|
CARLO DE NICOLA DIARIO NAPOLETANO |
DICEMBRE
1799
Domenica primo decembre. Nella
chiesa della Trinità maggiore vi è stata solenne festa con cantata e Te Deum, a spese del ceto dei Notaj
Napoletani, vi è intervenuto il principe del Cassero con la moglie.
Sento che siasi dissacrato
Conforti, e che sieno stati posti tre in cappella, ma non so chi siano.
Lunedì 2. Non fu vera la notizia
dei tre posti in cappella ieri, ma sento che lo sieno stati oggi, e vi è chi
dice che stiasi piantando o costruendo una forca per dodici. Oh Napoletani!
anni ed anni passarono senza sentirsi forche, e se qualche giustizia vi era,
faceva tanto orrore che nulla piú, ora ci siamo familiarizzati in modo che se
ne parla con indifferenza.
Altro dispaccio è venuto che
sollecita le decisioni dei rei principali, perché S. M. vuol publicato
l'indulto, speriamo che sia presto, per non sentire piú parlare di forca.
S. Em. Zurlo ebbe il permesso di
portarsi al Conclave, ma senza passare per Terra di Lavoro. Questa mattina il consigliere
Novara ha preso possesso in nome di d. Crescenzo de Marco in S. C. abilitato da
S. M. a prenderlo per procura, perché assente col visitatore Valva.
Martedì 3. Sono eseguite oggi le
sentenze di Mancini, Nicoletti, e Neri, tre ultimi condannati, per altri otto è
venuta la approvazione, e con altro dispaccio si sollecitano le decisioni pei
rei principali, che s'intendono, tanto quei di pena capitale, quanto di pena
d'asportazione: per gli altri si annunzia l'indulto. Fin oggi sono sessanta gli
afforcati, dodici i decollati, che uniti ai venti eseguiti in
Procida, si contano fin'ora novantadue giustiziati.
D. Vincenzo Pignatelli di Marsico, e
Rocco Lentini, sono stati aggraziati. Quest'ultimo mi si dice che meritata
avrebbe piú degli altri la morte, ma i suoi rapporti lo hanno salvato. D.
Domenico Martuscelli che notai condannato ad anni 15, ha sofferta tal condanna
per aver salvato il nostro presidente de lorio; mentre avendo il celebre
Laubert mandato un proclama all'ammiragliato, acciò si firmasse e publicasse,
d. Michele de Jorio, che n'era il presidente, si smarrì leggendolo. Martuscelli
che era il segretario del Tribunale, gli diede coraggio, dicendo che con tal
qualità lo avrebbe egli firmato, e così sarebbe corso sotto nome del Tribunale.
Così fu fatto e così de Iorio fu salvato, e Martuscelli è stato castigato. E’
stata bensì dolce la pena, perché Iorio con un suo certificato ha fatto sapere
alla Giunta come il fatto passato era. Sento che vi sia altra decisione fatta
oggi, ma non mi è nota ancora.
La scorsa notte son fuggiti tre
carcerati da s. Maria d'Agnone, ed altri han tentato di fare lo stesso, ma sono
stati arrestati. In conseguenza di tale attentato, questa sera vi era piú moto
per la città e molta truppa in giro pattugliando.
E’ tornata da Sicilia la duchessa
di Corigliano, che dice non esservi notizia che la Corte venga per ora, tanto
che lei ha promesso di tornare a giugno. Si rimettono sul piede antico le Reali
guardie del corpo, che furono anni sono abolite, ed è stato creato capitano
delle guardie d. Diomede Carafa, e tenente d. Giuseppe Minutolo.
Il principe del Cassero risolve a
dirittura quanto si propone in Consiglio, né aspetta sentire il sentimento dei
consiglieri. La moglie riceve le nostre dame, ma senza cedere luogo.
Il principe di Bisignano parte
nuovamente per Palermo per andare a presentare il regalo solito farsi dalla
città in tempo di Natale ai Sovrani.
Si è detto nel giorni passati che
il comandante Moscovita avesse alzato il bastone sopra
Guidobaldi, perché gli aveva fatto dire che stava impedito, ora si dice che fu
a Sambuti non già a Guidobaldi.
