LIBERTA' 
EGUAGLIANZA

VEDITORE REPUBBLICANO

Aut videt, aut vidisse putat.

Virg.                 


Num. 2
Pensieri intorno al modo di denominare
le strade di Napoli



1
2
3
4

Niuna cosa è sì piccola, che volger non si possa a utilità della Repubblica. E se la sia volta inverso un tanto fine, bentosto acquista grandezza, ed un risalto d'interesse agli occhi d'ogni uomo. Or essendo la civile unione di tutti gli interessi in uno solo quello, che mantiene, afforza, ed aggrandisce le repubbliche, hassi a fare, ch'ella pulluli per tutto, e mostri per tutto segni della sua esistenza e vigore. Così accadde presso ai saggi Romani specialmente. Il tempio della Fede non era già, come parrà ai grammatisti, sacro a quello, che noi chiamiamo oggi fedeltà: sebbene Dionigi d'Alicarnasso lo dica egli ancora avvisando, che Numa stabilisse quel tempio per onorare la fede de' contratti di compera e vendita, onde gli uomini non s'ingannassero tra di loro. Fede, o per dir meglio Fides a tempo di Numa avea ancora il verde del suo significato, e dimostrava il succo della sua origine. Fides non altro esprime, che l'accordo, e il concerto di più parti. Perciò Fides servì a dinotare anche la lira, da cui nascono gli accordi, e il concerto de' suoni. Or questo concerto sociale, questo gran patto celebre a dì nostri mercé l'opera di Rousseau fu da Numa onorato con sacrare al suo nome un Tempio: oggetto sublime, e degno delle cure d'ogni grande legislatore. I fasci delle verghe, che noi abbiamo adottato, non rappresentano già la potestà Consolare, o Direttoriale, ma l'unione come in un fascio, delle potestà personali d'ogni individuo confidata per un tempo limitato ad alcun cittadino scelto liberamente da tutti. Noi dunque abbiamo adottato il simbolo, che esprime questa sociale unione di volontà e d'interessi. Ma la cosa stessa ne par fuggita di mano. Né già per colpa nostra; ma per un effetto necessario della monarchia, che abbiamo pur ora scossa a terra. Essa per sua natural proprietà divide gli interessi de' privati, e forma tanti piccoli popoli quante famiglie v'ha in una terra. Il gran progetto, con cui si vive nelle monarchie da servi, che han nome di sudditi, o servi plebei, o civili, o nobili che sieno, è di profittar sempre sullo stato, o sopra i servi compagni, usando la forza, la superstizione, l'astuzia, e l'ipocrisia. per valersi dell'altrui soverchia bontà, codardia, ignoranza, o debolezza. Non sono che due mesi, da che noi tentiamo di sollevarci da questo fango. Siamo ancora in contrasto co'vizi, che ci seguitano pur francamente nel tempio, in cui ci siamo ritirati della libertà, e dell'eguaglianza. I coltelli, i pugnali, che per tutto si minacciano, sono rare volte rimedio d'un mal civile. Estinguono il vizioso, non il vizio, puniscono un delitto palese, non i custodi, e le guardie del medesimo, che sono state l'appoggio del delitto. Torniamo dunque alla politica de' grandi oggetti, a quell'arte, che dispone ed ordina le cause del bene. Sopra tutto ne fa duopo trovar nuovamente, come rannodar gl'interessi de' privati, sicché formino una sola indissolubile fune. Molte sono le vie che menar possono ad effetto questo politico pensiero. Noi