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Vincenzo Cuoco SAGGIO
STORICO SULLA RIVOLUZIONE
DI NAPOLI |
XXIII
LEGGI
- FEDECOMMESSI
Io
seguo il corso delle mie idee anziché quello de' tempi. Tanti avvenimenti si
sono accumulati e quasi addensati in sí breve tempo, che essi, invece di succedersi,
s'incrocicchiano tra loro, né se ne può giudicar bene se non osservandone i
loro rapporti.
Il
momento della rivoluzione in un popolo è come un momento di tumulto in
un'assemblea: i dispareri, il calore della disputa, destano tanti e sí vari rumori,
che impossibile riesce far ascoltare la voce della ragione. Se allora un uomo
rispettabile per la sua prudenza e pel suo costume si mostra, gli animi si
acchetano, tutti l'ascoltano: il suo nome gli guadagna l'attenzione di tutti,
egli può far udire la voce della ragione. Nel primo momento l'opinione è
necessaria per dar luogo alla ragione; ma nel secondo conviene che la ragione
sostenga e confermi l'opinione.
Que'
fatti che finora abbiam riferiti aveano per iscopo il guadagnare la confidenza
del popolo prima che il governo avesse agito; ma il governo dovea finalmente
agire e dovea colle opere meritarsi quella confidenza che avea giá
guadagnata... Esso si occupò dell'abolizione de' fedecommessi e della
feudalitá, che formavano presso di noi i piú grandi ostacoli all'eguaglianza ed
al governo repubblicano.
L'istituzione
de' fedecommessi porta seco lo spirito di conservar i beni nelle famiglie,
spirito non compatibile coll'eguaglianza nelle repubbliche ben ordinate. Forse,
cosí in Roma come in Sparta, l'amor dell'eguaglianza avea fatto nascere lo
spirito della conservazione de' beni. Ma i nostri fedecommessi non aveano di
romano altro che il nome e le formole esterne di ciò che chiamasi
“sostituzione”: queste antiche istituzioni, unite alle idee di nobiltá ereditaria
e di successione feudale, avean prodotto presso di noi un mostro, di cui a
torto incolperemmo i romani. Nel regno di Napoli, ove tutte le ricchezze sono
territoriali, si erano i fedecommessi moltiplicati all'estremo, e moltiplicato
avevano ancora il numero de' celibi, degli oziosi, de' poveri, de' litiganti,
ecc.
La
riforma fu semplice e ragionevole. Non si distrusse la volontá de' testatori
che fino a quel tempo aveano ordinato de' fedecommessi, tra perché una legge
nuova non deve mai annullare i fatti precedenti, tra perché la riforma della
proprietá non deve distruggerne il fondamento, il quale altro non è che il
possesso autorizzato dal costume pubblico(34). Ma i beni de'
fedecommessi rimanendo liberi in mano de' possessori e la legge proibendo di
ordinarne de' nuovi, una sola generazione sarebbe stata sufficiente a produrre
quella divisione che si desiderava, ma che, ordinata dalla pubblica autoritá,
si sarebbe mal volentieri accettata.
A'
secondogeniti ed a' legatari fu disposto darsi il capitale di quella parte del
fedecommesso di cui godevano la rendita: cosí ebbero anche essi una proprietá
da trasmettere ai loro figli. Il calcolo de' capitali fu ordinato farsi sulla
rendita alla ragione del tre per cento; e cosí, in una nazione ove i fondi sono
in commercio alla ragione non minore del cinque e del sei per cento, le
porzioni de' legatari venivano indirettamente a duplicarsi, e si correggeva,
senza violenza, quella disuguaglianza che lo spirito di primogenitura avea
introdotta nelle porzioni de' figli di uno stesso padre.
Questa
legge fu saggia e ben accetta a tutti: i possessori stessi de' fedecommessi non
perdevano tanto colla cessione ai legatari, quanto guadagnavano coll'acquistar
la libera proprietá de' loro beni in una nazione che incominciava a sviluppare
qualche attivitá. I legami de' fedecommessi erano giá mal tollerati, e da'
dissipatori che volean abusare dei loro beni, e da' saggi i quali voleano
usarne in bene.
Forse
sarebbe stato giusto aggiugnere alla legge la condizione aggiuntavi
dall'imperatore Leopoldo, allorché fece la riforma dei fedecommessi di Toscana.
Giudicando questo ottimo sovrano che manca alla giustizia chiunque priva del
diritto alla successione un uomo nato e nodrito con esso, riserbò la capacitá
di succedere ai fedecommessi non solo ai possessori, ma anche ai chiamati giá
nati o da nascere da matrimoni contratti prima della legge, molti de' quali
eransi fatti colla speranza di una successione fedecommessaria.
Rimanevano
ancora alcuni altri oggetti da determinarsi: rimaneva a prendersi delle misure
sui tanti e sí ricchi monti di maritaggi che vi sono in Napoli e che altro in
realtá poi non sono che fedecommessi di famiglia e di gente... Ma tali oggetti
dipendevano dalla legge testamentaria, dallo stato della nazione e da tante
altre considerazioni, che era meglio aspettare tempo piú opportuno. Di rado
nella rivoluzione francese ed in quelle che sono scoppiate in conseguenza, di
rado si è peccato per soverchia lentezza in far le leggi: spessissimo per
soverchia precipitanza.
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