Mercoldì 4. La scorsa notte è stata
così grande la tempesta durata per tutta la mattina che un legno mercantile è
stato per perdersi nella nostra rada. Ha cominciato a chiedere aiuto dalla
notte, ed ha continuato fino alle ore due pomeridiane, avendo tirato 27 tiri di
cannone. Ala per tutto detto tempo non è stato possibile soccorrerlo, e piú
volte è stato per sommergersi, noti ostante l'aver fatto vuoto di tutte le
mercanzie e roba che portava. Circa la detta ora è riuscito soccorrerlo,
essendosi convenuta la somma di D/. 2000 a quel marinai che lo soccorressero.
Oggi, verso le ore 23 e mezza, ho
veduto trasportare un giovinetto sbarbato in mezzo a cavalleria e Camiciotti, e
seguito da quantità di lazzarismo che gridava « viva il Re, morano i Giacobbi »
come nei primi giorni dell'anarchia.
Il carcerato caminava intrepido e
burbero, e con aria truce si è voltato a guardare i lazzari che così gridavano,
tanto che questi accortisene hanno incalzate le grida, ed accresciuti piú
gl'insulti. Dicevano essersi trovato nascosto fuori porta Capuana.
Giovedì 5. Si è intesa quest'oggi
la condanna del P. Granata ex provinciale dei Carmelitani, di d. Nicola Fiorentino[*1], già giudice Regio, e del
marchesino Mauri.
Venerdì S. Si dicono altre
condanne, ma non sono ancora a mia notizia. Son passati in cappella cinque
condannati per essere eseguiti domani, ne ignoro ancora i Domi.
Sabato 7. E’ stato questa mattina arrestato
il cav. d. Nicola Porcinari, figlio del già marchese luogotenente d. Ippolito
Porcinari, giubilato perché cieco. Questo giovane pieno di talenti, ma d'un
cervello qualche poco stravagante, era stato piú volte nominato, e sotto il
Governo rivoluzionario fu anche nominato municipe del cantone Sannazzaro, come
essi chiamavano il quartiere di Chiaia.
I giustiziati di questa mattina
sono stati: Ferdinando Ruggi, decapitato, Raffaele Doria, decapitato: sacerdote
Francesco Conforti, Vincenzo d'Ischia, Antonio Sardelli, afforcati.
Domenica 8. Quest'oggi è stata
altra briga fra soldati e birri causata dall'avere un sergente incontrato in
mezzo ai birri un soldato che da quelli si portava in Giunta. I birri sono
stati malmenati e posti in fuga. Uno di essi è andato a rifugiarsi nella
porteria di s. Nicola alla Carità, e al primo piano, si è nascosto nella stanza
del Preposito generale P. d. Antonio d'Agostino, vecchio decrepito e di
pochissimo udito. Ha chiusa la porta, e ne ha tolta la chiave. I soldati che lo
inseguivano avvertiti dalla gente che lo aveva veduto entrare, son saliti anche
sopra e son andati commettendo insolenze. Il Preposto, trovandosi quell'uomo
nella stanza, ècorso ad aprire la porta, e si ha trovati i soldati coi fucili
impugnati, che sono entrati nella stanza, dicendo quantità di villanie a quel
buon vecchio ed ai PP. tutti, chiamandoli anche ribelli. Si hanno preso il
birro, e col birro la ripetizione da sacca che il d. Preposito teneva appesa al
muro.
Il Consiglio ed il Commercio si
sono portati quest'oggi in corpo a complimentare Sua Ecc. a il luogotenente, il
quale questa sera teneva conversazione, come la terrà tutte le domeniche.
Sento che siasi mandato dispaccio
al direttore della Rossa perché inquiresse contro coloro che discreditano le
carte di Banco, e l'aggio intanto è al 61 per cento.
L'arresto del cav. Porcinari fu
unitamente a quello del duca di s. Arpino, e sento che ne sia venuto l'ordine
da Palermo colla dicitura che il Re meravigliavasi come costoro non fossero
stati arrestati ancora. Il dispaccio del principe del Cassero è nei seguenti
termini:
« Il Capitan generale cav. Acton con Real carta del 28
passato mese di ottobre, mi comunica quanto siegue. Eccellentissimo Signore. Il
Re, avendo permesso al Luogotenente e Capitan generale del Regno Cardinal Ruffo
di portarsi sollecitamente in Venezia ed intervenire nel conclave intimato colà
per la elezione del novello Pontefice, è venuto ad ordinare che V. E. passi in
Napoli per presiedere a quella Giunta di Governo in qualità di luogotenente e
Capitan generale del detto Regno di Napoli per quel ristretto tempo in cui S.
