libertA' |
eguaglianza |
MONITORE NAPOLITANO |
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TERZODI' 13. GERMILE ANNO VII. DELLA LIBERTA'; I. DELLA REPuBBLICA NAPOLETANA UNA, ED INDIVISIBILE (MARTEDI' 2. APRILE 1799) Num. 16 |
La nuova più interessante per la nostra
Repubblica, per l'Italia, per l'Europa, essendo la guerra dichiarata nuovamente
dalla Francia all' Imperatore, crediamo far cosa grata ai nostri lettori di portar i
documenti, e fatti che la riguardano in preferenza ad ogni altro.
Aveva il Direttorio Esecutivo fino da'
2 Ventoso emanato il seguente proclama.
«Le truppe di S.M. L'Imperatore, Re di
Ungheria, e di Boemia, in disprezzo della convenzione conchiusa in Rastadt,
agli 11. Glaciale anno 6. hanno ripassato il fiume Inn, e sono uscite dagli
stati Ereditarj.
Questo movimento è stato combinato
colla marcia delle truppe Russe, che annunciano ad alta voce di venir ad
attaccare, e combattere la Repubblica Francese, e le quali già si trovano negli
stati dell'Imperatore.
Sempre fedele alle sue promesse, sempre
animato dal desiderio il più sincero di mantener la pace, sempre portato a
supporre gli stessi sentimenti dal canto di S.M. l'Imperatore, il Governo
Francese gli ha dimandata una soddisfacente dichiarazione su questa marcia delle
truppe Russe, e sul passaggio, ch'è stato ad esse accordato.
L'Imperatore ha serbato il silenzio: il Direttorio
Esecutivo si vede dunque forzato dalla necessità di una legittima difesa, e
dall'obbligazione imposta ad ogni governo di provvedere alla sua sicurezza, di
far prendere alle Armate Francesi quelle posizioni che esiggono le Circostanze.
Ma egli dichiara, che il suo voto per la pace è inalterabile; e che
nell'istante, che l'Imperatore annunzierà con una dichiarazione amichevole, che
i Russi abbiano evacuato i suoi Stati, e che le sue truppe abbiano ripigliate
le posizioni regolate dalla convenzione di Rastadt; le armate Francesi
rientreranno ancor esse nelle primiere loro posizioni».
Approvato dal
Direttorio Esecutivo li 2. Ventoso an. 7. della Rep. Francese una ed
indivisibile = Il Presid. del Dirett. Esecut.
- L.M. REVELLIERE LEPEAUX.
Ma poiché l'Imperatore seguitava a
serbar silenzio, e continuava i preparativi di guerra, e la marcia delle truppe
Russe, il Dirett. Esce. prese finalmente la seguente deliberazione.
«Il Direttorio esecutivo composto dal
numero de membri prescritto dall'articolo 142 della Costituzione, ordina che si
faccia un messaggio al Consiglio de' Cinquecento del seguente tenore.
Il Direttorio
esecutivo al Consiglio dei Cinquecento.
CITTADINI
RAPPRESENTANTI. Qualunque sia la grandezza degli avvenimenti, che hanno
avuto luogo dopo la conchiusione del trattato di Campoformio, non si è oggi
perduta ancor la memoria di quelli che gli avevano preceduti. Non si è punto
obbliato che dopo cinque anni di trionfi, e nel momento in cui le armi francesi
erano a trenta leghe da Vienna, la Repubblica accordò che venisse sospeso il
corso della sue vittorie, e preferì ai certi vantaggi, che le avrebbero
attirato pochi ulteriori sforzi, il ristabilimento immediato della pace. Tutti
si rammentano, che quando si fece noto il trattato, la moderazione del vincitore
sembrò sì grande, che ebbe in certo modo bisogno di apologia.
«Si sarebbe mai preveduto, che questo
patto, in cui chi più era forte, più si era mostrato indulgente, in cui un
compenso liberalissimo doveva spegnere qualunque dispiacere, lungi
dall'ottenere la stabilità che sembrava promettere, sarebbe sin dal suo
principio non altro stato, che il fallace pegno di una efimera riconciliazione,
e che i colpi improvvisi diretti contro del medesimo emanerebbero tutti dalla
Potenza appunto che doveva l'ampio compenso delle perdite che aveva sofferte
nel corso della guerra?
