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Vincenzo Cuoco SAGGIO
STORICO SULLA RIVOLUZIONE
DI NAPOLI |
XL
SALE
PATRIOTICHE
Taluni
credevano che col mezzo delle sale patriotiche si potesse “attivare” la rivoluzione;
e furono perciò stabilite. Ma come mai ciò si potea sperare? Io non veggo altro
modo di attivare una rivoluzione che quello d'indurci il popolo: se la
rivoluzione è attiva, il popolo si unisce ai rivoluzionari; se è passiva,
convien che i rivoluzionari si uniscano al popolo, e, per unirvisi, convien che
si distinguano il meno che sia possibile. Le sale patriotiche, e nell'uno e
nell'altro caso, debbono essere le piazze.
Qual
bene hanno mai esse prodotto in Francia? Hanno, direbbe Macchiavelli, fatto
degenerare in sètte lo spirito di partito, che sempre vi è nelle repubbliche,
e, come sempre suole avvenire, hanno spinto i princípi agli estremi, hanno
fatto cangiar tre volte la costituzione, hanno a buon conto ritardata l'opera
della rivoluzione e forse l'hanno distrutta. Senza societá patriotiche, le
altre nazioni di Europa aveano dirette le loro rivoluzioni con princípi piú
saggi ad un fine piú felice.
Ma
l'abuso delle sale per attivare la rivoluzione dipendeva da un principio anche
piú lontano. L'oggetto della democrazia è l'eguaglianza; e, siccome in ogni
societá vi è una disuguaglianza sensibilissima tra le varie classi che la
compongono, cosí si giunge al governo regolare o abbassando gli ottimati al
popolo, o innalzando il popolo agli ottimati. Ma, siccome gli ottimati, insieme
coi diritti e colle ricchezze, hanno ancora princípi e costumi, cosí, quando le
cose si spingono all'estremo, non solo si sforzano a cedere i loro diritti e
divider le loro ricchezze (il che sarebbe giusto), ma anche a rinunciare ai
loro costumi.
Si
volea fraternizzare col popolo, e per “fraternizzare” s'intendeva prendere i
vizi del popolaccio, prender le sue maniere ed i suoi costumi; mezzi che
possono talora riuscire in una rivoluzione attiva, in cui il popolo, in grazia
dello spirito di partito, perdona l'indecenza, ma non mai in una rivoluzione
passiva, in cui il popolo, libero da passioni tumultuose, è piú retto giudice
del buono e dell'onesto. Doveasi perciò disprezzare il popolo? No, ma bastava
amarlo per esserne amato, distruggere i gradi per non disprezzarlo, e conservar
l'educazione per esserne stimato e per poter fargli del bene(46).
Ammirabile
e fortunata è stata per questo la repubblica romana, in cui i patrizi, mentre
cedevano ai loro diritti, forzavano il popolo ad amarli ed a rispettarli pei
loro talenti e per le loro virtú: il popolo cosí divenne libero e migliore.
Nella repubblica fiorentina tutte le rivoluzioni erano dirette da quella
“fraternizzazione”, che s'intendeva in Firenze come s'intese un tratto in
Francia; e perciò la repubblica fiorentina ondeggiò tra perpetue rivoluzioni,
sempre agitata e non mai felice: il popolo, o presto o tardi, si annoiava dei
conduttori, che non aveano ottenuto il suo favore se non perché si erano
avviliti, ed, annoiato dei suoi capi, si annoiava del governo, ch'esso di rado
conosce per altro che per l'idea che ha di coloro che governano(47).
Si
condussero taluni lazzaroni del Mercato nelle sale; ma questi erano per lo piú
comperati e, come è facile ad intendersi, non servivano che a discreditare
maggiormente la rivoluzione. Non sempre, anzi quasi mai, l'uomo del popolo è
l'uomo popolare.
