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Vincenzo Cuoco SAGGIO
STORICO SULLA RIVOLUZIONE
DI NAPOLI |
XXIV
LEGGE
FEUDALE
La
legge feudale richiedeva piú lungo esame e presentava interessi piú difficili a
conciliarsi. Quella dei fedecommessi toglieva poco ai possessori dei medesimi,
e quel poco davalo ai figli ed ai fratelli loro: la legge dei feudi toglieva ai
feudatari moltissimo, e questo passava agli estranei, che talvolta erano i loro
nemici. Intanto, l'abolizione dei feudi era il voto generale della nazione. Gli
abitanti delle province ardevano di tanta impazienza, che aveano quasiché
strascinato il re a dare alla feudalitá de' colpi, i quali sentivano piú di
democrazia che di monarchia. Io dico ciò per un modo di dire, ma non son certo
che la feudalitá convenga piú all'una che all'altra di queste due forme di
governo. La forma di governo a cui la feudalitá meglio conviene è
l'aristocrazia: aristocratici erano i governi di tutta l'Europa nell'epoca in cui
la feudalitá prevaleva. Le monarchie presenti dell'Europa eransi elevate sulle
rovine della medesima: ove essa era rimasta intatta, il governo era rimasto
aristocratico, siccome in Polonia; ove era stata temperata, ma non distrutta,
era surto una specie di governo misto, come in Inghilterra e nella Svezia: ove
era stata interamente distrutta, era surto un governo aristocratico, come in
una grandissima parte dell'Europa, e specialmente in quella parte che altre
volte componeva l'immensa monarchia di Spagna, essa era rimasta in uno stato
singolare, dove, avendo perduti tutt'i diritti che rappresentava in faccia al
sovrano, avea conservati tutti quelli che una volta avea sul popolo. Prendendo
per punto di paragone un vassallo degl'imperatori svevi, un pari della Gran
Bretagna gli somiglia molto piú che un napolitano quando è nel parlamento, il
napolitano gli somiglia molto piú dell'inglese quando è nelle sue terre.
Ma
i primi diritti sono gloriosi al feudatario e posson esser utilissimi ed al
sovrano ed allo Stato; i secondi sono al feudatario vergognosi, perché non è
mai glorioso tutto ciò che è oppressivo e nocivo allo Stato, al sovrano, agli
stessi baroni, perché tendono a distruggere l'industria, dalla quale solamente
dipende la vera prosperitá di una nazione. Questi diritti sono i diritti dei
popoli barbari. Ovunque si sviluppa l'industria, essi vanno a cadere in obblio,
ed è interesse degli stessi feudatari che ciò succeda. In Russia gli stessi
grandi possessori di terra hanno incominciato a dar libertá e proprietá agli
uomini che le abitano: con questa sola operazione, han quasi triplicato il
valore delle terre loro.
I
feudatari prevedevano che la rivoluzione li avrebbe obbligati a nuovi
sacrifici, e bramavano che fossero i minori possibili. Taluni repubblicani
troppo ardenti avrebbero voluto loro toglier tutto. Tra questi due estremi il
mezzo era difficile a rinvenirsi. Non vi era neanche un esempio da seguire: la
Francia, ove i grandi feudatari eran rimasti distrutti dalla guerra civile, non
ebbe bisogno di leggi dopo l'opera delle armi(35). Giuseppe
secondo nella Lombardia avea da lungo tempo eguagliata la condizione de' beni.
Molte
popolazioni incominciarono dal fatto, prendendo il possesso di tutti i beni de'
baroni: se tutte avessero fatto lo stesso, la legge sarebbe stata men difficile
a concepirsi. La forza autorizza molte cose che la ragione non deve ordinare,
ed il popolo stesso ama di veder approvati molti trascorsi che fremerebbe
vedendo comandati.
La
discussione del progetto di legge fu interessante. Le due parti contendenti
seguivano opinioni diverse, secondo i loro diversi interessi; i princípi erano
opposti, e, come suole avvenire allorché si va agli estremi, né sempre veri né
sempre atti alla quistione.
I
feudatari credevano che la conquista potesse essere un diritto; i repubblicani
la credevano sempre una forza, e, quando anche avesse potuto diventar diritto,
dicevano che, se un tempo i baroni aveano conquistata la nazione, ora la
nazione avea conquistati i baroni: una nuova conquista potea spogliare gli
usurpatori nel modo stesso e collo stesso diritto con cui essi spogliato aveano
altri usurpatori piú antichi.
I
feudatari credevano legittimi tutti i titoli che dipendevano dall'antico
governo, che essi riputavano del pari legittimo: i patrioti credevano
illegittimo tutto ciò che non era stato fatto da una repubblica. Se si udivano
i feudatari, tutto dovea conservarsi; se si udivano i patrioti, tutto dovea
distruggersi, poiché, dichiarato una volta illegittimo un governo, non vi era
ragione per cui parte dei suoi atti si dovesse abolire e parte conservare.
