Breve cenno
storico - critico su la
Repubblica napoletana
dalla sua istallazione sino
alla sua caduta.
Cioè dal 23 Gennaio
sino al 13 Giugno 1799.
Per
Emmanuele Palermo

 

 

Non mi affatico a descrivere tutto e quanto avvenne in Napoli prima della entrata delle armi Francesi, avendolo fatto penne della mia più valide ed avendolo ancora io fatto nella 2a Parte delle mie Memorie Storiche su di questo Regno: mi ristringo solo narrare ciò che accadde nel breve periodo di cotesta mal concegnata Repubblica, e lo farò con tutta l'imparzialità di Storico Veridico, e perché disgraziatamente  mi ci trovai presente, e  perché in una età da poter distinguere il grano dal loglio, e perché non dominato da spirito di setta, o di partito. Senza ulteriori preamboli dunque entro in materia.

Appena entrata l'armata Francese nel 23 Gennaio 1799, che da questa e da' Patrioti Napoli fu proclamata Repubblica. Il popolo che il giorno prima minacciava esterminio e morte a tutto il ceto de' gentiluomini, ora parte si era buttato ad acclamare i Francesi, avendo alla testa  un certo Michele soprannominato  lo pazzo (il quale sebbene co' suoi compagni accanitamente resistito avesse allo ingresso delle truppe Francesi in questa Capitale, rimaste quelle superiori, unitosi  a circa un centinaio della più  vile  plebaglia, andando avanti al  cavallo di Championet, a coro gridavano - Viva la libertà! Viva S. Gennaro! Viva Championet!) altra parte di cotesta medesima plebaglia erasi andata, per timore, ad intanare ne' suoi covili.

Ballo di patrioti nella Certosa di San Martino (24 gennaio 1799).

Elettrizzate, anzi accese le teste de' patrioti, da' Francesi pe' loro fini, vedendo che il Calendario era assolutamente Aristocratico, così ne' nomi de' mesi come in quelli della settimana, nonché nella distribuzione dei giorni di ciascun mese, prima loro cura si fu di democratizzarlo con adottare il Calendario infantato dalla Repubblica  Francese, acciò tutto spirasse Democrazia[ 1] .

Quindi da Championet si passò a nominare le Municipalità,  a dividere la città in sei Cantoni, assegnando ad ogni Cantone una Municipalità, ed un dicastero centrale nella città di Napoli.

Indi dallo stesso Championet, e non già dal popolo, nello stesso giorno 23 gennaio (14 Piovoso, anno 7°) fu nominato un Governo Provvisorio composto di 25 membri, investendolo dell'autorità Legislativa ed  esecutiva sino alla organizzazione dei Governo Costituzionale. Divise cotesto Governo in sei Comitati, cioè: di Legislazione--- di Polizia Generale--- Militare ?-- Finanze--- di Amministrazione interna??- ed  un Centrale. Furono nominati cotesti membri  del Governo Provvisorio Rappresentanti del popolo; ma che il popolo neppure di nome conosceva; e costoro non potevano deliberare se non fossero stati almeno due terzi presenti, e i loro Decreti passavano alla maggiorità, ma forza di legge aver non potevano, se non fossero stati prima sanzionati dal Generale in Capo: e ciò per effetto  dell'acquistata libertà!

Nel giorno 5 Piovoso Championet col seguito si recò nell'Arcivescovado a visitare ed adorare S. Gennaro, a chi regalò preziosa collana di diamanti, ed ordinò il canto dell'Inno Ambrosiano nel  dì seguente, che a cagione del tempo cattivo venne differito alla Domenica.

Il giorno   6 detto mese, lo stesso Generale in Capo si recò in S. Lorenzo (luogo dove il Corpo di Città in quel tempo risiedeva) e radunato ivi il Governo Provvisorio e la  Municipalità, fece ad essi un'allocuzione, colla quale si sforzò a provare l'utile che Napoli avea acquistato ricevendo la libertà, ed esaltando le fatiche della sua Armata Francese sofferte per procurare ad esso Napoli questa libertà: conchiudeva col prevenire che si dovea pagare ad essa una contribuzione militare.

A questa allocuzione venne risposto dal cittadino Carlo Laubert, Presidente del Provvisorio, il quale a norma dell'uguaglianza già stabilita diede del Tu  al Generale; e con un'adulazione la più impudente lo ringraziò di quanto egli e la  sua armata fatto avevano in liberar Napoli dalla tirannia di un solo, e soggettarlo a quella di 25 e lo ringraziò sinanche della Contribuzione militare che volea imporre.

Non appena fu istallato il Governo Provvisorio ; per effetto dell' amichevole dimanda del Generale in Capo; con legge del 7 Piovoso in 13 Articoli, si ordinò un imprestito forzoso di due milioni e mezzo di ducati da pagarsi a' Francesi ! Ma cotesti buoni amici ! considerando che il regno era esausto in numerario, si contentavano prendersi questa somma anche in oggetti e metalli preziosi: quanto erano buoni !! Quello però che ebbe questa Legge di più particolare si fu, che prescriveva i mezzi e la maniera come pagare cotesto imprestito, sino a comminar pene a' renitenti; ma del come poterlo e doverlo poi restituire, non parlava affatto: giacché chi dice imprestito, dice restituzione: ma perché questo voto in detta Legge ? Perché sapevasi di certo non potere, né volere restituire cotesto imprestito.

Con Legge de' 10 Piovoso, divisa in più Paragrafi, ogni Paragrafo in più Articoli, fu stabilito l'Organico de' sopradetti  Comitati.

Con Ordinativo del Generale in Capo del 17 suddetto mese, diviso in 31 Articoli furono fissate le attribuzioni di  Ciascun Comitato.

Furon nominati a Ministri:

Per la Guerra, Arcambal, indi Manthonè.

Per lo Interno, Conforti, indi  Baffi.

Per le Finanze, Bassal ,  indi Domenico di Gennaro. 

Per la Giustizia e Polizia, Emanuele Mastellone.

Con altra Legge degli 11 Piovoso, in 8  Articoli, venne' ordinato, che tutte le Autorità avessero provvisoriamente continuato nelle loro rispettive funzioni, onde non attrassarsi il servizio pubblico. Abolì il Tribunale di Polizia, perché antidemocratico, ma altro ne istallò  sotto il nome democratico  di:  Commessione di Polizia, che democraticamente indagava sino i più reconditi pensieri de' cittadini. Né questo bastò,  che un' Alta Commessione Militare venne poi creata, la quale inappellabilmente giudicava i delitti di lesa maestà del Popolo; e la quale democraticamente condannava alla  fucilazione i rei, giacché la morte col laccio su la forca era Aristocratica.