«Infatti, quale strano, e pur costante
contrasto! Mentre la Repubblica impiega costantemente ogni cura per soddisfare
ad ogni articolo di un trattato, che non è proporzionato né alle sue vittorie,
né alla vendetta legittima che doveva prendere dei piani di distribuzione
formati e proccurati eseguire contro di lei, l'Austria in vece di mostrarsi
soddisfatta di una cessazione di ostilità, che le ha risparmiato le maggiori
sciagure, d'altro non sembra occupata, che d'inficiare e distruggere il patto
da cui è dipesa la sua salute.
«Fra le violazioni del trattato che
questa Potenza si ha permesse, alcune sono state sì manifeste, che hanno già
eccitata la sorpresa di Europa e lo sdegno dei Repubblicani, altre meno
pubbliche o meno note, non sono state perciò meno ostili, e 'l Direttorio
esecutivo non può più differire di mettere sotto gli occhi del Corpo
legislativo tutte le circostanze della condotta dei gabinetto austriaco,
condotta veramente offensiva, ed attentatoria allo stato di pace, e che né
alcuno esempio, né alcuno sforzo ha potuto ricondurre all'osservanza degli
impegni contratti.
«All'epoca in cui il trattato di
Campoforrnio venne conchiuso, si era stipulato reciprocamente, in virtù di un
atto addizionale al trattato, che tutta la parte dei territorio germanico che
si estende dal Tirolo e dalla frontiera degli stati austriaci fino alla riva
sinistra del Meno, verrebbe nello stesso tempo evacuata dalle Truppe francesi,
da quelle dell'imperatore; e da quelle dell'Impero, che erano al soldo di
cotesto principe, eccetto la posizione di Kell che doveva restare alla
Repubblica: una convenzione anche più particolare, conchiusa, e sottoscritta a
Rastadt il giorno 11. Fruttifero anno 6, rinnovò questo impegno, e stabilì un
dato termine per la sua esecuzione.
«Questa esecuzione per parte della
Repubblica è stata pronta ed intiera.
«Per parte dell'Austria è stata
differita, delusa, e non ha per anche avuto luogo.
«In Filisbourg l'Imperatore ha
conservato una guarnigione e certe provvisioni che sono di sua pertinenza,
malgrado la finzione di cui si ricuopre.
«In Ulm, in Ingolstadt non ha mancato di mantener delle
truppe, ed uno Stato Maggiore disposto a riceverne un numero maggiore.
«Tutte le piazze della Baviera sono
rimaste a sua disposizione e lungi che quel Ducato fosse evacuato secondo i termini
del trattato, noi vediamo che in oggi contiene centomila Austriaci destinati
nel tempo stesso ed a ricominciare le ostilità contro la Repubblica, e ad
invadere un paese che forma da lungo tempo i desiderj della corte di Vienna.
«Se quella Corte avesse anche per un momento avuta
l'intenzione di mostrarsi fedele al suo trattato, il primo effetto di queste
disposizioni sarebbe stato certamente di sollecitare il ristabilimento
simultaneo delle rispettive Legazioni; ma lungi che l'Austria prendesse un'iniziativa
riguardo a ciò, ha il Direttorio esecutivo veduto con sorpresa, che in Vienna
i plenipotenziarj inviati da ambe le parti al congresso di Rastadt, venivano
riguardati come sufficienti per mantenere le comunicazioni tra i due Stati, e
si considerava il trattato di Campoformio come bisognoso di ricevere ulteriori
sviluppi da un nuovo trattato coll'Imperatore, prima che le relazioni usuali di
una perfetta intelligenza venissero intieramente ristabilite. Una sì fredda
interpretazione data al trattato, una difficoltà sì formale per tutto ciò che
tendeva a svilupparne gli effetti, ben presagiva che non sarebbe stato
lungamente rispettato.