non vogliamo ora, che una sola accennarne non meno delle altre conducente a sì fatto proposito. Questa è d'innebbriare gli spiriti dell'amore del suolo. Questo sia sempre un elemento principale dell'amor della Patria, e sia talvolta ei solo capace di generar ne' petti de' cittadini pensieri grandi, ed eroici. Ma non si creda già, che l'amor del suolo sia una pianta naturale d'un paese ameno, fertile, e beato. La Svizzera è un paese pieno d'alpi, di freddo, e tanto elevato nell'Europa, quanto è la Tartarìa nell'Asia. Pur niun paese in Europa, niuna riviera deliziosa, niuna terra per quanto amena, e, delicata infonde negli abitanti l'amor di se così caldo e potente, che arrivi al grado d'una violenta passione. La Svizzera sola il fa, ed in guisa tale, che l'assenza da quel suolo genera un tormento, ed una malattia propria agli Elvezj; ed il canto che gli ricorda il ritorno in Patria, allorché sono lontani, è proibito da que' governi, presso i quali prestano il militare servizio. Ulisse par che fosse attaccato dello stesso morbo, avendo posposta a quell'Itaca appiccata al cucuzzolo d'una dirupata montagna l'immortalità medesima. Che fu, che destò un amor sì vivo del suolo in quel greco ? Fu per mio avviso la memoria di se, stesso, della sua casa, della sua vita primiera. Noi tifiamo di qua un principio universale, ed è, che una terra, in cui nulla ci ricorda del passato; nulla ci parla all'immaginazione; nulla fomenta la memoria d'avvenimenti relativi alle nostre idee, e passioni, egli è, un suolo, cui volentieri si abbandona; per cui non si combatte né a fine di difesa, né a fin d'accrescimento; che niuno infine cura, e studia di adornare. Un suolo, una terra si trova per tutto, quando altro non è, che suolo. Ma se, quella terra ad ogni tratto ci parla di noi medesimi, ci riduce a memoria la virtù de' trapassati, ci ride incontro, ci lusinga e ci adula parlandoci sempre di ciò, che ci piace, e ne rallegra, noi diventiamo innamorati di quel suolo, lo difendiamo, e ne prendiamo cura, e ci costa gran pena lo starne lontani. Come ad una donna giovine lo star lontana da uno scaltro che mostra tenerla grande stima, ed a lei serve in tutto. Tal è l'uomo. Convien, che un Legislatore usi delle sue qualità, e non cerchi riformarlo d'altra maniera, che mettendo in contrasto le sue forze, e dandone la preferenza alla virtù. La circostanza presenta un opportunità da mettere in opera questi generali principi. Non so se la rea, o la buona fortuna ha voluto, che nel tratto della passata anarchia fossero spezzate e spiccate lapidi incise de' nomi delle diverse vie di questa Città. Convien riporne delle nuove per commune regolamento. S'avrebbe ad esaminare se gli antichi nomi debbansi ritenere o cambiare. Per me dico doversi assolutamente cambiare. Essendo que' nomi antichi lontani da ogni eleganza, e da ogni fin politico, e che ora massimamente s'oppongon a' nostri maggiori interessi. Que' nomi soli capaci sono di trasfondere nel popolo minuto pel tratto di qualche secolo le idee superstiziose, e l'oppressiva imagine della Monarchia. Si dia anche questo colpo ad amendue queste piante, l'ombra stessa delle quali è mortifera, e letargica.