In  forza di cotesta Legge si riaprirono i Tribunali ma si cangiarono ad essi i nomi perché gli antichi sentivano di Aristocrazia. Si stabilì la formola delle intestazioni delle Sentenze e dei Decreti, e si prescrisse dover sempre alle une e agli altri fare precedere le parole Libertà Eguaglianza onde far vedere che almeno sulla carta esistevano queste due parole.

Si prescrisse la nuova Impresa della Repubblica, che fu una Donna seminuda con fascio consolare alla dritta sormontato da una scure, su del quale poggiava la mano, a sinistra una lunga pertica sormontata da un berretto rosso, mentre il Cavallo senza freno, che era l'antichissima Impresa di Napoli, perché fatto troppo vecchio, e diventato marrone, a nulla più serviva.

Però io voglio dare adesso la spiega blasonica di una tale Impresa. La donna seminuda indicava che i Napoletani si dovevano spogliare di tutto per rivestirne i Francesi, il fascio Consolare con la scure indicava, che se non l'avessero fatto di buona volontà la mannaia li attendeva: la lunga asta con la beretta significava, che ridotti in beretto con lungo bastone nelle mani dovevano ridursi a pitoccare.

Si piantarono gli Alberi della Libertà, e se la Repubblica non fosse morta nelle fasce, Napoli  sarebbe diventato un bosco di tali infruttiferi  alberi.

Mentre nella Capitale i Repubblicani tanto eseguivano,  e a tante cose inette si applicavano, e che i Francesi, profittando del di loro acciecamento li depredavano ed a loro spese lautamente vivevano e si vestivano, giacché  venuti erano laceri e smunti, le provincie tutte erano insorte, allo infuori di poche Comuni nelle quali il partito Patriottico, perché più forte, ne mantenevano a freno le popolazioni : ma non appena costoro si allontanavano, ritornavano nella insurrezione.

Gli Abruzzi, il Contado di Molise, le Calabrie erano il  teatro degli eccidi e de' saccheggi, ora commessi da un  partito, ora dall'altro, che reciprocamente si distruggevano e la guerra civile da sovrana regnava in quei luoghi, ed aggiunto a tanti mali la guerra dichiarata dalle Potenze Barbaresche alla Repubblica Francese, gran Madre di tutte le Repubbliche figlie, Napoli per conseguenza che'era, l'ultima delle cadette; e vagiva nelle fasce, ne fu  più afflitta, perché priva di marina, onde benanche quel poco di commercio che avrebbe potuto fare colle sue province le fu  intercettato.

E pure i Patrioti in mezzo a cotesto mare magnum di angustie e di miserie, invece di pensare ai mezzi di recarci  rimedio, pensarono a pubblicare la libertà della stampa, altra Sorgente d'indecenze, a discettare sui colori che  compor doveano la bandiera e la coccarda nazionale, come se in ciò consistito fosse la forza della nascente Repubblica: ad abolire i fedecommessi, a togliere gli antichi nomi e le antiche distribuzioni delle province con altri sostituircene più democratici.

Con  legge del 17 Ventoso, pubblicata però a 7 Fiorile, in 14   Articoli, fu abolita la feudalità : e con un Regolamento in 20 Articoli, fu prescritta l'organizzazione di una Guardia Nazionale a piedi ed a cavallo.  Alla prima venivano chiamati tutti i cittadini da' 16 a' 50 anni, ma conosciuti pel  loro liberalismo ed attaccamento alla Repubblica, e se ne vollero esclusi   tutti coloro che servito aveano la  passata Corte, i quali benanche furon dichiarati incapaci di ottenere impiego alcuno. Alla seconda poi venivano ammessi coloro che volontariamente vi ci si volevano ascrivere: e tanta era la deferenza de' Patrioti Napoletani per tutto quello che da' Francesi facevasi che lunghe e calde discussioni vi furono per far passare la Legge per la  Guardia Nazionale a Cavallo, a solo ed unico oggetto che in Francia non vi era.

Intanto il Cardinal Ruffo, de' Duchi di Baraniello, di  già disceso, era in Calabria ed attirava sé le popolazioni, le quali disgustate dalle depredazioni de' Francesi, che tutto assorbivano quel poco che rimasto ad esse era, a folla accorrevano sotto le bandiere del Re, allettate ancora dalle promesse del saccheggio in que' paesi che avrebbero occupati : ed ecco aperto un altro vasto campo alla distruzione.

Da' Patrioti delle provincie si chiese una Legge con la quale dimandavano che fossero messe sotto la salvaguardia della Repubblica le loro persone e i loro beni. Il Generale in  capo Macdonald nel dì 14 Ventoso severissima Legge pubblicò contro l'insorgenza, che venne di nuovo  replicata  a' 15 Fiorile con la giunta di altri 5 Articoli. Ma nello Stato in cui le provincie allora trovavansi vi era bisogno di numerose armate per ridurle ad ubidire al nuovo sistema, e non di Leggi, le quali non essendo, affiancate da forza imponente per farle osservare cadevano nel disprezzo e nella derisione.

Si lusingavano i Repubblicani poter ridurre le popolazioni a' principii Democratici con aprir Sale Patriotiche d'istruzione, con far stampare Catechismi Repubblicani, con mandar Proclami, i quali poi altro non erano che stomachevoli diatribe contro il  Governo Monarchico, che spesso cadevano in parole da trivio.

Questo anche fu una illusione,  giacché sarebbe stato necessario dal bel principio disgravare queste popolazioni da' pesi che  pagavano, ed allora senza  Sale Patriotiche,
senza Catechismi, senza proclami, con piacere si sarebbero sottoposte al nuovo sistema.

  In vece di  parlare al popolo ignorante con fare ad esso sentire i nomi di Frine, di Dionisio, di Massenzío, che  quello per nulla  comprendeva, faceva duopo dirgli : il
dazio sulla farina si è tolto; i fuochi si sono aboliti; il sale si pagherà grana 2 e 1/2 il rotolo, ed allora a folla  sarebbero le popolazioni  accorse ad abbracciare il sistema
Repubblicano, giacché i popoli tanto più si affezionano ad un Governo, quanto meno li grava di pesi.