Le
sale patriotiche attivavano la rivoluzione, attirando una folla di oziosi, che vi
correva a consumar cosí quella vita di cui non sapeva far uso. I giovani sopra
tutti corrono sempre ove è moto, e ripetono semplici tutto ciò che loro si fa
dire. Intanto pochi abili ambiziosi si prevalgono del nome di conduttori e di
moderatori di sale per acquistarsi un merito; e questo merito appunto, perché
troppo facile, perché inutile alla nazione, un governo saggio non deve
permettere o (ciò che val lo stesso) non deve curare: senza di ciò, i faziosi
se ne prevaleranno per oscurare, per avvilire, per opprimere il merito reale.
Taluni buoni, i quali vedevano l'abuso che delle sale si potea fare, credettero
bene di opporre una sala all'altra e, se fosse stato possibile, riunirle tutte
a quella ove lo spirito fosse piú puro ed i princípi fossero piú retti; ed il
desiderio della medicina fu tanto, che si credette poter aver la salute dallo
stesso male. Ma io lo ripeto: quando l'istituzione è cattiva, rende inutili gli
uomini buoni, perché o li corrompe o li fa servire, illusi dall'apparenza del
bene, ai disegni dei cattivi.
“I
vostri maggiori - diceva il console Postumio al popolo di Roma - vollero che,
fuori del caso che il vessillo elevato sul Tarpeio v'invitasse alla coscrizione
di un esercito, o i tribuni indicessero un concilio alla plebe, o talun altro
dei magistrati convocasse tutto il popolo alla concione, voi non vi dobbiate
riunir cosí alla ventura ed a capriccio: essi credevano che, dovunque vi fosse
moltitudine, ivi esser vi dovesse un legittimo rettore della medesima”. In
Francia le societá popolari, rese costituzionali da Robespierre, che avea quasi
voluto render costituzionale l'anarchia, o non produssero sulle prime molti
mali, o i mali che produssero non si avvertirono, perché, quando una nazione
soffre moltissimi mali, spesso un male serve di rimedio all'altro. In Napoli,
dove, per la natura della rivoluzione, le sale erano meno necessarie, si
corruppero piú sollecitamente(48).
Chi
è veramente patriota non perde il suo tempo a ciarlare nelle sale; ma vola a
battersi in faccia all'inimico, adempie ai doveri di magistrato, procura
rendersi utile alla patria coltivando il suo spirito ed il suo cuore: voi lo
ritrovate ov'è il bisogno della patria, non dove la folla lo chiama; e, quando
non ha verun dovere di cittadino da adempire, ha quelli di uomo, di padre, di
marito, di figlio, di amico. Il governo non lo vede; ma guai a lui se non sa
riconoscerlo e ritrovarlo! Il solo governo buono è quello agli occhi del quale
ogni altro uomo non si può confondere con questo, né può usurpare la stima che se
gli deve, se non facendo lo stesso; per cui la prima parte di un ottimo governo
è quella di far sí che non vi sieno altre classi, altre divisioni che quelle
della virtú, ed evitare a quest'oggetto tutte le istituzioni che potrebbero
riunire i virtuosi a coloro che non lo sono, tutti i nomi finanche che
potessero confonderli.
Io non confondo colle sale patriotiche quei “circoli d'istruzione”, ove la gioventú va ad istruirsi, a prepararsi al maneggio negli affari, ad ascoltare le parole dei vecchi ed accendersi di emulazione ai loro esempi, a rendersi utile ai loro simili ed acquistare dai suoi coetanei quella stima che un giorno meriterá dalla patria e dal governo. In Napoli se ne era aperto uno, e con felici auspíci: il suo spirito era quello di proporre varie opere di beneficenza che si esercitavano in favore del popolo: si soccorsero indigenti, si prestarono senza mercede all'infima classe del popolo i soccorsi della medicina e dell'ostetricia. Questa era l'istituzione che avrebbe dovuto perfezionarsi e moltiplicarsi(49).
