LIBERTA' |
EGUAGLIANZA
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VEDITORE REPUBBLICANO Aut videt, aut vidisse putat. Virg.
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E poichè già ci siamo indotti a discorrere con più particolarità di alcuni luoghi, ai quali proponiamo di cambiar l'antico nome con de' nuovi più accomodati, e più belli, proseguiremo stimolati non d'altra passione fuor di quella, che concerne all'utilità commune, ed alla gloria di questa patria di repubblicani. Dietro alle considerazioni accennate nel num. 2. di questi fogli, per le quali mostrammo la necessità d'animare coll'istoria patria il suolo medesimo, e le mura, e le vie, ed ogni centrale di quella ?città, che si vuol rendere sacra, ed inespugnabile, noi siamo condotti a proporre quanto segue: e prima, che a memoria di que' giovani, i quali ne' dì dell'anarchia con molto coraggio riuscirono a liberar il castello di S. Eremo dalle mani de' scellerati, che l'occupavano, cancellatone il monastico nome, sia quindi detto IL CASTELLO DELLA GIOVENTU. Quell'altro poi, che spalancandosi d'ordine secreto de' tiranni empì d'armi, e di armati la città, ed i vicini contorni, parmi, che IL CASTELLO DEL FURORE si potrebbe dire con proprietà. Il terzo finalmente, che monasticamente è detto del Carmine, fu quello, il quale per trovarvisi dentro colla plebe una masnada di barbari scappati dai nascondigli di Monte negro, ed assoldati dal tiranno, sostenne per più ore l'assalto de' Francesi, e fu l'ultimo ad arrendersi. Non vorrei nondimeno disegnar questo fatto con termini di opprobrio ricordando la pertinacia, e la ostinata resistenza, che vi fece dentro di quello la plebe; e più mi piacerebbe, che fossevi espressa la fortuna dell'armi repubblicane; perciò IL CASTELLO DELLA VITTORIA si potrebbe dire con nome di bel augurio insieme, e bene al fatto accomodato. Nel quarto, ed ultimo luogo, è da ricordare, il Castello dell'Ovo detto così dalla plebaglia per la sua figura elittica, la qual idea nemmeno riman chiara nel modo, con cui ell'è espressa. Il luogo ora occupato da tal Castello, è fama che servisse anticamente ad un palagio di Lucullo, Romano Senatore; il quale non è maraviglia, che fabricato lo avesse in modo, che il mare vi corresse liberamente d'intorno, alla guisa che fa oggi circondando il Castello. Perchè i Romani o sulle colline o per entro il mare fondavano le case, che al diletto loro, ed a passar l'estate destinavano. Il che ci potrebbe far intendere l'error presente di coloro, che sulla spiaggia di Portici hanno distese le loro ville, dove era luogo più appropriato a distender le reti de' pescatori, fuggendo la bellezza delle colline e l'ampiezza, e la varietà della loro veduta, o l'edificar sopra il mare, da cui è mandata fuori in estate una deliziosa freschezza. Oltrechè prolungandosi gli edificj nel mare, l'arena delle spiaggie si rompe, e profonda, ed apronsi sott'acqua delle vie, e de' seni, per gli quali correr possono i battelli di diporto infino alle mura stesse di tali ville, e così la commodità insieme, e le delizie accrescono a palagi in cotal guisa edificati. Ma tornando al Castello dell'Ovo, che ci fece uscir di materia, e passare a dir cosa, che non sarà inutile, e sempre giova a conoscere come la monarchia estinguendo la ragione, e la filosofia, guasta anche ed affoga i piaceri, ed i commodi della vita corrompe, tornando dico al fatto nostro, il nome che s'avrebbe a impor di nuovo a quel castello esprimer dovrebbe l'acquietamento, che avvenne finalmente in tutta la città, col ceder, che fece la plebe ch'era quivi ristretta a difendersi, alle armi vittoriose de' Francesi. Converebbe perciò dirlo IL CASTELLO DELLA QUIETE. I nomi poi della LIBERTA, e dell'EGUAGLIANZA s'avrebbero ad impor, come già si disse, a quelle due porte, o vie, per le quali entrarono per la prima volta nella città questi numi condotti dalle schiere de' valorosi dalle lontane rive dell'oceano infino a questo bellico del mediterraneo. La porta però detta di San Gennaro converrebbe d'ora innanzi nominarla LA PORTA OSTINATA per essere stata furiosamente difesa dai Lazzaroni, i cadaveri de quali intrisi di sangue, ed avviluppati l'un sull'altro mostrando tutti il viso orribilmente squarciato, faceano conoscere che non erano quìvi fuggendo caduti. Similmente essendovi stata grande resistenza, e grand'empito d'armi alla porta Capuana, dir si vorrebbe per l'innanzi LA PORTA DELLA CONTESA; le altre poi, che non dettero occasione a verun fatto repubblicano sieno dette semplicemente, e con nomi augurati, PORTA DELL'ABBONDANZA, PORTA FELICE, PORTA DELLA GIOCONDITA. Volgendo ora lo sguardo a luoghi più particolari non è da trascurarsi quello, onde furono presi, e