M. continuerà a dimorare in questo Regno della Sicilia, e che ella goda il
soldo mensuale di ducati duemila da oggi innanzi durante l'esercizio
dell'indicata carica (soldo da pagarseli dalla Real Tesoreria di Napoli) ed
abbia l'abitazione nel Palazzo. S. M. Persuasa dello zelo di V. E. per lo Real
servizio, e della sua fermezza e giustizia, di cui ne ha veduti chiari segni
nell'impiego affidatole di Segretario di Stato e del dipartimento di questa
Camera ed alta Polizia, si augura che ella porrà in opra tutta la sua efficacia
con la Giunta di Governo, perché si ottenga il compito riordinamento del Regno
di Napoli poco fa sconvolto dalla rivoluzione. Le raccomanda soprattutto di far
prontamente disbrigare dalla Giunta di Stato e da quella dei Generali, a norma
dei più volte ripetuti Reali ordini, i giudizii dei rei di Stato principali e
notori], e di tutti quelli da deportarsi, onde potersi immediatamente, dopo
l'esecuzione di tali giudizii, far promulgare da V. E. a favore dei rimanenti
inquisiti di Stato, il general perdono che S. M. ha già preparato, e il di cui
esemplare sarà a V. E. consegnato prima della partenza da Palermo. Si inculca
che non siano assolutamente impiegati nell'esercito e in altri rami dello Stato
soggetti i quali siano sospetti, o abbiano servito nelle dipendenze di Guerra
nel passato governo rivoluzionario, o in cariche di nuova creazione di tale
governo ».
D. Maria Giuseppa Targiani ha
ottenuto dal Re, oltre la toga al marito, una pensione per la sua famiglia di
annui ducati milleduegento, e ducati tremila contanti, sborsabili ora, per
rifarla dei sofferti danni.
Glorioso trionfo d'una donna
Vincitrice di tanti in treccia e gonna
La famiglia del marchese de Rosa,
che non ha avuta una donna simile niuna considerazione ha meritata, non ostante
l'essere famiglia molto piú benemerita, che vanta sette toghe di seguito, e che
vi sia il cav. d. Prospero de Rosa che per talenti e cognizione non la cede a
chiunque, e se gli farebbe un torto ponendolo a paragone di d. Bernardo
Targiani.
Lunedì 9. Siamo da capo cogli
arresti, oltre il cav. Porcinari e il duca di s. Arpino, si dice l'arresto del
duca di s. Demetrio, di d. Vincenzo Severino di Secli, del duca di Bagnulo, e
sicuramente poi sento che siano stati arrestati, d. Nicola Pegnalver, ed il
maestro di Cappella d. Domenico Cimarosa. I condannati di sabato furono Grutter
e Romeo alla morte, ed un tal Brienza a vita.
Si aspetta la marchesa di s. Marco,
che non ha incontrato in Sicilia; anche il Marchese di Fuscaldo si vuole in
disgrazia, il motivo si dice perché nella conversazione di s. Marco disse, che
si usava troppo rigore, e si spargeva troppo sangue. La Regina, avendolo saputo
disse: « vengono ad insultarci qua ».
Martedì 10. Sono passati in
cappella il marchesino Mauri, d. Nicola Fiorentino, il P. Granata, ed un quarto
di cui non mi ricordo il nome.
E’ arrivata oggi proveniente da
Palermo la marchesa di s. Marco.
La Giunta di Stato è occupata a
decidere della sorte di altri rei di Stato.
Il principe del Cassero publicò
l'altra sera la notizia di una commozione accaduta a Parigi colla fuga
dell'intero Direttorio e di tutte le autorità costituite, con essersi formata
una dittatura, publicandosi di essere la patria in pericolo. Si dice che
Buonaparte, arrivato a Parigi abbia cagionato tal rumore e siasi egli fatto
creare dittatore. La gazzetta che si publicava nella stamperia Reale, è stata
sospesa, il motivo s'ignora.
