libertA'

eguaglianza

 

MONITORE    NAPOLITANO

 

DUODI’ 22. FIORILE ANNO VII. DELLA LIBERTA;

 

I. DELLA REPUBBLICA NAPOLETANA UNA, ED INDIVISIBILE

 

(SABBATO 11. MAGGIO 1799)

 

MAJESTAS POPULI

 

Secondo trimestre. Num. 27

 

 

 

Non ha la legge sul debito de' Banchi soddisfatta la pubblica aspettativa, né adempiuto al pubblico bisogno. Essa altro non fa, che confermare specificandone l'ipoteca, la legge con cui il passato Provvisorio aveva già posto sotto la garanzia della Nazione il debito de' Banchi, ma niun mezzo somministra per accelerare l'estinzione delle polizze, e diminuire l'enormità dell'agio, coll'accrescere la circolazione del danaro.

 

Dopo le funeste sperienze dell'amministrazione dell'Azienda Gesuitica, dell'amministrazione della Cassa Sacra, in fine di tutte le amministrazioni; porre in amministrazione presso i Banchi un capitale di ventisei milioni, sbigottisce la fantasia del Pubblico, il quale quanto maggiore è l'asse, tanto maggiore ne prevede la dilapidazione, e tanto più lenta prevede la vendita, quanto maggiore sarà l'interesse degli amministratori di non farla presto, ne tutta compire.

Nella totale insufficienza dunque della legge ad un sì grande pubblico oggetto, esponiamo le idee a noi suggerite da un buon Cittadino; idee, che a noi sembrano tanto più utili, quanto che sono più sbrigative; e che niuno può né a lui, né a noi apporre di palesare sì tardi, perché discussa la legge in Comitato segreto, non si potea prevedere, se essa avrebbe o no soddisfatto all'intento.

Si apra immediatamente la vendita. Si assegni un tempo prescritto, oltre il quale le polizze firmate a tutto il 1798. non abbiano più corso, né valore alcuno; onde chiunque le ha, non bilanci, non si riserbi a miglior tempo; corra subito a comperare, e disfarsi di polizze, che poi gli resterebbero inutili. Siccome le polizze perdono ora nel cambio più del 60., perdano nella compera un quarto, cioè il 25. per cento., ed è un vantaggio, che nelle circostanze presenti si offre alla polizza: viceversa questo quarto, o questo 25. per 100. si offera in vantaggio a chiunque dentro lo stesso termine compera tutto in contante, e su quella parte di pagamento che sarà in contante. Così la Nazione non viene a perdere essa il vantaggio che offre; richiama a se, e trasmette nella circolazione il danaro sepolto ne' scrigni particolari, ed il bisogno di disfarsi delle polizze, perché non restino inutili, bilanciandosi nell'istessa misura di tempo prescritto colla premura di aver del contante per guadagnare il vantaggio, produrranno insieme un equa proporzione di cambio: e questo cambio andrà eziandio decrescendo a misura, che il denaro delle compere rientrerà in circolazione. Elasso il termine prescritto noi ci troveremo quasi tutto spento il debito de' Banchi, spente quasi tutte le polizze, accresciuto il numerarlo, distribuite le proprietà, e potremo cominciar subito a gustare que' vantaggi, che nascono dall'esterno commercio, e dalla più regolare imposizione de' tributi.

La sola difficoltà è quella di fissare il termine menzionato. Se i Dipartimenti fossero tutti tranquilli, lo non lo fisserei maggiore di sei mesi; ma siccome è giusto di riserbare a' Cittadini tutti della Repubblica l'acquisto de' beni assegnati a' Banchi, così non si può accelerare un termine che darebbe ora un vantaggio a' Cittadini del Dipartimento del Vesuvio sopra quelli degli altri, ed il termine di sei mesi è da fissarsi dal momento, che tutto ci promette imminente, della stabilita calma della Repubblica. Ben inteso, che qualunque sia la premura di vendere, ed il disagio presente, dobbiamo sempre così regolare le vendite da non formare né accrescere grandi ammassi di proprietà, male superiore ad ogni male.

Per una riflessione d'incidenza noteremo, che nella posizione della legge attuale, cioè nell'amministrazione presso i Banchi degli immensi fondi aggiudicati, si deve con un calcolo prudenziale valutar altresì come un capitale assegnato all'estinzione del debito, l'annua rendita di questi fondi. Giacché se, mercé le vendite, questa rendita verrà d'anno in anno a diminuirsi, egli è certo pure, che la lentezza stessa delle vendite, la farà per la massima parte restare presso de' Banchi.