«In questo frattempo, un Governo la di
cui esistenza attestava altresì la moderazione della Repubblica, osò provocar
di nuovo la sua vendetta col più terribile degli attentati; ma il sacerdozio
espiò il suo delitto, a Roma acquistò la libertà. Ma il Direttorio esecutivo
prevedendo che non si sarebbe mancato di sparger l'allarme nella corte
Imperiale, e di dare alla più giusta rappresaglia l'aspetto di una ambiziosa
aggressione, giudicò a proposito di allontanare tutte le considerazioni di
etichetta che avrebbero potuto ritenerlo, e d'inviare a Vienna il Cittadino
Bernardotte siccome ambasciatore della Repubblica francese, incaricato di far
comprendere che la distruzione del governo Pontificio non produceva cambiamento
alcuno nella demarcazione degli stati d'Italia, e che le Repubbliche già
esistenti, e riconosciute non verrebbero aumentate d'alcuna parte del territorio
Romano; ciò che lasciava in tutta la sua integrità il trattato di Campoformio,
poiché nel fissare l'estensione della Repubblica Cisalpina, non aveva potuto il
Direttorio prevedere, né impedire, quanto ai loro effetti, gli avvenimenti che
potevano cambiare la forma degli altri Stati d'Italia in conseguenza delle
proprie loro aggressioni.
«Ciò non ostante l'Ambasciatore della
Repubblica, fu accolto alla Corte di Vienna con freddezza; e quest'attestato di
una premura la più leale, questa spedizione d'un Agente rivestito del più
augusto carattere restò senza reciprocanza; anzi tosto un avvenimento, non così
ingiurioso, per le circostanze che lo accompagnarono, come per l'impunità che
ottenne, manifestò i sentimenti segreti della Corte di Vienna.
«Se al primo annuncio di questo
attentato, il Direttorio esecutivo non avesse avuto motivo di scorgere in esso
l'intrigo di due Corti accanite a riaccendere la guerra sul Continente; se
avesse potuto credere che l'Imperatore avesse conosciuto la trama, che si
ordiva fin sotto i suoi propri occhi, non avrebbe allora esitato un istante in
provocar la vendetta Nazionale contro di una violazione, che tanto oltraggiava
lo stato di pace e '1 diritto delle genti, diritto rispettato con tanta
religiosità dalla Repubblica, anche in mezzo alle più violente agitazioni della
rivoluzione.
«Ma era possibile, che i Gabinetti di Moscovia, e di
Londra avessero soli preparato, e diretto per mezzo de' loro Agenti un tumulto
che L' Imperatore poteva non aver né conosciuto né approvato. Le espressioni di
dispiacere fatte sin dal primo istante all'ambasciatore della Repubblica dal Signor di Colloredo, l'invio annunciato
del Signor di Degelmann a Parigi,
erano sufficienti motivi per far credere che la Corte imperiale non mancherebbe
di far le dovute ricerche, e di punire un attentato di cui essa riconosceva
l'esistenza, e di cui temeva mostrarsi complice. Quando si seppe per altre vie
che il Ministro il quale era accusato di aver secondato i furori dei
l'Inghilterra, e della Russia, aveva ceduto il suo posto al Conte di Cobentzel, e che costui si portava a
Seltz per dare delle soddisfazioni, il Direttorio poté applaudirsi d'aver
provocato queste conferenze, mostrandosi meno pronto a seguire il primo impulso
di un legittimo risentimento, che premuroso di fare svanire per mezzo di comuni
spiegazioni, tuttocciò che si opponeva al ristabilimento della più perfetta
armonia.
«Tanto era il suo desiderio di ottenere
una conciliazione, che l'Inviato straordinario della Repubblica ebbe per
istruzione diffinitiva di contentarsi, in riparazione di ciò che era accaduto
in Vienna il 24. Germile, di una semplice disapprovazione, e della
dichiarazione, che si sarebbero fatte le dovute ricerche relativamente ai
colpevoli.
«Ma appena si diede principio alle
conferenze in Seltz, che la Corte Imperiale cambiò di linguaggio, e condotta.