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(46) L'oggetto del fraternizzare col popolo era quello di riunirsi a lui; e, per riunirsi, conveniva distinguersi il meno che sia possibile, cioè far quanto meno si potesse di novitá. Cerca egualmente a distinguersi tanto chi s'innalza troppo quanto chi troppo si abbassa, ed il popolo si mette in guardia egualmente e del primo e del secondo. Orléans non mostrò mai piú chiaramente di voler innalzarsi al trono se non quando si abbassò all'eguaglianza.
(47) Questo paragone tra la repubblica romana e la fiorentina si è fatto da due uomini sommi d'Italia. Macchiavelli è del nostro parere, e dice che il desiderio che in Roma i plebei ebbero di imitare i patrizi perfezionò le istituzioni di Roma. Campanella sostiene, al contrario, che la libertá si perdette in Roma e conservò in Firenze, sol perché quivi il popolo forzò i nobili a discendere dalla loro educazione. Ecco appunto i due aspetti sotto i quali la democrazia or da uno or da un altro si è guardata. Ma Roma ebbe, e per lungo tempo, costumi, costituzione, milizia e potenza; Firenze non ebbe che tumulti, rivoluzioni, licenza, debolezza. Macchiavelli ha per sé i fatti (che son contrari a Campanella) ed il giudizio degli uomini sensati, tra' quali non vi è alcuno che non avrebbe amato di vivere nella repubblica romana in preferenza della fiorentina.
(48) Mentre io era giunto a questo punto, mi è
pervenuta una memoria del cittadino Baudin sulle societá popolari. Mi sia
permesso di recarne un tratto, che descrive gli effetti che le societá
produssero in Francia e che conferma quello che sempre ho detto, cioè che gli
errori erano nei principi.
“Il desiderio di aggregarsi a queste nuove societá era fomentato da
molte cause, che le resero quasi universali. Esse aprivano una carriera
all'ambizione e davano un mezzo all'emulazione: facevano sperare ai deboli un
appoggio, che per altro era meglio cercare solo nella protezione delle leggi:
davano ai patrioti un punto di riunione, che la conformitá degl'interessi e dei
princípi dovea far loro desiderare e che contribuir dovea al successo della
rivoluzione: ma nel tempo istesso favorivano quel pregiudizio troppo comune tra
noi ed in qualche modo nazionale, che fa credere a moltissimi la teoria del
governo essere una scienza infusa, di cui si possa parlare senza studio e senza
esperienza...
“Noi tutti abbiamo nei trastulli della nostra fanciullezza imitate le cerimonie del culto e le evoluzioni militari; ma non mai è avvenuto che il vescovo ed il suo capitolo siensi veduti in ginocchio avanti al piccolo pontefice, abbigliato di una cappa e di una mitria di carta dorata, prestargli il giuramento di fedeltá e rassegnargli la cura della diocesi e la collazione dei benefici. E pure a questo segno si sono avvilite le autoritá piú eminenti verso le societá popolari!
“Ben tosto, le societá rinunciando alla teoria delle quistioni politiche, sulle quali i loro membri ben poco potevan dire di tollerabile, le sale divennero un'arena di delatori, una leva potente che taluni destri ambiziosi facevan servire alla loro elevazione, allettando intanto gli animi della cieca moltitudine colle due lusinghe, dalle quali si lascian sorprendere ben spesso anche i saggi: la speranza e l'adulazione. Ogni club fu lusingato dai suoi oratori coll'idea di esser sovrano; ed il club bene spesso si condusse a seconda di questa dottrina, dando ordini, distribuendo grazie, esigendo rispetto e sommissione...”.
(49) Amerei che in ogni repubblica ci fosse un circolo d'istruzione sul modello di quella “repubblica giovanile” che era nell'antica repubblica di Berna. Quella istituzione mi sembra ammirabile per formar gli uomini di Stato. Non so se colla rivoluzione della Svizzera si sia conservata.