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Vincenzo Cuoco SAGGIO
STORICO SULLA RIVOLUZIONE
DI NAPOLI |
XXXV
MANCANZA
DI COMUNICAZIONE
Ma
il governo, mentre si occupava della organizzazione apparente, trascurava o,
per dir meglio, era costretto a trascurare, la parte piú essenziale
dell'organizzazione vera, che consiste nel mantener libera la comunicazione tra
le diverse parti di una nazione. Sarebbe stato inescusabile il governo, se
questa trascuratezza fosse stata volontaria; ma essa era una conseguenza
inevitabile della scarsezza e della non buona direzione delle forze. Se poca
forza, ben ripartita, la quale avesse agito continuamente sopra tutt'i punti, o
almeno sopra i punti principali, sarebbe stata bastante a prevenire, ad
impedire, a togliere ogni male; molta, che agiva per masse e per momenti in un
punto solo, non potea produrre che un debole effetto e passeggiero.
Le
province ignoravano ciò che si ordinava nella capitale; la capitale ignorava
ciò che avveniva nelle province. Si crederebbe? Non si pubblicavano neanche le
leggi. Due mesi dopo la pubblicazione in Napoli della legge feudale, non fu
questa pubblicata in tutto il dipartimento del Volturno, vale a dire nel
dipartimento piú vicino; e la legge feudale era tutto nella nostra rivoluzione.
Questa
legge, che dovea esser nota ai popoli ai quali giovava, fu nota ai soli baroni
che offendeva, perché questi soli erano nella capitale. Questa sola circostanza
avrebbe di molto accelerata la controrivoluzione, se una parte non piccola
della primaria nobiltá non fosse stata per sentimento di virtú attaccata alla
repubblica, ad onta de' non piccoli sacrifici che le costava.
Intanto
circolavano per i dipartimenti tutte le carte che potevano denigrare il nuovo
ordine di cose, e passavano per le mani de' realisti, i quali accrescevano
colle loro insidiose interpretazioni i sospetti che ogni popolo ha per le
novitá.
Questa mancanza di comunicazione fu quella che favorí l'impostura dei còrsi Boccheciampe e De Cesare nella provincia di Lecce; e di questa profittarono il cardinal Ruffo e tutti gli altri capi sollevatori, e riuscí loro facile il far credere che in Napoli era ritornato il re e che il governo repubblicano erasi sciolto. Essi erano creduti, perché il governo nelle province era muto, né piú si udiva la sua voce. Ruffo dava a credere alle province che fosse estinta la repubblica: il Monitore repubblicano, al contrario, dava a credere alla capitale che fosse morto Ruffo. Ma l'errore di Ruffo spingeva gli uomini all'azione, e quello de' repubblicani gli addormentava nell'indolenza; ed a Ruffo giovavano egualmente e l'errore de' realisti e quello de' repubblicani.
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