tratti a morte que' due fratelli infelici, allor Duchi della Torre, e che sarebbono ora repubblicani detti fratelli nostri, siccome il desideravano sapientemente. Ma le smanie d'una ciurmaglia aizzata da chi dovea per lo contrario indurla alla pace ed alla quiete, fecero strappar dalle loro case que'due prodi, e condurli scelleratamente a que' luoghi, dove tra le loro tane liberamente, e facendo festa in mezzo agli urli delle feroci lor donne li trucidarono e postigli dipoi nelle botti gli arsero godendo fieramente, e pascendosi con voluttà di quel tetro odore che mandavano fuori quegli arsi cadaveri. Le case loro spogliate, e fumanti quasi ancora destano in quella razza di fiere, allorchè vi passano d'intorno, un acuta brama di saccheggiare le altre case, che allor si salvarono, e di spiegar gli artigli, e d'insanguinarsi un'altra volta su di noi. Tolga Dio, che i boni sieno superati dai malvagi, e gli uomini dalle fiere; rendiamo intanto memorabili a posteri gli esempi brutali d'un governo di bruti, onde sappian essi domar sempre la parte ferina della società. Sia detta intanto quella piazza, ove poste sono le ruine delle case di questi infelici, LA PIAZZA DELLE VITTIME.
Sarà proseguito.
A ...
Sedute della commissione
Legislativa
Essendo cominciate le Sedute pubbliche della Rappresentanza Nazionale sarebbe un mancamento, o un delitto dalla parte nostra il non farne parola. In mano della Rappresentanza sono, e saranno i più grandi affari della Nazione. Debbe questa sollevarsi, e tender le orecchie alle voci de' suoi Rappresentanti. E debbono essi nelle loro decisioni ratificare il voto Nazionale. Non vi sia dunque cittadino, che osi alienarsi da suoi interessi. Egli mediti le leggi per rendere conforme la sua vita alle medesime; le mediti per emendarne ciò, che non piacesse, quando potrà; le mediti per propagarle colla persuasione appresso coloro che non le ricevono nell'interior recinto del loro animo, o per ignoranza, o per reità di natura. L'assistenza alle sedute di coloro, che ci rappresentano, è necessaria per più capi. Là i giovani troveranno la miglior scuola di civiltà, che tal voce sostituir vogliamo a significar quello, che politica si era detto fin ora. E formandosi a poco a poco al calore dell'altrui facondia, si tingeranno insensibilmente, e s'imbeveranno ancor essi d'una savia ambizione, e di arti corrispondenti a sostener la medesima. Essi saranno un giorno i padri della Repubblica Napoletana, e saranno gli esempj, e le imagini di virtù ai posteri. Intanto facciamo corona a quelli, che per noi pensano, parlano, e s'affaticano portando in petto il voto, e l'autorità della nazione. Il loro corpo è diviso in due commissioni, all'una delle quali è affidata la formazione, all'altra l'esecuzion delle leggi. Sono ambedue formate di vecchi bene animati e di giovani vigorosi, e presi dall'amor dell'utilità publica; gli uni e gli altri esperimentati abbastanza nella cognizion del bene, e del male, gli uni, e gli altri risoluti di seguir la repubblica anche ne' pericoli, non di abbandonarla, come i disertori usano, al primo cimento. Spiace intanto di udir alcuni degli individui della commission legislativa improvvisare ne' loro discorsi, allorchè seggono a pubblico parlamento. Si riconosce il disordine delle loro idee, e quel correre alla traccia d'un sentimento, che lor manca mentre debbono mostrare d'averne alcuno. Spiace ancora di notare il mesto silenzio d'alcuni, che provveduti sono d'ingegno, e di buona ed elegante espressione. I Cittadini riclamano la loro parola. E' non mancheranno di dir loro chetamente all'orecchio, e dove convenga in pubblico, che fa duopo si riscuotano, e tuonino colla voce loro, se pur non vogliono, che la legge si riduca alle mani di pochi. Il dover de' buoni è di ajutar co' plausi, col mormorìo favorevole e coll'attenzione le loro parlate, di sostenergli poi, e di somministrar loro quanti lumi, e quanti pensieri possono a pro della patria. E' ancora spiaciuta a più delicati osservatori la poca soggezione, che hanno alcuni de' rappresentanti di se medesimi, e la trascuratezza, che usano nel presentar con bel ordine le idee, e con quella decente maestà di voce, di gesto, e di linguaggio, che dà comodo al parlatore di rassettar bene, e dipingere all'altrui mente le imagini segrete della sua. La Nazione spera, che avrà presto luogo d'ammirare in questo primario consesso quelle virtù mezzane, che abbellisono le prime, e sono talvolta il sostegno di queste. Non si cesserà per noi d'eccitar ognuno a concorrere al buon effetto delle buone intenzioni della commissione legislativa, che ridonerà, come speriamo, la vita alla Nazione, e ne saprà accordar perfettamente le membra discordi, e mal formate.
