eguaglianza |
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MONITORE NAPOLITANO |
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QUARTODI' 24. PIOVOSO ANNO VII DELLA LIBERTA'; I. DELLA REPUBBLICA NAPOLETANA UNA, ED INDIVISIBILE (MARTEDÌ' 12. FEBBRAJO 1799) Num. 4 |
Siccome i fogli pubblici prendono a' nostri giorni il
luogo degli antichi fasti, e conservando le memorie presenti, somministrano i materiali
alla storia, così giova al promesso ragguaglio de' fatti che avvennero dalla
fuga del despota alla proclamazione della Repubblica, premetter il racconto di
alcuni prevj aneddoti.
Mentre l'ex‑Re era tuttavia accampato in S.
Germano, e l'amazonica[ 1] moglie impaziente di cingersi la terza corona, ed aver
così ancor ella il suo triregno lo sollecitava a marciare contro di Roma, egli,
che la paura rendeva meno ambizioso, mandò da Napoli a chiamarsi il General
Colli, e volle di nuovo udirne il parere. Andò Colli, visitò, commendò le truppe, ma confermò
quello, che aveva già detto altre volte; cioè ch'era un bell'esercito, ma
nuovo, e perciò consigliava non arrischiare la guerra, ma serbarlo soltanto
alla difesa de' proprj confini.
Dispiacque il parere a Maria Carolina, che vi era
presente, ed usando delle dispettose maniere al Generale, proccurò che questi
si ritirasse dal campo; ma non perciò riuscì a smuover il marito, cui la
timidezza era madre di buoni consigli, e che colpito da quel detto, negava
assolutamente partire. Opportuno giunse il Corriere di gabinetto Ferreri, il
quale già non dispregevol luogo occupava fra le spie Reginali, con lettera del
Giansanti Segretario di Legazione in Vienna. Recava la lettera, prossima a
conchiudersi la pace coll'Impero, e la totale alienazione dell'Imperatore a
rinnovare la guerra. L'ex‑regina, ed il suo ministro Acton, già nel
possesso di riceversi, ed aprirsi soli le lettere, ed avvezzi al giuoco di
sostituirne o fingerne a piacere (sono noti gli scherzi consimili fatt' in
tempo dei disturbi colla Spagna, e l'Espresso, e la lettera, che si dissero
venir da Livorno, quando si volle obbligar Caramanico a ritornar in Palermo)
occultando allora la vera,
un,
altra ne sostituirono. Portava la finta lettera, che l'imperatore aveva già
dichiarata la guerra, e già ottantamila uomini erano a' confini d'Italia.
Quindi si ricorderanno i nostri Lettori la voce, che generalmente si sparse
allora fra noi non solo della discesa di tali ottanta mila uomini, ma poco dopo
dei loro arrivo già in Rimini.
Prese coraggio da quella lettera il pauroso Ferdinando,
fece la sua enciclica ai suoi amatissimi figli, e
sudditi; ed a' 22. di novembre
mosse verso Roma per offerire una terza corona a sua moglie e richiamare Pio
VI, nella sua Cattedra.
Per la ragione allegata, che i fogli pubblici conservano
i materiali alla storia, giova notare, che il Generalissimo Mack, quando
I'armata era già sulle mosse, e ciascun Comandante era nel giorno 21, occupato
in disporre l'esecuzione degli ordini ricevuti, con un regolamento improvviso
cambiò ordine, disposizione, sistema organizzazione e tutta l'armata.
Ciò che avvenne in Roma è già noto, né entra in questa narrativa.
Si sa come Ferdinando se ne fuggì di nascosto, ed a briglia sciolta
nell'indomani, che vi avea fatto giungere il Vicerè, ed i Magistrati, che
dovean governarl' a suo nome e come a 10, o 11 decembre giunse alla bellica moglie
inaspettato corriere delle proprie sconfitte. Accadde allora nuovo fenomeno.
Maria Carolina, ed il suo ministro, precorrendo col pensiero gli eventi ormai
vicini, e da' proprj rimorsi fatti avvertiti della pubblica odiosità, passarono
da immens' audacia a panico terrore, e non credendosi più in Napoli sicuri,
pensarono tosto di salvarsi in Palermo. Ferdinando
all'incontro non meno, ma più stupidamente tiranno di loro, dalla propria
stupidezza traeva fiducia stare.