 Sarà continuato.

  A ...

Saggio sullo stile

Sermone opus es

Interdum urbani parcentis viribr~s; atque

Dissimulantis gas consulto.

Horat.

Chi non sa risparmiare le sue forze scrivendo, quei pur non sa scrivere. Bisogna aver rispetto, e tirarsi alcuna volta indietro, e lasciarsi vincere da colui che n'ode, sicché egli vegga, come ci siamo tirati in dietro, e come il teniamo per amico, e non per nemico in maniera, che la superbia di colui, che s'accosta per udirci, sia da noi con la familiarità, con uno stil facile, e con la piacevolezza raddolcita. A questo fine gran diligenza nelle parole sopra tutto usare ci bisogna in fare, che elle sieno umili, e rimesse, e pressoché sprezzate; perocché in questo modo l'orgoglio, e l'arroganza si mansuefà di chi n'ode. E s'egli dipoi ne vede innalzarci collo stile e soverchiare, non resiste, e non ne prende ombra, anzi si presta a noi , e si tira, per così dir, avanti là dove gli strali delle parole cadono con più furia, e in più copia. Omero, come colui, che scrivendo in Asia dovea lottare con animi per soverchia mollezza superbi, fu il primo, che si studiò d'ingannare quest'asiatica morbidezza, ed i suoi poemi sono pieni di questo prestigio d'arte. Egli non incontra giammai difficoltà, su di cui la sua imaginazione non passi leggiermente, e senza inciampo. Egli ha l'arte di riposarsi, e far riposar seco il lettore. Sembra allora, ch'e' sia disposto   a pigliar sonno: il lettore già incomincia ad averne sdegno. In quei punto Omero, come se del sonno si fosse risentito, balza su in pié, e destramente riprende il vigor del canto e l'entusiasmo primiero. Molti Scrittori al contrario, come Alessandro dicea riguardo a se, faticandosi non altro si propongono che di faticare. Quanto a me io son d'avviso, che m*u'no Scrittore possa, piacere, e solleticare il lettore, se ambedue non s'abbracciano, e non corrono uniti insieme l'arringo. Allor­ ché lo Scrittore, o il lettore si riman dietro; sempre ne soffre di ciò il lettore. S'egli precede, s'irrita della lentezza di uno Scrittore debole, che si strascina. Ma se poi egli è preceduto, s'annoja, e si stanca, come un viaggiatore, che non arriva a pareggiare nel cammino il suo compagno.

Se si vuol dunque regolare uno scritto per riereamento, e commodità altrui si faccia in modo che il più debole cammini innanzi nel luogo della guida, ed il più forte segua. né un sublime argomento si risento per questo rispetto, che si ha della debolezza altrui‑La grandezza dello stile non risiede tanto nella foga, e nell'andar sempre in alto, quanto nel sapersi tenere al punto, e governar discretamente. Ciò che basta, è abbastanza grande. Niente vi è di più nobile, e più sublime, che la misura.

Ed il fare o dire mezzanamente'qualunque cosa sia è la più difficile impresa. Ma dopo tutto questo siam noi sicuri di esser chiari a quell'ani me, la potenza visiva delle quali ignoriamo? 0 a quelle altre, che s ono sorde, e non rispondono a certi colpi, e vibrazioni sebben gagliarde? Chi potrà tanto accostar all'occhio del volgo il sistema degli atomi, della materia fluida, dell'attrazione, o quel più sottile ancora delle forze secondo una distanza attrattive, e secondo un'altra repulsive, sicché il volgo non rimproveri l'oscurità, che aggrava i suoi occhi, al filosofo medesimo?

E chi potrà lusingarsi di spiegare con suoni abbastanza chiari all'orecchio d'un Barone il sistema dell'eguaglianza, della libertà d'ogni individuo, e della necessità de'piccoli proprietari? Egli dirà sempre con molta grazia, che non ha la fortuna d'intendere un uomo, che usi di parlargli con uno stile sì oscuro. l'unico rimedio perciò è quello di chiarir, dove si può, l'idee co'i fatti, i quali, non so come, sono lucidissimi, e non lascian più difficoltà veruna. Non dobbiam però conceder tutto al lettore; ed è bene qualche volta stimolarlo, perché egli usi più sollecitudine, e tirarlo per gli panni, affinché non dorma a occhi aperti. Demostene con tutto che fulminasse, fece addormentare i bravi e buoni Ateniesi, e per, riscuotere questa gente ricorse l'oratore all'ombra dell'asino, di cui narrò maligna mente una favoletta facendo arrossir i giudici di quello, a che aveano prestato attenzione. Ma il sonno ha un non so che d'inevitabile nel suo placido cominciamento. E la mente rispinta una volta da quello assedio, ch'ella fa a'pensieri ed alle idee di colui che parla, ne lascia iscappar tutta la forza senza afferrarne pur una.