Quello che si disse del permesso
accordato a Sua Eminenza Zurlo di andare al conclave, fu assolutamente falso:
non è partito, né partirà.
Il quarto posto in cappella fu
Romeo; ma la esecuzione non si è fatta quest'oggi, perché passato essendo la
notte scorsa anco de Renzis nel castello del Carmine per mettersi in cappella,
si è differita la esecuzione a domani per tutti e cinque.
Dicesi che si cambia la maniera di
afforcare per renderlameno dolorosa: altri vogliono che si costruirà una forca
di fabrica. Sono stati condannati ieri d. Domenico Catalano ad anni 20 di
asportazione, e d. Raffaele Nobile e d. Lorenzo Fasano ad anni 15.
Il principe del Cassero lunedì fu
al Carmine, al ritorno chiamò la Giunta di Stato e gli disse, che pei ministri
di quella v'erano i castelli, per i subalterni la forca, se fra due giorni non
escisse un processo che gl'indicò. Vi fu chi volle rispondere, ma egli replicò
quanto aveva detto, ed andossene. Il processo uscì immediatamente, per quanto
sento. E’ ignoto se ciò sia stato in seguito a ricorso particolare, o di ordine
venuto da Palermo.
Il Commissario di campagna
rappresentò doversi scarcerare tutti coloro che lo erano stati per causa di
saccheggi, insolenze, omicidii, ed altri disordini commessi nelle ferali
giornate del 14, 15 e 16 giugno, giacché diceva che in questi si dovea
condonare l'ardore per la difesa del Trono, o per dir meglio, dovea condonare
l’ardore per la difesa del Trono, o per dir meglio, dovea condonarsi loro ogni
eccesso, perché causato dall'ardore di difendere il Trono e la buona causa. La
Giunta di Governo ha approvata tal rimostranza, e Napoli è popolato nuovamente
di assassini.
Fra Diavolo arrestato dal generale
Bourchard in Roma per furti commessi, è di là fuggito, ed è venuto in Napoli
per passare a Palermo.
A Pozzuoli vi fu giorni sono rumore
per insolenze che alcuni ufficiali di massa volevano fare ad un Pozzolano per
causa di donne, il rumore crebbe a segno che quel popolo voleva arrestare gli
uffiziali come Giacobini, e la prudenza del Comandante di quel castello ci
rimediò arrestando gli uffiziali per sedare il trasporto del popolo. Molti capi
di massa si son situati in varii luoghi del Regno e si mantengono a forza di
prepotenze.
L'aggio sul contante è al 61 e 62
per %.
E' morto Mons. Sansone vescovo
d'Ischia in concetto di santità, il suo corpo è stato esposto, ed ha dati molti
segni che hanno del miracoloso.
Questa mattina il vicepresidente
del S. C. d. Michele de Jorio ha avuto il dispaccio che gli conferisce il
titolo di marchese. Vengono da Roma le statue del Real Museo che si avevano
trasportate i Francesi, essendosi là trovato tutto incassato, anche le nostre
porcellane, i bronzi, ecc.
Giovedì 12. Oggi compie l'anno che
S. M. fuggì da Roma per l'esercito disperso dal tradimento dei suoi.
Si è eseguita la condanna pei
quattro afforcati, cioè, Fiorentino, Romeo, Granata, de Renzis. Per Mauri si è sospesa
l'esecuzione, chi dice perché abbia detto di aver cosa da scovrire in utile
allo Stato, chi che sia stato per le parti fatte dai parenti, giovandosi di una
capitolazione particolare da lui fatta col comandante Inglese. Credo piú
quest'ultima, perché so che fin dall'altro ieri era questo giovane sciagurato
così disposto, che dopo ricevuta l'assoluzione, anelava di andare al patibolo,
come lo disse quel sacerdote che lo aveva confessato. Se dunque avesse avuto
cosa da dire, fin d'allora lo avrebbe fatto.