Decisa non pertanto la fuga nel Consiglietto privato di
Maria Carolina, e di Giovanni Acton, per illudere, anzi porre in pericolo i
Popoli, fu fatta la famosa ortatoria per l'armamento in massa, colla promess'
agli Abruzzesi, che subito vi sarebbe accorso Ferdinando con potent' esercito. Intanto attesero quei due ad imbarcar di notte tempo
sulla squadra inglese gli ammassati tesori, frutto delle comuni rapine; furono
imbarcate le migliori gemme, medaglie, camei con 14 quadri dei Museo di
Capodimonte in 8 cassoni, e rinchiusi in 59, che poscia partirono, i migliori
oggetti di quello di Portici.
Disposto già tutto al partire, combinarono con
l'ammiraglio Nelson, il Ministro inglese Hamilton, e la costui famosa moglie, e
più famosa sussidiaria degl'intrighi di Maria Carolina, il piano delle operazioni
da eseguirsi dopo la loro partenza, (ne darem conto a suo luogo) e si volsero
in ultimo ad escogitare con qual artificio, determina alla partenza il confuso,
imbecille, e per imbecillità sempre indeterminato Ferdinando.
L'infelice Ferreri era conscio dei segreto della supposta
lettera; nella triplice mira dunque di seppellire quel segreto, di scuotere Ferdinando
collo spaventarlo, e sopratutto di avvezzare la plebe ad odiare ed
insanguinarsi le mani ne' così detti Giacobini, e così gettare tra noi i semi
de' futuri eccidj, fu risoluto di sacrificar il Ferreri, mal grado i suoi
meriti antichi, e nuovi. Gli consegnò Acton un piego da portarlo a Nelson a
bordo (la pubblica voce asserisce, che Nelson era allora in terra) ed intanto
chiamato il noto infamissimo spione Pasquale de Simone sublimato pe' suoi
meriti all'onore della croce Costantiniana, e datagli la somma, si vuole, di 6
mila ducati da distribuirsi, gli commise dall'ammutinata plebe far assassinare
il Ferreri, qual portatore di pieghi giacobini. Nell'atto dunque, che questi
s'imbarcava per portarsi a bordo del Nelson, mossagli prima briga sul prezzo
della barchetta, per dar così occasione al tumulto, che suscitossi, e
slanciatisi su lui coloro, che erano stati a tal fine prezzolati, incominciarono
a gridare, che egli era giacobino, gli strapparono il piego, che più non
apparve, e dopo averlo ferito di più colpi, postagli una fune al collo,
semivivo, insanguinato, e percotendolo sempre, trascinarono quel miserabile dal
porto sino alla piazza di palazzo, mentre lo scellerato Simone si stava in
mezzo, pubblico approvatore, e fomentatore di quella tragedia. Affacciatosi
Ferdinando al tumulto, tentò invano coi cenni della mano, e colla voce
calmarlo, perché coloro, che lo dirigevano, avevan ricevuti ordini auricolari
per accrescerlo appunto innanzi a lui, cosicché anzi che obbedirlo, gli
sollevavano agli occhj quel difformato cadavere. Avvalendosi intanto
dell'impressione di quel truce spettacolo, ne accrebbe Maria Carolina i terrori
al marito; e rappresentandogli, che da una plebe così sfrenata e feroce non
voleva rimaner esposta a soffrire trattamento consimile, il fece tosto
determinar alla fuga, per la quale essa aveva già tutto previamente disposto.
Mentre dunque in quella sera da' suoi
Cortegiani faceva spargere notizie a sé favorevoli di guerra, e che i Francesi
erano stati respinti dagli Abruzzi, il marito tutto tremante, e sbalordito
mandò a chiamarsi Francesco Pignatelli, e gli comunicò la sua risoluzione. Si vantò Pignatelli di aver fatto di tutto
per dissuaderlo; quel che vi ha di certo è, che non appena si era Pignatelli
ritirato in casa, ch'ebbe nuova chiamata. Ferdinando appena lo vide gli disse
balbettando, che fosse entrato nel gabinetto a legger alcune carte (erano
queste le istruzioni) che si fosse colà trattenuto per una mezz'ora, chel'
avrebbe poi fatto chiamare. Pignatelli entrò, lesse, attese, e non fu chiamato,
uscì, non trovò più nessuno.