A ...
La moda
Poichè Italia, fu dilaniata in mille membra, poichè il feudalismo, e la superstizione le tolse ogni prisca virtù; ella perdè l'interno sentimento della sua grandezza: sembrò come una donna da bordello, vile agli stessi occhi suoi, e arrossendosi de' suoi costumi, adottò impudentemente quelli dello straniero. 1 barbari Britanni, coloro che subirono il giogo degli avi nostri, furono gli ultimi nostri Maestri, non già d'arti, o di scienze, nè del vivere civile, o armigero, giacchè Italia di ciò era incuriosa, e se avesse voluto impararne, trovato avrebbe ingegni sublimi anche tra figli suoi: ella imparò da' barbari il violare i talami coniugali, l'assidersi ubriaca ad una mensa crapulosa, il cambiare l'antico maestoso paludamento con vesti meschine, e deformanti. Tali vezzi chiamaronsi moda, e guai a colui che ligio non fosse stato della moda, egli era chiamato rustico, ed inurbano, eliminato per sempre dalle gentili società, e mostrato a dito, e fra sogghigni, come un misantropo. Questo è il destino degli schiavi, essi sono scimie imitatrici, e allora più carezzati quando meglio contraffanno i loro padroni. Italia l'istabilità, e la rivoluzione continua delle cose umane da schiava, che tu eri, pare che voglia renderti libera: se lo sarai, Italia, ricordati che non devi esser più scimia, e devi bandire la moda. Formati un'energia Nazionale, un carattere tutto tuo, riconosci, e riprendi la tua dignità. Che bisogno hai tu di modellarti su lo straniero? Forse ti mancano esempi illustri in casa tua? Gli Emilii, i Fabii, i Metelli, gli Scipioni, i Catoni, i Gracchi, e tanti, e tanti altri grandi non furon tuoi figli? Foran questi i tuoi veri, e naturali modelli, ma la tua guida esser dee la virtù. Italia, ti crederò sempre serva, finchè vedrò menarsi in pompa gli adulterj, chiamarsi giochi le alee ruinose, e parche mense i dispendiosi, e lunghi gozzovigli. Italia io non vorrei, che tu fossi libera per moda, e che per conseguenza cambiasse la libertà tua, come cambia la moda. lo non pretendo da te prodigj; tu dopo che hai faticato per tanti secoli per renderti corrottissima, non puoi certamente in un momento diventar virtuosa, ma principia almeno a dar qualche passo verso la virtù, o per dir meglio comincia a spogliarti di qualche vizio. Tu, Napoli, tu Patria mia principia ad istruirti, prezza coloro, che t'amano, a non obbligarli a scrivere dei piccioli articoli per farsi leggere da te.
M ...