Venerdì 13. Mentre nella scorsa
notte si trasportavano i rei di Stato di Pizzofalcone e Parete per imbarcarsi,
arrivati essendo a Toledo, si è manifestato un incendio grandissimo in un
vasto' comprensorio di case ch'è al cantone della strada che va a Chiaia, poco
lungi dal Real Palazzo, e sul cominciare la strada Toledo. Ciò è succeduto circa le ore 8 d'Italia, vale a dire
l'una dopo mezza notte. L'incendio si è tanto esteso che ne hanno sofferto i
due vicini casamenti, dalla parte di Chiaia e dalla i parte di Toledo, ed il
danno è stato rilevantissimo; anche perché è accorsa la solita gente popolare
che ora comunamente dicesi di s. Fede, e quello che dal fuoco sottraevasi si
perdeva tra le loro mani. Non hanno mancato di dire che l'incendio si fosse causato
dai Giacobini, giacché ora tutto a questi si rifonde anelando il popolo con tal
pretesto ripigliare i saccheggi se potesse riuscirvi. I rei di Stato ch'erano
nella strada sono stati stretti in mezzo dalla truppa che scortavali e
quietamente hanno continuato il loro camino, e nella notte prossima saranno
imbarcati e condotti, per quanto si dice, a Marsiglia[*2].
E ancora dubio che cosa abbia
causato la sospensione della sentenza del marchesino Mauri. Si vuole che fosse
andato a portar l'ordine della sospensione lo stesso Guidobaldi. La piú comune
voce è che siasi fatta presente alla Giunta la maniera come fu da lui reso il
forte di Baia, cioè che accostandosi il conte de la Tour (Thurn), e chiestogli
se volea capitolare, egli avea risposto « che col suo Re non capitolava, ma si
credeva in dovere di rendere il forte, perché fra il Re e il suddito, né
guerra, né capitolazione poteva esservi ». Dunque si diceva « se avesse
capitolato sarebbe salvo, e dovrà morire per essersi reso, mentre poteva
capitolare? ». Questo raziocinio scosse la Giunta, per cui si dice revocata la
sentenza, o almeno ordinato che si rappresenti a S. M.
Sabato 14. Mauri è stato eseguito
quest'oggi, come vada ciò è un arcano almeno per me. Grande agitazione per la
città ed immense carcerazioni sono seguite la scorsa notte e quest'oggi, fra
gli altri sento arrestati, d. Agostino Colonna, e quello che fa stupore, se è
vero, il principe di Avellino, d. Giovanni Caracciolo. Questi di cadente
salute, malmenato dai Francesi e patriotti, che lo trascinarono per dir così
nudo e scalzo colla moglie per mezzo Avellino, protettore degl'insorgenti dei
stati suoi, e la sua casa ricettacolo di tutti i capi insorgenti, come possa
esser divenuto sospetto, io non so capirlo, tanto che credo la notizia del suo
arresto assolutamente falsa[*3]. Quello che si dice degli arresti
è, che siasi scoverta una nuova cospirazione, che scoppiar dovea la notte di Natale[*4] coll'incendio da attaccarsi a
diversi luoghi della città, ed estendersi fino alle castella.
E che vi era per Napoli chi andava reclutando a grana 50 il
giorno, e si fosse così fatto il numero di cospiratori 18 m, lo niente credo di
ciò; veggo solo che nel popolo sempre piú fermenta il piacere del saccheggio
col solo pretesto della s. Fede, e questo mi fa tremare. Nell'incendio di ieri
notte la s. Fede fece piú danno del fuoco, e la notte passata si è attaccato
fuoco ad un'altra casa ai gradoni di Chiaia. Il fuoco non ha preso piede, ma la
s. Fede ha fatta la sua parte. Le case laterali a quella incendiata ieri notte
furono quasi interamente saccheggiate. Insomma il popolo è sempre piú insolente
e sfrenato, ladro ed assassino; cerca il pretesto del Giacobinismo e ne
profitta, il Governo di questo solo si occupa e di niente piú; ecco lo stato
attuale di Napoli che farà compassione ai secoli futuri.
Hanno fatto vela questa mattina i
legni che hanno trasportato i rei di Stato, i quali mi si dice che partivano
allegramente, dandone segni coi fazzoletti in aria, e vi è chi dice che
gridassero: « fra breve ci rivedremo ». Almeno queste voci si spargono, ed il
popolo si allarma, ne giura l'esterminio, ed anche di vedere la forca e la
mannaia in continuo esercizio.