E così andando per la scala segreta di Palazzo ad
imbarcarsi sulla squadra inglese, la notte dei 22. Decembre il Re e la Regina
di Roma se ne scapparono da Napoli, lasciando però a noi nelle istruzioni
scritte, e nell'assassinio di quella mattina il germe de' futuri eccidi. In
quella notte stessa fu prestamente stampato nella stamperia allora Reale, ed
affisso pe' cantoni di Napoli il dispaccio, che dichiarava Pignatelli Vicario,
e la Città sorpresa seppe solo dagli affissi il nuovo incarico di lui, e la
fuga regia.
Sarà continuato
Disgustosissime sono le notizie, che ci pervengono
dall'interno dello Stato, e quel ch'è peggio confuse. Annunciammo, che le
truppe francesi aveano battuti i facinorosi degli Abbruzzi, e ne avevano
trucidati 300. in Ascoli, dove si erano ripiegati: in questa intelligenza era
il Governo; questa nuova tuttavia si sostiene, e si aggiunge, che il Proni sia
o arrestato, o ucciso; vi è chi lo dice ritirato. Varj vetturini poi, ed altri
che vengono da quelle parti, annunciano per lo contrario varj ricatti,
carcerazioni ed omicidj de' più degni Patrioti avvenuti in molte di quelle
Comuni. Si dicono derubate le casse Pubbliche, arrestato in Chieti il Cittadino
già Barone Nolli, né si ha notizia del degno Rappresentante Melchiorre Delfico.
Tumulti anche più miserevoli son nei confini della Basilicata, e dei Contado di
Molise. Le cinque comunità Albanesi, che sono in detto contado, tutte in armi
scorrono le Città, e le campagne commettendo devastazioni e macelli. Nelle due
Città di Trani, e Barletta, delle quali recammo le civiche lettere al Governo,
si dicono posti in catene il fratello dei Forges, e gli altri Deputati che le
scrissero, e democratizzarono tali Città. Tutti gli antichi denuncianti, spie,
e malviventi formano coteste bande armate, le quali penetrano nelle Comuni, le
obbligano a contribuzioni, s'impadroniscono delle casse pubbliche, ed obbligano
i pacifici Cittadini ad armarsi e seguirli. Fu prematura la notizia de' tremila
francesi che nel foglio di sabato dicemmo partiti per gli Abbruzzi. Questa
mattina il Generale Dubesrne è partito colla prima divisione di cinquemila
uomini; si dice che anderanno a far quartier generale in Serra Capriola per
indi dividersi secondo il bisogno. I bravi patrioti Abbruzzesi e del contado di
Molise, di cui parlammo nel numero passato, anderanno colà a raggiungerlo.
Non recammo nel foglio passato la legge de' fedecommessi,
perché la copia, che correva stampata, era apocrifa, e piuttosto il progetto
della legge, che la legge stessa. Può il pubblico riposare sulla nostra
esattezza in quest'articolo. Or soggiungiamo la legge colla discussione, che
l'ha preceduta.
Il Cittadino Giuseppe Albanese uno de' Rappresentanti dei Comitato legislativo, propose la legge
abolitiva de' fedecommessi, e sostituzioni, che venne posta in discussione.
I Rappresentanti Mario Pagano e Domenico Forges opinarono,
che aboliti i fedecommessi, avessero nelle primogeniture diviso ugualmente le
proprietà de' beni fedecommessarj il primogenito, ed i secondogeniti.
Sostennero tal voto colla ragione di eguaglianza, che doveva aver luogo tra
tutt' i fratelli, come quelli che rappresentavano l'istesso dritto, giacché
incombe ad ogni buona legislazione il reintegrare ciascuno.