Il barone di Degelmann non si rese a
Parigi; il Signor di Thugut restato a Vienna, rientrò nel ministero, le
informazioni incominciate restarono senza conseguenza, e senza effetto; il
conte di Cobentzel in vece di
offerire o di accordare le riparazioni che erano l'oggetto principale della sua
missione, affettò di voler concentrare la discussione su di altri punti, e finì
col declinare da ogni soddisfazione, anche da quella di cui si era contentata
la Repubblica, allorché restò convinto che il Direttorio non accoglieva le
insinuazioni per le quali la Corte di Vienna voleva renderlo, anche in mezzo
della pace, complice de' spogli i più singolari.
«I negoziatori si separarono, e tosto
colui che sua maestà imperiale aveva iniziato a Seltz per affettare vane
proteste di pace, ebbe la missione di andare a Berlino ed a Pietroburg per
associarsi a tutti gl'incitamenti del Governo Britannico, onde riaccendere la
guerra.
«Bisognava senza dubbio che il
Direttorio esecutivo fosse animato da un profondo amore per la pace perch'egli
non cedesse fin da quel momento all'evidenza delle disposizioni ostili della
casa d'Austria, ed evitasse di corrispondere alle sue provocazioni.
«Esso vedeva, che a Rastadt dopo
l'apertura del congresso, il ministro imperiale e quello d'Austria, non avevano
cessato di mostrarsi contrarj a tutte le proposizioni della Repubblica, a tutte
quelle che potevano condurre ad una pace diffinitiva e durevole.
«Esso aveva notizia delle difficoltà
che si facevano a Vienna per riconoscere il ministro Cisalpino, lo che metteva
in dubbio i punti decisi dal trattato di Campoformio.
«Esso era informato che il gabinetto
austriaco (qualunque mai fosse stata l'opinione personale dell'Imperatore),
abbandonandosi più che mai agli impulsi dell'Inghilterra, dava a quello di
Napoli l'audacia, che lo spingeva alle più stravaganti misure, dirigeva con
maggior segretezza il Piemonte, ch'egli stesso voleva dianzi sagrificato ad una
divisione, e si sforzava di strappare dalla sua neutralità il governo
Prussiano, per armarlo contro la Francia, dopo di essersi sforzato invano di
armar la Francia contro di lui.
«Quanti motivi per abjurare un trattato
sconosciuto, violato dall'Austria, e che cessava di essere obbligatorio per la
Repubblica! Ma la pazienza e le risoluzioni del Direttorio esecutivo dovevano
mostrarsi superiori ad una provocazione anche più diretta.
«In un momento in cui alcuni faziosi i
quali avevano usurpato il potere nei Grigioni, mostravano dell'inquietudine
sulla vicinanza di una armata Francese, e su i progetti che essi supponevano
formati contro la loro indipendenza, e la loro neutralità, affettando nello
stesso tempo una perfetta sicurezza dalla parte dell'Austria, da cui dicevano
aver ricevuto le più sicure proteste; il Direttorio giudicò espediente di far
sapere agli abitanti che il loro territorio sarebbe rispettato finché lo
sarebbe dall'Austria istessa. Appena scorsi alcuni mesi dopo questa
dichiarazione, un corpo di truppe Austriache invase il paese dei Grigioni, e si
stabilì in esso.
«Al Direttorio esecutivo non isfuggì
tutta l'ostilità di questa occupazione, e tutte le occulte macchine che in se
racchiudeva. Era evidente che con ciò l'Austria si preparava i mezzi
d'intorbidare Elvezia, di fare irruzione nella Cisalpina, e di dare nel momento
decisivo la mano al Re di Piemonte, e cercare di tagliar con questo mezzo
qualunque ritirata ai Francesi, che si facevano attaccare da centomila
Napoletani, allor coll'audace supposizione che potessero esser vinti.