Ma la insaziabile rapacità Francese (le cui armate a guisa di Vandaliche orde andavano depredando le misere Italiche contrade) e l'acciecamento de' Patrioti in volerla satollare, produssero la caduta di quella tanto male immaginata Repubblica. In fatti, tra l'altro si pretese da' Francesi che  fabbricato si fosse un Vascello, due Fregate, e molte Scialuppe cannoriere co' legnami da costruzione rinvenuti nei Magazzini, e con quelli che esistevano nelle foreste Nazionali, e questi per conto della Repubblica Francese; e  volendo mostrar disinteresse, permisero potersene rivalere dalle somme che la liberata Napoli pagar dovea per gratitudine a' suoi generosi liberatori !! e per maggiormente allucinare coloro, che già di troppo allucinati erano, a cotesto vascello (che ancora dovea nascere) volevano che gli si  fosse dato Il nome di Armata di Napoli, e alle due Fregate (che  ancora si trovavano in erba) ad una il nome  di Partenope, ed all'altra   la Riconoscenza. Ma cotesti  legni però giammai vennero a luce.

Si chiamò in attività la Marina, e si ebbe un Corpo di uffiziali di mare e di marinai senza aver neppure uno scappavia da porre su cotesto Elemento (giacché della gigantesca Marina di Guerra Napoletana, parte avea seguito Re Ferdinando in Sicilia, e parte era stata distrutta) e ritornato dalla Sicilia il sempre  prode ed infelice Caracciolo (che la invidia degl'Isolani pirati, e quella dei vile Conte Turni portarono a quel tragico, non meritato fine) lo fecero Direttore di questa marina, e pur tuttavia il genio di questo Eroe  del mare utilizzò poche vecchie barcacce cannoniere (che la loro animosità avea fatto sfuggire dalla distruzione) ed alcuni inservibili pontoni, e con questi allorché gl' Inglesi vennero ad assalir Procida ebbe il coraggio di affrontarli e porli in fuga.

Il Cardinal Ruffo tra questo mentre facea progressi nelle Calabrie, i Repubblicani lo caratterizzavano per brigante, e ponevan lui e di lui seguaci fuori la legge. Egli si inoltrava inoltrava nel Regno, e le popolazioni a folla gli si univano, e con questa truppa collettizia intraprese la riconquista del regno, che gli riuscì.

Con legge del 30 Piovoso fu ordinata la coniazione della nuova moneta del tipo della Repubblica. Questa moneta fu, in argento in pezzi da 6 e da Carlini 12; ed in rame in pezzi da due e da tre grana. Ed atteso la scarsezza dell'argento, con altra Legge de' 15 Ventoso, furono autorizzati i cittadini a poter mandare nella Zecca Nazionale i loro argenti per coniarsene moneta, pagandosene i dritti al Governo. Ma nessun effetto una tale legge produsse, poiché que' cittadini a' quali qualche poco di argento era rimasto, amarono meglio tenerlo presso di loro, anzicché ridurlo  in moneta, temendo che la rapacità de' Francesi la quale era stata imitata anche da' Repubblicani Napoletani, non se gli avesse appropriati, col pretesto di far parte della conquista.

Trovavansi in Napoli molti Preti Francesi che non avevan voluto dare il giuramento alla  loro Repubblica. Re Ferdinando IV gli aveva accolti, e commiserando il di loro Stato gli avea distribuiti in varie Case religiose, con l'obbligo a queste, di somministrargli vitto ed alloggio, ed un'annuale pensione in danaro per gli altri loro bisogni.

Temevano costoro, entrati che furono i Francesi, di rimaner privi dei mezzi di sussistenza, onde ne ricorsero a Championet, il quale dimenticando per un momento di essere un Generale delle Repubblicane armate francesi, in data del 1°  Ventoso ordinò che nulla si fosse innovato sul conto de' medesimi, anzi comminò delle pene per quelle Case Religiose che si fossero denegate ubidire; con restare essi Preti però sotto la stretta sorveglianza della Polizia.

Il giorno 9 Ventoso Championet partì da Napoli per Parigi, colà richiamato, ma giunto a Torino, fu per ordine dei Direttorio Esecutivo arrestato, perché accusato di dilapidazione. Difatti il Direttorio aveva ragione; il diritto di spogliare l'Italia era di sua privativa, i Generali che egli vi spediva dovevano avere una parte in questo spoglio, non appropriarsi di tutto. Championet forse per errore si era attenuto al secondo non al primo. A successore gli fu dato il Generale Macdonald che giunse in Napoli nello stesso giorno.

Non sazii i disinteressati Francesi de` milioni presisi dall'infelice Regno di Napoli, che anche molti Capi?d'opera di arte pretesero ; e il Governo Provvisorio sempre secondando le pretensioni  di questi buoni amici ! ordinò che di que' Capi?d'opera che inviar si dovean alla cara Madre Repubblica Francese come un ricoscente omaggio della Repubblichetta  figlia , se ne fossero, fatti i modelli per conservarli in luogo delli originali.

Macdonald per non esser da meno dei suo predecessore, pubblicò anch'egli il suo Proclama, e col solito tuono enfatico millantò i pregi  dell'acquistata libertà, e dimenticò l'articolo del pagamento della Contribuzione di guerra  e di quegli  altri ammenicoli che si doveano dare all'armata liberatrice a titolo di riconoscenza per  esserci venuta a depredare.

Per maggiormente illudere il popolo, i Patrioti ed i Francesi sparsero voce che re Ferdinando era fuggito dalla Sicilia a cagione di una rivoluzione colà scoppiata e che quella Isola erasi incominciata a democratizzare; che a Pietroburgo si giacobinizzava; che la squadra Inglese ritirata si era dalla Sicilia, ed altre simili imposture.

Il malcontento tra di tanto cresceva; Trani si pose in, aperta rivolta, massacrò quelli del partito Repubblicano, e mille eccidi vi commise, per cui accorsivi i Francesi la doverono prendere di assalto, e dopo aver fatto costoro la loro parte a' saccheggi ed a' massacri, al loro solito gl'imposero una contribuzione di 6000 ducati.

A Montoro si dové inviare della truppa per ridurlo a devozione della Repubblica.

Nella Capitale medesima s'incominciò a congiurare. Il 17 Ventoso nella strada dell'Annunziata fu arrestato un tale Domenico Benedetto, e da un centinaio tra camiciotti e lazzari in una casetta fuori Porta Capuana.

Altra congiura tramata dalla famiglia Baccher fu denunziata da Luisa Molina Sanfelice, che il suo amante Gerardo Baccher imprudentemente confidata le avea, onde a  23   Germile i Baccher vennero arrestati.

Molto esaltarono ed encomiarono i Patrioti quest'azione della Sanfelice , che a loro dire avea salvata la Patria; ma tal denuncia costò la testa alla infelice ed infatuata donna.