Continuazione delle congiure
Abbiamo detto che De Deo, Galiani, e Vitaliani furono le prime vittime dell'ambizione di Medici, giacché quanti altri infelici non lo sarebbe stato, se il più astuto dei congiurati non avesse accortamente rivolto contro di lui le stesse armi sue? Annibale Giordani accusò Luigi de' Medici per capo della congiura: Giordani era stato allevato in casa Medicj, da qualche anno egli era ospite, e commensale di Luigi; Giordani era di già convinto per uno dei primi congiurati; quindi la sua accusa aveva qualche apparenza di verità, e dall'altra parte il rimorso dei Tiranni autorizzava ogni sospetto. Si vidde allora con sorpresa di Napoli arrestato il Reggente della G. C. della Vicaria, e tradotto nel Forte di Gaeta. Molti scioccamente han voluto condannare la condotta del Giordani, noi all'incontro la troviamo laudabile in questa parte, ed osserviamo che storici sommi han commentato coloro fra gli antichi, che si sono similmente condotti. Così Tito Livio loda Teodoro di Siracusa, il quale essendo del partito Cartaginese, e scovertasi la sua congiura contro a Gironimo Tiranno, accusò per capo di quella Trasone amico grande del Principe, e del partito Romano. Tolto di mezzo Medici, ch'era funesto ai patrioti così per l'ambizione, come per i talenti, Giordani colla veste di accusatore cominciò ad inviluppare in maniera le fila della congiura, ch'esse diventassero inestricabili. Da questo tempo cominciarono i Tiranni a diffidare di tutti, e perderono intieramente la pace. Essi temerono che in ogni tazza si ascondesse il veleno, sotto ogni manto il pugnale, il sonno scese di raro su gli occhi loro, e tremarono sempre che fosse letale. Quindi sospettarono della fedeltà dei Custodi, e disciolsero, ed abolirono l'antico corpo delle Guardie. Allora le carceri rigurgitarono di prigionieri; gli scogli furon popolati dagli Esuli; gli onori, e le ricchezze si prodigarono al delitto; si viddero con più orrore i premj, che le scelleragini dei delatori, costoro menarono un fasto insultante, mentre i Cittadini virtuosi per non cadere in mano a sicarj furori costretti a strascinare la loro vita colle infelici famiglie da bosco in bosco, e da tugurio in tugurio. Intanto a proporzione che crescevan le offese contro la Nazione, cresceva nel cor dei Tiranni l'odio, e il timore ch'ella le avrebbe vendicate un giorno. A questo continuo stato violento di rabbia, di timore, di convulsione bisogna attribuire l'ammasso di perfidie, e di balordagini, che i Tiranni hanno ultimamente commesso per darci essi medesimi la libertà. In vano Capeto si vedeva in Roma circondato da 70000 soldati, il timore lo accompagnava dovunque; temè che il pugnale di Bruto anche in mezzo a' satelliti suoi avrebbe trovato la via del suo petto; fuggì, ma il timore galoppava con lui; giunse in Napoli, ma il timore l'aveva preceduto nella Reggia; abbandonò tutto vilmente, ascese la Nave, e vi trovò il timore. Ne fu una pruova evidente il non essersi neppure voluto far vedere ai Gentiluomini, che allora componevono la Municipalità, che tremavano più di lui, e che andavano per invitarlo a ritornare in Napoli, come già il Senato Romano portossi a Capua per invitare Tiberio. La viltà, e l'indecisione del sudetto corpo municipale fu l'origine di molte calamità, che ora soffre la Nazione; il medesimo era composto d'Aristocratici, di Realisti, e d'imbecilli, dei quali alcuni si lusingavano che Capeto avrebbe ottenuta a qualunque prezzo la pace, altri che il Governo sarebbe diventato un'Aristocrazia, gli ultimi incapaci di parteggiare aspettavano indolentemente l'evento delle cose qualunque si fosse; persuasi che il loro destino sarebbe stato sempre di portare la soma. In questo stato di perplessità, e d'inerzia fecero passar molti giorni, ch'essi avrebbero potuto impiegare a rendere felice, e gloriosa la Patria, soffrirono che l'esecrabile Francesco Pignatelli eseguisse le ultime volontà dei Despoti fuggitivi, si resero il gioco di chiunque ebbe ardire di porsi in mano le redini del comando; e finalmente viddero questo delizioso paese in preda all'Anarchia, la quale ci avrebbe condotti alla tomba, se non fosse stata distrutta dalle armi francesi, chiamate dai bravi nostri Patrioti, ed unite con essi, e fu questa l'ultima, e più gloriosa impresa della Società Patriotica Napoletana. Questa in ristretto fu la nostra congiura, della