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Breve cenno
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Non mi affatico a descrivere tutto e quanto avvenne
in Napoli prima della entrata delle armi Francesi, avendolo fatto penne della
mia più valide ed avendolo ancora io fatto nella 2a Parte delle
mie Memorie Storiche su di questo Regno: mi ristringo solo narrare ciò che
accadde nel breve periodo di cotesta mal concegnata Repubblica, e lo farò con
tutta l'imparzialità di Storico Veridico, e perché disgraziatamente mi
ci trovai presente, e perché in una età da poter distinguere il grano
dal loglio, e perché non dominato da spirito di setta, o di partito. Senza
ulteriori preamboli dunque entro in materia. Appena entrata l'armata Francese nel 23 Gennaio 1799, che da questa e
da' Patrioti Napoli fu proclamata Repubblica. Il popolo che il giorno prima
minacciava esterminio e morte a tutto il ceto de' gentiluomini, ora parte si
era buttato ad acclamare i Francesi, avendo alla testa un certo Michele
soprannominato lo pazzo (il quale sebbene co' suoi compagni
accanitamente resistito avesse allo ingresso delle truppe Francesi in questa
Capitale, rimaste quelle superiori, unitosi a circa un centinaio della
più vile plebaglia, andando avanti al cavallo di
Championet, a coro gridavano - Viva la libertà! Viva S. Gennaro! Viva
Championet!) altra parte di cotesta medesima plebaglia erasi andata, per
timore, ad intanare ne' suoi covili. Ballo di patrioti nella Certosa
di San Martino (24 gennaio 1799). Elettrizzate,
anzi accese le teste de' patrioti, da' Francesi pe' loro fini, vedendo che il
Calendario era assolutamente Aristocratico, così ne' nomi de' mesi come in
quelli della settimana, nonché nella distribuzione dei giorni di ciascun
mese, prima loro cura si fu di democratizzarlo con adottare il Calendario
infantato dalla Repubblica Francese, acciò tutto spirasse Democrazia[ 1]. Quindi da
Championet si passò a nominare le Municipalità, a dividere la città in
sei Cantoni, assegnando ad ogni Cantone una Municipalità, ed un dicastero
centrale nella città di Napoli. Indi dallo
stesso Championet, e non già dal popolo, nello stesso giorno 23 gennaio (14
Piovoso, anno 7°) fu nominato un Governo Provvisorio composto di 25 membri,
investendolo dell'autorità Legislativa ed esecutiva sino alla
organizzazione dei Governo Costituzionale. Divise cotesto Governo in sei
Comitati, cioè: di Legislazione--- di Polizia Generale--- Militare ?--
Finanze--- di Amministrazione interna??- ed un Centrale. Furono
nominati cotesti membri del Governo Provvisorio Rappresentanti del
popolo; ma che il popolo neppure di nome conosceva; e costoro non potevano
deliberare se non fossero stati almeno due terzi presenti, e i loro Decreti
passavano alla maggiorità, ma forza di legge aver non potevano, se non
fossero stati prima sanzionati dal Generale in Capo: e ciò per effetto
dell'acquistata libertà! Nel giorno 5
Piovoso Championet col seguito si recò nell'Arcivescovado a visitare ed
adorare S. Gennaro, a chi regalò preziosa collana di diamanti, ed ordinò il
canto dell'Inno Ambrosiano nel dì seguente, che a cagione del tempo cattivo
venne differito alla Domenica. Il
giorno 6 detto mese, lo stesso Generale in Capo si recò in S.
Lorenzo (luogo dove il Corpo di Città in quel tempo risiedeva) e radunato ivi
il Governo Provvisorio e la Municipalità, fece ad essi un'allocuzione,
colla quale si sforzò a provare l'utile che Napoli avea acquistato ricevendo
la libertà, ed esaltando le fatiche della sua Armata Francese sofferte per
procurare ad esso Napoli questa libertà: conchiudeva col prevenire che si
dovea pagare ad essa una contribuzione militare. A questa
allocuzione venne risposto dal cittadino Carlo Laubert, Presidente del
Provvisorio, il quale a norma dell'uguaglianza già stabilita diede del
Tu al Generale; e con un'adulazione la più impudente lo ringraziò di
quanto egli e la sua armata fatto avevano in liberar Napoli dalla
tirannia di un solo, e soggettarlo a quella di 25 e lo ringraziò sinanche
della Contribuzione militare che volea imporre. Non appena fu
istallato il Governo Provvisorio ; per effetto dell' amichevole dimanda del
Generale in Capo; con legge del 7 Piovoso in 13 Articoli, si ordinò un
imprestito forzoso di due milioni e mezzo di ducati da pagarsi a' Francesi !