Il Rappresentante Bassal avendo preso la parola, disse in
opposto, che come ogni nuova legge deve riguardare l'avvenire, e non il
passato; poiché i primogeniti aveano acquistato i loro dritti sul fedecommesso
di cui si trovavano in possesso, ed i secondogeniti sopra i loro soli livelli,
non sarebbe stato giusto distruggere il dritto de' primi per dare a' secondi;
conchiuse quindi che ciascheduno doveva essere mantenuto nel possesso di ciò
che avea acquistato, ed opinò che la proprietà de' beni fusse del primogenito,
lasciando a' secondi i loro livelli.
Ripigliata la mozione il rappresentante Albanesi convenne
nel principio del Rappresentante Bassal, sconvenne dell'esattezza
dell'adattazione, rilevò che la natura de' possessi deve seguire la libera
condizione de' possessori, e soggiunse, che per altro, siccome per ora restava
esistente la facoltà di testare, così fedecommessi doveano considerarsi come
semplici disposizioni testamentarie sciolte dal vincolo fedecommissario; e
quindi ciascuno de' contemplati in dette disposizioni mantenersi nel possesso
di ciò che aveano acquistato, sciolto però dall'apposto legame, e valutarsi le
quote spettanti a' secondogeniti, con darli le proprietà corrispondenti a' loro
livelli, calcolandoli alla ragione del tre per cento.
Questo voto venne seguito dagli altri Rappresentanti, ed
uniforme a questo la legge è passata con pluralità di Voti. Eccola:
Napoli li 22. Piovoso Ec. Il Governo Provvisorio
considerando, che nella Copia della legge riguardante i fedecommessi, la quale va sotto la data de'6. Piovoso, sono
occorsi de'varj errori, che importa molto di rettificare; dichiara, che la
cennata legge è stata concepita, e decretata ne'seguenti termini, e così
ordina, che sia di nuovo stampata, e pubblicata, perché abbia la sua pronta, ed
esatta esecuzione.
LEGGE
Il Governo Provvisorio considerando che in uno stato
libero, ove tutti i Cittadini sono
eguali, le leggi devono riguardare non già i vantaggi di alcuni particolari, ma
la felicità generale.
Considerando in oltre, che la Libertà, e l'Eguaglianza,
che politicamente i Cittadini hanno oggimai acquistata, deve ancora civilmente
stabilirsi, acciocché la Repubblica sia sempre costante in tutte le sue basi,
ordina.
I. Che tutte le primogeniture, fedecommessi, o
sostituzioni in perpetuo, di qualunque natura sieno, restino abolite, e
vietate.
II. Che i beni della suddetta natura rimangano
perfettamente liberi a coloro, i quali si trovano giustamente nell'attual
possesso.
III. Che i secondogeniti, o chiunque altro chiamato gode
assegnamento pagatogli sopra i beni denotati nell'articolo primo, debbano avere
in proprietà tanto di capitale libero dei suddetti beni divenuti già liberi,
quanto, a ragguaglio del tre per cento, corrispondente al loro assegnamento.
Laubert Presidente = Jullien Seg. gener.
Domenica sera 12 corrente (10 piovoso) [10 corrente, (22
piovoso)] nella sala dei concorsi dell'Università degli studj si aprì sala
d'Istruzione Pubblica28. Siccome l'apertura non n'era stata previamente
annunciata al Pubblico, non poterono concorrervi tutti quei Cittadini, che lo
avrebbero desiderato. V'intervenne bensì buon numero di essi, oltre più membri
del Governo Provvisorio; ed il Presidente di questo Citt. Carlo Laubert ne fece
l'apertura con discorso pieno di quell'amor della libertà e della Patria, che
tutta l'Europa in lui riconosce, e di quell'esperienza, che la gran parte,
ch'egli ha avuto nelle altre rivoluzioni, gli ha fatto acquistare.
Per invigilatore fu scelto il Cittadino Vincenzo Russo.
La sala sarà aperta il Lunedì, il Mercordì, il Venerdì, e la Domenica sera alle
23 ore d'Italia. Altre sale si apriranno in altri quartieri di questa centrale,
e nelle più rilevanti Città della Repubblica.