Furono dei pari arrestati il Tenente Generale de Gambs: il Tenente Colonnello Federíci[ 2] ; il Brigadiere Boch; il sotto paroco del Carmine; il Principe di Canosa; i due fratelli lorio , cioè Michele Magistrato , ed il Vescovo ; Giovan Battista Vecchioni ed altri molti. Due depositi di armi furono rinvenuti.

Credevano i Patrioti poter frenare questo fermento con le leggi, per cui giorno per giorno ne pullulavano delle nuove, che per mancanza di forza rimanevano inefficaci. Ma i Francesi vi trovavano il loro conto da tutte queste parziali rivolte poiché vi accorrevano con la forza, sottomettevano i paesi rivoltati, li saccheggiavano e li sottomettevano ad una contribuzione.

Inenarrabili sono le estorsioni e le depredazioni che si commettevano da Francesi e da' Patrioti insieme. Il Generale Rey mandava a chiedere all'Ufficiale del Carico dell'allora abolita Segreteria di Casa Reale tutte le Collane d'oro dei Tosone e di S. Gennaro, che la passata Corte soleva dare ai Cavalieri allorchè li decorava di tali ordini. La Municipalità si prendeva docati 12 mila da' Capi d'arti (detti suggici) per poner alta l'assisa de' comestibili. Ab uno disce omnia.

La gran Madre la Repubblica Francese alla quale era a cuore il bene della Repubblica Napoletana sua figlia, vi mandò il cittadino Abrial per organizzarla (questa parola era sinonimo di depauperare) difatti, eransi satollati i primi bisognava mandarci i digiuni. Costui giunse l'8 Germile, e con un proclama concepito con parolone lusinghieri fece il suo ingresso nella Carica. Nel giorno medesimo abolì il Governo Provvisorio istallato dal Generale Championet, ed altro nuovo anche Provvisorio (allora tutto era provvisorio, la stessa Repubblica fu provvisoria) ne nominò, dividendolo in due Commessioni, una Legislativa, l'altra Esecutiva, le quali il giorno 26 Germile entrarono in funzione.

I pubblici Banchi trovavansi in un orribile squallore, a cagione del numerario depositatovi da' particolari che la passata Corte ne aveva distratto. Vari  progetti si fecero per darci riparo, ma tutto invano. Ci volevano molti milioni per appianarne il voto; questi mancavano, e l'aggio in piazza crebbe sino al 90 per 100[ 3] .

Precedentemente a quanto si è narrato, e propriamente nel dì 2 Ventoso,  il Direttorio Esecutivo di Francia dichiarato avea la guerra all' Imperatore d'Austria. Pervenutane la notizia in Napoli, i Patrioti gongolarono di gioia. Quindi dal Generale Macdonald nel giorno 11 Germile furon messi sotto sequestro  gli effetti tutti appartenenti a' sudditi Austriaci , e che trovavansi esistere nelle due Repubbliche Napoletana e Romana, con l'obbligo a' cittadini  di coteste due  Repubbliche di doverne dar nota al Governo, sotto severissime pene pecuniarie a' trasgressori.
I rovesci intanto che i Francesi  soffrivano nell' Alta Italia obbligarono il Generale Macdonald, a voler riconcentrare tutta la sua  forza  in un Campo, ed a ciò prescelse, Caserta. Colorì egli questa sua risoluzione coi pretesto di alleggerire gli abitanti di Napoli dell'alloggio militare nelle loro case, e di poter da colà, a cagione delle continue insorgenze, più facilmente accorrerci in caso di bisogno in tutti i punti della Repubblica. Il 3 Fiorile quindi  partecipò questa sua risoluzione al Governo Provvisorio. Nel  giorno 5 passò in rivista la Guardia Nazionale, e le Truppe di  linea e di Marina. Assegnò  per quartieri della Guardia Nazionale le tre Castella, Nuovo, dell'Ovo, e del, Carmine, che nel giorno 6 ne prese essa il possesso. Ma il Castello:Sant'E1mo lo ritenne pe'  Francesi, lasciandovi una guarnigione di 500  uomini comandati dal Capo di  Brigata Mejan, al quale, pel tradimento che poi fece a' Patrioti, meglio gli sarebbe stato adattato il nome di Mechant.  Nel giorno 8 Fiorile centinaia d'insorgenti di Gragnano piombarono sopra Castellammare ,  e direttisi al Forte che guarda il molo, lo assalirono. I tre uffiziali di Marina che ivi erano si accinsero alla difesa, ma gli' artiglieri, ricusarono di ubbidire, per cui uno restò   morto nel volersi gittare dal Forte in  una barchetta, un altro fu ferito, ed il terzo  rimase prigioniero degli Inglesi, i quali vi fecero uno sbarco di molte centinaia di soldati esteri. Vi   accorse il Generale Sarazin con della truppa, vi 'accorse lo stesso Macdonald, ma troppo tardi, giacché gi'insorgenti   avevano sgomberata la città e gl'Inglesi, al loro solito, aveano preso il largo.

Altra truppa dové spedirsi a Lettere e a Gragnano per sedarne le insorgenze.

Or mentre che tante insorgenze affliggevano la nascente Repubblica, e la comunicazione dei  viveri con la Capitale intercettavano , l' acciecamento de' Patrioti era giunto al segno, che non solo la loro infelice situazione non conoscevano, ma la Domenica seguente al fatto d'armi di Castellammare, ritornato il Generale Macdonald  colla notizia di essersi gl'insorgenti ritirati, unitosi  un gruppo di Guardie Nazionali e di Patrioti, invece di andare in qualche Tempio a renderne grazie al Dio degli Eserciti , si recarono nel Largo  di Palazzo e intorno a quell' albero della Libertà vi ballarono la Carmagnola.

Nel giorno 13 Fiorile le truppe Francesi partirono pel Campo di Caserta, ed una requisizione di 300 Carra  si fece pel trasporto degli oggetti dell'armata che partir dovea per la Cisalpina, ed allora cadde la maschera a' depredatori Eroi della Gran Nazione, che dopo aver compromesso i Patrioti Napoletani; dopo  avergli depauperati (segno di ciò che venuti nudi nel partire ebbero bisogno di 300 Carra per trasportare le rapine) vilmente gli abbandonarono a loro stessi, con  lasciare una guarnigione di 500 uomini  in Sant'Elmo, altra di    1500 in Capua, ed altra simile in Gaeta,  con rimanere il General Rusca Comandante della Piazza e de' Forti, ed  una piccola colonna mobile sotto il comando del Generale Gerardon : con istruzione però che in caso di stretta necessità avessero procurato per loro stessi   una onesta capitolazione, senza brigarsi dei resto, siccome si vidde.