E noteremo eziandio, che in tutti i Dipartimenti vi sono in varie Città de' fondi, per loro istituzione addetti in ciascuna a varj Monti pubblici: che di questi fondi si deve prender conto, e cura, e richiamarli al loro oggetto; non mica per accrescerne la dote a' Banchi di Napoli, ma perché essi medesimi cogli altri fondi, che la Nazione dovrà aggiungervi, servano di dote a' rispettivi Banchi, che dovranno stabilirsi ne' Dipartimenti; ben inteso con altro ordine, e forma degli attuali di Napoli; piano, e progetto che ideato fin dal 1790. incontrò allora l'approvazione del famoso Schtmidt, e del nostro Giuseppe Palmieri, di ch. mem., e ci riserbiamo sottoporre al Governo ed al Pubblico, quando le circostanze saranno tali da ammetterne lo stabilimento.

 

Altro invito di un zelante Cittadino è di palesare, che avendo egli girato pe' Quartieri del Molo‑piccolo, del Mercato, del Pennino, del Borgo di Lurito, della Nunziata &c. per andar leggendo al Popolo le due leggi abolitive del dazio delle farine, e della feudalità ha trovato da per tutto quella gente così ignara de' proclami, degli ordini, e delle operazioni del Governo, come se da noi fosse distante le millanta miglia; niun proclama, muri ordine di quelli che mostrano la sollecitudine patema del Governo pel Popolo era affisso in que' Quartieri; trovò bensì da per tutto, e soli, gli affissi per la tassa. Cosicché la cosa odiosa si affigge, e non le favorevoli. Invita quindi per mezzo di questo foglio il Governo a rimediare un tanto disordine, e prenderne stretto conto dalle rispettive Municipalità.

Doveva partire colla sua Divisione, ma per incomodo di salute sopraggiunto, non parte in oggi il General Federici.

Non si è verificato, che qui rimanesse Comandante di questa piazza, e Forti il General Rusca, egli è partito fin da Mercordì. Per la partenza di Poitou era rimasto Comandante di questa piazza l'anzidetto Federici; ora per la destinata partenza di questo ha avuto un tale impiego il nostro Calabrese Amato. In vece del General Rusca comanda la piazza e i Forti il Generale Gerardon. Tutta l'Armata si è mossa Giovedì da Caserta, seco trasportando in ultimo oltre 500. vacche. t pur anche partito il Commissario organizzatore Abrial, comunicando prima di partire la totale plenipotenza delle sue facoltà alle due Commissioni del nostro Governo Provvisorio. Quindi sono stati eletti della Commissione Legislativa per membri della medesima Francesco Daniele, e 'l già membro dell'altro Provvisorio Vincenzo Bruno.

Rappresentanti dell'una, e dell'altra Commissione, Patrioti, Nazione Napoletana, Voi siete ora rimasti in balia di voi stessi, ed avete quella felicità di circostanza, che ha in vano desiderata ogni altra rigenerata Nazione: questo è il momento di dar saggio di voi; unitevi di mente, di forze, di volontà; stabilitevi tosto la vostra Costituzione, che deve comprendere solo la distribuzione de' poteri, i principj della Democrazia, e non l'amministrazione, e quindi può e dev'esser sollecita e breve. Ha il diritto di esser solo a volere, chi solo ha il peso di sostenersi: profittate di questo labile momento: tali sarete per sempre, quali ora vi mostrerete. Da questo momento dipende il mostrarvi all'augusta Nazione Francese, all'Europa, come meritevoli, o no, di esser un Popolo libero, e di annunciarvi o degni del rispetto, e della fiducia di tutta l'Italia, o del suo perpetuo disprezzo.

 

A dì 29. Aprile v. st. Anno primo della Repubblica Napoletana.

 

Il Cittadino Cardinale Arcivescovo di Napoli considerando i disordini, e i mali gravissimi, che seco portano le sedizioni e i tumulti contra la sicurezza e tranquillità dello Stato, riserva specialmente a se in questa Città e Diocesi di Napoli il caso seguente:

I Cospiratori, i Tumultuosi, e tutti coloro, che sollecitano una cospirazione contro la Repubblica: Tutti coloro, che col consiglio, coll'opra, o colle armi promuono la sedizione ed il tumulto, ed ajutano i sediziosi: coloro che non denunciano i sediziosi, e tutte le sediziose trame: coloro, che anche privatamente insegnano, che la Democrazia sia alla Religione contraria, incorrono nel caso riserbato. I Confessori poi in qualunque dignità costituiti, che non obbligano tali penitenti alla dinuncia, o che dalla dinuncia istessa gli sgravino, siano sospesi

 

GAETANO Vescovo di Comana Vic. Gen.