Ma cotesti buoni amici ! considerando che il regno era esausto in numerario,
si contentavano prendersi questa somma anche in oggetti e metalli preziosi:
quanto erano buoni !! Quello però che ebbe questa Legge di più particolare si
fu, che prescriveva i mezzi e la maniera come pagare cotesto imprestito, sino
a comminar pene a' renitenti; ma del come poterlo e doverlo poi restituire,
non parlava affatto: giacché chi dice imprestito, dice restituzione: ma
perché questo voto in detta Legge ? Perché sapevasi di certo non potere, né
volere restituire cotesto imprestito. Con Legge de'
10 Piovoso, divisa in più Paragrafi, ogni Paragrafo in più Articoli, fu
stabilito l'Organico de' sopradetti Comitati. Con
Ordinativo del Generale in Capo del 17 suddetto mese, diviso in 31 Articoli
furono fissate le attribuzioni di Ciascun Comitato. Furon
nominati a Ministri: Per la
Guerra, Arcambal, indi Manthonè. Per lo
Interno, Conforti, indi Baffi. Per le
Finanze, Bassal , indi Domenico di Gennaro. Per la
Giustizia e Polizia, Emanuele Mastellone. Con altra
Legge degli 11 Piovoso, in 8 Articoli, venne' ordinato, che tutte le
Autorità avessero provvisoriamente continuato nelle loro rispettive funzioni,
onde non attrassarsi il servizio pubblico. Abolì il Tribunale di Polizia,
perché antidemocratico, ma altro ne istallò sotto il nome
democratico di: Commessione di Polizia, che democraticamente
indagava sino i più reconditi pensieri de' cittadini. Né questo bastò,
che un' Alta Commessione Militare venne poi creata, la quale
inappellabilmente giudicava i delitti di lesa maestà del Popolo; e la quale
democraticamente condannava alla fucilazione i rei, giacché la morte
col laccio su la forca era Aristocratica. In
forza di cotesta Legge si riaprirono i Tribunali ma si cangiarono ad essi i
nomi perché gli antichi sentivano di Aristocrazia. Si stabilì la formola
delle intestazioni delle Sentenze e dei Decreti, e si prescrisse dover sempre
alle une e agli altri fare precedere le parole Libertà Eguaglianza onde far
vedere che almeno sulla carta esistevano queste due parole. Si prescrisse
la nuova Impresa della Repubblica, che fu una Donna seminuda con fascio
consolare alla dritta sormontato da una scure, su del quale poggiava la mano,
a sinistra una lunga pertica sormontata da un berretto rosso, mentre il
Cavallo senza freno, che era l'antichissima Impresa di Napoli, perché fatto
troppo vecchio, e diventato marrone, a nulla più serviva. Però io
voglio dare adesso la spiega blasonica di una tale Impresa. La donna seminuda
indicava che i Napoletani si dovevano spogliare di tutto per rivestirne i
Francesi, il fascio Consolare con la scure indicava, che se non l'avessero
fatto di buona volontà la mannaia li attendeva: la lunga asta con la beretta
significava, che ridotti in beretto con lungo bastone nelle mani dovevano
ridursi a pitoccare. Si piantarono
gli Alberi della Libertà, e se la Repubblica non fosse morta nelle fasce,
Napoli sarebbe diventato un bosco di tali infruttiferi alberi. Mentre nella
Capitale i Repubblicani tanto eseguivano, e a tante cose inette si
applicavano, e che i Francesi, profittando del di loro acciecamento li
depredavano ed a loro spese lautamente vivevano e si vestivano, giacché
venuti erano laceri e smunti, le provincie tutte erano insorte, allo infuori
di poche Comuni nelle quali il partito Patriottico, perché più forte, ne
mantenevano a freno le popolazioni : ma non appena costoro si allontanavano,
ritornavano nella insurrezione. Gli Abruzzi,
il Contado di Molise, le Calabrie erano il teatro degli eccidi e de'
saccheggi, ora commessi da un partito, ora dall'altro, che
reciprocamente si distruggevano e la guerra civile da sovrana regnava in quei
luoghi, ed aggiunto a tanti mali la guerra dichiarata dalle Potenze
Barbaresche alla Repubblica Francese, gran Madre di tutte le Repubbliche
figlie, Napoli per conseguenza che'era, l'ultima delle cadette; e vagiva
nelle fasce, ne fu più afflitta, perché priva di marina, onde benanche
quel poco di commercio che avrebbe potuto fare colle sue province le fu
intercettato. E pure i
Patrioti in mezzo a cotesto mare magnum di angustie e di miserie, invece di
pensare ai mezzi di recarci rimedio, pensarono a pubblicare la libertà
della stampa, altra Sorgente d'indecenze, a discettare sui colori che
compor doveano la bandiera e la coccarda nazionale, come se in ciò consistito
fosse la forza della nascente Repubblica: ad abolire i fedecommessi, a
togliere gli antichi nomi e le antiche distribuzioni delle province con altri
sostituircene più democratici. Con
legge del 17 Ventoso, pubblicata però a 7 Fiorile, in 14
Articoli, fu abolita la feudalità : e con un Regolamento in 20 Articoli, fu
prescritta l'organizzazione di una Guardia Nazionale a piedi ed a
cavallo. Alla prima venivano chiamati tutti i cittadini da' 16 a' 50
anni, ma conosciuti pel loro liberalismo ed attaccamento alla
Repubblica, e se ne vollero esclusi tutti coloro che servito
aveano la passata Corte, i quali benanche furon dichiarati incapaci di
ottenere impiego alcuno. Alla seconda poi venivano ammessi coloro che
volontariamente vi ci si volevano ascrivere: e tanta era la deferenza de'
Patrioti Napoletani per tutto quello che da' Francesi facevasi che lunghe e
calde discussioni vi furono per far passare la Legge per la Guardia
Nazionale a Cavallo, a solo ed unico oggetto che in Francia non vi era. Intanto il
Cardinal Ruffo, de' Duchi di Baraniello, di già disceso, era in
Calabria ed attirava sé le popolazioni, le quali disgustate dalle
depredazioni de' Francesi, che tutto assorbivano quel poco che rimasto ad
esse era, a folla accorrevano sotto le bandiere del Re, allettate ancora
dalle promesse del saccheggio in que' paesi che avrebbero occupati : ed ecco
aperto un altro vasto campo alla distruzione. Da' Patrioti
delle provincie si chiese una Legge con la quale dimandavano che fossero messe
sotto la salvaguardia della Repubblica le loro persone e i loro beni. Il
Generale in capo Macdonald nel dì 14 Ventoso severissima Legge pubblicò
contro l'insorgenza, che venne di nuovo replicata a' 15 Fiorile
con la giunta di altri 5 Articoli. Ma nello Stato in cui le provincie allora