 Nel giorno  17 Fiorile furono afforcati gli assassini de' due fratelli Filormarino[ 4] .
Pensarono i Repubblicani negli ultimi aneliti della loro moribonda Repubblica, ad oggetto di cattivarsi il popolo, abolire, la gabella della farina e quella del pesce. Troppo tardi fu adottato un tal espediente  per cui nessun buon effetto produsse. Al contrario prima far non lo poterono poiché i disinteressati mercanti di Libertà giravano l'Italia non già per liberarla dalla tirannia (come volevano dare a 'credere) ma per liberarla dal numerario, da' Capi?d'opera delle belle arti, dagli oggetti preziosi e da quanto vi esisteva. Quindi i Patriotti napoletani doverono prima pensare per gratitudine, satollare la rapacità dei loro liberatori e poi disgravare il popolo da' pesi.

Pensarono ancora i Repubblicani aver ricorso alla Religione (a quella Religione dalla quale si erano emancipati e che tanto avevano vilipesa) per abbattere l'insorgenza per cui costrinsero l'ottimo Arcivescovo Cardinal Giuseppe Maria Capece Zurlo a pubblicare delle censure contro i rivoltosi, e disubbidienti alla Repubblica.

A 8 Maggio fu richiamato il General Rusca ed in suo luogo rimase il Generai Gerardon. Il giorno 9 poi l'armata Francese incominciò a defilare, né sazia di portare seco tutto e quanto rapinato avea  in questo bel paese, che si portò ancora 500 vacche, onde far per la strada un poco di brodo a' suoi ammalati. Anche il Commessario Organizzatore Abrial partì insieme con l'armata.

Se i Patrioti non   fussero stati tanto acciecati , partita che fu l'Armata Francese e rimasti senza appoggio avessero conosciuto la loro infelice e critica situazione, giacché le notizie sapevano che l'armata del Cardinal Ruffo si avvicinava alla Capitale, anzi poco ne distava, era quello, il momento di fare un necessario atto eroico, di spedire cioè Deputati a Re Ferdinando in Sicilia con  richiamarlo, e restituirgli quel Regno ch'essi non potevano  difendere, ed implorare un generoso perdono. Difatti vi fu tra' membri dei Governo qualche persona più sana di mente, che si avanzò a fare questa mozione, ma vi corse pericolo di rimanerci trucidato qual Liberticida. Cotesto inconsiderato rifiuto fece poi spargere fiumi di sangue...

Pensarono i Repubblicani formare un' armata, quindi stabilirono organizzare tre reggimenti di Cavalleria. Le disposizioni si diedero, ma tre cose mancavano per formarli: cioè, uomini per completarli, danaro per vestirli e pagarli, cavalli per montarli. Gli scheletri di cotesti tre Reggimenti nel giorno 25 Fiorite furono passati in rivista nel Largo di Palazzo, e partirono per Nola.

Si pensò ancora di organizzare quattro Legioni di Fanteria, alle quali, prima di nascere, diedero Democratici nomi, cioè, la Sannita, la Volturnia, la Salentina, la Lucana; e dovevano andare in Puglia a completarsi.

Nuova organizzazione si diede alla Guardia Nazionale. Ad esser giusto, bisogna confessare che i Patrioti napoletani, sebbene destituiti di mezzi, tutta opera si diedero, tutta l'energia spiegarono a poter fare una valida difesa; ma il male era degenerato in cancrena, per cui non poteva sperarsene guarigione.

Nel 22 Fiorite fu veduto nelle acque di Procida giungere un Brik Inglese, il quale, fatti alcuni segnali a' Vascelli della Sua Nazione , questi frettolosamente fecero vela. I  Patrioti Napoletani crederono che giungesse la Gallispana (da essi tanto attesa e che giammai giunse) per cui avessero abbandonata quell' Isola; altri che corressero a dare aiuto a Re Ferdinando in Sicilia perché colà travagliato da rivolte, ed ebri di gioia esultavano.

Il dì seguente l'íntrepido Caracciolo con suo Proclama invitò i  Patrioti ad imbarcarsi, e con due Galeotte, otto Cannoniere, sei Bombardiere (misero avanzo di una imponente Marina) e vari Filuconi, partì alla volta di Procida, e '1 dì 28 con coteste deboli forze ardì attaccare la flottiglia Inglese, forte di una Fregata, due Corvette, uno Sciabecco, sei Cannoniere, una Bombardiera, e tre altre barche, e con accorta ed abili manovre molto la danneggiò, sino a disalberare la Fregata e se non rosse stato  per le batterie di terra che incominciarono a far fuoco a fior d'acqua e lo costrinsero alla ritirata, si sarebbe impadronito di quella Flottiglia.

Quest'azione covrì di gloria Caracciolo ma fu  cagione di fargli subire quel da lui non meritato fine.

Per questa vittoria due pubbliche tavole si diedero intorno all'Albero della   Libertà nel Largo di Palazzo.

I malaccorti Patrioti sebbene vedessero che la Repubblica, si avvicinasse al suo fine, e che tutta la di lei estensione non oltrepassasse il ristretto perimetro della città di Napoli, pure imprudentemente e scioccamente nella Domenica 30 Fiorite vollero dare uno spettacolo al popolo, con bruciare solennemente alcune bandiere che in varie azioni avean conquistate sopra gi'insorgenti. Quindi gran macchina eretta intorno all'albero della Libertà nel Largo di Palazzo, con iscrizioni e festoni, e con una pira per lo abbruciamento di tali bandiere, alle 5 pomeridiane poca truppa Francese calata da Sant' Elmo, uno squadrone di Gendarmeria Napoletana, le tre Legioni della Guardia Nazionale comparvero trascinando le bandiere che doveansi bruciare, infine uno squadrone, della stessa Guardia Nazionale a cavallo, tutti preceduti da bande musicali; e giunti al luogo destinato furon le bandiere a colpi di sciabla squarciate, spezzate le aste, e gettata nel fuoco.

Trendadue insorgenti erano stati precedentemente condotti nello stesso luogo, circondati da Guardie Nazionali a' quali da Repubblicani fu data la libertà.

Mentre tale funzione eseguivasi, un qui?pro?quo fece porre il popolo in fuga, e vidi io un Capitano della Guardia Nazionale darsela a tutte gambe, strapparsi i spallini e gittarli nella fogna dei vicolo Conte di Mola: per prudenza taccio il nome di cotesta carogna, e per essere ancora vivente; e per appartenere ?alla classe degli Ecclesiastici, e per appartenere ad una rispettabile famiglia nella quale ci ho degli amici.