 

Napoli 15. Fiorile, anno 7. della Libertà.

 

E’ uscito un picciol libro, il cui titolo, Teresa Filosofa, opera quanto inetta, ed insulsa, altrettanto piena della più sfrontata e stomacosa oscenità, e tutta intesa a corrompere la purità della Morale, ed a spegnere nel cuore dell'uomo semplice i sentimenti del pudore e della decenza; sentimenti tanto richiesti e cari ad una Repubblica. Il Governo in conseguenza altamente detesta un tal libro, ha punito coll'arresto il Traduttore di esso, ed ha proccurato di farne sorprendere tutte le copie, e di già gli è riuscito di averne moltissime: ma siccome può stare, che ve ne sieno delle altre ancora, che siensi involate alle sue ricerche; così invita il Pubblico a volere con tutto lo zelo vegliare, perché sieno tutte estinte, ovunque si trovino; ovvero a portarle al Ministro dell'Interno, per essere all'istante condannate alle fiamme.

 

DE FILIPPIS Ministro nell'isterno.

 

Napoli, 20. Fiorile anno 7. della Libertà.

         

MANTHONE' Ministro della Guerra, Marina, ed Affari Esteri.

Al Cittadin Giuseppe Schipani Capo di Legione.

 

Il vostro rapporto, e le ferite gloriose della maggior parte degli Uffiziali, e Patrioti che avete l'onore di comandare, mostrano la condotta militare della vostra Legione, ed i servigi che può promettersene la Patria nelle fasi della sua rivoluzione. lo non son rimasto insensibile a questa testimonianza; ed ho ottenuto dalla Commissione Esecutiva l'ordine di mostrar loro la sua riconoscenza. Prevenite in conseguenza gli Uffiziali e Patrioti feriti nel numero di quattordici, secondo la nota seguente, che dalla Commissione Esecutiva sono stati a voi liberati docati mille quattrocento contanti, per distribuire cento per ciascheduno di essi; potendo voi mandare dal Commissario della Tesoreria Nazionale Antonio Piatti a prendere la detta somma, essendosene passato l'ordine all'Intendenza.

 

Uffiziali e Patrioti feriti, a'quali si libera la somma di ducati cento

 in contanti per ciascheduno.

 

Ignazio Ritucci Capitano della Legione Campana, Saverio Dupuy Tenente di detta Legione, Desiderio Molinier, Gregorio Buscè, Pietro Desroches Capitano della Legione Bruzia, Giannotti Sergente della Legione Bruzia, Castiglia Comandante dell'Artiglieria, destinata per la spedizione di Calabria, Antonio Ritucci Patriota, Ignazio Accinni, Raffaele Scutiero, Giuseppe Gallucci, Bruno Russo, Francesco Tuecci Paolo Antonio Crea.

 

Promozione degli Uffiziali e Patrioti che si sono distinti

nella spedizione delle Calabrie.

 

LEGIONE CAMPANA.

 

Angelo Pescetti Capitano de' Granatieri, si promuove a Capo di Battaglione, Ignazio Ritucci Capitano si promuove a Capo di Battaglione, Saverio Dupuy secondo Tenente si promuove a primo Tenente, Gregorio Buscè primo Tenente si promuove a Capitano, Raimondo Hemian secondo Tenente si promuove a primo Tenente, Gottengutter Sergente si promuove a secondo Tenente.

 

LEGIONE BRUZIA.

 

Pietro Desroches Capitano si promuove a Capo di Battaglione, Marco Celentano secondo Tenente si promuove a primo Tenente.

 

PATRIOTI PROMOSSI.

 

A primi Tenenti.

 

Luigi Pironte, Antonio Ritucci, Luigi Barba, Luigi Caputo, Felice Longobucco, Carmelo Oliva, Giuseppe De Petris, Cesare Scinti, Ignazio Accinni, Antonio Montepaone, Carlo Sansone, Nicola di Francia, Raffaele Scutiero, Giuseppe Gallucci, Bruno Rus so, Rai mondo Mantica.