«II Direttorio non mancò di scorgere
tutte queste perfide combinazioni, pur evitò di trovare in esse una formale
aggressione; e nel momento in cui l'attacco prematuro del Re delle due Sicilie
aprì una nuova guerra, il Direttorio avendo in mano le pruove della complicità
del Re di Sardegna, e volendo distoglierne l'effetto, s'impadronì delle sue
piazze forti, prevenendo di qualche giorno l'occupazione che ne avrebbero fatta
le truppe austriache, occupazion annunciata già dall'invasione anteriore dei
Grigioni.
Sarà continuato
In seguito di una tal dichiarazione di
guerra il Generale in Capo ha quì ordinato.
Art. 1. Saranno sequestrati in nome
della Repubblica Francese tutte le proprietà di qualunque natura siano, le
quali sul territorio Romano, e Napoletano appartengono all'Imperatore, a'suoi
Sudditi ed a qualunque Negoziante, che commercia sotto la di lui protezione.
Art. 2. Saranno parimente sequestrate
tutte le proprietà appartenenti sopra i detti territorj al Gran Duca della
Toscana.
Art. 3. Qualunque Cittadino Romano, e
Napoletano, e qualunque forestiere stabilito nella Repubblica Romana, e
Napoletana, è obbligato, immediatamente dopo la pubblicazione del presente
decreto, di far la rivela de'bastimenti, delle mercanzie, de'beni mobili, e
stabili, che possono tenere o amministrare per conto degl'individui di sopra
indicati; come ancora la dichiarazione delle somme, delle quali siano lor
debitori per qualsivoglia titolo, sono pena di esser riguardato come detentore
delle proprietà della Repubblica Francese, ed inquisito come tale.
Art. 4. Tutti li bastimenti, mercanzie,
crediti, mobili, e stabili sono in mano della Repubblica Francese.
Art. 5. Il Commissario Civile è
invitato a prendere le misure necessarie tanto per ricevere la rivela enunciata
nell'Articolo 3. quanto per eseguire il possesso della Repubblica.
Napoli, li 11. Germile, anno 7. della
Repubblica Francese una ed indivisibile.
Firmato MACDONALD.
Per copia conforme. Il Commissario
Civile del Direttorio esecutivo presso l'Armata di Napoli.
FAIPOULT.
ARMATA FRANCESE.
L' Armata Francese è prevenuta che i
Generali Rey e Lemoine abbian ricevuto ordine di portarsi al quartier generale
dell'armata d'Italia, e che il primo di questi sia dal Generale Rusca
rimpiazzato nel comando della divisione di riserba.
L'armata è prevenuta d'esser giunto in
Napoli il Cittadino Abrial in qualità di Commissario colla facoltà
amministrativa e civile nella Repubblica Napoletana, per esecuzione di un
decreto emanato dal direttorio esecutivo. A lui saran conferiti gl'istessi
onori che si danno ad un Generale in Capo.
Estratto di Lettera del Gen. in Capo
Massena in data dì Coyra de'25
Ventoso an. 7. diretta al Generai Scherer
Noi abbiamo fatto diecimila prigionieri
tra' quali si trovano il Gen. Offeribourg, e molti Uffiziali superiori e
subalterni. Abbiam preso 36 pezzi di Cannoni, e molte munizioni di Guerra, 20
Bandiere, delle quali 5 sono Austriache; le altre sono state tolte alle legioni
Grigie assoldate; l'annata occupa tutto il paese de' Grigioni, ed una posizione
dei Veralberg.
Per
estratto il General in Capo soscritto Scherer.
Per
copia conforme Felice Bodard,
Commessario, presso l'Armata di Napoli.
Per
copia conforme il Commessario Civile
presso l'Armata di Napoli ‑ Faipoult.
Per
copia conforme Abarnonti Pres.
Salfi Seg. Gen.
Dal Quartier Generale di Firenze
il 6. Germile anno 7 della Repubblica.
Il General di Divisione Gaultier,
comandante la divisione di Toscana.
Al Generai Macdonald Comandante in Capo l'Armata di Napoli.
Io vi prevengo, mio caro Generale, che
l'armata Francese occupa fin da jeri la Toscana; che noi siamo padroni di
Firenze e di Livorno, e che il
Gran Duca partirà la prossima notte colla sua famiglia, ed il suo seguito per
l'Austria.