trovavansi vi era bisogno di numerose armate per ridurle ad ubidire al nuovo
sistema, e non di Leggi, le quali non essendo, affiancate da forza imponente
per farle osservare cadevano nel disprezzo e nella derisione. Si
lusingavano i Repubblicani poter ridurre le popolazioni a' principii
Democratici con aprir Sale Patriotiche d'istruzione, con far stampare
Catechismi Repubblicani, con mandar Proclami, i quali poi altro non erano che
stomachevoli diatribe contro il Governo Monarchico, che spesso cadevano
in parole da trivio. Questo anche
fu una illusione, giacché sarebbe stato necessario dal bel principio
disgravare queste popolazioni da' pesi che pagavano, ed allora
senza Sale Patriotiche, In
vece di parlare al popolo ignorante con fare ad esso sentire i nomi di
Frine, di Dionisio, di Massenzío, che quello per nulla
comprendeva, faceva duopo dirgli : il Ma la
insaziabile rapacità Francese (le cui armate a guisa di Vandaliche orde
andavano depredando le misere Italiche contrade) e l'acciecamento de'
Patrioti in volerla satollare, produssero la caduta di quella tanto male
immaginata Repubblica. In fatti, tra l'altro si pretese da' Francesi
che fabbricato si fosse un Vascello, due Fregate, e molte Scialuppe
cannoriere co' legnami da costruzione rinvenuti nei Magazzini, e con quelli
che esistevano nelle foreste Nazionali, e questi per conto della Repubblica
Francese; e volendo mostrar disinteresse, permisero potersene rivalere
dalle somme che la liberata Napoli pagar dovea per gratitudine a' suoi
generosi liberatori !! e per maggiormente allucinare coloro, che già di
troppo allucinati erano, a cotesto vascello (che ancora dovea nascere)
volevano che gli si fosse dato Il nome di Armata di Napoli, e alle due
Fregate (che ancora si trovavano in erba) ad una il nome di
Partenope, ed all'altra la Riconoscenza. Ma cotesti legni
però giammai vennero a luce. Si chiamò in
attività la Marina, e si ebbe un Corpo di uffiziali di mare e di marinai
senza aver neppure uno scappavia da porre su cotesto Elemento (giacché della
gigantesca Marina di Guerra Napoletana, parte avea seguito Re Ferdinando in
Sicilia, e parte era stata distrutta) e ritornato dalla Sicilia il
sempre prode ed infelice Caracciolo (che la invidia degl'Isolani
pirati, e quella dei vile Conte Turni portarono a quel tragico, non meritato
fine) lo fecero Direttore di questa marina, e pur tuttavia il genio di questo
Eroe del mare utilizzò poche vecchie barcacce cannoniere (che la loro
animosità avea fatto sfuggire dalla distruzione) ed alcuni inservibili
pontoni, e con questi allorché gl' Inglesi vennero ad assalir Procida ebbe il
coraggio di affrontarli e porli in fuga. Il Cardinal
Ruffo tra questo mentre facea progressi nelle Calabrie, i Repubblicani lo
caratterizzavano per brigante, e ponevan lui e di lui seguaci fuori la legge.
Egli si inoltrava inoltrava nel Regno, e le popolazioni a folla gli si
univano, e con questa truppa collettizia intraprese la riconquista del regno,
che gli riuscì. Con legge del
30 Piovoso fu ordinata la coniazione della nuova moneta del tipo della
Repubblica. Questa moneta fu, in argento in pezzi da 6 e da Carlini 12; ed in
rame in pezzi da due e da tre grana. Ed atteso la scarsezza dell'argento, con
altra Legge de' 15 Ventoso, furono autorizzati i cittadini a poter mandare
nella Zecca Nazionale i loro argenti per coniarsene moneta, pagandosene i
dritti al Governo. Ma nessun effetto una tale legge produsse, poiché que'
cittadini a' quali qualche poco di argento era rimasto, amarono meglio
tenerlo presso di loro, anzicché ridurlo in moneta, temendo che la
rapacità de' Francesi la quale era stata imitata anche da' Repubblicani
Napoletani, non se gli avesse appropriati, col pretesto di far parte della
conquista. Trovavansi in
Napoli molti Preti Francesi che non avevan voluto dare il giuramento
alla loro Repubblica. Re Ferdinando IV gli aveva accolti, e
commiserando il di loro Stato gli avea distribuiti in varie Case religiose,
con l'obbligo a queste, di somministrargli vitto ed alloggio, ed un'annuale
pensione in danaro per gli altri loro bisogni. Temevano
costoro, entrati che furono i Francesi, di rimaner privi dei mezzi di
sussistenza, onde ne ricorsero a Championet, il quale dimenticando per un
momento di essere un Generale delle Repubblicane armate francesi, in data del
1° Ventoso ordinò che nulla si fosse innovato sul conto de' medesimi,
anzi comminò delle pene per quelle Case Religiose che si fossero denegate
ubidire; con restare essi Preti però sotto la stretta sorveglianza della
Polizia. Il giorno 9
Ventoso Championet partì da Napoli per Parigi, colà richiamato, ma giunto a
Torino, fu per ordine dei Direttorio Esecutivo arrestato, perché accusato di
dilapidazione. Difatti il Direttorio aveva ragione; il diritto di spogliare
l'Italia era di sua privativa, i Generali che egli vi spediva dovevano avere
una parte in questo spoglio, non appropriarsi di tutto. Championet forse per
errore si era attenuto al secondo non al primo. A successore gli fu dato il
Generale Macdonald che giunse in Napoli nello stesso giorno. Non sazii i
disinteressati Francesi de` milioni presisi dall'infelice Regno di Napoli,
che anche molti Capi?d'opera di arte pretesero ; e il Governo Provvisorio
sempre secondando le pretensioni di questi buoni amici ! ordinò che di
que' Capi?d'opera che inviar si dovean alla cara Madre Repubblica Francese
come un ricoscente omaggio della Repubblichetta figlia , se ne fossero,
fatti i modelli per conservarli in luogo delli originali. Macdonald per
non esser da meno dei suo predecessore, pubblicò anch'egli il suo Proclama, e
col solito tuono enfatico millantò i pregi dell'acquistata libertà, e
dimenticò l'articolo del pagamento della Contribuzione di guerra e di
quegli altri ammenicoli che si doveano dare all'armata liberatrice a
titolo di riconoscenza per esserci venuta a depredare. Per
maggiormente illudere il popolo, i Patrioti ed i Francesi sparsero voce che
re Ferdinando era fuggito dalla Sicilia a cagione di una rivoluzione colà
scoppiata e che quella Isola erasi incominciata a democratizzare; che a