Terminato lo spettacolo; che al dir de' Patrioti  fu tenero e commovente; la Commessione Legislativa tenne una tavola di 24 coverte, in dove presero parte molti membri del Governo, e ben bene si gozzovigliò. Così finì questa giornata.

Uno de' grandi errori da' Patrioti commessi sin dal principio della istallazione di quella  loro Repubblica Democratica (per seguire il figurino di Francia che allora le portava in moda) si fu l'aver voluto eliminare il popolo dalle loro congreghe e disgustarlo con tasse e contribuzioni, e sebbene continuamente a gola spalancata gridassero il Popolo è Sovrano  , si accorgeva però il popolo non essere presso di lui questa Sovranitá, presso coloro bensì che infatuati delle massime francesi soli volevano dispotizzare. Ma partiti i Francesi e rimasti soli ed in balia di loro stessi; conosciuto l'errore, quando vollero chiamare questo popolo alle loro congreghe non furono più a tempo poiché il popolo non solo era di essi disgustato, ma conosciuto avea tutte le di loro fanfaronate, quindi poco o nulla  li diede ascolto[ 5] .

Intanto  i mali della Repubblica giornalmente si aumentavano e le truppe di Ruffo si avvicinavano alla Capitale. Fu spedito Matera in Avellino, ma la sua spedizione ebbe un infelice esito per essere stato da molti suoi commilitoni abbandonato nella pugna. Con tutto ciò i ciechi repubblicani si occupavano a nominare li magistrati in diversi Tribunali, che  non giunsero a prendere il possesso delle Cariche.

La Divisione di Spanò nel giorno 9 Pratile si ritirò molto maltrattata, e lo stesso Comandante ferito. Allora fu disposto che tutta quella poca truppa già formata, unita alla Legione Calabra (interamente composta da' Patrioti) unita a 500 Francesi, sotto il comando dei ministro della Guerra Manthonè, stesse pronta a partire.

Di fatti, al momento partì il Capo?Legione Belpulsi, comandante I' avanguardia, il quale incontratosi con gli insorgenti a Marigliano, gli attaccò e gli respinse, sicché pacificamente entrò in cotesto Casale; ma volendo imitare i Francesi, ne ordinò il saccheggio e l'incendio, per cui mentre la sua truppa era sparpagliata e dedita a bottinare, gl'insorgenti ritornarono in maggior numero allo attacco, la circondarono e la sconfissero, con essersene appena, potuti salvare ben pochi col loro Comandante.

Nel, cader del mese di maggio e, nel principiare quello di giugno gli affari  della Repubblica, andavano tanto male che chiari segni davano della di  lei imminente caduta. La Divisione di Matera dispersa, quella di Spanò ritirata con danno, la spedizione di Belpulsi riuscita infausta, un numero  considerevole di Patrioti spenti ne' diversi attacchi avuti con gl'insorgenti, la spedizione di Manthonè riuscita infruttuosa, giacché lasciata la truppa sotto il comando del Capo?Legione Schipani, costui  attaccato dagl' insorgenti di Somma fu battuto, e ritirate le  sue truppe al Ponte della Maddalena rimase il campo libero ai nemici.

E pure, si crederebbe? in mezzo a tanti rovesci le riscaldate teste   de' Patrioti nel giorno 2 giugno pensarono festeggiare le vittorie de' Francesi, per cui nel Teatro del Fondo vi fu cantata analoga, e in quello di S. Carlo altra simile e festa da ballo; ed io che scrivo fui in quest'ultimo spettatore e ascoltatore insieme delle sciocchezze e delle triviali e stomachevoli parole che usciron dalle bocche di quelle teste vulcanizzate.

Con Regolamento di Polizia era stato ordinato che al tiro di tre colpi di cannone, tutti, sotto pena la vita, si sarebbero dovuto ritirare nelle proprie abitazioni, eccetto le Guardie Nazionali, che recar si doveano nei rispettivi Quartieri, e i membri del Governo che rimaner doveano in seduta Permanente ne' loro rispettivi posti ; e che al tiro poi di altri cinque colpi tutti avrebbero potuto uscire.

Conscio il Governo di quanto nelle vicine Comuni accadeva, e che gl'insorgenti erano giunti in Resina, nel dì 15 Pratile (3 giugno) volle fare uno sperimento se il popolo fosse stato ubbidiente a' suoi ordini. Quindi verso le ore 24 di questo giorno furori tirati i tre colpi e tutti si ritirarono nelle rispettive case di abitazione, all' alba poi del dì seguente furori tirati i cinque colpi, segno di poter uscire.

Questo sperimento produsse qualche sensazione nel popolo, e tutti coloro che avevano la mente sana capirono che la Repubblica stava per esalare lo spirito.

Siccome scorrevano i primi giorni di giugno, così le insorgenze si accrescevano, con esser giunte sino a Capodichino. Alla Torre dell'Annunziata, in Aversa, in Afragola tutto era insorgenza, e il Cardinal Ruffo si avanzava verso la Capitale.

In fatti, nel giorno 13 Giugno (giorno troppo memorabile e funesto nella storia di Napoli) il Cardinal Ruffo colle sue masse, dopo aver superato il Forte di Vigliena (che i Patrioti come tanti Leoni difendevano, ma atteso la debolezza delle mura ed aperta la breccia i nemici entrarono nel Fortino, allora il Comandante del medesimo Antonio Toscano, con una risoluzione veramente spartana, sebben carico di ferite, si trascinò vicino  al deposito della polvere, vi diede foco, e così andiedero in un fascio assaliti ed assalitori)  il Cardinale dunque superato il Forte di Vigliena, si presentò al Ponte della Maddalena.

Vedutisi i Patrioti incalzati da tutte le parti , con una riprovevole ferocia la mattina di questo giorno 13 giugno avanti la piazzetta dei Castello Nuovo spietatamente fucilarono i due fratelli Gennaro e Gerardo Baccker, Ferdinando e Giovan Battista La Rossa, e Natale d'Angelo.