Domenica 15. Di Mauri si dice, che
intanto si sospese l'esecuzione giovedì, in quanto si volle riesaminare il
dubio della carta di sicurezza che aveva dagl'Inglesi. Altri dicono che promise
cose interessanti, e si trovò che non lo erano.
Circa le ore 12 di Spagna è
arrivata una nostra fregata che ha salutata la squadra Russa e n'è stata
risalutata: si è detto che portato avesse degli ammalati. Si continuano a
sentire delle carcerazioni; ma quella che si disse del principe di Avellino fu
falsa, come dovea essere. Il principe di Acquaviva col fratello, e d. Agostino
Colonna di Stigliano lo sono stati sicuramente. Continua a parlarsi di
cospirazione scoverta e d'incendi premeditati.
La gazzetta fu sospesa nella
stamperia Reale per avere S. M. confermato il privilegio accordato al canonico
Silva di esserne egli l'estensore ed editore, e da costui infatti si continua.
Questo canonico Silva publicava la gazzetta intitolato Corriere di Europa, e la incominciò nel passato anno, poco prima di
cominciare i torbidi. Tutti si querelavano che niente facesse sapere di ciò che
piú interessavaci, cioè della spedizione di Roma e degli accidenti d'Italia.
Egli si scusava col dire che doveva publicare quello che gli veniva ingiunto.
Accaduta la rivoluzione, annunziò il canonico con manifesti affissi per Napoli
la continuazione del suo foglio, e disse che avrebbe soddisfatta la curiosità
del publico molto meglio di prima, perché la sua penna non era coartata. Le sue
espressioni non me lo ricordo, ma certamente non erano onorevoli pel Governo
antico. Ciò non ostante veggo che se gli è confermato il privilegio di
publicare la gazzetta.
Le notizie circa la cospirazione
scoverta portano, per quanto ne ha detto uno dei due avvocati dei rei di Stato,
consigliere d. Girolamo Moles, che nella casa di un mercante di cappelli che
avea bottega sotto il palazzo brugiato, siensi trovate dieci voiane, ossia moschetti, e proviste
molte di polvere e palle; è stato carcerato. Si dice che sieno arrestati
quantità di servitori e volanti a spasso, e di altra gente popolare, assoldati
a cinque carlini al mese. Si dice finalmente, che d. Agostino Colonna fosse il
capo della cospirazione, e che si fosse intercettata lettera a lui diretta da
un generale Francese, in cui gli diceva, che pensasse ad accrescere il partito,
perché sarebbero venuti i Francesi a sostenerlo. Nella casa del cappellaio si
dicono trovate molte carte. lo la credo tutto una bubbola. Ove stanno i
Francesi che possono promettere protezione, se l'Italia è quasi tutta evacuata
quest'oggi? Si è publicata ancora la presa di Cuneo. Se poi le notizie
dell'Italla sono false, sarà diverso. Roma peró è sicuramente sotto le nostre
armi.
Lunedì 16. Sento altre decisioni
fatte dalla Giunta di Stato, ma non di morte. Oltre d. Raimondo di Gennaro, e
d. Alessio Azzia condannati ad asportazione perpetua; non so di altri.
Continua a parlarsi della scoperta
cospirazione, della quale si vuole capo assolutamente d. Agostino Colonna, e si
dice che dovea il fuoco attaccarsi a 500 edificii nella capitale; indi prendere
le armi e fare il dippiú. lo continuo a non crederci, se pure non era tutto
diretto ad un saccheggio. Queste voci allarmanti servono a tener lontano il Re,
e questo a me sembra la piú impolitica condotta, essendo vero che venendo il Re
tutto finirebbe.
Devo però confessare che la
ostinazione dei veri Giacobini è infinita. Oltre quanto notai dell'allegria che
mostrarono partendo, so da persona degna di fede, che mentre erano per
imbarcarsi, uno di essi in publico, in mezzo alla truppa, chiamò d. Michelino
Filangieri col nome di cittadino. Per la sciocca e bestiale pazzia di pochi, oh
quanti hanno patito e patiscono, quanti son rimasti privi d'impiego, mentre di
essi nessuno piú attaccato può dirsi al Sovrano. Potrò attestarlo all'universo
del consig. marchese de Rosa, e cosi di tanti altri.