Pietroburgo si giacobinizzava; che la squadra Inglese ritirata si era dalla
Sicilia, ed altre simili imposture. Il
malcontento tra di tanto cresceva; Trani si pose in, aperta rivolta, massacrò
quelli del partito Repubblicano, e mille eccidi vi commise, per cui accorsivi
i Francesi la doverono prendere di assalto, e dopo aver fatto costoro la loro
parte a' saccheggi ed a' massacri, al loro solito gl'imposero una
contribuzione di 6000 ducati. A Montoro si
dové inviare della truppa per ridurlo a devozione della Repubblica. Nella
Capitale medesima s'incominciò a congiurare. Il 17 Ventoso nella strada
dell'Annunziata fu arrestato un tale Domenico Benedetto, e da un centinaio
tra camiciotti e lazzari in una casetta fuori Porta Capuana. Altra
congiura tramata dalla famiglia Baccher fu denunziata da Luisa Molina
Sanfelice, che il suo amante Gerardo Baccher imprudentemente confidata le
avea, onde a 23 Germile i Baccher vennero arrestati. Molto
esaltarono ed encomiarono i Patrioti quest'azione della Sanfelice , che a
loro dire avea salvata la Patria; ma tal denuncia costò la testa alla infelice
ed infatuata donna. Furono dei
pari arrestati il Tenente Generale de Gambs: il Tenente Colonnello Federíci[ 2]; il
Brigadiere Boch; il sotto paroco del Carmine; il Principe di Canosa; i due
fratelli lorio , cioè Michele Magistrato , ed il Vescovo ; Giovan Battista
Vecchioni ed altri molti. Due depositi di armi furono rinvenuti. Credevano i
Patrioti poter frenare questo fermento con le leggi, per cui giorno per
giorno ne pullulavano delle nuove, che per mancanza di forza rimanevano
inefficaci. Ma i Francesi vi trovavano il loro conto da tutte queste parziali
rivolte poiché vi accorrevano con la forza, sottomettevano i paesi rivoltati,
li saccheggiavano e li sottomettevano ad una contribuzione. Inenarrabili
sono le estorsioni e le depredazioni che si commettevano da Francesi e da'
Patrioti insieme. Il Generale Rey mandava a chiedere all'Ufficiale del Carico
dell'allora abolita Segreteria di Casa Reale tutte le Collane d'oro dei
Tosone e di S. Gennaro, che la passata Corte soleva dare ai Cavalieri
allorchè li decorava di tali ordini. La Municipalità si prendeva docati 12
mila da' Capi d'arti (detti suggici) per poner alta l'assisa de' comestibili.
Ab uno disce omnia. La gran Madre
la Repubblica Francese alla quale era a cuore il bene della Repubblica
Napoletana sua figlia, vi mandò il cittadino Abrial per organizzarla (questa
parola era sinonimo di depauperare) difatti, eransi satollati i primi
bisognava mandarci i digiuni. Costui giunse l'8 Germile, e con un proclama concepito
con parolone lusinghieri fece il suo ingresso nella Carica. Nel giorno
medesimo abolì il Governo Provvisorio istallato dal Generale Championet, ed
altro nuovo anche Provvisorio (allora tutto era provvisorio, la stessa
Repubblica fu provvisoria) ne nominò, dividendolo in due Commessioni, una
Legislativa, l'altra Esecutiva, le quali il giorno 26 Germile entrarono in
funzione. I pubblici Banchi trovavansi in un orribile squallore, a cagione del
numerario depositatovi da' particolari che la passata Corte ne aveva
distratto. Vari progetti si fecero per darci riparo, ma tutto invano.
Ci volevano molti milioni per appianarne il voto; questi mancavano, e l'aggio
in piazza crebbe sino al 90 per 100[ 3]. Precedentemente
a quanto si è narrato, e propriamente nel dì 2 Ventoso, il Direttorio
Esecutivo di Francia dichiarato avea la guerra all' Imperatore d'Austria.
Pervenutane la notizia in Napoli, i Patrioti gongolarono di gioia. Quindi dal
Generale Macdonald nel giorno 11 Germile furon messi sotto sequestro
gli effetti tutti appartenenti a' sudditi Austriaci , e che trovavansi
esistere nelle due Repubbliche Napoletana e Romana, con l'obbligo a'
cittadini di coteste due Repubbliche di doverne dar nota al Governo,
sotto severissime pene pecuniarie a' trasgressori. Altra truppa
dové spedirsi a Lettere e a Gragnano per sedarne le insorgenze. Or mentre che
tante insorgenze affliggevano la nascente Repubblica, e la comunicazione
dei viveri con la Capitale intercettavano , l' acciecamento de'
Patrioti era giunto al segno, che non solo la loro infelice situazione non
conoscevano, ma la Domenica seguente al fatto d'armi di Castellammare,
ritornato il Generale Macdonald colla notizia di essersi gl'insorgenti
ritirati, unitosi un gruppo di Guardie Nazionali e di Patrioti, invece
di andare in qualche Tempio a renderne grazie al Dio degli Eserciti , si
recarono nel Largo di Palazzo e intorno a quell' albero della Libertà
vi ballarono la Carmagnola. Nel giorno 13
Fiorile le truppe Francesi partirono pel Campo di Caserta, ed una
requisizione di 300 Carra si fece pel trasporto degli oggetti dell'armata
che partir dovea per la Cisalpina, ed allora cadde la maschera a' depredatori
Eroi della Gran Nazione, che dopo aver compromesso i Patrioti Napoletani;
dopo avergli depauperati (segno di ciò che venuti nudi nel partire
ebbero bisogno di 300 Carra per trasportare le rapine) vilmente gli
abbandonarono a loro stessi, con lasciare una guarnigione di 500
uomini in Sant'Elmo, altra di 1500 in Capua, ed altra
simile in Gaeta, con rimanere il General Rusca Comandante della Piazza
e de' Forti, ed una piccola colonna mobile sotto il comando del
Generale Gerardon : con istruzione però che in caso di stretta necessità
avessero procurato per loro stessi una onesta capitolazione,
senza brigarsi dei resto, siccome si vidde. Nel giorno 17 Fiorile furono afforcati
gli assassini de' due fratelli Filormarino[ 4].
Pensarono
ancora i Repubblicani aver ricorso alla Religione (a quella Religione dalla
quale si erano emancipati e che tanto avevano vilipesa) per abbattere
l'insorgenza per cui costrinsero l'ottimo Arcivescovo Cardinal Giuseppe Maria
Capece Zurlo a pubblicare delle censure contro i rivoltosi, e disubbidienti
alla Repubblica. A 8 Maggio fu
richiamato il General Rusca ed in suo luogo rimase il Generai Gerardon. Il
giorno 9 poi l'armata Francese incominciò a defilare, né sazia di portare
seco tutto e quanto rapinato avea in questo bel paese, che si portò
ancora 500 vacche, onde far per la strada un poco di brodo a' suoi ammalati.
