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Clorinda Irace
E.F.P
Le tracce, i luoghi
Sulle orme di Elonora de Fonseca
Pimentel tra strade e palazzi napoletani |
Palazzo Serra di Cassano:
le amicizie
Lo storico palazzo di Monte di Dio, ai tempi di
Eleonora rappresentava una delle più belle dimore nobiliari tra quelle fatte
costruire a Napoli dalla piccola aristocrazia affluita da ogni parte del Regno
perché attratta dalla vita di corte, dalla mondanità, dalle frequentazioni che
la città offriva. Non dimentichiamo che, ai tempi, Napoli era la capitale di un
importante Regno e che Carlo III l'aveva resa bella ed attraente. A ciò bisogna
aggiungere la ricca e fervente vita culturale: basti pensare che la città fu
sede della prima cattedra di Economia politica affidata ad Antonio Genovesi.
Tornando al bel palazzo Serra di Cassano, va ricordato che fu costruito nella
prima metà del Settecento nella zona di Pizzofalcone, nota agli amanti della
caccia del tempo per le specie rare di uccelli che vi dimoravano. Il progetto
fu affidato a Ferdinando Sanfelice come mostrano soprattutto la bella scala a
doppia rampa ed i bei saloni affrescati. Come tutte le costruzioni importanti
aveva due ingressi, uno su via Monte di Dio, l'altro ‑ allora principale ‑
su Via Egiziaca a Pizzofalcone. Nell'aristocratica dimora si apriva uno dei
salotti più ambiti dell'epoca ed Eleonora ne fu un'assidua frequentatrice
insieme ai migliori cervelli del tempo come Domenico Cortile, Ignazio Ciaia,
Mario Pagano. Enzo Striano nel suo romanzo ci fa immaginare un Capodanno del
1791 negli ampi saloni della bella dimora che “erano stati sgomberati per le
danze (...) Si fecero alcune passacaglie, due tremende cracoviennes, infine
contraddanze a volontà. La contraddanza era quella che le piaceva di più. Un
ballo come racconto: di garbati corteggiamenti, fra saluti, inchini,
passeggiate, infine, l'abbraccio nel vortice finale[*1]”. Lenor ‑ nella narrazione di Striano ‑ con il suo vecchio
vestito viola, lo scialle della nonna e la collana di perle della mamma morta,
si reca alla festa di fine anno dai nobili amici per dimenticare lutti e
dispiaceri e salutare il nuovo anno in compagnia. Napoli, all'esterno, offre il
suo incredibile spettacolo pirotecnico che dai grandi balconi del palazzo tutti
possono ammirare. Lo spirito dei Cassano, aristocratici sui generis, era già
insito nello stemma di famiglia ancora visibile nel palazzo. Presenta strisce
rosse e nere su cui troneggia il motto “Venturi non immemor aevi” ossia “Pensiamo
alle generazioni del tempo che verrà”: mai parole furono più giuste per una
famiglia di nobili che preferì scelte difficili a scelte di comodo che
avrebbero consentito di conservare titoli, patrimoni, benessere, serenità. Al
contrario, la vicenda rivoluzionaria alla quale aderirono li segnò duramente:
la bella Giulia Carafa, madre dello sventurato Gennaro, finirà folle i suoi
giorni; Gennaro sarà ucciso a Piazza Mercato e uno degli ingressi del palazzo,
il principale su Via Egiziaca a Pizzofalcone, sarà chiuso per sempre in segno
di lutto e di protesta contro una città che non aveva saputo capire.
Le ultime parole del ventiseienne duca Gennaro
furono di profondo stupore per il comportamento del popolo: ho sempre
lottato per il loro bene e ora li vedo festeggiare la mia morte. Era il 20
agosto 1799 e una folla assetata di sangue era convenuta a Piazza Mercato sotto
il rovente sole pomeridiano per assistere all'esecuzione di otto persone. Tra
loro, oltre a Gennaro Serra, Eleonora de Fonseca Pimentel che penzolò dalla
forca come una popolana, perché il suo rango non fu riconosciuto.
A distanza di due secoli, la
fama dei palazzo Serra di Cassano e dei suoi antichi abitanti è ancora
notevole: il popolino che oggi abita la via Egiziaca e qualche sparuto basso di
Via Monte di Dio ancora racconta di strane apparizioni notturne nella bella
scala del palazzo e di un giovane che visita le sale silenziose notte tempo.
Leggende a parte, lo stabile ospita attualmente una delle più animate
istituzioni culturali napoletane, l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici
di cui è Presidente a vita l'avvocato Gerardo Marotta, un “Illuminista del
Duemila”, uomo di grande cultura e infaticabile estimatore della filosofia.
Quando parla della rivoluzione del '99 incanta l'uditorio per la chiarezza e la
competenza delle sue argomentazioni. Grazie al suo fervore, l'Istituto ospita
quotidianamente conferenze, convegni, simposi, riunendo studiosi provenienti da
tutto il mondo. Le sue belle sale servano ancora lo splendore di un tempo, molti
e suppellettili sono originali e ben conservati e persino qualche abito d'epoca
è esposto al pubblico. Mirabili gli stucchi e gli affreschi tra cui il ciclo
“Storia di Scipione l'africano'' di Giacinto Diano, nonché, in una saletta riservata ‑ detta appunto “sala di
Mattia Preti” ‑ un pregevole dipinto del noto artista.