 

A secondi Tenenti.

 

Francesco Tuecci, Paolo Antonio Crea, Filippo Scutieri, Vincenzo Pisa, Nicola Diversi, Cono Ligorio, Nicola Alcouzer, Adamo de Donato, Carlo Emmanuel, Pietro Giannone, Saverio Depuì, Francesco Maone.

Spiace che in questi riscontri d'intrepidezza, vi rimanga una viltà da punire; ma è consolante che tra sessantaquattro distinti pei valore, e per la condotta, un solo se ne vegga smentito. Voi casserete dunque dal servizio militare il secondo Tenente Gabriele Correas; giacché un uomo di questa specie, non siede bene tra i bravi della vostra Legione. Eseguite, e riscontratemi, Salute, e fratellanza ‑ MANTHONE'

 

Per l'urgenza di porre in vigore la disciplina militare; urgenza anche più dimostrata dal delitto, che produsse la morte dell'eroico Garofano, la Commissione Esecutiva ha prescritto, che i delitti militari siano giudicati, e puniti provvisoriamente, secondo la legge emanata nel dì 13. Brumale anno 5. della Repubblica Francese una, ed indivisibile.

In conseguenza di questa determinazione, ed in vigore dell’articolo primo della legge indicata, il Ministro della Guerra, Marina, ed Affari Esteri, ha in data de' 17. nominato per Consiglio di Guerra il Capo di Legione Giuseppe Schipani che farà da Presidente, e per membri il Cittadino Michele Carascosa Capo di Squadrone, i Cittadini Gio: Battista de Roche, e Luigi la Grenelais Capitani nel Corpo di Marina; i Cittadini S. Andrés il maggiore, e Michele Espin Tenenti, e Giacomo Stucci Ajutante d'Artiglieria.

Tutte le Autorità costituite militari sono invitate a riconoscerli in questo carattere, ed a rimettere a sì fatto Consiglio tutti gl'Individui, che la legge espressata commette alla di lui giurisdizione.

 

Napoli il dì 13. Fiorile anno 7. della libertà (2. Maggio 1799. v. s.).

 

Ministro di Finanze ‑ Alla Commissione delle Casse di pubblica Amministrazione.

Cittadini. Il Ministro di Finanze viene a farvi sapere di essersi fissato, che i soldi degli Ufficiali delle Dogane, e degli Arrendamenti, purché non eccedino i ducati cento, debbano pagarsi in danaro effettivo; perché in danaro effettivo esse debbono esigersi; e per quel, che tirano il soldo sopra i cento ducati, che si paghi loro metà in contante, e metà in carte. Per gli Ufficiali de' Banchi si rimette allo stabilimento fatto per essi coll'ultimo invito, e per quello poi, che riguarda gli Ufficiali della Calce, come il Ministro ha fissato che si paghi il dazio di essa metà in carte, e metà in contante, così VUOLE (vuole il Re, diceano i Ministri antichi) che siano anche pagati i di loro soldi. Siete quindi invitati a tenere presenti queste determinazioni per VOSTRA NORMA, E REGOLAMENTO ‑Salute, ed Amicizia ‑ MACEDONIO Ministro.

 

COMMISSIONE LEGISLATIVA

ESTRATTO DE' PROCESSI VERBALI,

 

PRESIDENZA DI PAGANO,

 

9. e 10. Fiorile. Continua in Comitato segreto la discussione delle leggi su'Banchi.

 

11. Fiorile. Il Presidente dichiara, che la sessione è aperta. Indi dice per questo giorno, che trovasi dalla C.L. accordata la parola a' Martiniani e che perciò conviene ammettere il loro Avvocato, ed ascoltarlo. Fa però avvertire, che ne' Corpi Legislativi delle altre Nazioni ben di rado si accorda la parola a' Cittadini. Cita l'esempio de' Consigli delle Repubbliche Francese, e Cisalpina, e ne deduce, che dee perciò d'oggi innanzi difficilmente accordarsi, affinché la C.L. non si distragga dalle sue gravi occupazioni, e dalle vedute generati, che debbon formare l'oggetto delle sue meditazioni, e discussioni.