Questo
era lo stesso che far la causa degli usurpatori e dei governi e non
dell'umanitá e della nazione, che eran tradite per soverchio zelo dai loro
stessi difensori. Oggi si dice: - Un re non potea far questo; - domani un re
avrebbe detto: - Questo non si potea far da una repubblica. - Quando prenderemo
noi per principio la salute del popolo ed esamineremo, non ciò che un governo
potea, ma solo ciò che dovea fare?
Voler
ricercare un titolo di proprietá nella natura è lo stesso che voler distruggere
la proprietá: la natura non riconosce altro che il possesso, il quale non
diventa proprietá se non per consenso degli uomini. Questo consenso è sempre il
risultato delle circostanze e dei bisogni nei quali il popolo si trova. Tutto
ciò che la salute pubblica imperiosamente non richiede, non può senza tirannia
esser sottomesso a riforma, perché gli uomini, dopo i loro bisogni, nulla hanno
e nulla debbono aver di piú sacro che i costumi dei loro maggiori. Se si
riforma ciò che non è necessario riformare, la rivoluzione avrá molti nemici e
pochissimi amici.
La
feudalitá presso di noi presentava una massa immensa di possessi, di proprietá,
di esazioni, di preminenze, di diritti, acquistati, ricevuti, usurpati da
diverse mani ed in tempi diversi. I feudatari non furono in origine che
semplici possessori di fondi coll'obbligo della fedeltá, e, colla legge della
devoluzione, essi non differivano dagli altri proprietari se non per aver
ricevute dalla mano di un uomo quelle terre che altri ricevute avea dalla
sorte. Ma i grandi feudatari erano nel tempo istesso grandi officiali della
corona, ed, in tempi di anarchia o di debolezza, quei rappresentanti della
sovranitá, potenti ed inamovibili, fecero obbliar la sovranitá che
rappresentavano: quei diritti, che essi esercitavano come officiali della
corona, divennero prima diritti del feudatario, indi della sua famiglia,
finalmente del feudo. In tempi di continue guerre civili, i pochi uomini liberi
che eran rimasti nelle nostre regioni, non avendo né sicurezza né proprietá,
chiesero la protezione dei potenti e l'ottennero a prezzo di libertá.
Grandi
erano certamente questi abusi; ma tale era l'infelicitá dei tempi, tale la condizione
degli uomini, tale la desolazione delle nostre contrade, che essi dovettero
sembrar tollerabili effetti, e talora, giunti all'estremo, produssero il
ritorno del bene. Gli uomini moltiplicati dovettero estendere la loro industria
e reclamarono la loro libertá civile: è questo il primo passo che le nazioni
fanno verso la coltura. Un re di spirito generoso, che voleva elevarsi, si rese
forte col favore del popolo, che egli difese contro gli altri tiranni minori, e
le monarchie di Europa sorsero dalle rovine dell'aristocrazia feudale. Noi
vediamo nella nostra storia tutti i passi dati dal popolo, le opposizioni de'
baroni, l'ondeggiar perpetuo de' sovrani a seconda che temevano o de' baroni o
de' popoli, e la rapacitá del fisco, eterno traditore de' baroni, de' popoli e
dei re. La storia indica la strada da seguire uniforme alle idee de' popoli; le
stesse leggi feudali indicano la riforma della feudalitá; quella riforma, che i
popoli bramano, che i baroni non possono impugnare.
Non
bastava una legge che dichiarasse abolita la feudalitá: questa legge sarebbe
stata piú pomposa che utile. Poco rimaneva presso di noi che avesse l'apparenza
feudale: il difficile era riconoscer la feudalitá anche dove parea che non vi
fosse. I feudatari aveano de' diritti acquistati come officiali della corona e
come protettori de' popoli: tali diritti non doveano piú esistere in una forma
di governo, in cui la sovranitá veniva restituita al popolo ed il cittadino non
dovea aver altro protettore che la legge. I baroni possedevano delle terre: non
bastava che queste fossero eguagliate alla condizione delle altre. Se la
riforma fosse rimasta a questi termini, i baroni, sgravati dall'adoa e dalla
devoluzione, divenuti proprietari di terre libere, avrebbero guadagnato molto
piú di quello che loro dava l'esazione de' diritti incerti, vacillanti ed
odiosi: il popolo non avrebbe guadagnato nulla. In una nazione, in cui
l'industria è attiva, sará vantaggio del feudatario far coltivare le sue terre
dall'uomo libero, anziché dallo schiavo. Una nazione oziosa e povera chiede
esser sgravata dai tributi: una nazione ricca ed industriosa è contenta di
pagare, purché abbia mezzi di accrescer la sua industria. Nell'immensa
estensione di terreni che i baroni possedevano, non vi erano che pochi i quali
appartenessero al feudo: negli altri voi vedevate un cumulo di diritti diversi
accatastati l'uno sopra l'altro ed appartenenti a persone diverse, tra le quali
era facile il riconoscere che il piú potente dovea esser l'usurpatore. Quindi
veniva restituita alle popolazioni gran parte di quella massa di terreni
feudali, chiamati “demaniali de' feudi” e che ne formavano la maggior parte; i
boschi doveano per necessitá divenire oggetti di pubblica ispezione; ai
feudatari veniva a rimaner pure tanto di terreno da esser ricchi, quando
all'ozio avessero sostituita l'industria; e la nazione, senza legge agraria,
avrebbe avuta, se non la perfetta
eguaglianza, almeno quella moderazione di beni, che in una gran nazione
è piú utile, meno pericolosa e piú vicina alla vera eguaglianza.
