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Vincenzo Cuoco SAGGIO
STORICO SULLA RIVOLUZIONE
DI NAPOLI |
XLV
CARDINAL
RUFFO
Ruffo
intanto trionfava in Calabria. Dalla Sicilia, ove era fuggito seguendo la
corte, era ritornato quasiché solo nella Calabria; ma le terre nelle quali si era
fermato erano appunto le terre di sua famiglia. Quivi il suo nome gli diede
qualche seguace: a questi si aggiunsero tutti quelli che si trovavan condannati
nelle isole della Sicilia, ai quali fu promesso il perdono; tutt'i scellerati
banditi, fuorusciti delle Calabrie, ai quali fu promessa l'impunitá. A Ruffo si
unirono il preside della provincia, Winspeare, e l'uditore Fiore. L'impunitá,
la rapina, il saccheggio, le promesse facili, il fanatismo superstizioso(58); tutto concorse ad
accrescergli seguaci. Incominciò con picciole operazioni, piú per tentare gli
animi e le cose che per invadere. Ma, vinte una volta le forze repubblicane
perché divise e mal dirette, superata Monteleone, attaccò e prese Catanzaro,
capitale della Calabria ulteriore, e, passando quindi alla citeriore, attaccò e
prese Cosenza, sede di antico ed ardente repubblicanismo. Cosenza cadde vittima
degli errori del governo, perché disgustò il basso popolo coll'ordine di
doversi pagare anche gli arretrati delle imposizioni dovute al re, perché vi
costituí comandante della guardia nazionale il tenente De Chiara, profondo
scellerato ed attaccato all'antico governo. Quando Ruffo era giá vicino a
Cosenza, De Chiara era alla testa di sette in ottomila patrioti, risoluti di
vincere o di morire. Ruffo aveva appena diecimila uomini. Quando queste truppe
furono a vista, De Chiara ordinò la ritirata; intanto ad un segno concertato
scoppiò la sollevazione dentro Cosenza: cosicché i repubblicani si trovarono
tra due fuochi; ma, ciò non ostante, riguadagnano la cittá e si difendono tre
giorni. Labonia e Vanni corrono a radunar gente nelle loro patrie. Ma, quando
il soccorso giunse, Cosenza era giá caduta. Essi si ridussero a dover fare
prodigi di valore nella difesa di Rossano. Ma Rossano, rimasta sola, cadde
anch'essa: cadde Paola, una delle piú belle cittá di Calabria, incendiata dal
barbaro vincitore, indispettito da un valore che avrebbe dovuto ammirare. La
fama del successo ed il terrore che ispirava lo resero padrone di tutte le
Calabrie fino a Matera, dove incontrò il còrso De Cesare, di cui parlammo nel
paragrafo decimosesto(59).
Il
disegno di Ruffo era di penetrar nella Puglia. Altamura formava un ostacolo a
questo disegno. Ruffo l'assedia; Altamura si difende. Per ritrovare esempi di
difesa piú ostinata, bisogna ricorrere ai tempi della storia antica. Ma
Altamura non avea munizioni bastanti: a difendersi impiegarono i suoi abitanti
i ferri delle loro case, le pietre, finanche la moneta convertirono in uso di
mitraglia; ma finalmente dovettero cedere. Ruffo prese Altamura di assalto,
giacché gli abitanti ricusarono sempre di capitolare; e, dove prima nelle altre
sue vittorie avea usato apparente moderazione, in Altamura, sicuro giá da tutte
le parti, stanco di guadagnar gli animi che potea ormai vincere, volle dare un
esempio di terrore. Il sacco di Altamura era stato promesso ai suoi soldati: la
cittá fu abbandonata al loro furore; non fu perdonato né al sesso né all'etá.
Accresceva il furore dei soldati la nobile ostinazione degli abitanti, i quali,
in faccia ad un nemico vincitore, col coltello alla gola, gridavano tuttavia: -
Viva la repubblica! - Altamura non fu che un mucchio di ceneri e di cadaveri
intrisi di sangue.
Dopo
la caduta di Altamura, Sciarpa soggiogò i bravi abitanti di Avigliano, Potenza,
Muro, Picerno, Santofele, Tito, ecc. ecc., i quali si erano uniti per la difesa
comune. La stessa mancanza di provvisioni di guerra, che avea fatta perdere
Altamura, li costrinse a cedere a Sciarpa; ma, anche cedendo al vincitore,
conservarono tanto di quell'ascendente che il valore dá sul numero, che fecero
una capitolazione onorevole, colla quale, riconoscendo di nuovo il re, le loro
persone e le cose rimaner dovessero salve. Ben poche nazioni possono gloriarsi
di simili esempi di valore.
Intanto
Micheroux fece nell'Adriatico uno sbarco di russi, che occuparono Foggia.
L'occupazione, sia caso, sia arte, avvenne ne' giorni in cui la fiera
richiamava colá gli abitanti di tutte le altre province del Regno; e cosí la
nuova dell'invasione, sparsa sollecitamente, portò negli altri luoghi il
terrore anche prima delle armi.
Chi
non sarebbesi rivoltato allora contro il governo repubblicano, dopo i funesti
esempi di coloro che eran rimasti vittima del suo partito, vedendo dappertutto
il nemico vincitore e niuna difesa rimaner a sperarsi dagli amici? Si era giá
nel caso che i repubblicani, ridotti a picciolissimo numero, sembravano essi
esser gl'insorgenti. Eppure l'amore per la repubblica era cosí grande, che
faceva ancora amare il governo, e tutt'i repubblicani morirono con lui.
Un poco di truppa francese e patriotica che era in Campobasso fu costretta ad abbandonarla. Si perdette anche il contado di Molise. Non si era pensato a guadagnar le posizioni di Monteforte, Benevento, Cerreto ed Isernia, onde impedire le comunicazioni di queste insorgenze tra loro. Ribollí l'insorgenza di Nola, comunicando con quella di Puglia; e Napoli fu quasi che assediata.
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(58) Quest'uomo ai creduli abitanti delle Calabrie si fece creder papa. Il cardinale Zurolo, arcivescovo di Napoli, ebbe il coraggio di anatemizzarlo.
(59) Le notizie dell'insurrezione della provincia di Lecce e delle operazioni dei còrsi mi sono state comunicate dal mio amico Giovanni Battista Gagliardo, il quale fu principal parte di tutto ciò che avvenne in Taranto. Le memorie, ch'egli ha scritte sopra gli accidenti della rivoluzione della sua patria, sono importanti. Io ho lette molte memorie simili. È degno di osservazione che in tutte le sollevazioni del Regno ci è stato sempre suono di campane ed una processione del santo protettore.