Anche il Commessario Organizzatore Abrial partì insieme con l'armata. Se i Patrioti
non fussero stati tanto acciecati , partita che fu l'Armata
Francese e rimasti senza appoggio avessero conosciuto la loro infelice e
critica situazione, giacché le notizie sapevano che l'armata del Cardinal
Ruffo si avvicinava alla Capitale, anzi poco ne distava, era quello, il
momento di fare un necessario atto eroico, di spedire cioè Deputati a Re
Ferdinando in Sicilia con richiamarlo, e restituirgli quel Regno
ch'essi non potevano difendere, ed implorare un generoso perdono.
Difatti vi fu tra' membri dei Governo qualche persona più sana di mente, che
si avanzò a fare questa mozione, ma vi corse pericolo di rimanerci trucidato
qual Liberticida. Cotesto inconsiderato rifiuto fece poi spargere fiumi di
sangue... Pensarono i
Repubblicani formare un' armata, quindi stabilirono organizzare tre
reggimenti di Cavalleria. Le disposizioni si diedero, ma tre cose mancavano
per formarli: cioè, uomini per completarli, danaro per vestirli e pagarli,
cavalli per montarli. Gli scheletri di cotesti tre Reggimenti nel giorno 25
Fiorite furono passati in rivista nel Largo di Palazzo, e partirono per Nola. Si pensò
ancora di organizzare quattro Legioni di Fanteria, alle quali, prima di
nascere, diedero Democratici nomi, cioè, la Sannita, la Volturnia, la
Salentina, la Lucana; e dovevano andare in Puglia a completarsi. Nuova
organizzazione si diede alla Guardia Nazionale. Ad esser giusto, bisogna
confessare che i Patrioti napoletani, sebbene destituiti di mezzi, tutta
opera si diedero, tutta l'energia spiegarono a poter fare una valida difesa;
ma il male era degenerato in cancrena, per cui non poteva sperarsene
guarigione. Nel 22
Fiorite fu veduto nelle acque di Procida giungere un Brik Inglese, il quale,
fatti alcuni segnali a' Vascelli della Sua Nazione , questi frettolosamente
fecero vela. I Patrioti Napoletani crederono che giungesse la
Gallispana (da essi tanto attesa e che giammai giunse) per cui avessero
abbandonata quell' Isola; altri che corressero a dare aiuto a Re Ferdinando
in Sicilia perché colà travagliato da rivolte, ed ebri di gioia esultavano. Il dì
seguente l'íntrepido Caracciolo con suo Proclama invitò i Patrioti ad
imbarcarsi, e con due Galeotte, otto Cannoniere, sei Bombardiere (misero
avanzo di una imponente Marina) e vari Filuconi, partì alla volta di Procida,
e '1 dì 28 con coteste deboli forze ardì attaccare la flottiglia Inglese,
forte di una Fregata, due Corvette, uno Sciabecco, sei Cannoniere, una
Bombardiera, e tre altre barche, e con accorta ed abili manovre molto la
danneggiò, sino a disalberare la Fregata e se non rosse stato per le
batterie di terra che incominciarono a far fuoco a fior d'acqua e lo
costrinsero alla ritirata, si sarebbe impadronito di quella Flottiglia. Quest'azione
covrì di gloria Caracciolo ma fu cagione di fargli subire quel da lui
non meritato fine. Per questa
vittoria due pubbliche tavole si diedero intorno all'Albero della
Libertà nel Largo di Palazzo. I malaccorti
Patrioti sebbene vedessero che la Repubblica, si avvicinasse al suo fine, e
che tutta la di lei estensione non oltrepassasse il ristretto perimetro della
città di Napoli, pure imprudentemente e scioccamente nella Domenica 30
Fiorite vollero dare uno spettacolo al popolo, con bruciare solennemente
alcune bandiere che in varie azioni avean conquistate sopra gi'insorgenti.
Quindi gran macchina eretta intorno all'albero della Libertà nel Largo di
Palazzo, con iscrizioni e festoni, e con una pira per lo abbruciamento di
tali bandiere, alle 5 pomeridiane poca truppa Francese calata da Sant' Elmo,
uno squadrone di Gendarmeria Napoletana, le tre Legioni della Guardia
Nazionale comparvero trascinando le bandiere che doveansi bruciare, infine
uno squadrone, della stessa Guardia Nazionale a cavallo, tutti preceduti da
bande musicali; e giunti al luogo destinato furon le bandiere a colpi di
sciabla squarciate, spezzate le aste, e gettata nel fuoco. Trendadue
insorgenti erano stati precedentemente condotti nello stesso luogo,
circondati da Guardie Nazionali a' quali da Repubblicani fu data la libertà. Mentre tale
funzione eseguivasi, un qui?pro?quo fece porre il popolo in fuga, e vidi io
un Capitano della Guardia Nazionale darsela a tutte gambe, strapparsi i
spallini e gittarli nella fogna dei vicolo Conte di Mola: per prudenza taccio
il nome di cotesta carogna, e per essere ancora vivente; e per appartenere
?alla classe degli Ecclesiastici, e per appartenere ad una rispettabile
famiglia nella quale ci ho degli amici. Terminato lo
spettacolo; che al dir de' Patrioti fu tenero e commovente; la
Commessione Legislativa tenne una tavola di 24 coverte, in dove presero parte
molti membri del Governo, e ben bene si gozzovigliò. Così finì questa
giornata. Uno de'
grandi errori da' Patrioti commessi sin dal principio della istallazione di
quella loro Repubblica Democratica (per seguire il figurino di Francia
che allora le portava in moda) si fu l'aver voluto eliminare il popolo dalle
loro congreghe e disgustarlo con tasse e contribuzioni, e sebbene
continuamente a gola spalancata gridassero il Popolo è Sovrano , si
accorgeva però il popolo non essere presso di lui questa Sovranitá, presso
coloro bensì che infatuati delle massime francesi soli volevano dispotizzare.