Tutti appoggiano il discorso del Presidente. L'Avvocato de' Martiniani è introdotto. Il Presidente gli ricorda, che ne' Corpi Legislativi a quei privati, cui si accorda la parola è permesso soltanto esporre la lor petizione Quindi lo invita ad usare la maggior brevità. l'avvocato legge una Memoria stampata, in cui facendo l'apologia de' Certosini, e cercando di mostrare, che i fondi in mano della Nazione non darebbero quel frutto, che han dato fin oggi, e vendendosi non se ne trarrebbe il capitale lor corrispondente domanda, che sia lor permessa la continuazione dell'esercizio della lor Regola Eremitica, e dell'amministrazione de' fondi, che posseggono senza trarne altro, che il mantenimento loro, e di quelle opere di pietà esercitate finora da essi. In somma essi vorrebber continuare a vivere, come han fatto sotto l'estinto governo, pagando alla Repubblica la stessa annua somma tassatagli già dal tiranno.

Il Presidente gli risponde, che lasci la sua Memoria, perché là Commissione la prenderà in considerazione, e ne farà la discussione in Corpo Legislativo.

L'Avvocato si ritira. Il Presidente parla così: «Quantunque, Cittadini, l'ordine del giorno richiamar dovesse la Commissione a tutt'altro oggetto, permettetemi ch'io vi proponga a discutere una mozione di legge, che a me sembra interessantissima ec.

«Mi ha mosso a ciò la sentenza della Commissione Militare, che ha condannato alla pena straordinaria de' l'erri coloro, che jer l'altro furono arrestati colle coccarde rosse al cappello, perché si è creduto, che le prove acquistate non fossero state sufficienti a poter devenire alla pena ordinaria. Io son persuaso, che la Commissione ha agito secondo la propria coscienza. Veggo altresì, che la coscienza de' Giudici non può né dee esser violentata da noi. Ma non posso non esser scandalezzato in vedere, che cogl'insorgenti, quasi dissi, alle porte di questa Centrale, un uomo trovato colla coccarda del tiranno non debba esser considerato, come insurgente egli stesso, né venga punito perciò coll'ultima pena della morte. E che altro vuol dire la coccarda rossa, se non il segno manifesto di una congiura, ch'è per iscoppiare al momento, e il segnale di ricognizione tra i controrivoluzionari. E' noto a voi, miei cari Colleghi, da qual fonte nasca l'abuso delle pene straordinarie, che per difetto di pruova s'infliggono. Appunto a distruggere dalla sua sorgente un tale abuso io vi richiamo sta mattina.

«Non v'ha chi non sappia, che la diversa imputabilità delle azioni umane dee necessariamente far esistere una diversa gradazione di pene proporzionate alle qualità più o meno gravi, che concorrono ne' delitti. Ogni codice di leggi delle Nazioni antiche, e moderne costituite in modo da conservar la libertà civile, contiene appunto siffatta diversità di pene. I Romani sopra tutto non conobbero altra legislazione fin sotto gl'Imperatori. Caduta indi l'Europa nell'ignoranza, e nella barbarie cominciò ad introdursi una nuova polizia. La tortura introdotta in que' secoli di caligine, e di schiavitù, che forma la base della nostra legislazione criminale, ha fatto sì, che i Giudici, i quali sono tuttavia inquisitori del fatto, e decidono poi dell'adattamento di esso alla legge, si contentassero per lo più di cercar degli indizj bastanti a poter infliggere la tortura. Poiché quando con essa avessero estorta dall'accusato la confession del delitto: venivano alla condanna regolare: ed ove ciò non ottenessero devenivano poi ad una pena straordinaria maggiore, o minore: secondoché concorressero indizj più o meno urgenti contra dell'accusato. La coltura a poco a poco prendendo piede in Europa, ha fatto abbominar a' Giudici la tortura. Essi d'allora han sostenuto il loro arbitrio nel dar le pene straordinarie per lo difetto della piena pruova convittiva, e perché non volendo usar la tortura han continuato a commutarla in pene maggiori, o minori a proporzione di un calcolo d'indizj introdotto nella nostra Giurisprudenza.

«Questo male è cresciuto anche più, dacché essendo tuttavia l'istessa a di processo, ed essendosi abbandonata interamente la formazione di esso in man degli scrivani criminali; costoro o mal sapendo, o non volendo per corruzione prender le vere tracce de' delitti, né acquistarne la piena prova, han dato maggiormente luogo a' Giudicanti di arbitrar le pene secondo il calcolo degl'indizj. Oltrecché, ognun vede, che un uomo anche di retta intenzione possa di leggieri ingannarsi in siffatto calcolo, giacché non in tutti gli uomini, per la diversa lor maniera di vedere, fanno lo stesso peso le prove nascenti da indizi.