Il Papa partirà immediatamente per
Besanzon, ed io ho ordine di farlo scortare in quella piazza.
Salute e Fratellanza
Gaultier
Per copia conforme Berthier.
REPUBBLICA
NAPOLETANA
Nella mira di accrescere la rotazione del danaro, di
meglio fornirne i banchi, e toglier a' venditori a minuto l'occasione, e i
mezzi di estorquer essi l'enorme agio del 75.
per 100, la commissione Generale sopra
tutte le casse di pubblica amministrazione propose al Governo di
obbligare i venditori, cioè, botteghe lorde,
Cantine, fondaci, Botteghe polite, e posti di farina a versar ne' banchi in
ogni sabato una somma proporzionata al loro smercio, ratizzando da' 5 carlini al 30: e giunti che sarebbero
ai 10 ducati, il Banco averebbe loro dato un polizzino di tal somma. Approvò il
Governo il progetto, ed alla Commissione medesima affidò il mandarlo ad
esecuzione. Nel mentre essa si applicava al ratizzo delle quote rispettive,
affacciò la municipalità le sue lagnanze al Governo dicendo, a lei appartenersi
il formare tali tasse, ed aggiunse, che per tutta la sera di sabato scorso,10
Germile, avrebbe versato ne' Banchi il denaro pervenuto dalle medesime. Ma non
si è versato finora, i Banchi stan tuttavia chiusi, l'agio cresce, l'afflitto
Pubblico ne soffre, e ne mormora. Invitiamo la Municipalità, la Commissione, il
Governo, chiunque sia, chiunque possa, di mandar ad effetto queste tasse,
provvedere con questo, o con altro mezzo termine, aprir i Banchi, accorrere al
pubblico disagio, e riparare un così grande oggetto del mal umore del pubblico. 1
Il Ministro dell'interno in un
istruzione mandata agli Arcivescovi, e Prelati, inculca loro d'insegnare a'
Popoli con linguaggio di Pastori le seguenti massime, rendendole facili, e
sviluppandole con chiarezza.
«Tra le diverse
forme di amministrazione sociale la Democrazia è il più gran beneficio, che Dio faccia al genere umano ‑
Felice è quella Nazione, che rotti i
ferri del dispotismo, si organizza in Repubblica ‑ La felicità dell'uomo dipende
dall'esercizio de' suoi dritti imprescrittibili, che sono la Libertà,
l'Eguaglianza, le Proprietà e la Sicurezza ‑ Nella sola Democrazia l'uomo gode dell'esercizio di questi
dritti, de' quali il benefico Creatore lo avea fornito, e la tirannia lo avea
spo gliato ‑ Nella Repubblica
l'uomo diviene cittadino, cioè membro della Sovranità,
poiché il popolo è il vero Sovrano ‑ Da Gesù Cristo fu commendata la Democrazia; perché
nell'Evangelo gli uomini vengono invitati
alla Libertà ed alla Eguaglianza, o sia al godimento di que' dritti, che sono
il fondamento della Costituzione Repubblicana ‑ Nel Governo Repubblicano,
che è conforme alla ragione ed al Vangelo, la felicità
è comune, e non già d'un solo, e di pochi individui ‑ Le calamità, che si
soffrono nell'attuale crisi, gli effetti sono della mala am ministrazione del perfido rovesciato regime ‑
Il Governo Provvisorio si affretta con
istancabile applicazione ad allontanarle; e con sollecitudine si studia di
promuovere l'universal prosperità».
Conchiude
«che in avvenire le Prelature, le
Parrocchie, i Canonicati, le Partecipazioni, ed ogni altro titolo Canonico non
si conferiranno, che a coloro, i quali al merito e servizio Ecclesiastico
uniranno l'esercizio delle virtù patriottiche, avranno giovato alla pubblica
tranquillità colle prediche e colle istruzioni, e di questo CIVISMO ne avranno
impetrato il documento dalle locali Autorità costituite .
Dal Quartier Generale di Napoli, 4. Germile, an. 7.
della Rep. Francese una ed indivisibile.