Precedentemente a cotesto barbaro e antipolitico assassinio, altro commesso ne avevano nel giorno 15 Maggio con dar la morte al sacerdote secolare Giovanni di Napoli, a Nicola Napoletano, a Nunzio Raia ed a Santolo Schettino; il primo per aver sparso notizie della prossima venuta di Re Ferdinando, e gli ultimi tre per aver tentato di promuover sedizione nella loro Comune di Mugnano,

Ho detto che tutti cotesti assassini furono antipolitici, ed ho detto bene: essi Patrioti sapevan le notizie e conoscevano che la loro Repubblica stava negli ultimi aneliti di morte, dunque tutti costoro che essi sacrificarono alla loro rabia , oltre di essere stata una vendetta non degna di chi vantava filantropia e fraterna amorevolezza, si dovevano ritenere come ostaggi , per servirsene nel bisogno. Ma i Repubblicani di Napoli erano della scuola de' Repubblicani francesi, da' quali si stimava più la vita di un Cardellino, che quella di un uomo.

Verso le 10 del mattino di questo medesimo giorno 13 giugno, dal Governo furon tirati i tre colpi di cannone indicando la ritirata. Tutti si chiusero. I Patrioti rivolsero i loro sforzi al Ponte della Maddalena (in dove già eran giunte le masse di Cardinal Ruffo) e con quella poca truppa e poca gendarmeria che avevano, e che era rimasta superstite e non aveva disertato, con poca Cavalleria, e con quella poca Guardia Nazionale che potevano raccozzare, opposero una tanto valida ed energica resistenza che palmo a palmo contrastarono il terreno al nemico. Ma non avendo potuto le due colonne, una composta dalla legione Calabra, e l' altra comandata da Muscari, effettuire la loro riunione co' Patrioti che combattevano al Ponte, e mortalmente ferito il Generale Wirtz, i Patrioti doverono cedere e ritirasi ne' Forti del Carmine, Nuovo, e dell'Ovo; scalato però il primo dalle masso Calabre, e fatta man bassa su di quanti lo difendevano, altro rifugio non rimase a' Patrioti che le due Castella, Nuovo, e dell'Ovo, e quel gran barraccone che costruito si avevano sotto il Castello Sant'Elmo, giacché l'infame Mejan giammai li volle ammettere nel Castello, del quale avea il Comando.

Entrate le masse Calabre nella città, ed unitasi colla plebaglia, che bentosto comparve armata, tanti e tanti eccidi commise, che la penna rifugge a descriverli.

Guai a que' Patrioti che non furono solleciti a ritirarsi in una delle indicate Castella, mentre il popolaccio, col pretesto della causa del Re, gli aggrediva e massacrava. Non vi era angolo della città in dove non si vedesse acceso un rogo nel quale l'ebro popolaccio (tra le grida di Viva la Santa Fede ! dalle masse Calabre affiancato gittava ancor palpitanti le vittime da lui sacrificate; e vidi io che scrivo alcuni di cotesta infame plebaglia con cannibalesca rabia divorare le abbrustolita membra degl'infelici sagrificati, e dopo darsene un vanto.

Altri infelici, e costoro potevan dirsi i più fortunati, tutti grondanti di sangue, venivan trascinati al Ponte dal Porporato Condottiero, il quale sebbene avesse potuto tanto eccidio impedire, pure non solo zittiva, ma quasi lo autorizzava; e gl'infelici colà condotti, ammonticchiati gli uni sugli altri nella così detta fabbrica de' Granili, privi di qualunque aiuto (che non si niega neppure a' bruti languenti) esalavano l'estremo sospiro.

Calabresi  dalla plebe diretti ed aiutati mille e mille saccheggi commisero. I Palazzi di Stigliano, dei Principe della Rocca, , del Duca d' Andria , e di altri molti furon saccheggiati da capo a fondo, con svellerne sinanche le ringhiere di ferro dai palconi.  Se tutte le case saccheggiate avessi voluto qui descrivere, lunga, tediosa, ed orrorosa ne sarebbe riuscita la descrizione. A buon conto non il Giacobino (come la plebe diceva) veniva saccheggiato, ma ognuno che grido di uomo ricco avesse avuto: quindi potrei ben dire coi sulmonese Poeta:

Haec facies Trojae cum caperetur erat.

Alcuni Calabresi ebbero la temeraria baldanza di recarsi dall' ottimo Arcivescovo Cardinal Capece Zurlo, e con modi vituperosi chiedergli la fascia tricolore della quale era stato il buon Prelato astretto insignirsi in quei pochi giorni che durò quella plateale Repubblica; e recata al Ruffo costui in vece di punire cotanta impertinenza commessa verso un Porporato come lui, forse e senza forse gli elogiò e premiò.

Ma qual meraviglia ! Cotesto buon prelato per essere stato obbligato insignirsi della fascia tricolore (che  in quei tempo era un distintivo di carica) e per essere stato costretto di scrivere una Pastorale inculcando l'ubbidienza alla Repubblica, fu dal Governo di Re Ferdinando IV relegato nel monastero di Montevergine, in dove si mori, ma dopo parecchi anni furon le di lui ossa traslocate ed asportate nella Chiesa di S. Paolo Maggiore di Napoli de'  C. C. R. R. Teatini in dove tuttora riposano.

Ad essere storico sincero senza preponderare più per uno  che per un altro partito,  ed avendo io indossato la divisa verità non posso fare a meno di dire, che il Cardinal Fabrizio Ruffo si sarebbe coverto di gloria e 'l suo nome sarebbe passato alla posterità con pari e forse con maggior gloria, giacché senza mezzi, senza truppa, senza un nome accreditato, in breve spazio di tempo riconquistò un regno ; ma l' aver quei massacri permessi, permessi e sanzionati, han fatto si che fu l'esecrazione de'  suoi contemporani, e lo sarà ancora della più tarda posterità.

I Patrioti intanto dalle indicate Castella si difendevano, giacché le truppe del Cardinal Ruffo vari provvisori fortini in diversi punti della città aveano inalzati per batterli. Tra gli altri uno nel Boschetto della Villa Reale a Chiaja per battere quello dell'Ovo. I Patrioti del Castel Nuovo con quelli del Barraccone sotto il Castel Sant'Elmo, con pochi Francesi che ottennero dallo scellerato Mejan mercé 14 mila ducati che gli sborsarono, la notte precedente al 17 Giugno fecero una sortita per andare ad inchiodare i cannoni posti nel cennato provvisorio Fortino nel Boschetto della Villa Reale, siccome eseguirono. Il convegno co' Patrioti del Barraccone era al Largo del Vasto. Felice in tutto sarebbe riuscita questa sortita, e ritirati si sarebbero vittoriosi e senza perdite , ma equivocato il motto d'ordine nel punto della loro riunione (che come ho detto era al Largo del Vasto) fece si che s'impegnò tra loro una fucileria, ed alcuni vi rimasero estinti. Riconosciuto I' errore, andiedero ad inchiodare i cannoni, vi riuscirono e si ritirarono a' loro posti.