«La schiavitù finalmente, in cui tanto tempo abbiam miseramente gemuto, ha nodrito quello spirito di corruzione, e di debolezza ne' Giudici, che ha fatto crescere a dismisura il male additato. Ecco tutte le ragioni, miei cari colleghi, le quali mi hanno indotto a far la seguente mozione.

1. «Si abolisca la tortura, come quella che fa orrore, e scorno alla ragione, e che si è abbominata anche sotto i Governi Monarchici.

2. «Si abolisca l'arbitrio de' Giudici d'infligger pene straordinarie per difetto di prove, e sull'arbitrario calcolo degl'indizj.

3. «Il Giudice non debba da oggi innanzi, né possa far altro, che assolvere, e condannare alla pena ordinaria.

4. «Le pene straordinarie restino per la sola diversa classe de' delitti, o per le qualità scusanti, o minoranti, che concorrono a favor dell'accusato ne' delitti, che meriterebbero altronde la pena prescritta dalla legge.

5. «Fino a che dal nuovo Codice penale non sian meglio classificati i delitti, bisogna lasciarli giudicare per questa parte colle leggi, che tuttora sono in vigore fra noi.

«Tantoppiù mi spingo a sostenere la mia mozione, quantoché oggi veggo le pene straordinarie di detenzione inutili, ed anche dannose; inutili perché il popolo vuole essere scosso cogli esemplari castighi, visibili ed imponenti: dannose, perché la mancanza delle Isole fa rigurgitare nella nostra Centrale un numero trabocchevole di detenuti, che possono a ragione far temere di loro.

«Dalla prima mozione passo a farne anche una seconda per le ragioni esposte sul principio del mio discorso. «Chiunque si trovi senza la coccarda tricolore debba esser punito con quella pena, che si crederà più conveniente. Chiunque si trovi colla coccarda del Tiranno, o di altra Potenza nimica, o con coccarda non Repubblicana, debba essere fra 24 ore giudicato, e fucilato come manifestamente controrivoluzionario».

Resta conchiuso che si apra la discussione sulle prime di queste mozioni, e si aggiorni a domani la decisione della prima, e della seconda.

Magliano ottiene la parola. Domanda se possa giugnersi a fissare per ciascun delitto la prova specifica corrispondente? Se la prova non sia talora sufficiente che mai si farà? Bisognerà mandar libero un uomo, che può burlare la società. Converrebbe dunque fissare esattamente qual prova sia necessaria a ciascun delitto, e qual pena gli debba corrispondere.

Il Presidente risponde non esser questo il tempo di fissar siffatti limiti, richiama alla memoria, che i Romani non conoscevano altre forme, che il Liquet, o Non liquet. Il non liquet equivalente al nostro liberetur in orma lascia aperta al Giudice la strada di continuar l'inquisizione, e di richiamar l'accusato per la sopravvenienza di nuove prove. I Romani, soggiunge, mandavano talvolta ad municipia coloro, che potessero mettere in sospetto l'animo del Giudice, di rendersi nocivi alla pubblica sicurezza, rilasciandosi in piena lor libertà. E perché in un Governo Provvisorio, e nelle attuali nostre circostanze non potremo adottar noi l'esilio per quelli, che non potendo meritar la pena ordinaria non potessero né anche rimettersi in libertà senza pericolo del buon ordine pubblico? I delitti occulti sono ben rari. Per la massima parte l'ignoranza, o la corruzione non ne fa acquistar la vera prova. La spirito pubblico, che si dee migliorar di giorno in giorno, e le nuove formole che fra poco si dovran mettere in pratica per la formazion del processo, escluderanno al certo la cabala, la debolezza, la corruzione, e ridurranno gli Scrivani al loro vero uffizio di Scrittore.

Dopo varie discussioni resta aggiornata al dimani la continuazione, e l'appello nominale su la mozione. La commissione si chiude in Comitato segreto.

13. Fiorile. Il Presidente invita i suoi Colleghi a nominare un altro Commissario della Tesoreria Nazionale sollecitamente pria di passar all'ordine del giorno.

Colangelo domanda di farsi il Comitato segreto. La maggioranza appoggia. Si chiude il Comitato segreto.

A pieni voti si nomina Carlo Forquet. Ma prevedendosi il caso di non voler egli forse accettare, si nominano tre supplementari, tra' quali la C.E. scelga chi gli aggrada.