Si dovrà continuare.

A…

Relazione d'una legge

Mentre fra di noi si disputa se un'uomo rientrando in casa sua, e trovandola saccheggiata, possa riprendere il suo mobile di mano a coloro, che han commesso il saccheggio, e mentre quì si stà con ansietà attendendo l'esito, che avrà la lotta per questa disputa insorta fra i buoni del nostro Governo Provvisorio, e la fazione dei Baroni: un Paese, che non ha neppure la millesima parte dei nostri mezzi ecco come ha republicamente decisa la questione medesima = Turino S. Ventoso anno VIII della Repubblica = 19 Governo Provvisorio finalmente ha sgomberati quei gotici rimasugli, i quali rimanevano ancora solo per sfigurare il maestoso edificio della nostra libertà = Considerando, dic'egli, nella sua risoluzione dei 12. Ventoso, che i vestigj della schiavitù, e, della barbarie debbono finalmente sparire da un suolo diventato libero, decreta: I. Tutti i Dritti Feudali, come decime, annualità, canoni, fitti minuti, terze vendite, laudemi, dritti di deferenza censi fissi, o casuali, dritti di accordare le derivazioni d'acqua, emolumenti, dritto di patronato, ed altri, che hanno una origine feudale sono soppressi senza indennità. Tutt'i dritti di pedag910 feudali, allodiali, o da qualunque titolo essi pervengano, lo sono del pari come anche il dritto di pesca, e fa bannalità privativa anche allodiale dei mulini, e dei forni appartenenti alla Nazione, o a particolari. Gli arretrati dei dritti soppressi, e delle annualità, che vi sono state surrogate. non sono più esigibili all'avvenire. 2. I dianzi vassalli, feudatari, e depositari qualunque dei titoli constitutivi dei feudi, e dei dritti soppressi, come anche delle investiture, e depositi, che vi sono relativi, e d'ogni altro titolo, o patente di nobilità, son tenuti rimetterle fra due mesi, dalla pubblicazione del presente Decreto, alle Municipalità rispettive dei luoghi, a quali essi‑appartengono. Questi titoli saranno brugiati in presenza dellaMunicipalità, edel Popolo nel termine di tre mesi. Coloro, che saran convinti di aver nascoste, o sottratte, o di non aver consegnate le minute, degli atti che debbon esser brugiati, incorreranno la pena di 1500 IL che le Municipalità ríspetive applicheranno agli usi, ch'esse giudicheranno a proposito, e di tre mesi di prigione ec. ‑ = Questa legge dovrebbe esser copiata dal nostro Governo Provvisorio: licurgo molte ne prese da Creta, e i Romani peregrinarono in Grecia per fabricare le loro.

Uso del teatro

          Napoli 4. Germile = In questa sera nel gran teatro Nazionale si è dato uno spettacolo di cavalli; il concorso degli spettatori tanto Francesi, quanto Napoletani è stato immenso, e gli applausi sono stati prodigati; si crede,che gl'impresari allettati dal lucro fra giorni vorran fare una caccia di tori nel teatro sudetto. Napoli, che diranno di te le vicine Repubbliche? Tu mentre devi principiare ad istruirti la mente, pensi solo ad allettar la tua vista? Il tuo teatro Nazionale, il più gran teatro d'Italia, luogo, che debb'esser sacro all'istruzion publica, è ora profanato dal fimo dei caval­li. I pedanti dicon, che anche i Greci, e i Romani si dilettavan di giochi, e ,di cavalli e questi, Napoli, sono i tuoi giochi olimpici, o nemei, questo è il tuo pugilato, e il tuo cesto? E lo siano, è questo il luogo opportuno? Egli è poi sorprendente il voler paragonare una calca di gente pesante, che non sapendo che far del suo tempo, e per sfuggire la noja, che l'assedia da per tutto e la ópprime, va di notte a chiudersi in un moderno teatro, dove l'aere rinchiuso e rarefatto dagli aliti,'e dal fumo caggiona spesso de' mali, ed ivi sdrajata su'sedili, guarda con occhio di sorpresa i contorci­ menti, o l'agilità di una truppa di Mimi; ai Greci, e ai Latini, che portavan­  si all'aere aperto, di giorno, o nei campi illimitati, o nei magnifici loro anfiteatri, a guardare, e ad incoraggire la loro leggiera, brillante, coraggiosa gioventù Republicana, che a piedi, o a cavallo, armati, o inermi, fra la polvere, o il sangue, o trascorrean molti stadj per disputarsi la meta, o vedean dopo una zuffa ostinata atterrato il rivale.