Ma partiti i Francesi e rimasti soli ed in balia di loro stessi; conosciuto
l'errore, quando vollero chiamare questo popolo alle loro congreghe non
furono più a tempo poiché il popolo non solo era di essi disgustato, ma
conosciuto avea tutte le di loro fanfaronate, quindi poco o nulla li
diede ascolto[ 5]. Intanto
i mali della Repubblica giornalmente si aumentavano e le truppe di Ruffo si
avvicinavano alla Capitale. Fu spedito Matera in Avellino, ma la sua
spedizione ebbe un infelice esito per essere stato da molti suoi commilitoni
abbandonato nella pugna. Con tutto ciò i ciechi repubblicani si occupavano a
nominare li magistrati in diversi Tribunali, che non giunsero a
prendere il possesso delle Cariche. La Divisione
di Spanò nel giorno 9 Pratile si ritirò molto maltrattata, e lo stesso
Comandante ferito. Allora fu disposto che tutta quella poca truppa già
formata, unita alla Legione Calabra (interamente composta da' Patrioti) unita
a 500 Francesi, sotto il comando dei ministro della Guerra Manthonè, stesse
pronta a partire. Di fatti, al
momento partì il Capo?Legione Belpulsi, comandante I' avanguardia, il quale
incontratosi con gli insorgenti a Marigliano, gli attaccò e gli respinse,
sicché pacificamente entrò in cotesto Casale; ma volendo imitare i Francesi,
ne ordinò il saccheggio e l'incendio, per cui mentre la sua truppa era
sparpagliata e dedita a bottinare, gl'insorgenti ritornarono in maggior
numero allo attacco, la circondarono e la sconfissero, con essersene appena,
potuti salvare ben pochi col loro Comandante. Nel, cader
del mese di maggio e, nel principiare quello di giugno gli affari della
Repubblica, andavano tanto male che chiari segni davano della di lei
imminente caduta. La Divisione di Matera dispersa, quella di Spanò ritirata
con danno, la spedizione di Belpulsi riuscita infausta, un numero considerevole
di Patrioti spenti ne' diversi attacchi avuti con gl'insorgenti, la
spedizione di Manthonè riuscita infruttuosa, giacché lasciata la truppa sotto
il comando del Capo?Legione Schipani, costui attaccato dagl' insorgenti
di Somma fu battuto, e ritirate le sue truppe al Ponte della Maddalena
rimase il campo libero ai nemici. E pure, si
crederebbe? in mezzo a tanti rovesci le riscaldate teste de'
Patrioti nel giorno 2 giugno pensarono festeggiare le vittorie de' Francesi,
per cui nel Teatro del Fondo vi fu cantata analoga, e in quello di S. Carlo
altra simile e festa da ballo; ed io che scrivo fui in quest'ultimo
spettatore e ascoltatore insieme delle sciocchezze e delle triviali e
stomachevoli parole che usciron dalle bocche di quelle teste vulcanizzate. Con Regolamento
di Polizia era stato ordinato che al tiro di tre colpi di cannone, tutti,
sotto pena la vita, si sarebbero dovuto ritirare nelle proprie abitazioni,
eccetto le Guardie Nazionali, che recar si doveano nei rispettivi Quartieri,
e i membri del Governo che rimaner doveano in seduta Permanente ne' loro
rispettivi posti ; e che al tiro poi di altri cinque colpi tutti avrebbero
potuto uscire. Conscio il
Governo di quanto nelle vicine Comuni accadeva, e che gl'insorgenti erano
giunti in Resina, nel dì 15 Pratile (3 giugno) volle fare uno sperimento se
il popolo fosse stato ubbidiente a' suoi ordini. Quindi verso le ore 24 di
questo giorno furori tirati i tre colpi e tutti si ritirarono nelle
rispettive case di abitazione, all' alba poi del dì seguente furori tirati i
cinque colpi, segno di poter uscire. Questo
sperimento produsse qualche sensazione nel popolo, e tutti coloro che avevano
la mente sana capirono che la Repubblica stava per esalare lo spirito. Siccome
scorrevano i primi giorni di giugno, così le insorgenze si accrescevano, con
esser giunte sino a Capodichino. Alla Torre dell'Annunziata, in Aversa, in
Afragola tutto era insorgenza, e il Cardinal Ruffo si avanzava verso la
Capitale. In fatti, nel
giorno 13 Giugno (giorno troppo memorabile e funesto nella storia di Napoli)
il Cardinal Ruffo colle sue masse, dopo aver superato il Forte di Vigliena
(che i Patrioti come tanti Leoni difendevano, ma atteso la debolezza delle
mura ed aperta la breccia i nemici entrarono nel Fortino, allora il Comandante
del medesimo Antonio Toscano, con una risoluzione veramente spartana, sebben
carico di ferite, si trascinò vicino al deposito della polvere, vi
diede foco, e così andiedero in un fascio assaliti ed assalitori) il
Cardinale dunque superato il Forte di Vigliena, si presentò al Ponte della
Maddalena. Vedutisi i
Patrioti incalzati da tutte le parti , con una riprovevole ferocia la mattina
di questo giorno 13 giugno avanti la piazzetta dei Castello Nuovo
spietatamente fucilarono i due fratelli Gennaro e Gerardo Baccker, Ferdinando
e Giovan Battista La Rossa, e Natale d'Angelo. Precedentemente
a cotesto barbaro e antipolitico assassinio, altro commesso ne avevano nel
giorno 15 Maggio con dar la morte al sacerdote secolare Giovanni di Napoli, a
Nicola Napoletano, a Nunzio Raia ed a Santolo Schettino; il primo per aver
sparso notizie della prossima venuta di Re Ferdinando, e gli ultimi tre per
aver tentato di promuover sedizione nella loro Comune di Mugnano, Ho detto che
tutti cotesti assassini furono antipolitici, ed ho detto bene: essi Patrioti
sapevan le notizie e conoscevano che la loro Repubblica stava negli ultimi
aneliti di morte, dunque tutti costoro che essi sacrificarono alla loro rabia
, oltre di essere stata una vendetta non degna di chi vantava filantropia e
fraterna amorevolezza, si dovevano ritenere come ostaggi , per servirsene nel