Giuseppe Mattia Ferrari, Giuseppe Panzini nipote di Leonardo, e Cesare Musacchia.

Si riapre la sessione pubblica.

Il Segretario legge la redazione della legge sull'abolizione della tortura, e sull'arbitramento degli indizj a tortura in pene straordinarie.

 

All'articolo 7. ove si legge: Se nel termine prescritto dalla legge non si acquisti nuova prova contro l'incolpato dopo il biennio, deve essere esiliato dal Dipartimento, in cui è accusato di aver commesso il delitto, e dal territorio della Repubblica a tempo e per sempre, secondo la quantità degli indizi, che ricorrono contro di lui, e secondo richiede la pubblica sicurezza.

Si quistiona molto sull'esilio.

Messo all'appello nominale si ammette all'unanimità l'articolo redatto nella seguente guisa.

Se nel termine prescritto dalla Legge non si acquisti nuova prova contro l'incolpato dopo il biennio deve essere assoluto, o pure esiliato dal Dipartimento in cui è accusato di aver commesso il delitto, o dal territorio della Repubblica. (qual relazione fra l'esser assoluto, o l'esser esiliato, ch'è l'ultima pena, che i Popoli liberi davano a' Cittadini. Quando nell'Assemblea Costituente si questionò sull'estensione del liberetur in forma il famoso Giureconsulto e Filosofo Thouret fece riflettere, esser ingiusto, che un uomo libero restasse per sola sospizione lungamente sottoposto ad una procedura, ed il tempo conceduto ad ulterior informo fu fissato a non più di tre mesi).

Il Segretario passa a leggere la Legge per le coccarde.

Si quistiona in che parte si abbia da portare, e si stabilisce, a maggioranze di doversi portare in parte visibile.

Magliano vuole che si spieghi di doversi dare la pena progressiva per chi si trova senza coccarda, purché non costi altronde il dolo.

Il Presidente avverte, che con questa Legge si tratta di punir soltanto la trasgressione, giacché quando vi sia indizio, o prova di complicità, il complotto, o controrivoluzione, il Giudice lo condanna a quella pena, che meriterà tal delitto.

Il Presidente fa mozione, che si discuta ancora qual pena meriti chi tolga altrui la coccarda, o altro segno Repubblicano con violenza, o chi in caso di falso, o di vero allarme si strappi la propria.

Coletti chiede per la prima la pena di morte. Tutti lo appoggiano, e resta conchiuso a voti uniformi.

Per la seconda si quistiona, e messa a' suffragj si stabilisce un anno di ferri.

li Presidente sull'invito fattone dalla Commissione Esecutiva alla Commissione Legislativa fa mozione, che si discuta qual pena merita chi si trova coi bavero nazionale sovraposto amovibile all'abito. Alla maggioranza si conchiude la morte, avendosi riguardo, che chi opera così, mostra certamente il dolo, e la premeditazione, e di esser pronto sempre ad apparire tutt'altro di quel ch'esternamente si appalesa.

La commessione particolare di Filangieri, e Gambale presenta il travaglio, di cui fu incaricata, cioè un progetto di legge sul taglio de' boschi. Il Segretario lo legge, e se ne aggiorna la discussione a' posdimane. Intanto si dà a Galante per farci delle osservazioni.

Si chiude in Comitato segreto.

Ne' giorni seguenti la Commission ha discusso il Codice militare Francese, facendovi alcune modificazioni. Domenica 16. sulla rimostranza dell'amministrazione del Dipartimento per varj Monaci, che desiderando prestar servigio nella Guardia Nazionale desideravano assegnamento, od equipaggio dalle rispettive Case religiose, La Commissione accorda, che possano ripetere ducati 15. (bensì non da' Francescani) ed un tarì nei giorni di guardia, siccome lo hanno le altre Guardie Nazionali.

Ne' giorni susseguenti si è parlato dell'abolizione della Camera della Summaria; attesa quella de' Feudi, e l'essersi stabilita la Commissione delle casse di Contabilità. Si è discussa e decretata l'abolizione del dazio sulla farina. Jer l'altro una deputazione di Luciani andò a richieder l'abolizione della gabella sul pesce.

 

Napoli 20. Fiorile, anno 7. Repubblicano.