5. Germile. Nella sera di questo giorno alcuni Cittadini,han fatto nelle loro Case invito, promettendo feste patriottiche. I semplici patrioti si son portati, credendo vedervi degli emblerni della Libertà ascoltare degl'Inni Republicani, e formar delle libere danse, rammentando la disfatta e la fuga dei tiranni. I patrioti son restati  delusi; l'oggetto delle feste era quello di richiamare dei giocatori di azzardo, costoro eran seduti intorno a un gran tavoliere. ricolmo d'oro, e d'argento, e decidevano in pochi momenti di grosse somme, che avrebbero formato il sostentamento di milioni di mendiche famiglie: intanto Favarizia, e il timore, il dolore, e la gioja dipingevano varj opposti colori su i volti dei giocatori, spettacolo curioso, ma ributtante. Ecco come i Napoletani pricipiano a migliorare il costume. Cittadini non può esservi Democrazia ~a virtù, e non può esservi virtù dove regna la smania del grosso gioco d'azzardo.,, E come mai potrà amare il ben publico chi si espone a ruinare in un momento la fortuna sua, e tenta ruinar quella del suo compagno? Egli è vero che noi usciamo da un governo corrottissirno, ed il passaggio rapido dal vizio estremo alla virtù è un'impossibile operazione; bisogna però almeno che facciam qualche. cosa, e che ci mettiam sulla strada di poter diventar, virtuosi un giorno, e di poter lasciare almen questo prezioso retaggio‑ a' nostri figli, giacché altro non potrem loro lasciare.

m ...

Sepulture

          I. Noi manifíestammo di già il pensiero, che ci mosse ad affaticarci  intorno a quest'opera periodica. Esso fu, ed è quello di derivare in seno di  questa Patria sacra in oggi alla virtù tutto ciò, che potesse conferire ad  assodar la Libertà,,a formare i pubblici costumi, ed a rischiarare lo spirito  colla face della verità. Noi avevamo una spezie di Fìlosofia, una spezie  d'Eloquenza, di Poesia, di Musica, ed una spezie avevamo di Politica, che  non erano nel vero senso, e non sono né Filosofia, né Poesia, né Musica,'  né Eloquenza; né 1 Politica. Chi fin ora (e di, questi ve n'ha molti in un  POP010) igriorò interamente anche sì fatta spezie di discipline, e di queste  non seppe forse ne rú anco i nomi, egli non intenderà una sillaba di questi  fogli, se mai gli verranno alle mani. Vi sono degli altri, che non ignorando

