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Vincenzo Cuoco SAGGIO
STORICO SULLA RIVOLUZIONE
DI NAPOLI |
XLVIII
CAPITOLAZIONE
Ma
Napoli non era presa ancora. I nostri si eran battuti con sorte infelice nel dí
13 giugno al ponte della Maddalena, e furono costretti a ritirarsi nei
castelli. Il governo si era giá ritirato nel Castello nuovo. Il solo castello
del Carmine, il quale altro non è che una batteria di mare e che per la via di
terra non si può difendere, era caduto nelle mani degl'insorgenti.
E
quale castello di Napoli, all'infuori di Sant'Elmo si può difendere? Il partito
migliore sarebbe stato quello di abbandonar la cittá, e, fatta una colonna di
patrioti, che allora forse per la necessitá sarebbe divenuta numerosissima,
guadagnar Capua per la via di Aversa o di Pozzuoli. Questo era stato il
progetto di Girardon, che comandava in Capua le poche forze francesi rimaste
nel territorio della repubblica napolitana. Se questo progetto fosse stato
eseguito, Napoli non sarebbe divenuta, come addivenne, teatro di stragi,
d'incendi, di scelleraggini e di crudeltá; ed ora non piangeremmo la perdita di
tanti cittadini.
Durante
l'assedio dei castelli il popolo napolitano, unito agl'insorgenti, commise
delle barbarie che fan fremere: incrudelí financo contro le donne, alzò nelle
pubbliche piazze dei roghi, ove si cuocevano le membra degl'infelici, parte
gittati vivi e parte moribondi. Tutte queste scelleraggini furono eseguite
sotto gli occhi di Ruffo ed alla presenza degl'inglesi.
I
due castelli Nuovo e dell'Uovo, difesi dai patrioti, fecero intanto per qualche
giorno la piú vigorosa resistenza. Se i patrioti avessero avuto un poco piú di
forza, avrebbero potuto riguadagnar Napoli: ma essi non erano che appena
cinquecento uomini atti alle armi; e Mégeant, che comandava in Sant'Elmo, non
permise piú ai suoi francesi di unirsi ai nostri.
Si
sono tanto ammirati i trecento delle Termopili, perché seppero morire; i nostri
fecero anche dippiú: seppero capitolare coll'inimico e salvarsi; seppero almeno
una volta far riconoscere la repubblica napolitana.
La
capitolazione fu sottoscritta nella fine di giugno. Si promise l'amnistia; si
diede a ciascuno la libertá di partire o di restare, come piú gli piaceva; e
tanto a coloro che partissero quanto a coloro che restassero si promise la
sicurezza delle persone e degli averi. La capitolazione fu sottoscritta da
Ruffo, vicario generale del re di Napoli; da Micheroux, generale delle sue
armi; dall'ammiraglio russo; dal comandante delle forze turche; da Food,
comandante i legni inglesi che si trovarono all'azione; e da Mégeant, il quale,
in nome della repubblica francese, entrò garante della napolitana. Furon dati
per parte di Ruffo degli ostaggi per la sicurezza dell'esecuzione del trattato,
e questi furon consegnati a Mégeant(62).
Per
eseguire il trattato fu stabilito un armistizio, ma nell'armistizio si preparò
il tradimento. Appena che la regina seppe l'occupazione di Napoli, inviò da
Palermo milady Hamilton a raggiungere Nelson. - Voglio prima perdere - avea
detto la regina ad Hamilton - tutti e due i regni che avvilirmi a capitolar coi
ribelli. - Che Hamilton si prestasse a servir la regina, era cosa non insolita;
essa finalmente non disponeva che dell'onor suo: ma che Nelson, il quale avea
trovata la capitolazione giá sottoscritta, prostituisse ad Hamilton l'onor suo,
l'onor delle sue armi, l'onor della sua nazione; questo è ciò che il mondo non
aspettava, e che il governo e la nazione inglese non dovea soffrire(63).
Nelson
col resto della sua flotta giunse nella rada di Napoli durante l'armistizio, e
dichiarò che un trattato fatto senza di lui, che era ammiraglio in capo, non
dovea esser valido; quasi che l'onorato e valoroso Food, che era persona
legittima a ricevere i castelli, non lo fosse poi ad osservare le condizioni
della resa; quasi che una capitolazione potesse esser legittima per una parte
ed illegittima per l'altra, e, non volendo mantener le promesse fatte alla
repubblica napolitana, non fosse necessario restituire ai suoi agenti tutto ciò
che per tali promesse aveano giá consegnato. Acton diceva e faceva dire al re,
che era a bordo dei vascelli inglesi, circondato però dalle creature di
Carolina: che “un re non capitola mai coi suoi ribelli”(64). Egli infatti era padrone
di non capitolare; ma si poteva domandare se mai, quando un re abbia
capitolato, debba o no mantenere la sua parola!