Trascriverò a questo proposito una
felice composizione fatta da un uffiziale di Segreteria, a nome d. Gennaro
Colubro, il quale per essere rimasto sotto la maledetta Republica impiegato
nello stesso posto, ma col solo nome cambiato di commesso o capo di Burò,
trovasi ora privo d'impiego, e pure quell'infelice per avere da mangiare
accettò quel posto. La composizione
la seguente:
A S. E. il Sig.r Principe del Cassaro, Luogotenente
e Capit. generale del Regno
Signor
Prence, mio Signore, lo
non vengo a presentarmi Qual
poeta adulatore Con
il don di pochi carmi. Io so
ben ch'è noto al mondo Il
tuo nome alto e sublime, E
quel nome è piú facondo Della
prosa e delle rime. Vengo
a te, ma per sapere Dal
tuo labro compiacente, Se tu sei Penetenziere Come
sei Luogotenente. Sai
perché domanda questo Il
poeta sventurato? Perché
scorre il mese sesto Che
ritrovasi in peccato. E
sebbene ci fatto avesse Più
di un atto di dolore, Non
trovò chi lo volesse Perdonar
di questo errore. A
buon conto, lo son d. Tale Cui
del Re la cortesia Fece
un giorno uffiziale Della
sua Segretaria. Quando
ardì la bestia fiera Di
travolgere lo Stato, Alla
carica primiera Nuovamente
fui chiamato. |
Di
abbracciar la nuova impresa Mi
parea cosa molesta Ma
qui nacque una contesa Tra
lo stomaco e la testa. Di
accettar costei sdegnava Quell'offerta
mensogniera, Ma lo
stomaco gridava Ch'egli
angelico non era. Molti
dì durò quel gioco, Ma lo
stomaco ch'è frale Cominciava
a poco a poco A
patir d'un brutto male. Ed
avrebbe a tante scosse La
sua spoglia abbandonata, Se la
testa non si fosse Con
lo stomaco placata. Si
placò perché vedeva Che
lo stomaco avvilito Lungamente
non poteva Rimaner
con l'alma unito. Questo
è il fatto. Io lo confesso Me ne
pento. Ho fatto male, Ma il
peccato che ho commesso Non
mi par che sia mortale. E se
è ver che in questo errore Cadde
il corpo non la mente, Intercedi
o mio Signore In
favor d'un innocente. |
Oh quanti si trovano in simili circostanze,
e volesse Iddio e si facesse noto al Re, son sicuro che la sua clemenza si
farebbe sentire pei medesimi.
Martedì 17. Corre voce che sarà
proibito lo sparo nella notte del g. Natale, e che dalle ore tre in poi sia
proibito girare per la città.
L'indulto pei saccheggiatori non è
stato quello che si disse, ma è solo per quei saccheggi che si commisero pria
dell'editto del Card. Ruffo, che fu publicato lo stesso giorno 14 giugno.
Sento che alla Giunta dei generali siasi
con dispaccio aggiunto il consigliere Speciale.
Mercordì 18. Quello che non credevo
della scoverta cospirazione, va diventando fatto avverato, perché sicuramente
so che giorni sono, quando accadde l'incendio della casa innanzi al Real
Palazzo, mentre la Giunta di Stato era unita decidendo cause, vi si portò un
tal Pasquale Braca cameriere del fu giustiziato d. Nicola Fasulo, il quale
manifestò la congiura, e fece sapere che i tre figli di Stigliano col cav.
Medici n'erano i capi.
Disse che sarebbe sollecitamente
scoppiata; che il complotto era di attaccar fuoco a dodici siti di Napoli,
aprire le carceri, armare i detenuti, e gittare la costernazione per la città,
onde rendersene padroni. Disse che vi erano qui nascosti da quaranta Francesi,
che si sarebbero posti alla testa delle diverse colonne ribelli. Manifestò i
luoghi ove si erano raccolte le armi e le coccarde rivoluzionarie. La Giunta si
disciolse subito, si portò dal Vicerè, ed immediatamente fu posta la truppa
sopra le armi, furono cambiate le sentinelle dei castelli, si mandarono ad
arrestare le persone indicate; e si assicura che sopra d. Agostino Colonna si
trovò la fascia tricolore.