A tutto le predette arti, pur non intenderanno sì facilmente le nostre idee,  che hari'Per ogetto la vera filosofia, la vera Musica o Poesia, la vera  eloquenza, e la verw'Politica. Una serie di principj nuovi, astrusi, e non  ancora ‑ introdotti‑ nel, pensare, e nel favellare commune ed ordiriario  ffiranno,oscurità ai Lettori, ancorché usati di molto frai libri. Noi saremo  oscuri, per alcun tempo: ma speriamo, che il tempo stesso ne servirà di  buon interprete. Perché senza di noi ancora verranno gli uomini adottan­  do questi principj. Noi non facciamo più che precorrere a quegli uomini,  che dalle circost,anze stesse sarebbero spinti, sebben tardi, a fare le  medesime osservazioni, che noi fiacciaffio ora. Ogni giorno, che soprav­  verrà dipoi, dissiperà sempre più le tenebre de' nostri prmcipj. Ecco già  noi veggiamo, che,~ i corpi de' buoni Cittadini, e de' chiari uomni si  rendono utili, anconché morti, a quella società cui giovarono vivendo.  'Così egli [‑sìc] estinti godopo d'un premio, che torna a utilità di colui, che  gli onora. La giustizia è accordata col privato, e publico utile. Tutto quello  che la buona legislazion richiede si rinviene nella risoluzione presa in  Francia intorno alle sepolture. Noi volendo esser utili ne riportiamo  quello, che ne dice la decade filosofica7 = Da qualche tempo la filosofia, icostumi, e l'umanità hanno alzata la voce, non dirò per restituire, ma perdare alle nostre sepolture delle forme più onorevoli per gli estinti, e piùconsolanti per gli vivi. L'amministrazione dei Dipartimento della Sennaha presa una risoluzione ' che merita di diventare una legge. Un, figlio, un fratello uno sposo potranno possedere nel loro giardino la morta spoglia delle persone, ch'essi avranno amato. Essi potran consacrare per un monumento il luogo,, che rinchiuderà questi avvanzi preziosi; oggimai basterà possedere un angolo di terra, basterà avere un amico alla campagna per essere sicuro di sfuggire alle cloache, che presso le popolose città usurpano il nome di cimiterio. Coloro, che non saranno assai ricchi per pagare lo scalpello degli artisti consacreranno con un ara di verdi zolle, con una pianta d'albero l'ultimo asilo d'un parente o d'un, amico. Questo è un gran passo fatto inverso que' maestosi costumi dell'antichità, che non eccitano più in noi, che una sterile ~azione. Le strade di Roma ad Anzio, di Atene a Falero, erano dall'uno e dall'altro lato cinte di magnifiche tombe. Il viaggiatore, che le scorgeva, si trovava circondato delle memorie del passato, e conversava coi morti famosi, le anime de' quali erravano attorno a questi mausolei. Non abbiamo noi forse dei grandi uomini? Non è egli forse più necessario d'offrìre la loro memoria alla venerazione del popolo? Se i belli aditi di Neully8, di Franciade fossero abelliti dai mausolei degli Hospital, Turenne,. Cabinat, Fénélon", senza dubbio qualche ignorante accompagnando il suo asino al mercato, e qualche altro conducendo con fracasso un leggiere biroccio avrebbe cura di addimandare: Chi sono costoro?

A...

