Monte di Procida
Saverio Della Gatta |
Battaglia tra le navi anglo-borboniche e repubblicane |
nel canale di Procida. Vista da Miliscola. |
Dalla storia di Monte di Procida
scritta dal prof. A. A. Gnolfo
[..] la vita del Monte si sviluppava per la laboriosità dei suoi cittadini, quando la ventata rinnovatrice della rivoluzione francese, spazzava via anche da Napoli i residui del feudalesimo medievale. Sotto l'influsso delle nuove idee il ministro Tanucci trasformava le enfiteusi in censi, per cui i coloni Montesi divennero padroni, in una forma giuridica più ampia, dei terreni coltivati in proprio, con l'obbligo di pagare ogni anno una specie di gabella alla curia arcivescovile partenopea.
Le nuove idee venivano propugnate soprattutto dai
piccoli proprietari e si sentiva ripetere: chi tene pane e vino ha da esse'
giacobino. E giacobini, cioè favorevoli al nuovo ordine repubblicano,
furono i Montesi. Una batteria di cannoni fu piazzata for 'a torr
per battere Procida, che era stata occupata dalla flotta inglese; e nelle acque
Montesi, presso la secca del Torrione, la marina della repubblica
partenopea, inferiore per numero, riuscì a contrastare il passo alle navi nemiche.
Gli uomini validi alle armi, dai sedici ai sessant'anni, si arruolarono nella
milizia cittadina, la quale, opponendosi ai ripetuti tentativi di sbarco
operati dai nemici sulle coste di Torregaveta e di Miliscola, riuscì a fare
quarantadue prigionieri inglesi.
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Saverio Della Gatta |
Battaglia tra le navi anglo-borboniche e repubblicane |
nel canale di Procida. Vista da Procida. |
Gran parte del clero fu favorevole alle
idee di giustizia e di libertà propugnate dalla repubblica partenopea:
l'abolizione dei privilegi e l'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge
sono princìpi conformi ai dettami del Vangelo, che non potevano non essere
apprezzati dagli uomini preposti alla guida delle anime. Però il cardinal Ruffo,
vicario del regno borbonico, facendo leva sulla insoddisfazione della plebe più
povera, armò i lazzari e si alleò con le bande dei vari Michele Pezza e Gaetano
Mammone.
Così a metà giugno del 1799, la repubblica partenopea, assalita da Inglesi e
Turchi, da Toscani e Romani, da Russi e lazzari, cadeva. Napoli allora tornava
ai Borboni.
I Montesi, nel periodo della repubblica, avevano avuto anche essi l'albero della libertà: un olmo che sorgeva dinanzi alla chiesa dell'Assunta. Dopo il ritorno dei Borboni, ci dice il Parascandola, trascinato a viva forza dalla propria abitazione, veniva impiccato a quell'albero un contadino Montese: Stefano Coppola, il cui nome si trova scritto sulla lapide commemorativa eretta a Procida, in piazza dei martiri. Il Monte pagava così il suo tributo di sangue alla causa della libertà, della giustizia, del progresso.