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Vincenzo Cuoco SAGGIO
STORICO SULLA RIVOLUZIONE
DI NAPOLI |
XXXIV
CONTINUAZIONE
DELL'ORGANIZZAZIONE DELLE PROVINCE
In
tale stato erano le cose, quando le autoritá dipartimentali, giá inviate ne'
dipartimenti, incominciarono l'opera della organizzazione delle municipalitá.
Per
una rivoluzione non vi è oggetto piú importante della scelta de' munícipi.
Dipende da essi che la forza del governo sia applicata convenientemente in
tutt'i punti; dipende da essi di far amare o far odiare il governo. Il popolo
non conosce che il municipe, e giudica da lui di coloro che non conosce.
Per
eleggere i munícipi in una nazione, la quale giá anche nell'antica costituzione
avea un governo municipale, si volle seguire il metodo di un'altra che non
conosceva municipalitá prima della rivoluzione; e cosí, mentre si promettevano
nuovi diritti al popolo, se gli toglievano gli antichi. Era quasi fatalitá
seguire le idee, sebbene indifferenti, de' nostri liberatori!
L'elezione
de' munícipi fu affidata ad un collegio di elettori, che furono scelti dal
governo. - Qual è dunque questa libertá e questa sovranitá che ci promettete? -
dicevano le popolazioni. - Prima i munícipi erano eletti da noi; abbiam tanto
sofferto e tanto conteso per conservarci questo diritto contro i baroni e
contro il fisco! Oggi non lo abbiamo piú. Prima i munícipi rendevano conto a
noi stessi delle loro operazioni; oggi lo rendono al governo. Noi dunque colla
rivoluzione, anziché guadagnare, abbiam perduto? - Si volea spiegar loro il
sistema elettorale; si volea far comprendere come continuavano a dirsi eletti
da loro quelli che erano eletti dai suoi elettori: ma le popolazioni non
credevano né erano obbligate a credere ad una costituzione che ancora non si
era pubblicata. Si diceva che gli elettori dovessero un giorno esser eletti dal
popolo; ma intanto il popolo vedeva che erano eletti dal governo: il fatto era
contrario alla promessa. Quando anche la costituzione fosse stata giá
pubblicata, i popoli credevan sempre superfluo formar un corpo elettorale per
eleggere coloro che prima in modo piú popolare eleggevano essi stessi, e
riputavano sempre perdita il passare dal diritto dell'elezione immediata a
quello di una semplice elezione mediata.
Ho
osservato in quella occasione che le scelte de' munícipi fatte dal popolo
furono meno cattive di quelle fatte dai collegi elettorali, non perché i
collegi fossero intenzionati a far il male, ma perché erano nell'impossibilitá
di fare il bene, perché non conoscevano le persone che eleggevano e perché
spesso eleggevano persone che il popolo non conosceva. Io ripeto sempre lo
stesso: nella nostra rivoluzione gli uomini eran buoni, ma gli ordini eran
cattivi. Io comprendo l'utilitá di un collegio elettorale dipartimentale, che
elegga o proponga que' magistrati che soprastano alla repubblica intera; ma un
collegio dipartimentale che discenda ad eleggere i magistrati municipali mi
sembra un'istituzione antilogica, per la quale dalle idee delle specie, invece
di risalire a quella del genere, si voglia discendere a quella degl'individui,
che debbon precedere l'idea della specie. È vero che in taluni momenti si
richieggono negli uomini pubblici molte qualitá che il popolo o non conosce o
non apprezza; ma voi, che avete il governo della nazione, sapete molto poco,
quando non sapete far sí che l'elezione cada sulle persone degne della vostra
confidenza, senza alterare l'apparenza della libertá.
Che
ne avvenne? I collegi elettorali distrussero le elezioni fatte dal popolo,
disgustarono il popolo e gli uomini popolari che il popolo avea eletto. Se il
collegio elettorale chiedeva degli uomini probi, questi erano piú noti al
popolo, coi quali convivevano, che a sei persone inviate da Napoli, le quali
non conoscevano il popolo né erano conosciute dal medesimo; se chiedeva degli
uomini utili alla rivoluzione, quali potevano esser mai questi se non
quegl'istessi che il popolo amava e che il popolo rispettava?
Questa
parola “popolo”, in tutt'i luoghi ed in tutt'i tempi, altro non dinota che
quattro, tre, due e talvolta una sola persona, che, per le sue virtú, pe' suoi
talenti, per le sue maniere, dispone degli animi di una popolazione intera: se
non si guadagnano costoro, invano si pretende guadagnare il popolo, e non senza
pericolo talora uno si lusinga di averlo guadagnato.
Dopo
qualche tempo i collegi elettorali furono aboliti; ma non si restituí l'antico
diritto alle popolazioni. Si credette male degli uomini il male che nasceva
dalle cose. S'inviarono de' commissari organizzatori, cui si diedero tutte le
facoltá del corpo elettorale; si commise ad un solo quel diritto che prima
almeno esercitavano sei; e, con ciò, l'esercizio, sebbene fosse piú giusto,
parve piú tirannico e piú capriccioso. Diverso sarebbe stato il giudizio del
popolo, se questi commissari fossero stati inviati prima. La loro istituzione
era piú conforme alla natura, alle antiche idee de' popoli, ai bisogni della
rivoluzione.
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