Negli scorsi giorni era qui stato affisso a nome del
Cittadino Faipoult, Commissario civile dell'armata di Roma, e dei capo di
corrispondenza Cayeux lunghissimo editto, col quale esso Faipoult destinava gli
Agenti ad impadronirsi de' moltiplici oggetti, che dichiarava pertinenza
francese, ed ordinava pagarsi tutte le contribuzioni; o generali ed imposte dal
Recivitor Cassiere del Generale in Capo; o particolari ed imposte sulle Comuni
dai Generali, e Comandanti l'armata Francese, e tutto ciò indipendentemente dal
Generale in Capo. Questi ha quindi
ordinato l'espulsione in 24 ore da Napoli, ed in 10 giorni dal territorio della
Repubblica Napoletana e Romana del detto Faipoult, del Cassiere e dei
Registratore con suo editto de' 18 piovoso
(7 corrente) di cui soggiungiamo l'estratto, il quale basta a far
iscorgere a' lettori il contenuto dell'atto di Faipoult, e la costui sfacciata audace rubberia.
CHAMPIONNET GENERALE IN CAPO
Avendo avuto
cognizione d'una risoluzione affissa in nome del Delegato Civile incominciante
così; quando le armate ec. e
terminando con queste parole; Documenti
ed arti.
I.
Considerando che questa risoluzione porta per principj fondamentali su gli
articoli 1 2 e 3, che niuna autorità (neanche quella del Generale in Capo e dei
Generali Commandanti le divisioni dell'armata, e le Piazze conquistate) eccetto
quella della Commissione Civile e del Governo Napoletano ha dritto di far alcun
atto ancorché tendente alla conservazione delle proprietà conquistate
all'armata.
II. Nell'articolo quinto, che il diritto di far arrestare
e tradurre innanzi ai Tribunali stabiliti dalla legge per la punizione dei
delitti, e di lapidazioni commesse nell'armata, può essere esercitato sulla
requisizione d'una Commissione amministrativa senza saputa del Generale in
Capo, ed altri Generali incaricati nelle Divisioni, o nelle Piazze del
mantenimento della Polizia, e dell'ordine Pubblico.
III. Nell'articolo sesto, che la proscrizione e la
privazione dei beni delle famiglie in fuga da un paese conquistato, può
arbitrariamente essere esercitata da una amministrazione, prima d'una
dichiarazione del Generale in Capo, benché quel Paese sia stato dichiarato
libero, indipendente, e sottomesso a una autorità legittima da un atto Pubblico
e solenne, ed in nome della Repubblica Francese, dal suo Generale in Capo.
IV. Che una Commissione solamente amministrativa, non
avendo altre attribuzioni, che il modo di percezione delle Contribuzioni
imposte dal Generale in Capo, e il ricuperamento degli oggetti da lui
dichiarati prese di guerra, possa arbitrariamente senza dichiarazione alcuna
del Generale in Capo, e senza farnelo partecipe, indicar ella medesima, gli
oggetti sottomessi allo staggimento e alla confiscazione, comprendere anche le
proprietà pubbliche e particolari, indicare le proprietà forastiere, senza
distinzione di persone, e nell'istessa proscrizione confondere quelle de' paesi
che non sono in guerra contra la Repubblica Francese, e delle quali giova molto
il conservar l'affezione per procurare la libertà.
Considerando inoltre, che quest'atto è tanto più
impudente e sedizioso per la sconvenevolezza della forma, l'audacia del
l'espressione, e la perfidia dell'insinuazioni che contiene, quanto più
contrario ai principj della Costituzione Francese, ed a' decreti del Direttorio
esecutivo. [ ... ]
Considerando che nella soprannominata risoluzione, la
designazione dei Banchi, Luoghi Pii, e Lotti, come d'una proprietà acquistata
mercè la forza dell'armi, è tanto contraria alle promesse solenni che ha fatto
il General in Capo, in nome dell'armata, quanto pericolosa pel timore che ha
recato di veder la fortuna dei particolari in preda alle medesime
dilapidazioni, che tanto sono state funeste agli Stati Veneti, ed altri Luoghi
dell'Italia, e commessa all'amministrazione di una turba di Agenti, che non
somministrano alcuna solida garanzia; e la maggior parte dei quali non scorrono
le armate da che è principiata la guerra, che per sottrarsi ai pericoli
gloriosi della difesa della patria.
