Francesco
Mario Pagano
Nasce
a Brienza, in basilicata, l'8 dicembre del 1748, Nel 1762 parte per Napoli e
inizia gli studi umanistici.
Diventa allievo del Genovesi ed ha,
come insegnanti, il filosofo Giovanni Spena per il latino e il greco,
Niccolò de Martino per la
matematica, Padre Gerardo degli Angioli per la filosofia e Pasquale
Cirillo per le materie di diritto. Si interessa, con l'amico Gaetano Filangieri,
di criminologia.
Si
laurea, giovanissimo, in giurisprudenza; a ventisette anni ottiene la
cattedra di morale e poco dopo quella di
giurisprudenza. Nel
1785 pubblica i "Saggi politici", con le sua concezione del ruolo dello Stato e la sua
organizzazione. Le
sue opere, "Considerazioni sul processo criminale", "Principi del codice
penale", "Logica dei
probabili o
teoria delle prove", sono tradotte in molte lingue, e insieme alle opere
del Filangieri e del Beccaria rappresentano il rinnovamento del pensiero
giuridico illuministico del settecento. Si impegna per l' abolizione della
tortura: "la confessione, estorta tra i tormenti, è l'espressione del
dolore, non già l'indizio della verità". |
Francesco
Mario Pagano |
Pubblica
tre tragedie: "Il Corradino", "Il Gerbino" e "Gli esuli tebani". Scrive un
monodramma lirico "L'Agamennone", la commedia "L'Emilia", il "Saggio del
gusto e delle belle arti" ed il "Discorso sull'origine e natura della
poesia". Nel
1794 è difensore dei congiurati della "Società Patriottica" nella
"Gran causa dei rei di
Stato". Ma, nonostante il suo impegno a dimostrare l'infondatezza
giuridica della delazione, il processo si conclude con la condanna a morte
di tre giovanissimi, l'ergastolo e l'esilio per altri 48, e due sole
assoluzioni. La bravura del Pagano è tale che la stessa corte lo nomina
giudice del Tribunale dell'Ammiragliato. Quando fa arrestare un avvocato
corrotto, questi lo accusa - Pagano mi perseguita perché sono fedele al Re
-. Con
questa accusa, nel febbraio del 1796 Mario Pagano finisce in galera, dove
viene trattenuto per oltre due anni senza alcun processo. Uscito dal
carcere abbandona Napoli rifugiandosi prima a Roma poi a
Milano. Proclamata
la Repubblica, torna a Napoli il 1° febbraio del 1799, e si segnala come
il principale artefice della
neonata Repubblica. Due sono gli atti fondamentali che lo vedono
protagonista: la legge
feudale, dove probabilmente per opportunità politica, tiene un
atteggiamento moderato, e il Progetto di
costituzione, ispirato dalla "dichiarazione dei diritti dell'uomo e
dei cittadini", e che non si riuscirà ad approvare per la breve durata
della Repubblica. Arrestato e condannato a morte muore impiccato, in piazza Mercato, il
29 ottobre 1799 insieme a
Domenico
Cirillo, Giorgio Pigliacelli ed Ignazio Ciaja. Quel giorno Napoli perde
parte della sua migliore intelligenza. |
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Tito
Angelini: Esecuzione di Domenico Cirillo, Mario Pagano, Giorgio Pigliacelli, Ignazio Ciaja. |
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Riportiamo in allegato una bibliografia delle opere
di Franceso Mario
Pagano |