MACDONALD GENERAL IN CAPO
DELL'ARMATA FRANCESE.
Considerando,
che Benevento col suo territorio faceva parte dello stato Ecclesiastico; e che
questo paese era divenuto una conquista della Repubblica Francese, allorché le
Armate occuparono Roma, e tutti gli stati del Papa;
Che
Benevento, e '1 suo distretto non sono stati compresi nel Territorio della
Repubblica Romana, quando questo territorio è stato fissato, e diviso con
le leggi emanate giusta l'autorità del Generale Francese Comandante in Roma; e
perciò Benevento, e '1 suo distretto sono restati nel numero degli acquisti
della Repubblica Francese;
Che
l'invasione di Benevento fatta dalle truppe del Re di Napoli non essendo stata,
che una violazione patente de' dritti della Repubblica Francese, non può in
conseguenza permettere che venga riguardata come una riunione legittima di
Benevento al territorio Napoletano;
Che
malgrado tutte le ragioni, che rappresentino conveniente questa riunione, non
tocca a person' alcuna il presumere quali saranno le disposizioni del Governo
Francese per rapporto di Benevento;
Che
in conseguenza egli è indispensabile, che sin all'arrivo delle istruzioni del
Direttorio Esecutivo, Benevento sia amministrato direttamente sotto l'autorità
della Repubblica Francese,
Ordina ciocché siegue.
Art.
I. Il Comune di Benevento, e tutto il suo territorio resteranno sotto le leggi
della Repubblica Francese sin a tanto, che sia altrimente risoluto.
Art.
II. Il Commissario Civile è incaricato d'inviarvi un amministratore per
organizzarvi una Municipalità Provvisoria, o per confermarvi quella, ch'esiste;
per invigilare sull'azione de' Tribunali, per farvi percepire le imposizioni in
nome della Repubblica Francese; in una parola per eseguirvi tuttociò, che verrà
prescritto per mezzo d'istruzioni particolari.
Art.
III. I Comandanti delle truppe Francesi, che sono di stazione, o di passaggio
in Benevento, debbono conformarsi alle requisizioni, che potranno esser loro
fatte da questo Amministratore.
Macdonald Gen. in Capo.
Sabato si è
presentato il detto Commissario Abrial al Governo, ed ha cominciato col
medesimo le sue trattative.
Per ordine
del D. E. di Francia è stato quì arrestato Jullien già Segretario generale del
Governo Provvisorio.
Domenica è partito di quà il Gen. Rey.
Nello stesso giorno è giunto il Citt. Felice Bodard per rimpiazzare il Commiss.
Faypoi il quale partirà fra breve da quì destinato Console della Repubblica
Francese in Amburgo.
Sei de' nostri rappresentanti hanno
jeri presentata la rinuncia, ed e stata accettata. Sono, Diego Pignatelli
(Vaglio), Giovanni Riario, Raimondo Degennaro, Rafaelle Doria, Vincenzo Porta,
Vincenzo Bruno.
Questa mane son apparsi in distanza
varj legni, che poi si son veduti prender la via di Baja; in punto giunge da
Procida il rapporto e esser quattro Vascelli, e tre fregate inglesi, che si
erano ancorati colà. Si crede esser legni, fuggiti da Livorno, e che la
mancanza del vento aveva obbligati ad entrar nel golfo
Giunge la dolorosa nuova, che sia
bisognato prender di assalto l'ostinata Trani: si sparge eziandio, che quei
disperati avessero prima infierito su i presi, che teneano in arresto, per
soggiacer poscia essi medesimi al meritato castigo.