Considerando che la Proscrizione generale pronunziata
contra la fortuna dei forastieri, li Paesi dei quali guerreggiano colla
Francia, senza alcuna di quell'eccezioni reclamate dalle opinioni conosciute di
molti fra di loro, è un atto di crudeltà riprovato dalla Nazion Francese.
Che la stessa pena pronunziata contro tutt' i Siciliani è
un atto tanto ingiusto nel suo principio quanto temerario e imprudente, per
l'effetto che può avere nel produrre nella Sicilia la medesima Proscrizione
contra le proprietà Napoletane.
Che la disposizione dell'articolo sesto della medesima
risoluzione ordinando la Confiscazione ed il sequestro di tutt' i beni
Ecclesiastici esposti in vendita dall'ex‑re, di tutt' i dominj della
Corona, o di quelli degli ordini di Cavalleria, è una controvvenzione manifesta
all'atto del General in Capo, che fissa le Contribuzioni Militari da pagarsi
alla Repubblica Francese dalla Repubblica Napoletana, atto nel quale il
Generale in Capite non riserba altro alla Repubblica Francese, oltre le somme
di danaro imposte, che una certa quantità di oggetti, d'armamento, vestuario, e
forniture, le proprietà personali del re e
della sua famiglia e gli oggetti delle
arti inchiusi nei Musei, e Case Reali, e lo scavamento dei luoghi riserbati
alla Corona.
Che la Confisca dei beni feudali della Corona,
pronunziata in favore della Francia, è un atto indegno dei principj della
Nazione Francese, ed un usurpar l'autorità legislativa, alla quale sola
appartiene scancellarli, o conservarli Provisoriamente. Considerando infine la
turbolenza che ha prodotto nel Pubblico il sopradetto
Cartello, il timore che ha ispirato, la fermentazione che ha cagionato,
contestate dal rapporti del Generale, e del Commandante la Piazza e le fortezze di Napoli il vantaggio che
ne han tirato i malevoli per indurre
sospetto sulla lealtà francese, e la fedeltà delle promesse dell'armata, e
massime le dilazioni, che ha cagionato nel pagamento delle Contribuzioni, come
ne dà fede la lettera della municipalità e quella
del governo; in un punto in cui erano indispensabili pel soldo d'una armata stanca, spogliata, e priva di
soldo da circa cinque mesi.
Attese queste considerazioni che provano quanto assurda
nei suoi principj, indecente nelle forme,
ingiuriosa nell'espressioni, funesta negli effetti che ha prodotto, sia la
risoluzione sottoscritta dal Commissario Civile: Ordina quel che segue.
Art. 1. Tutti gl'individui,
che compongono la Commissione Civile, cioè
il Commissario Civile, il Registratore, e il Cassiere sortiranno in
ventiquattr'ore dalla Città di Napoli e in dieci giorni dei territorio della
Repubblica Romana, e Napoletana.
Art. 2. Quelli che
non si saranno conformati alla disposizione del primo articolo, saranno condotti di Brigata in Brigata, fuori del
territorio.
Art. 3. E tutti gli
Agenti mediati o immediati aventi commissioni, o
latori d'ordini della commissione civile cesseranno subito le loro funzioni.
Art. 4 Quattro
giorni dopo la significazione del presente Ordine loro saranno concessi, ad
effetto di togliere le biffle di tutt' i depositi fidati alla loro guardia,
inventarieranno gli effetti ivi deposti, li quali saranno consegnati a' Commissarj di guerra, o altri commessi dal
Commissario Ordinatore in Capo.
Art. 5. Scorsi i
cinque giorni, gli sarà concesso il tempo prefisso 1 dal primo e secondo articolo, acciò escano dal territorio delle Re
pubbliche Romane e Napoletane.
Art. 6. Gli saranno
concessi dei passaporti, colla condizione di presentarsi allo stato maggiore de
l'armata di Milano, acciò si veri fichi la loro età, o si presentino le
eccezioni, che gli dispensano dal servizio Militare.