Politica ‑ Congiure

Un'uomo nato sotto un governo tirannico, s'egli riconosca i suoi dritti, e voglia riprenderli, non ha altro mezzo che quello d'un pugnale per immergerlo in petto al Tiranno; poiché gli avrà ripresi, che serbi sempre il pugnale per fame uso contro al prirno fazioso che vorrà di nuovo degradarlo dai conquistati diritti l I. Il primo dovere degli schiavi è di amazzare i padroni, i modi, ch'essi hanno a porre in opera per ottener quest'intento, chiamansi congiure. La congiura al giogo dei Tiranni è la cosa più gloriosa, che gli uomini possano ímprendere; tanto più gloriosa, quanto pienissima, e circondata di pericoli d'ogni parte. I pericoli nelle congiure si portano per tutti i tempi, maneggiandole, esseguendole, e dopo esseguite. Maneggiandole, per mancanza o di secreto, o di prudenza, o dando luogo al Tiranno di congetturarle; esseguendole o per variazion d'ordine, o per sbigottimento, ed errore dell'essecutore, o per non perfezionar l'opra con lasciar vivi alcuni di. coloro, che si disegnava uccidere, o per~che accidente impensato, che fatalmente giunga, per dissordinare la meglio condotta congiura, e finalmente dopo esseguite, quando rimanga alcuno che vendichi il morto Tiranno. Chi ben congiura ha da prevedere tutti i predetti pericoli, ed a ciascuno debbe apportare il suo,iiinedio di modo che nessuno ne resti o impensato, o irreparato. Chi avrà,provveduto ai primi, trascurando i secondi, ed i terzi, manderà a vuoto il suo colpo, ‑come anche quegli, che provvedendo a' primi, e a' secondi,avrà negletti gli ultimi; giacché il buon esito d'una congiura ,dipende assolutamente dallo schivare tutti questi pericoli, chesono strettamente fra di loro concatenati. Infiniti sono gli esempj Greci, e Latini di congiure per tali difetti scoverte, noi, per sfuggire la taccia di pedanti, ed i fastidj dei nostri concittaldini poco avvezzi alla meditazione, ne addurrem due della Storia Moderna, ed Italiana; quello cioé della congiura dei Pazzi di Firenze contro a' fratelli Giuliano, e Lorenzo de' Medici, e l'altro di Fieschi di Genova contro ai Doria. La congiura de' Pazzi fu ottimamente maneggia

ta, giacché quantunque d'essa fossero consapevoli più di cinquanta congiurati, pure serbarono perfettamente il secreto, cosa che sembra miracolosa al nostro divino Macchiavelli; e felice sarebbe riuscita anche nell'essecuzione, senza l'impensato accidente della mutazion di luogo, che giunse per disastrarla. 1 Medici doveano essere uccisi a un desinare, che da' Congiurati si dava al Cardinal di S. Giorgio, si eran disposti i feritori, gl'invasori del palazzo, e i procIamatori della libertà. La mattina stando in Chiesa i Pazzi co' Medici, fu detto che il Cardinale, dovendo assistere ad un'officio sollenne, non sarebbe andato al desinare; quindi i Pazzi stabilirono di ammazzargli nella Chiesa, al ché non annuendo Giovanbattista da Montesecco per la riveienza del luogo, si dové perturbar tutto l'ordine, e cambiati i ministri, i quali non avean l'animo preparato come i primi, furono oppressi nell'esecuzione, avendo lasciato vivo Lorenzo. Ecco una congiura fallita, perché avendo ben riparato al primo pericolo, non si poté poi evitare il secondo, ed il terzo. La congiura di Fieschi fu anche egregiamente maneggiata; questo giovine ambizioso conoscendo il grande pericolo, che si corTe col far molti partecipí del secreto, non lo svelò ad alcuno. Si formò immense aderenze con infinite seduzioni; giovine, bello, ricco, eloquente, con grandi talenti, e con smisurata ambizíone, Fieschi era nato o per esser'eglì un tiranno, o per abbattere la tirannide altrui. Ei dunque con doni, con lusinghe, e con quell' ascendente, che le anime superiori hanno sopra gli spiriti mezzani, indusse una grande moltitudine di armici ad aver tanta fiducia in lui, che bastasse un suo cenno per muoverli alla più ardua impresa; nel tempo stesso che non tralasciò mezzi per ottenere, e mantenersi la grazia dei Doria, ed affettò sempre di menare una vita dissipata, e libertina, onde allontanare da lui il sQspetto. Quando credé maturo il colpo, e si vìdde padrone degli animi desuoi, gl'invitò tutti a condursi in una notte in armi al suo ostello. Ouivi facendo uso dell'eloquenza sua, e del suo ascendente svelò l'oggetto della chiamata, soggiungendo agli ascoltanti attoniti, non esservi tempo a riflessione, o a pentimento; e che, in quell'istarrte medesimo o essi dovean render libera la patria, o egli anderebbe ad accusar tutti ai Doria.

Sarà continuato

M...

1
2
3
4

 

Manda un messaggio
Home Page
Ricerca
Ritorna