quale, volendone narrare tutti i dettagli, se ne potrebbe formare un voluminoso racconto. La Società Patriotica Napoletana restò per due anni involta nelle tenebre. La risoluzione di voler dare un passo decisivo, al quale la Nazione non era preparata, obbligò i capi della congiura ad accrescere il numero dei congiurati; quindi se ne ammisero degl'indegni, ed il secreto fu comunicato a persone, che a fronte delle Torture non ebbero la forza di mantenerlo. Così i Tiranni seppero alcuna cosa, se mai volgeran gli occhi su questo foglio sapranno il resto. Per questa congiura molti individui han sofferto, alcuni han perduta la vita; ma bisogna però convenire che la Patria, e l'Italia debbe a lei il vedersi ora sgombera dalle tiare, e dai scettri. I Giacobini di Napoli furono i primi che diedero il grido all'Italia sonnacchiosa: quando altri appena ardiva pensare, quando pareva ancor dubbia la sorte della Francia medesima, essi, giovani, inesperti, privi di mezzi, ma pieni di entusiasmo per la libertà, d'odio per la tirannìa, tentarono un'impresa difficile, vasta, perigliosa, che, se non fosse andata a vuoto, gli avrebbe resi immortali, e felice l'Italia. GI'Italiani si svegliarono dal letargo, riconobbero chessi eran uomini, e desiderarono riacquistarne i dritti smarriti da tanti secoli; i mezzi mancarono a tutti, e nella scelta si urtò sempre mai ne' peggiori. Abbiamo parlato delle congiure, che s'imprendono per infrangere il giogo d'uno, o di più tiranni, ed abbiam detto, ch'esse sono in questo caso gloriosissime, perché tendono a rendere all'uomo i dritti, ch'altri violentemente, o per astuzia gli ha tolto: diremo in un altro discorso essere le congiure altrettanto vituperevoli, e dannose al ben publico in una bene ordinata Repubblica.
M ...
Al Cittadino Rappresentante Vincenzo Rossi Gregorio Mattei
Cittadino, io mi chiamo Gregorio Mattei, abito
a strada Chiaja N. 22 terzo piano a man dritta; servo la patria nella prima
Legione della Guardia Nazionale: son uno dei due autori di questo giornale,
sul quale ho creduto comoda cosa il dirigerti questi miei sentimenti in modo
di lettera, affinchè tu, ed il pubblico possiate legerli. Potrai rispondere,
e la tua risposta formerà un'articolo per la decade futura. Uso il tu,
e perchè non voglio moltiplicarti, e perchè voglio parlarti nel
linguaggio, che tu affetti di avere. Io ti scrivo, come se ignorassi quello,
che i Patrioti dicon di te; quando tali imputazioni saran provate, tu non meriterai
più le parole degli uomini onesti. Mi diriggo a te, perchè il
moto, che ti dai, la preponderanza, che cerchi di usurparti, le mozioni, che
fai tu medesimo, ti fan parere l'autore primiero della condotta debole, che
si tiene dalla Commessione Legislativa. Sono di già molti giorni da che
questo corpo si è posto nell'esercizio del suo potere. Abrial conoscendo
l'impolitica riunione del potere legislativo coll'esecutivo in un corpo medesimo,
riunione ch'esisteva nel governo provvisorio formato da Championnet, l'abolì,
formando una Commessione provvisoria esecutiva di cinque membri, ed una Legislativa
di venticinque, dalla quale la Nazione si augurava di vedere spuntare l'aurora
di una futura, e lontana felicità. La Nazione si attendeva che i grandi
interessi sarebbero stati discussi, ed aveva ragion di sperarlo dietro l'esempio
del passato governo provvisorio, che in pochi giorni aveva abolito i fedecommessi,
e maggiorascati aveva formata la legge per l'abolizione dei dritti feudali,
e si occupava seriamente per ristabilire il credito nazionale, ma quello fu
chiamato furioso, questa chiamerassi imbecille. La Nazione si è ingannata
nella sua aspettativa, la Commessione in tutte le sue sedute d'altro non si
è occupata che di lunghe discettazioni su i soldi delle autorità
provvisoriamente costituite , senza nulla determinare; lunghissime discettazioni
sulla Guardia Nazionale, e particolarmente su gli erniosi, e su i galloni, ed
infine altre lunghe discussioni, su le pruove indiziarie. Mentre la Commessione
s'occupa di questo, la flottiglia inglese è sempre a Baja, gl'insurgenti
a Salerno, la moneta in commercio estremamente rara, e per conseguenza l'agio
delle carte altissimo, il popolo geme sotto tutti gli antichi dazj del Despotismo,
nè riconosce alcun vantaggio sensibile di questa da noi tanto vantatali
democrazia. Cittadino Rossi, tu hai fatte, appoggiate, o procurate tali mozioni,