Intanto
i patrioti per Napoli erano arrestati; la partenza di quei che eransi imbarcati
si differiva; Mégeant che avea gli ostaggi nelle sue mani, Mégeant che avea
ancora forza per resistere, che poteva e doveva essere il garante della
capitolazione, Mégeant dormiva. Nel tempo dell'armistizio permise che i nemici
erigessero le batterie sotto il suo forte. Fu attaccato, fu battuto, non fece
una sortita, appena sparò un cannone, fu vinto, si rese.
Segnò
una capitolazione vergognosissima al nome francese. Quando dovea rimaner solo
per ricoprirsi di obbrobrio, perché non capitolò insieme cogli altri forti?
Restituí gli ostaggi, ad onta che vedesse i patrioti non ancora partiti e ad
onta che resistesse ancora Capua, ove gli ostaggi si poteano conservare.
Promise di consegnare i patrioti che erano in Sant'Elmo, e li consegnò. Fu
visto scorrere tra le file dei suoi soldati, e riconoscere ed indicare qualche
infelice che si era nascosto alle ricerche, travestito tra quei bravi francesi,
coi quali avea sparso il suo sangue. Neanche Matera, antico ufficiale francese,
fu risparmiato, ad onta dell'onor nazionale che dovea salvarlo e del diritto di
tutte le genti. Fu imbarcato colla sua truppa, partí solo colla sua truppa, e
non domandò neanche dei napolitani.
E vi è taluno il quale ardisce di mettere in dubbio che Mégeant sia un traditore? E quest'uomo intanto ancora “disonora, portandolo, l'uniforme francese”, che è l'uniforme della gloria e dell'onore?(65). Bravi ed onorati militari destinati a giudicarlo, avvertite: il giudizio, che voi pronuncerete sopra di lui, sará il giudizio che cinque milioni di uomini pronunzieranno sopra di voi!
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(62) Ecco la capitolazione:
“Articolo I. Il castel Nuovo
ed il castel dell'Ovo saranno rimessi nelle mani del comandante delle truppe di
S. M. il re delle Due Sicilie e di quelle dei suoi alleati, il re
d'Inghilterra, l'imperadore di tutte le Russie e la Porta ottomana, con tutte
le munizioni da guerra e da bocca, artiglieria ed effetti di ogni specie,
esistenti nei magazzeni, di cui si formerá inventario dai commissari rispettivi
dopo la firma della presente capitolazione.
“II. Le truppe componenti le
guarnigioni conserveranno i loro forti fino che i bastimenti, di cui si parlerá
qui appresso, destinati a trasportar gl'individui che vorranno andare a Tolone,
saranno pronti a far vela.
“III. Le guarnigioni
usciranno cogli onori di guerra, armi, bagagli, tamburo battente, bandiere
spiegate, miccia accesa, e ciascuna con due pezzi di artiglieria; esse
deporranno le armi sul lido.
“IV. Le persone e le
proprietá mobili ed immobili di tutti gl'individui componenti le due
guarnigioni saranno rispettate e garantite.
“V. Tutti gli suddetti individui
potranno scegliere di imbarcarsi sopra i bastimenti parlamentari, che saranno
loro presentati per condursi a Tolone, o di restare in Napoli, senza essere
inquietati né essi né le loro famiglie.
“VI. Le condizioni contenute
nella presente capitolazione son comuni a tutte le persone dei due sessi
rinchiuse nei forti.
“VII. Le stesse condizioni
avran luogo riguardo a tutt'i prigionieri fatti sulle truppe repubblicane dalle
truppe di S. M. il re delle Due Sicilie e quelle dei suoi alleati nei diversi combattimenti
che hanno avuto luogo prima del blocco dei forti.
“VIII. I signori arcivescovo
di Salerno, Micheroux, Dillon ed il vescovo di Avellino saranno rimessi al
comandante del forte Sant'Elmo, ove resteranno in ostaggio fino a che sia
assicurato l'arrivo a Tolone degl'individui che vi si mandano.
“IX. Tutti gli altri ostaggi
e prigionieri di Stato, rinchiusi nei due forti, saranno rimessi in libertá
subito dopo la firma della presente capitolazione.
“X. Tutti gli articoli della presente capitolazione non potranno eseguirsi se non dopo che saranno stati interamente approvati dal comandante del forte Sant'Elmo”.
(63) Un segretario di Nelson scrivea ad un suo amico a Maone: “Noi commettiamo le piú orride scelleraggini per rimettere sul trono il piú stupido dei re”. Io ho del ribrezzo in riferir queste parole, che pure ho letto io stesso. Oh! come gl'inglesi sanno compatire le loro vittime!
(64) Espressione di un dispaccio.
(65) Espressione del primo console in circostanze quasi simili.