Lucera
Su Lucera riceviamo e pubblichiamo.
LUCERA E LA CAPITANATA ALLA FINE DEL 1700 Alla fine del '700 la Capitanata era una provincia povera ed emarginata del regno di Napoli. Il feudalesimo, le varie carestie, la malaria, l'ignoranza dovuta alla miseria, l'antico e secolare sistema fiscale della Dogana della mena delle pecore erano i suoi mali storici e, nel complesso, vanificavano ogni iniziativa tesa al miglioramento delle condizioni sociali e allo sviluppo.Le società segrete del Mezzogiorno cospiravano contro il dispotismo borbonico ed anche a Lucera vi erano accesi e convinti liberali, di cui fa cenno Gemma Caso nel suo volume La Carboneria in Capitanata, Napoli, 1913. |
Le fonti storiografiche disponibili per la descrizione dei fatti del 1799 a Lucera non sono molte, ma le vicende hanno certamente interessato la città che, all'epoca e fino al 1806, era la capitale della Capitanata e del Contado del Molise. La ricostruzione dei fatti si riferisce, soprattutto, all'episodio legato al ricordo di un'eroina: Maddalena Candida Mazzaccara.
G.B. Pacichelli: Lucera nel '700
COSA AVVENNE A LUCERA NEL 1799
A Lucera venne piantato l'albero della libertà l'8 febbraio 1799. Vincenzo
Setaro, preside della Provincia di Capitanata, era a capo del partito realista
e incitò il popolino alla controrivoluzione, tanto che un gruppo di
facinorosi, comandato da un tal Andrea Guerriero, tre giorni dopo distrusse
l'albero della libertà che era nella piazza Duomo e piantò,
al suo posto, il vessillo borbonico, irridendo alle istanze dei patrioti locali.
La cattedrale nel 1799
Si registrano nette, seppure isolate, chiusure verso il nuovo regime, come quella espressa dal vescovo Freda il quale si rifiutò di benedire l'albero della libertà e di cantare il Te Deum in Cattedrale.Si avvertiva qui, come dovunque, un fermento. Il 19 febbraio un corpo di circa seimila uomini, comandato dal generale Duhesme, partiva da Napoli. L'armata, rafforzata anche da una legione di Ettore Carafa, si accampava tra Lucera e Troia, in contrada detta "le Pirazzelle", in attesa di entrare in città.A Lucera, presso l'abitazione del sindaco, D. Matteo Cavalli, alloggiava un ufficiale della flotta francese, un capitano tenente, il quartiermastro Eugenio Petitti. Era stato mandato dal generale Duhesme verso gli ultimi giorni di febbraio per ottenere, con l'aiuto della parte liberale della città, che venissero aperte le porte alle truppe francesi senza opporre resistenza.
L'ATTENTATO Il giovane parlamentare fu bene accolto dai più autorevoli cittadini e un giorno, durante la sua permanenza in città, una folla di popolani si radunò, ad arte, sotto le finestre del palazzo Cavalli, fingendo di voler acclamare il giovane ospite. Il Petitti si affacciò ad una delle finestre per ringraziare quella gente che egli credeva plaudente e fu freddato da un colpo di fucile. |
Lo sgomento e la paura cominciarono a serpeggiare tra i cittadini e la municipalità, mentre la notizia dall'attentato arrivava al campo francese e al Comando Generale di Napoli. Il generale Duhesme ordinò di mettere a ferro e fuoco la città nel giro di ventiquattro ore poiché quell'uccisione a tradimento rappresentava un'offesa alla bandiera francese. Anche la notizia di tale risoluzione arrivò subito a Lucera.
La popolazione, in preda alla disperazione
e al panico, si riversò per le strade piangendo e pregando, riunendosi,
poi, davanti al simulacro dell'Augusta Patrona. I più abbienti
cercavano di mettere al sicuro qualche bene prendendo poi la via della
campagna. I dirigenti e gli eletti si riunirono nel palazzo comunale
per cercare una soluzione che evitasse il massacro. Pensarono che fosse
opportuno inviare una delegazione al fine di convincere il generale
Duhesme a desistere dalla sua terribile decisione: ma chi si sarebbe
esposto a tale rischio, dato che gli ordini erano di uccidere chiunque
si fosse recato da lui per chiedere la salvezza di Lucera?
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LA MEDIAZIONE POLITICA
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Donna Maddalena propose di compiere lei stessa
questa missione insieme ai pochi dirigenti non ancora avviliti dal panico
generale. Raggiunse, così, il campo francese accompagnata dal marito,
D. Vincenzo Candida, dal cognato, D. Giovanni Candida (che fungeva da capo
del popolo, dato che, a detta di un contemporaneo, "non esisteva ordine
amministrativo in quel frangente"), dal fratello, D. Tommaso Mazzaccara,
duca di Ripacandida, e dal sindaco, D. Matteo Cavalli. Chiese d'incontrare
il generale Duhesme per avere con lui un colloquio. La delegazione fu ricevuta
soltanto perché a capo di essa vi era una donna.