 

La Commissione Legislativa considerando, che la saviezza di un Governo Repubblicano non deve tollerare l'esistenza di qualunque dazio, il quale attacca immediatamente, e più da vicino la sussistenza del Popolo, e gravita su i generi di prima, ed assoluta necessità:

Considerando, che quello imposto sulle farine è per conseguenza il più odioso, ed abusivo, specialmente per la classe dei non possidenti, e de' bisognosi:

Considerando, che il popolo di questa Comune di Napoli oppresso dalla passata tirannia si aspetta dal felice cambiamento della libertà ricuperata una pruova della sua più comoda esistenza, per la quale il Governo di continuo se ne occupa, ordina ciò che siegue:

l. Resta da ora innanzi abolito in questa Comune di Napoli, e ne' Casali della medesima, compresi nella così detta Sbarra delle Farine, qualunque dazio trovasi finora imposto, tanto sul i grani, e granoni, denominati volgarmente grani d'India, quanto sulle farine, fiori di farine, e paste lavorate, che vi s'immettono.

2. Rimane per ora nel suo essere il dazio, che trovasi imposto sull'orzo, e sull'avena, che s'introducono in questa stessa Comune, e che finora è stato unito alla gabella delle farine.

consegnatari, ed interessati di questo abolito Arrendamento dal momento della pubblicazione della presente legge saranno indenniz­-zati per ora sul prodotto della decima generale, la quale subito chesarà abolita, verrà sostituito altro fondo per la dovuta loro indennizzazione.

4. Il fruttato delle partite de' nominati consegnatarj, che dovrà     pagarsi a lor beneficio dal giorno della pubblicazione della presente legge, sarà il risultato de' frutti ripartiti a' consegnatari stessi nel corso di un decennio a questa parte.

5. Coloro, che hanno percepito soldi, ed assegnamenti finora sul detto Arrendamento, continueranno per ora a conseguirli egualmentesu i fondi stessi, o sopra gli altri, che saran destinati, fino a che nonsaranno impiegati altrove.

6. Tutti coloro, che hanno introdotto grani, granoni, fior di farine,o paste lavorate, o farine in questa Centrale fino alla pubblicazione di questa legge, senza che abbiano ancora pagato il dazio all'Arrendamento, restano assoluti del tutto dal pagamento medesimo.

7. Simile abolizione dello stesso dazio avrà luogo in tutti quegli altri paesi della Repubblica, dove si vive a gabella, subitoché il Governo avrà riordinato il sistema generale delle pubbliche Finanze, indisgravio de' poveri, e degl'indigenti.

          La Commissione Esecutiva resta incaricata della pronta promul­-gazione a suon di tromba, e della fedele esecuzione di questa legge

‑ PAGANO Presidente ‑ DE TOMMASO Segretario.

          La Commissione Esecutiva ordina, che la presente legge sia pubblicata, eseguita, e munita del suggello della Repubblica. Napoli 20.

Fiorile anno 7. Repubblicano ‑ Luogo del suggello – ERCOLE D'AGNESE Presidente ‑ CARCANI (FERD.) Seg. Gen.

          Il General Macdonald prima di partire aveva ricevuto lettera col­l'avviso dell'arrivo del General Augereau colla sua vanguardia in Torino. Lettere particolari quì pervenute portano concordemente una nuova vittoria di Moreau nelle vicinanze di Ferrara. Ve n'è alcuna, che porta altra simil vittoria di Massena nel Tirolo, dove si vuole abbia preso alle spalle, e disperso una forte divisione dell'Armata Tedesca.

In fine vi sono notizie, che un Corpo Tedesco penetrando in Piacenza, e commettendovi delle insolenze, accorsi i naturali, ed i Francesi, che vi erano a rispingerli, ne sia seguita la democratizzazione di quella Città, ed in seguito di quella di Parma: non si dice però che sia avvenuto del Duca.

Il Principe della Pace è fatto Grand'Ammiraglio in Ispagna20. li Generale Souvarow si vuole giunto con due mila uomini alle frontiere d'Italia.

 

Estratto di lettera di Puglia.

 

Qui cresce l'insurrezione; giacché in Ascoli, senza saper perché, è succeduta una carneficina de' migliori soggetti, e si sente dilatato il tumulto in varj Paesi convicini. Siamo in una perfetta, anarchia, mentre abbiamo qui più di cento persone di varie Comuni portate in queste Carceri come capi tumultuarj, senza aver Giudici, che possano esaminare e giudicare de' medesimi.

 

                                                                                                                                                               E.F.P.

 

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