Art. 7. Tutte le funzioni attribuite al Commissario
civile, ai Registratori e Cassieri, saranno provvisoriamente fidate al
Commissario generale, al Registratore delle spese, ed al pagator dell'amata,
sino che il Direttorio esecutivo ordini altrimente.
Art. 8. Tutte le
Conimissioni date sinora o da dare relativaniente all'amministrazione degli
oggetti riserbati negli articoli della Capitolazione con la Repubblica
Napoletana non potranno essere esercitate pria che sia fatto un inventario
degli oggetti, il quale sarà fatto e sottoscritto dall'autorità costituite
della Repubblica, o dagli uomini dal suo governo nominati.
Art. 9. Tutti gli
oggetti non riserbati sull'atto del Generale in Capo ordinante contribuzioni
militari, saranno rimessi all'amministrazione del governo Napoletano.
Art. 10. Tutte le confiscazioni
pronunziate contra le proprietà dei forastieri, saranno verificate dal Generale
in Capo.
Art. 11. Il Generale
mette sotto la salva guardia della nazion Francese tutte le proprietà
Siciliane.
Art. 12. La presente
risoluzione sarà mandata pel mezzo d'un corriere estraordinario al Direttorio
esecutivo al ministro della guerra e delle finanze della Repubblica Francese,
ed anche ai governi della Repubblica Romana, e Napoletana.
Art. 13. Il
Comandante della piazza e delle fortezze della Città di Napoli, e tutti i
Comandanti di piazza delle Repubbliche Romane, e Napoletane, sono incaricati
dell'esecuzione di tutte queste disposizioni, cioè in quello che ci spetta.
Championnet.
Altri nascondigli di armi si dicono scoverti, ma non
molto numerosi. Molte sono le reclamazioni giornaliere per la tassa fatta per
la nota contribuzione imposta dal Generale in Capo; trovandosi la maggior parte
de' Cittadini impossibilitati a soddisfarla.
I Patrioti, a cui comuni spese fu sabato scorso innalzato
l'albero della Libertà, doveano assistervi, ma poi non vi assisterono in corpo
armato. Il Generale Championnet intervenne accompagnato dal suo stato maggiore;
ed una Deputazione dei Membri del nostro Governo scortata dai Patrioti, ma
senz'armi. La piazza era cinta da Cavalleria Francese pel buon ordine; ed in un
palco ben adornato erano il Generale, e la Deputazione del Governo. Il
Cittadino Presidente Laubert arringò al Popolo, e dopo di lui il zelantissimo
celebre Patriota Nicola Palumbo, promotore della festa.
È stata pubblicata la legge de' 19. piovoso (7 Febrajo) con cui si è ordinato che tutti coloro, i
quali dimoravano nella Città di Napoli ed
ora si trovano essersi allontanati senza incarico o permesso del
Governo, debbano ritornarvi fra lo spazio di 5. giorni dopo la pubblicazione
della presente legge nelle rispettive provincie coloro che son ritirati nelle
provincie anticamente chiamate di terra di lavoro, e due principati citra ed ultra; e di giorni 15 coloro, che lo sono nelle
altre. Tutti sotto la pena d'aver i loro beni sequestrati, ed in seguito esser
essi dichiarati emigrati, ed i loro beni addetti a' fondi nazionali.
Con legge de' 21 piovoso è stata dichiarata la divisione
del territorio della nostra Repubblica in undici dipartimenti, cioè
Dipartimento della Pescara; Capoluogo
Aquila. Dipartimento dei Garigliano Capoluogo
Sangermano. Dipartimento del Volturno Capl.
Capua. Dipartimento del Vesuvio Capl.
Napoli. Dipartimento del Sangro Capl.
Lanciano. Dipartimento dell'Ofanto Capl.
Foggia. Dipartimento del Sele Capl.
Salerno. Dipartimento dell'Idro Capl.
Lecce. Dipartimento del Bradano Capl.
Matera. Dipartimento del Crati Capl.
Cosenza Dipartimento della Sagra Capl.
Catanzaro. Daremo l'intera legge nel foglio venturo.
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[ 1] N.B. Maria Carolina Mater
Castrorum andava in S. Germano vestita d'Amazone
con una casacchina ad uniforme militare, bottone militare con giglio, e
cappello e pennacchio in testa.