In segno di sottomissione della città di Lucera, la dama consegnò
al generale Duhesme le chiavi di Santa Maria, le storiche chiavi donata dal
decurionato lucerino nel '700 al simulacro dell'Augusta Patrona, recanti la
scritta:"Civitas Sanctae Mariae". Spiegò che i liberali,
i nobili e tanta altra brava gente erano ben disposti ad accogliere i Francesi,
tanto che il giovane borgomastro ucciso era ospite del sindaco da diversi
giorni. Fece intendere che l'attentato era stato commesso da qualche scellerato,
e che non era giusto che pagassero degli innocenti, come, d'altra parte, era
innocente il giovane Petitti. Chiese una tregua per interessare il generale
Federici e si offrì, nel frattempo, come ostaggio insieme ai gentiluomini
che l'accompagnavano.
Il generale Duhesme, al sentire il nome del generale Federici "a cui
nulla egli poteva negare", concesse una tregua di tre giorni a condizione,
però, che fossero scoperti gli attentatori e che alle truppe francesi
fossero aperte le porte della città.
E così a Lucera, fuori dalla "Porta Croce", furono impiccati
due popolani ritenuti gli autori del misfatto: un tal Raffaele Barbaro, soprannominato
"Borza di Niglio"- poiché si era vantato, nell'ubriachezza,
di essere l'autore dell'attentato- e un altro soprannominato "Occhio
di Nibbio",ritenuto suo complice.
Al terzo giorno, così come stabilito, le truppe francesi
entrarono nella città al suono di tamburi, accolte festosamente da
una processione col vescovo (Alfonso Maria Freda), il real capitolo, la magistratura,
il foro, la nobiltà, il popolo e, a capo, il simulacro di Santa Maria
Patrona. Suonavano a festa le campane di tutte le chiese.
L'avanguardia francese pensò che si trattasse di un segnale per mettere
in atto un altro tradimento, ma la dama e gli altri gentiluomini che erano
con lei rassicurarono i soldati. Il corteo sfilò per le vie della città
acclamato dalla folla e il generale Duhesme fu ospitato nel palazzo della
famiglia Candida Mazzaccara.
LUCERA ERA SALVA!
CHI ERA MADDALENA CANDIDA MAZZACCARA?
La duchessa Maddalena Mazzaccara vide
la luce nel palazzo avito a San Domenico, in Napoli, nel 1757, terzogenita
di Pietro , duca di Ripacandida e di Castel Garagnone e della contessa
Anna Marchant d'Ansebourg dei duchi della Rouvendière. Nel 1782
andò sposa a don Vincenzo Candida, patrizio lucerino. Il matrimonio
fu celebrato a Napoli, nella parrocchia di Santa Maria Ogni Bene (libro
XIII dei matrimoni).
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Rappresentò lo sposo don Gennaro Sanges
con procura del 4 maggio 1782 per notar Giuseppe De Palma di Lucera. Ebbe
in dote 8000 ducati.
Donna di grande cultura e di idee liberali,fu ottima sposa e madre. Riuniva
nel suo salotto quei pochi lucerini che, come lei, speravano nella libertà
opponendosi alla tirannia borbonica.
Durante le tristi vicende del '99 "fu prescelta dal popolo tutto a tutelare
i destini della Città minacciata gravemente da un corpo d'armata francese".
Morì nel 1803 a Napoli, dove si era recata per ragioni di salute.
LE FONTI STORICHE
Non sono stati trovati documenti scritti risalenti all'epoca dei fatti, in grado di provare che quanto narrato sia realmente accaduto. Con ogni probabilità, essi sono stati distrutti, come è avvenuto in altri posti in questo frangente storico. A voler consultare l'archivio storico che appartiene alla Curia di Lucera, si può notare chiaramente che non esiste in elenco nessun documento relativo al 1799: si passa direttamente dall'ultimo documento del 1798 al primo del 1800.
Esiste, invece, l'attestato dell'Autorità Municipale del 30 giugno 1870 riportato dal Candida Gonzaga. E' una fonte tra le più importanti dei fatti sopra narrati, che "ricade ad onor sommo",così il Ricca dell'eroina del 1799.Esso attestato è firmato dall'avv. Daniele Piemonte, assessore anziano funzionante sindaco, e dagli assessori avvocati: Giulio Pitta, Filippo Nocelli, Ettore Viglione e Carlo Uva, nomi gloriosi che appartengono alla storia del nostro comune; il segretario era Vincenzo Guerrieri. Trascrivo integralmente il testo del citato documento:
"E' noto a questa Autorità Municipale ed a
tutti questi cittadini tanto per tradizione che per contestazione di tutti
i vecchi ottuagenari che furono testimoni presenti all'accaduto che l'illustre
dama Maddalena Mazzaccara, figlia di Pietro, duca di Ripacandida e moglie
di Vincenzo Candida, Patrizio di questa città, nel 1799 fu prescelta
dal popolo tutto a tutelare i destini della città minacciata gravemente
da un corpo d'armata francese di seimila uomini comandato dal generale Duhesme,
che qui recavasi per vendicare la morte di Eugenio Petitti, quartiermastro
della detta armata, barbaramente assassinato da una ciurma di birbanti in
questo palazzo di don Matteo Cavalli, con ordine del Generale comandanta Championnet
di dare alla stessa sacco e fuoco e con la pena di morte a chiunque ardiva
presentarsi per implorare la salvezza di essa.