Non
mai si vide piú chiaramente quanto il freddo e costante esame sia piú
pericoloso agli usurpatori che il caldo e momentaneo entusiasmo. I baroni
avrebbero mille volte amato ritornare ai princípi della “conquista” e della
“legittimitá”, che, sebbene in apparenza piú distruttivi, erano piú facili a
combattersi, piú facili ad eludersi nell'esecuzione. Ma come combattere
princípi evidenti, che essi stessi aveano riconosciuti anche nell'abolito
governo?
Ad
onta di tutto ciò, il progetto non passò senza grandi dispareri: la spirante
feudalitá avea tuttavia molti difensori. Talun legislatore credeva nulla
potersi decidere sulla feudalitá, perché nulla avea deciso la Francia:
invincibile argomento per un rappresentante di una nazione libera ed indipendente!
Pagano credeva non esser giunto ancora il tempo di decidere la controversia:
egli riconosceva necessarie e giuste le abolizioni de' diritti, ma voleva che
non si toccassero i terreni, quasi che un popolo non dovesse esser oppresso, ma
potesse essere legittimamente misero. Taluno volea che l'affare si fosse
commesso ad un tribunale, che si sarebbe di ciò incaricato; ma, se le leggi
sono fatte pel popolo, i giudizi sono fatti per i potenti, i quali, col
possesso, coi cavilli e talora colla prevaricazione, riacquistano coi giudizi
tutto ciò che il popolo avea guadagnato colle leggi.
Tanto
importa che le idee del legislatore sieno a livello con quelle della nazione e
che i progetti di legge contengano quelle idee medie, che tutti gli uomini
sentono ed a cui tutti convengono! Se si fosse rimasto agli estremi, la legge
non si sarebbe avuta o avrebbe prodotta una guerra civile; essa avrebbe portata
con sé l'apparenza dell'ingiustizia. Fondata su princípi che nessuno poteva
negare, gli stessi baroni piú avversi alla rivoluzione l'avrebbero sofferta, se
non con indifferenza (poiché chi potrebbe pretendere che taluno resti
indifferente alla perdita di tante ricchezze?), almeno con decoro.
Ma,
nel tempo appunto in cui il governo era occupato della discussione del progetto
di questa legge, Championnet fu richiamato, e Magdonald, che a lui successe, fu
ben lontano dal voler sanzionare ciò che il governo avea fatto. Si dovette
aspettare Abrial, il quale fu ragionevole e giusto. Ma intanto il tempo era
scorso, ed il timore di disgustar diecimila potenti fece perdere ai francesi ed
alla repubblica l'occasione di guadagnar gli animi di cinque milioni.
È degna di osservazione la differenza che passa tra la discussione che sulla feudalitá vi fu in Francia e quella che vi è stata tra noi. Parlando della prima, Anquetil dice che la discussione dell'Assemblea incominciò da una proposizione fatta per render sicura l'esazione delle rendite a coloro che ne possedevano i diritti, e, passando da idea in idea, si finí coll'abolizione di tutti i diritti. In Francia s'incominciò dalle massime moderate e si passò alle esagerate; in Napoli da queste si ritornò a quelle. Ed era ciò nell'ordine della natura, perché noi riprendevamo le idee dal punto istesso nel quale le avean lasciate i francesi. Quindi è che tra noi furono piú esagerate le opinioni de' privati che le idee del governo. Il governo seguí la massima che le leggi sulle proprietá hanno una giustizia propria, la quale consiste nel far sí che ciascuno perda il meno che sia possibile; e, nel caso della riforma feudale, si può far in modo che guadagnino ambedue i partiti. Io per me son sicuro che i feudatari potrebbero guadagnar piú con una legge nuova che colle antiche. I diritti feudali si sostengono pel solo uso del fòro. Da che fu imposto tra noi l'obbligo ai giudici di dettar le loro sentenze sul testo espresso della legge, i diritti feudali sono stati di giorno in giorno aboliti, e col tempo lo saranno tutti. Ma una legge nuova dovea considerarsi piuttosto come una transazione che come un decreto; ed il lunghissimo possesso poteva per essa acquistar forza di titolo. La nuova legge feudale non dovea aver per iscopo né chimerica eguaglianza di beni né revindica di domíni, ma solamente di liberare il popolo da tutto ciò che turbava l'esercizio dell'autoritá pubblica, comprimeva e distruggeva l'industria ed impediva la libera circolazione delle proprietá.
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(35) Nella Francia vi fu ne' primi giorni dalla rivoluzione una legge feudale, ma essa non riformò che i disordini piú orribili, i quali non vi erano piú tra noi. La feudalitá in Francia era piú gravosa che in Napoli. Noi dovevamo incominciare precisamente dal punto in cui eransi arrestate le leggi francesi. Or questa seconda riforma era stata fatta in Francia dalla guerra civile.