bisogno. Ma i Repubblicani di Napoli erano della scuola de' Repubblicani
francesi, da' quali si stimava più la vita di un Cardellino, che quella di un
uomo. Verso le 10
del mattino di questo medesimo giorno 13 giugno, dal Governo furon tirati i
tre colpi di cannone indicando la ritirata. Tutti si chiusero. I Patrioti
rivolsero i loro sforzi al Ponte della Maddalena (in dove già eran giunte le
masse di Cardinal Ruffo) e con quella poca truppa e poca gendarmeria che
avevano, e che era rimasta superstite e non aveva disertato, con poca
Cavalleria, e con quella poca Guardia Nazionale che potevano raccozzare,
opposero una tanto valida ed energica resistenza che palmo a palmo
contrastarono il terreno al nemico. Ma non avendo potuto le due colonne, una
composta dalla legione Calabra, e l' altra comandata da Muscari, effettuire
la loro riunione co' Patrioti che combattevano al Ponte, e mortalmente ferito
il Generale Wirtz, i Patrioti doverono cedere e ritirasi ne' Forti del
Carmine, Nuovo, e dell'Ovo; scalato però il primo dalle masso Calabre, e
fatta man bassa su di quanti lo difendevano, altro rifugio non rimase a'
Patrioti che le due Castella, Nuovo, e dell'Ovo, e quel gran barraccone che
costruito si avevano sotto il Castello Sant'Elmo, giacché l'infame Mejan
giammai li volle ammettere nel Castello, del quale avea il Comando. Entrate le
masse Calabre nella città, ed unitasi colla plebaglia, che bentosto comparve
armata, tanti e tanti eccidi commise, che la penna rifugge a descriverli. Guai a que'
Patrioti che non furono solleciti a ritirarsi in una delle indicate Castella,
mentre il popolaccio, col pretesto della causa del Re, gli aggrediva e
massacrava. Non vi era angolo della città in dove non si vedesse acceso un
rogo nel quale l'ebro popolaccio (tra le grida di Viva la Santa Fede ! dalle
masse Calabre affiancato gittava ancor palpitanti le vittime da lui
sacrificate; e vidi io che scrivo alcuni di cotesta infame plebaglia con
cannibalesca rabia divorare le abbrustolita membra degl'infelici sagrificati,
e dopo darsene un vanto. Altri
infelici, e costoro potevan dirsi i più fortunati, tutti grondanti di sangue,
venivan trascinati al Ponte dal Porporato Condottiero, il quale sebbene
avesse potuto tanto eccidio impedire, pure non solo zittiva, ma quasi lo
autorizzava; e gl'infelici colà condotti, ammonticchiati gli uni sugli altri
nella così detta fabbrica de' Granili, privi di qualunque aiuto (che non si
niega neppure a' bruti languenti) esalavano l'estremo sospiro. Calabresi
dalla plebe diretti ed aiutati mille e mille saccheggi commisero. I Palazzi
di Stigliano, dei Principe della Rocca, , del Duca d' Andria , e di altri
molti furon saccheggiati da capo a fondo, con svellerne sinanche le ringhiere
di ferro dai palconi. Se tutte le case saccheggiate avessi voluto qui
descrivere, lunga, tediosa, ed orrorosa ne sarebbe riuscita la descrizione. A
buon conto non il Giacobino (come la plebe diceva) veniva saccheggiato, ma
ognuno che grido di uomo ricco avesse avuto: quindi potrei ben dire coi
sulmonese Poeta: Haec facies Trojae cum caperetur erat. Alcuni
Calabresi ebbero la temeraria baldanza di recarsi dall' ottimo Arcivescovo
Cardinal Capece Zurlo, e con modi vituperosi chiedergli la fascia tricolore
della quale era stato il buon Prelato astretto insignirsi in quei pochi
giorni che durò quella plateale Repubblica; e recata al Ruffo costui in vece
di punire cotanta impertinenza commessa verso un Porporato come lui, forse e senza
forse gli elogiò e premiò. Ma qual
meraviglia ! Cotesto buon prelato per essere stato obbligato insignirsi della
fascia tricolore (che in quei tempo era un distintivo di carica) e per
essere stato costretto di scrivere una Pastorale inculcando l'ubbidienza alla
Repubblica, fu dal Governo di Re Ferdinando IV relegato nel monastero di
Montevergine, in dove si mori, ma dopo parecchi anni furon le di lui ossa
traslocate ed asportate nella Chiesa di S. Paolo Maggiore di Napoli de'
C. C. R. R. Teatini in dove tuttora riposano. Ad essere
storico sincero senza preponderare più per uno che per un altro
partito, ed avendo io indossato la divisa verità non posso fare a meno
di dire, che il Cardinal Fabrizio Ruffo si sarebbe coverto di gloria e 'l suo
nome sarebbe passato alla posterità con pari e forse con maggior gloria,
giacché senza mezzi, senza truppa, senza un nome accreditato, in breve spazio
di tempo riconquistò un regno ; ma l' aver quei massacri permessi, permessi e
sanzionati, han fatto si che fu l'esecrazione de' suoi contemporani, e
lo sarà ancora della più tarda posterità. I Patrioti
intanto dalle indicate Castella si difendevano, giacché le truppe del
Cardinal Ruffo vari provvisori fortini in diversi punti della città aveano
inalzati per batterli. Tra gli altri uno nel Boschetto della Villa Reale a
Chiaja per battere quello dell'Ovo. I Patrioti del Castel Nuovo con quelli
del Barraccone sotto il Castel Sant'Elmo, con pochi Francesi che ottennero
dallo scellerato Mejan mercé 14 mila ducati che gli sborsarono, la notte
precedente al 17 Giugno fecero una sortita per andare ad inchiodare i cannoni
posti nel cennato provvisorio Fortino nel Boschetto della Villa Reale,
siccome eseguirono. Il convegno co' Patrioti del Barraccone era al Largo del
Vasto. Felice in tutto sarebbe riuscita questa sortita, e ritirati si
sarebbero vittoriosi e senza perdite , ma equivocato il motto d'ordine nel
punto della loro riunione (che come ho detto era al Largo del Vasto) fece si
che s'impegnò tra loro una fucileria, ed alcuni vi rimasero estinti.