per mascherarti, la nazione occhiuta conosce però la smodata ambizione
tua attraverso la caricatura, che tu cerchi di offrirle. Ma lasciamo i rimproveri,
e ragioniamo. Puoi tu figurarti che tre mesi d'immatura, ed inaspettata rivoluzione
bastino per renderci virtuosi come gli Spartani dei tempi della prima guerra
Persiana, o i Romani della prima guerra Punica? Vuoi tu ridurci alle antiche
ghiande? Ma prima innabissa i nostri campi, recidì gli oliveti, e le
vigne, distruggi le nostre industrie; ammazza due terzi almeno della popolazione,
e ponci in fine sul cucuzzolo di una monte attorniato da laghi, e garantito
da una corona di vicine inaccessibili montagne: là saremo sicuri, giacchè
la nostra povertà, più che le montagne allontaneranno il nemico,
ci farem crescere le unghie, e i capelli, e insieme con te mangiando ghiande,
e cipolle, meneremo una vita deliziosa. Tu ti slanci contro al lusso: hai tu
dunque decisa la quistione tanto dibattuta fra i più grandi politici
se il lusso sia giovevole, o dannoso ad una Republica, non miserabile, come
quella di Sparta, che tanto male a proposito si cita ad ogni momento? Ti ricordi
tu che se l'imminente ruina di Roma non ancor ricca, costrinse il Senato a formare
le Legge Oppia, allontanato il pericolo, ella fu bentosto derogata, ed in vano
per sostenerla perorò l'inesorabile M. Porcio Catone? Cittadino, il metodo
necessario in ogni scienza, è necessarissimo in Politica: non saresti
ridicolo se volessi far intendere le verità astronomiche a chi ignora
i primi elementi della geometria? Tu potrai farli la dimostrazione la più
evidente, egli non t'intenderà. Ma mi ricordo, che questa esser debbe
una lettera, e non voglio dilungarmi in declamazioni contro quello che fate,
senza proporvi ciò che far dovreste. lo sarò l'eco delle grida
dì tutta la Nazione: attualmente da tre punti di gran dettaglio pende
la salute di questa nascente Repubblica, la formazione di un'armata, la restituzione
del valore rappresentativo alle carte, l'abolizione intera del Feudalismo. Ma
le difficoltà sorgono da per tutto, esse sono infinite? Legislatori spetta
a voi l'abbatterle, voi dovete esser uomini straordinarj, voi dovreste esser
Dei, se questi esistessero, o se esistendo s'interessassero delle umane cose.
Il punto poi grande generale, al quale debbon tendere tutte le operazioni vostre
è quello di formare uno spirito pubblico Nazionale. Lo spirito publico
è composto dalla totalità delle opinioni Nazionali: opinione si
chiama un giudizio ammesso per vero dalle autorità rispettate, opinioni
Nazionali si chiaman quelle che sono ammesse dalla maggior parte della Nazione.
Cittadino, voi conoscete le opinioni della Nazione vostra, voi dunque dovete
distruggerne moltissime, raddrizzarne alcune, infinite nuove crearne. La formazione
di uno spirito publico è indispensabile, io vi dirò, servendomi
delle parole di un gran Francese, che senza di questo non vi è accordo,
o volontà generale, non vi sono costumi e leggi, non vi è Nazione.
Voi siete nell'obbligo d'imprendere quest'opera grande; per riuscire, dovete
dividere le vostre operazioni in due classi: la prima dee racchiudere gli oggetti
generali; come la verità, la libertà, l'eguaglianza, il dritto
di proprietà, la sicurezza personale, la giustizia, la beneficenza, le
Leggi, il Governo, i costumi, le virtù private, l'amore della patria,
il coraggio, e l'accordo delle pubbliche opinioni fra di loro. La seconda classe
degli oggetti, verso de' quali bisogna dirigere lo spirito publico, racchiude
la fatica, che bisogna amare, i soccorsi, che bisogna procurarsi per lì
nostri bisogni, l'agricoltura, che bisogna animare, le scienze delle quali bisogna
favorir la coltura, le arti, che bisogna perfezionare, o introdurre le ricombenze,
che bisogna distribuire, l'emulazione, che bisogna istituire, l'istruzione,
che bisogna spargere, le Feste Nazionali, che bisogna stabilire. Cittadini rappresentanti,
l'incarico è grande, tradisce la patria chi presume di sostenerlo senza
averne la forza. Rossi, queste son poche idee, che ho potuto accozzare in una
lettera, oh quante altre te ne comunicherei, se i limiti del foglio lo permettessero.
Attendo la tua risposta, e t'auguro salute, protestando rispetto a tutto ciò,
che avrà vigore, e dignità di legge.
M
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