Infelice era la posizione de' Patrioti rinchiusi nelle cennate Castella. Scissi di pareri, con Previsioni non in troppo gran quantità, che maggiormente se ne sarebbe affrettato il consumo per le tante bocche inutili che in essi si rattrovavano, come di donne, di vecchi, di fanciulli, con poche munizioni da guerra; l'aver ciascuno di que' Patrioti le rispettive famiglie sparpagliate e disperse per la città; fecero sì che  diedero ascolto allo invito  per la Capitolazione, che venne ad essi fatto da' Comandanti delle Truppe alleate che col Cardinal Ruffo venute erano alla    conquista del Regno, cioè ' Inglesi, Russe, Ottomane, e dallo stesso Cardinal Ruffo, qual Vicario di Re Ferdinando.

I patti furono : mezzi di trasporto per coloro che avrebbero voluto andare in Francia: oblio del passato per quei che avessero voluto restare in Napoli , salve le persone e le proprietà: resa dei prigionieri e degli ostaggi: approvazione di codesti patti per parte del Comandante di Sant'Elmo.

Resi i Forti : si crederebbe ?Questa capitolazione  solennizzata in faccia, dell' Europa intera ; garentita dalle Potenze Alleate di Re Ferdinando, dal di Costui Vicario sottoscritta, con una perfidia che non avrà la simile nella storia, venne infranta col macchiavellesco pretesto : Che un sovrano capitola coi suoi pari, non con sudditi ribelli. Ma con cotesti ribelli capitolato avea  quando erano una Potenza: cotesti voluti ribelli non eran poi sudditi né dell' Inglese, né dei Russo, né dell' Ottomano co' quali avean capitolato, dunque i giurati patti  si dovean mantenere ; ma la vendetta di una donna (che poi un tragico fine fece in Vienna nel 1814) fece passar per sopra a quanto l'onore, il dritto delle genti, la morale e la parola di un Sovrano Prescrivevano, ed i Capitolati si  mandarono a morire su di un patibolo, e questo tratto di perfidia covrì di obbrobio Re Ferdinando IV presso i suoi contemporanei, e lo covrirà del pari presso la posterità.

Ad essere però storico veritiero debbo dire: che Re Ferdinando volea che si fosse appuntino mantenuta la giurata Capitolazione; ma debole soverchiamente alle insinuazioni di un infame Isolano , qual era Nelson (che poi morì con un colpo di cannone nella battaglia di Trafalgar) e quella di una prostituta, Emma Leona, ossia Lady Hamilton (che poi miserabile e piena di malori morì in Italia) e quelle di un altro più che furbo Isolano, il generale Acton, nomi tutti che con orrore da' posteri si leggeranno nella storia; ed alle pretensioni di sua moglie; con tutto il suo buon naturale si fece accalappiare e vincere, e sporcò il suo nome in maniera che neppure i suoi più affezionati amici lo han potuto difendere.

Pochi giorni dopo la resa del Castel Nuovo e di quello dell'Ovo, cioè a 11 Luglio 1799, si rese Sant'Elmo,  mercé 40 mila ducati che si prese dagli Inglesi il suo vile e scellerato comandante. Cotesto infame (Mejan) pensò a far per sé una favorevole Capitolazione, escludendone assolutamente i Patrioti Napoletani, anzi discese a tanta ignominia, che nella consegna dei Castello, se qualcheduno di quelli infelici tramischiato tra le sue truppe avesse cercato di emigrare (giacché erasi diggià cominciato a vociferare che la Capitolazione non si sarebbe mantenuta egli lo indicò a coloro che prender doveano la consegna del Forte, e lo fece arrestare.

A 31 Luglio si rese la Piazza di Gaeta, quella di Capua erasi resa del pari. In seguito si rese quella di Pescara, ed Ettore Carrafa che la comandava, sebbene la avesse resa per Capitolazione all'infame Pronio , pure cotesto brigante, appena  avutolo nelle mani, lo legò e lo mandò in Napoli, dove fu condannato a morte, ed a 14 Settembre 1799 venne decapitato nella gran piazza, del Mercato. 

Qui incomincia altra luttuosa catastrofe a cagione di quella infernale Giunta di Stato che meglio si sarebbe potuta chiamare, Giunta di sangue, la quale centinaia e centinaia ne mandò a morte. Anzi uno de' componenti la medesima (l'infame e sempre detestabile Guidobaldi) che vi disimpegnava le funzioni di Avvocato Fiscale, giunse a tanta ignominia da fare una convenzione, anzi una transazione coi carnefice, che invece di pagarsegli ducati nove per ogni disgraziato che dovea far morire; atteso le grandi esecuzioni dì morte si doveano fare, darsegli ducati 18 il mese.

Io qui lascio di scrivere, avendo solamente promesso narrare in, ristretto il periodo della Napoletana Repubblica, che ho fatto con tutta la imparzialità e senza spirito di parte, n'è di partito, non essendo appartenuto a veruna setta surta a' tempi miei. Chi poi volesse più circostanziatamente leggere un tal periodo , potrà riscontrare la II Parte vol. I delle mie Memorie Storiche sul  Regno di Napoli,  Ms. da Carte 171 a Carte 358. 

 

 



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 [ 1]  Senza affannarmi ad osservazioni su tale mostruoso Calendario potrà esso vedersi nella mia

Cronologia Sacra e Profana Ms.  e per quello della Repubblica Napoletana nelle mie citate memorie

storiche   del Regno di Napoli, Par. 2°, vol. I. car. 175 a ter. e car. 178.

 

 [ 2] Di diversa famiglia del Generale di questo nome.

 

 [ 3] Testimone io e che scrivo il presento Cenno. In qu' giorni mio padre mi diede una Fede di credito;

di   ducati 200: per cambiarla in Piazza in numerario effettivo, mi recai nel botteghino di  Pietro

Gatti in istrada di Toledo e ne ebbi ducati 20 in denaro di argento.

 

 [ 4] Vedi  la 2.a parte delle mie memorie storiche sul Regno di Napoli.

 

 [ 5] Ora, ve' che sono gli uomini ! Nel 1647 la rivoluzione fu fatta dalla plebe, e questa volendo

istallare una Republica Aristocratica ne volle eliminare i nobili.  Nel 1799 la rivoluzione si aggirò

tra i Nobili  e 'l ceto de' gentiluomini, e costoro volendo erigere una Repubblica tutta democratica ne

vollero eliminato il popolo. Posson darsi contraddizioni più assurde ! quindi in ambi i tempi

vacillarono coteste Repubbliche.