Riconosciuto I' errore, andiedero ad inchiodare i cannoni, vi riuscirono e si
ritirarono a' loro posti. Infelice era
la posizione de' Patrioti rinchiusi nelle cennate Castella. Scissi di pareri,
con Previsioni non in troppo gran quantità, che maggiormente se ne sarebbe
affrettato il consumo per le tante bocche inutili che in essi si
rattrovavano, come di donne, di vecchi, di fanciulli, con poche munizioni da
guerra; l'aver ciascuno di que' Patrioti le rispettive famiglie sparpagliate
e disperse per la città; fecero sì che diedero ascolto allo
invito per la Capitolazione, che venne ad essi fatto da' Comandanti
delle Truppe alleate che col Cardinal Ruffo venute erano
alla conquista del Regno, cioè ' Inglesi, Russe, Ottomane,
e dallo stesso Cardinal Ruffo, qual Vicario di Re Ferdinando. I patti
furono : mezzi di trasporto per coloro che avrebbero voluto andare in
Francia: oblio del passato per quei che avessero voluto restare in Napoli ,
salve le persone e le proprietà: resa dei prigionieri e degli ostaggi:
approvazione di codesti patti per parte del Comandante di Sant'Elmo. Resi i Forti
: si crederebbe ?Questa capitolazione solennizzata
in faccia, dell' Europa intera ; garentita dalle Potenze Alleate di Re
Ferdinando, dal di Costui Vicario sottoscritta, con una perfidia che non avrà
la simile nella storia, venne infranta col macchiavellesco pretesto : Che un
sovrano capitola coi suoi pari, non con sudditi ribelli. Ma con cotesti
ribelli capitolato avea quando erano una Potenza: cotesti voluti
ribelli non eran poi sudditi né dell' Inglese, né dei Russo, né dell'
Ottomano co' quali avean capitolato, dunque i giurati patti si dovean
mantenere ; ma la vendetta di una donna (che poi un tragico fine fece in
Vienna nel 1814) fece passar per sopra a quanto l'onore, il dritto delle
genti, la morale e la parola di un Sovrano Prescrivevano, ed i Capitolati
si mandarono a morire su di un patibolo, e questo tratto di perfidia
covrì di obbrobio Re Ferdinando IV presso i suoi contemporanei, e lo covrirà
del pari presso la posterità. Ad essere
però storico veritiero debbo dire: che Re Ferdinando volea che si fosse
appuntino mantenuta la giurata Capitolazione; ma debole soverchiamente alle
insinuazioni di un infame Isolano , qual era Nelson (che poi morì con un
colpo di cannone nella battaglia di Trafalgar) e quella di una prostituta,
Emma Leona, ossia Lady Hamilton (che poi miserabile e piena di malori morì in
Italia) e quelle di un altro più che furbo Isolano, il generale Acton, nomi
tutti che con orrore da' posteri si leggeranno nella storia; ed alle
pretensioni di sua moglie; con tutto il suo buon naturale si fece
accalappiare e vincere, e sporcò il suo nome in maniera che neppure i suoi
più affezionati amici lo han potuto difendere. Pochi giorni
dopo la resa del Castel Nuovo e di quello dell'Ovo, cioè a 11 Luglio 1799, si
rese Sant'Elmo, mercé 40 mila ducati che si prese dagli Inglesi il suo
vile e scellerato comandante. Cotesto infame (Mejan) pensò a far per sé una
favorevole Capitolazione, escludendone assolutamente i Patrioti Napoletani,
anzi discese a tanta ignominia, che nella consegna dei Castello, se
qualcheduno di quelli infelici tramischiato tra le sue truppe avesse cercato
di emigrare (giacché erasi diggià cominciato a vociferare che la
Capitolazione non si sarebbe mantenuta egli lo indicò a coloro che prender
doveano la consegna del Forte, e lo fece arrestare. A 31 Luglio
si rese la Piazza di Gaeta, quella di Capua erasi resa del pari. In seguito
si rese quella di Pescara, ed Ettore Carrafa che la comandava, sebbene la
avesse resa per Capitolazione all'infame Pronio , pure cotesto brigante,
appena avutolo nelle mani, lo legò e lo mandò in Napoli, dove fu
condannato a morte, ed a 14 Settembre 1799 venne decapitato nella gran piazza,
del Mercato. Qui
incomincia altra luttuosa catastrofe a cagione di quella infernale Giunta di
Stato che meglio si sarebbe potuta chiamare, Giunta di sangue, la quale
centinaia e centinaia ne mandò a morte. Anzi uno de' componenti la medesima
(l'infame e sempre detestabile Guidobaldi) che vi disimpegnava le funzioni di
Avvocato Fiscale, giunse a tanta ignominia da fare una convenzione, anzi una
transazione coi carnefice, che invece di pagarsegli ducati nove per ogni
disgraziato che dovea far morire; atteso le grandi esecuzioni dì morte si
doveano fare, darsegli ducati 18 il mese. Io qui lascio
di scrivere, avendo solamente promesso narrare in, ristretto il periodo della
Napoletana Repubblica, che ho fatto con tutta la imparzialità e senza spirito
di parte, n'è di partito, non essendo appartenuto a veruna setta surta a'
tempi miei. Chi poi volesse più circostanziatamente leggere un tal periodo ,
potrà riscontrare la II Parte vol. I delle mie Memorie Storiche sul
Regno di Napoli, Ms. da Carte 171 a Carte 358.
|
[ 1] Senza affannarmi ad osservazioni su tale mostruoso
Calendario potrà esso vedersi nella mia
Cronologia Sacra e Profana Ms. e per quello della Repubblica
Napoletana nelle mie citate memorie
storiche
del Regno di Napoli, Par. 2°, vol. I. car. 175 a ter. e car. 178.
[ 3] Testimone io e che scrivo
il presento Cenno. In qu' giorni mio padre mi diede una Fede di credito;
di
ducati 200: per cambiarla in Piazza in numerario effettivo, mi recai nel
botteghino di Pietro
Gatti in istrada di Toledo e ne ebbi ducati 20 in
denaro di argento.
[ 5] Ora, ve' che sono gli
uomini ! Nel 1647 la rivoluzione fu fatta dalla plebe, e questa volendo
istallare una Republica Aristocratica ne volle
eliminare i nobili. Nel 1799 la
rivoluzione si aggirò
tra i Nobili
e 'l ceto de' gentiluomini, e costoro volendo erigere una Repubblica
tutta democratica ne
vollero eliminato il popolo. Posson darsi
contraddizioni più assurde ! quindi in ambi i tempi
vacillarono coteste Repubbliche.