VARIETA
Rieti
11. Germile. Orazio Vincentini Com. del
Consolato al Citt. Min. di Giustizia, e
Polizia «Cittadino Ministro ‑ Ricevo sul momento notizie più
dettagliate, ed uffiziali, della marcia, che nella scorsa notte ha fatto sù i
limitrofi paesi della Rep. Napoletana il valoroso Communeau Comandante di questa piazza, ed a norma di quanto vi ho
avanzato questa mattina in altra mia, non manco di sollecitamente
parteciparvele per mezzo di espresso. Jeri sera alle ore 12. circa partì da
Rieti il prelodato Uffiziale con cinque in seicento uomini, e due pezzi di artiglieria. Passò nelle
vicinanze di Castelfranco Comune
della nostra Repubblica, e lo trovò nel dovuto ordine, e tranquillità. Entrato
quindi nella Rep. Napoletana piombò sopra Liciano,
che prontamente, e, senza
spargimento di sangue si rese a discrezione. Trovò qualche resistenza a Lugnano, che ha dovuto battere per più
ore, e che alla fine ha subito la meritata pena, essendo stato abbandonato al
saccheggio ed al fuoco. Ha finalmente marciato sopra Cantalice, abbandonato ben
presto da' vili ribelli all'avvicinarsi delle falangi Repubblicane. Cantalice è
stato subito preso, saccheggiato, ed incendiato. Ivi è stato anche bruciato un magazzino di polvere, e tutti vicini
Casali, nidi degli insorgenti. Vi sono stati trovati alcuni grossi fucili da
ramparo.
Gli ostacoli i più grandi non hanno
potuto, Cittadino Ministro ritardare un momento l'energia del prode Communeau. Questo è già rientrato
trionfante in Rieti. Egli stesso non
meno che i soldati, han dovuto per strade alpestri, e cariche di neve
facilitare il trasporto dell'artiglieria. Ecco dunque dispersi affatto i
ribelli nel territorio della nostra Repubblica, ed in parte anche in quello
della Rep. Napoletana: Tutto cede alle invitte anni francesi, ed al Genio della
Libertà».
Le azioni meritorie de' Cittadini
meritano di esser pubblicate, e noi ne pubblicheremo una senza nominarne l'autore,
sapendo, che forse a lui dispiacerebbe, ed al solo fine di servire di esempio a
quei della sua professione, ed acciò gli altri acquistino stima, ed amore per
la loro Patria.
Un Professore di Chirurgia fu giorni
indietro incontrato nella via Toledo da un desolato Padre, che tutto sudato,
angoscioso, ed afflitto così gli dice ‑ mia Moglie è da molt'ore nel
Parto; presenta il feto un braccio, e due Levatrici che ho chiamate, non hanno
fino a questo punto potuto toglierla d'affanni. Vieni ai ajutarla. Si scorda il
Profes sore subito degli altri suoi
negozi, e vola con lui alla sua casa nel vicolo delle chianche.
Giunto, rincora la timorosa Donna con
parole di consolazione, e piene di buone speranze, e si accinge alla difficile
operazione. Dopo brevi minuti viene a capo di estrarle una bambina, che già
credevano morta nell'utero; ma egli
lascia alla Custodia della recente Puerpera le due Levatrici, e si accinge a
risuscitare la Bambina. Le soffia il suo fiato alla bocca, effiavit super faciem ejus spiraculum vitae, le stropiccìa il
Corpo; e sente, che si sveglia in lei il moto del Cuore; si anima allora
maggiormente, continua le sue cure: incominciano i larghi sospiri. Allora grida
pieno di gioia ‑ Allegri, che ella vive, e vivrà. Incominciano dapoi i vagiti
co' i quali noi salutiamo una vita, che spesso passiamo ancora piangendo, ed
allora si rivolge il professore alla Madre, che non ancora aveva espulsa la
placenta, e ponendo tutta l'attenzione ad un grand'esito di sangue, ne fa
felicemente l'estrazione.
Pieno di trasporto di gioja, e di
allegrezza saluta i Genitori Cittadini Francesco Valerio, ed Angela Sorrentino,
che in gratitudine di aver salvati dalla morte la madre, e la figlia, non
potendo ottenere, ch'ei volesse ricevere alcun compenso, posero alla Bambina il
nome del Professore, che si partì rapito dal piacere di essergli stato utile.
Assicuriamo il Pubblico, che il
Chirurgo, è nato nel Territorio della Repubblica, e la scuola di Napoli gli ha
dati i suoi studj; e che tanto Angela Sorrentino, che la neonata godono ottima
salute .
Art. comunicato.
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