nei mesi di villeggiatura. Si parlò di
lui quando in Napoli cominciò a scoprirsi il fermento del maledetto
Giacobinismo colla scuola di Chimica aperta da Carlo Laubert ed Anmbale
Giordano. Ma dopo si vide creato giudice dell'Ammiragliato e si disse che la
Regina, quando egli andò a ringraziarla, lo avesse anche avvertito di quanto di
lui s'era detto. Fu arrestato mentre era giudice; nel doversi decidere la
causa, dopo la decisione di quella di Medici, si vide da S. M. con molti altri
fatto liberare, ma con l'ingiunzione di non poter avere più cariche. Dopo pochi
giorni s'intese fuggito da Napoli. Succeduta la rivoluzione nel primo
Provisorio fatto da Carlo Laubert fu egli ascritto, e sì mandò a chiamare. Egli
venne dopo quasi un mese e mezzo; quello che fece nel corso che sedette nel
Provisorio e nel Legislativo, ed il suo fine, sta scritto in queste memorie.
Debbo render grazie all'Altissimo perché mi abbia preservato dal non inciampare
per causa sua in qualche disgrazia. lo non conveniva nei suoi sentimenti, ma
ciò non ostante egli molti anni sono fece domandarmi cosa pensavo della
rivoluzione della Francia, la mia risposta non dovette piacergli, e non fece
dirmi altro. Venuto rappresentante in Napoli, com'era alla testa del Governo ed
io, esercitando la professione di avvocato, poteva averne bisogno, lo vidi da
due o tre volte, anche per sapere a che tendessero. Una volta gli dissi' che
non sapevo approvare il sistema d'impiegare tanti che non dovevano essere
certamente uomini probi ed onesti, perché operando la rivoluzione erano stati
infedeli a quel Governo sotto cui trovavansi, ed in conseguenza dovea dubitarsi
di loro, e doveano aversi per tanti ambiziosi. Un'altra volta gli dissi che a
me sembrava che non si fosse abolita la cabala, com'egli dicea, ma che anzi
questa fosse nel suo maggior trionfo, ed allora fu che calandomene dissi ad
un'altra persona, che avrei evitato vederlo, perché altrimenti avrei posto me
stesso al rischio di passare qualche disgrazia, non sapendo occultare i miei
sentimenti che coi suoi non confacevano.
Affezionato
alla mia professione e rincrescendomi di vedere i Tribunali avviliti, scrissi
una memoria in forma di lettera, ed a lui la mandai per ottenere che i
Tribunali si conservassero nell'antico lustro. Già fu tempo perduto. Io lo vidi
finalmente un giorno, ed egli mi parlò di darmi situazione nella magistratura
Republicana, gli dissi che io non avea questo ideale, volevo seguitare a far
l'avvocato, se fosse possibile. Egli mi replicò che l'avvocazia non sarebbe
stata quale per lo passato, e che le magistrature erano le posizioni le più
quiete nel nuovo Governo. Lo lasciai dicendo che poi ne avressimo parlato, e
non vi accostai più, acciò dimenticato si avesse il mio nome. In questo lume
riconosco la grazia del Signore che volle aiutarmi, mentre potrei trovarmi ora
involto nella disgrazia di tanti senza che ne avessi i sentimenti.
[*32] In marg. Il popolo è portato sempre pel maraviglioso, oggi dice
così di Falconieri, sino ad ieri disse che Vincenzo Troyse era stato afforcato
il giorno di s. Raffaele, perché aveva egli, come uno della Commissione,
mandata lettera alla superiora del Ritiro sotto il titolo di quest'Angelo,
dicendo che lasciassero quelle rinchiuse in piena libertà, come lo erano prima
di rinchiudersi.