Disprezzando l'Illustre Patriota la propria vita, con le chiavi di Santa Maria
Patrona nelle mani che rappresentavano la Città, ed accompagnata dal
marito e dal fratello Tommaso Mazzaccara Duca di Ripacandida e dal cognato
Giovanni Candida, uscì arditamente incontro all'armata predetta al
luogo chiamato " le Perazzelle",un miglio e mezzo distante da questo
abitato, e patrocinò con tanto fervore la difesa che indusse il comandante
anzidetto ad entrarvi pacificamente. Questi cittadini serbano di essi la più
grata rimembranza, e tutt'i vecchi ancora viventi, che la conobbero,ne parlano
con molta stima e rispetto.
L'avvocato don Giovanni Del Pesce scrisse sul riguardo nel 1870 un dramma
storico in onore della prelodata signora Mazzaccara intitolato:Un episodio
del 1799 in Lucera, il quale destò tanto entusiasmo che fu ripetute
volte rappresentato in questo teatro , sempre con immensi applausi.-Dal Palazzo
Municipale di Lucera 30 giugno 1870 ".
Il testo del documento sopra trascritto è tratto da "Ricordi
Nostalgici",manoscritto inedito di Girolamo Prignano , pagg. 84-85,
Biblioteca Comunale di Lucera.
Lo storico lucerino Giambattista Gifuni ripropone le stesse vicende nella Rivista Araldica, Roma, Maggio 1947. Nella parte introduttiva egli scrive:" vive tuttora nel cuore dei concittadini a Lei devoti, stralciamo queste pagine vibranti di civismo ( dalla citata opera "Ricordi Nostalgici"), su un'eroina del 1799, figlia adottiva di Lucera, spogliandole di quanto hanno di non essenziale; con la speranza - vorremmo poter dire certezza- che la narrazione semplice, viva, commossa, che ci è dato far conoscere ai nostri lettori, valga a spoltrire gli ignavi e a risvegliare i dormienti, faccia, cioè, sentire ai lucerini il loro primo e preciso dovere verso Colei che nel lontano anno 1799, quando "ingrossava ruggendo la fortuna", fu "ai perigli scampo"; verso quella Maddalena Candida Mazzaccara alla cui gentil tutela ricorse, tremante, tutto un popolo minacciato di strage e di saccheggio, riuscendo ad ottenere dallo straniero, solamente per intercessione di Lei, salvezza: il dovere di tramandarne il nome e gli altri gesti alla posterità".
Nello stesso numero del citato periodico, l'autore indica
i nomi di autorevoli studiosi che hanno celebrato nei loro scritti e discorsi
la nostra eroina. Essi sono:
L'onorevole Niccolò De Nicolò nell'ispirato discorso pronunziato
a Lucera a ricordo di Ruggero Borghi e dei martiri del 1799;
Il prof. Pietro Romano della Università di Torino nel poderoso discorso
su Ruggero Borghi tenuto nel nostro teatro "Garibaldi" l'8 gennaio
1928;
Bonazzi nella Cronaca di Vincenzo Massilla di Bari, f.65, Napoli 1881
-Padiglione, Tavole storiche genealogiche della casa Candida, Napoli
1877;
-Ricca,Istoria dei feudi delle due Sicilie, IV, pagg. 229-230, Napoli
1869;
-Candida Gonzaga,Memorie delle famiglie nobili delle Provincie Meridionali
d'Italia, pag. 70, Napoli 1882; Casa Filangieri, Napoli 1887, pagg.396
e 397;
-Gaetano Ottaviano, avvocato e studioso di storia lucerina, in" il
Foglietto",(mensile lucerino), Lucera, 1932, pagg. 34-36.
A RICORDO DELL'EROINA
A Lucera, a ricordo di Maddalena Candida Mazzaccara, vi è
una via del centro storico a lei intitolata, il rudere del palazzo che fu
la sua abitazione in, via S. Francesco, e una lapide, posta a sinistra della
monumentale "Porta Troia", che recita così:
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Lapide affissa sul lato sinistro della monumentale Porta Troia.
Nella memoria storica dei lucerini è presente la figura di una donna
vissuta due secoli fa e che, secondo una precisa tradizione orale, fu protagonista
di un episodio di eroismo legato alla rivoluzione giacobina del 1799.
FELICETTA DI IORIO