Si son fatte altre decisioni dalla
Giunta di Stato ch'era sul finire; ma ora, se è vero quanto di sopra ho notato
comincerà da capo. Mi è pervenuta la presente professione di fede fatta dal
sacerdote d. Francesco Conforti:
« Nel momento che lo spirito mio si
affretta di sciogliersi dal corpo e di volare al Cielo, protesto al cospetto
del mio Creatore, confesso che costantemente nel periodo della mia vita sono
stato nella comunione della chiesta Cattolica, uniformandomi sempre, siccome mi
uniformo, a quella formola di fede che venne composta dal venerando Concilio di
Trento. E per provvedere allo scandalo che forse ad alcuno si è arrecato per la
mala interpretazione delle mie lezioni e delle mie dottrine sparse nei miei
scritti, protesto che sempre ho riconosciuto, come in questo punto riconosco,
il primato del Veli. Sommo Pontefice, perché fondato nel diritto divino,
primato non solo d'ordine, ma di potere giurisdizionale; ed ho rispettato, e
rispetto tutti li dritti che la chiesa Universale attribuisce al primato,
significando a chicchessia, che non ho mai inteso abrogarli e diminuirli nella
menoma parte. E prego perciò i miei leggitori, e coloro che furono miei
uditori, che tutti i sentimenti a me attribuiti colle conseguenze che possono
trarsi dai medesimi, contrarli e differenti a questa confessione, li detesto e
li condanno. Iddio per la sua infinita misericordia, e per gl'infiniti meriti
di Gesú Cristo accolga nel suo seno lo spirito mio. A dì 7 dicembre 1799.
Francesco Conforti ».
Giovedì 19. Altri dettagli della scoverta
cospirazione mi sono arrivati a notizia, riguardano la maniera come fu
scoverta. Andò persona dal direttore di Polizia d. Antonio della Rossa, e disse
che stavasi macchinando una rivoluzione, per la quale da quel mercante di
cappelli che stava avanti Palazzo, si assoldavano i cospiratori. Il direttore
disse a questo tale, che se quello che diceva si fosse mostrato vero, sarebbe
stato premiato, se trovavasi falso lo avrebbe punito in maniera da non
trovarsene le ceneri. Colui invece di smarrirsi, deposto ogni riguardo, e
trattandolo col tu, gli rispose: «fammi attaccare una fune al collo, indi manda
colle indicazioni che io ti dico persone ad assoldarsi, e se non si trova vero,
fa che all'istante sia io con quella fune strangolato ». Furono immantinenti
spedite tre persone ad assoldarsi, le quali date al cappellaio le indicazioni
suggeritele, due di esse furono assoldate, la terza no, perché forse non
rispose con esattezza, o il mercante entrò in dubio vedendo tre persone di
seguito che andate erano ad assoldarsi. Subito dopo fu la casa e la persona del
mercante sorpresa, e per quanto si dice, fu trovato il libro in cui stava la
coscrizione di coloro che si assoldavano per la Republica francese. Si trovò
una cassa di fittuccie bianche e bleu e certa quantità di armi. Questi
cospiratori dovrebbero all'istante essere afforcati.
E’ pervenuto questa mattina il
dispaccio col quale pei, tutti i
saccheggi accaduti prima della resa di s. Elmo, si lascia solo ai dirubati
innocenti il dritto reale di ripetere il loro, pei saccheggi poi seguiti dopo
la resa di s. Elmo, si vuole la esatta osservanza del dispaccio 12 settembre
che minaccia a rei la pena di morte.
Per le provincie, l'epoca che per
Napoli forma la resa di s. Elmo, la forma la Realizzazione dei rispettivi
luoghi. S. Elmo si rese al giorno 12 luglio, e dopo tal giorno vi furono
sicuramente altri saccheggi.
Venerdì 20. Fino a che non si
restituisca a noi interamente la calma ed antica tranquillità, tutto si riporta
al Giacobinismo. Questa mattina un toro stizzito, scappato dal macello, dopo
aver girato moltissimo, inseguito e inferocito, si è intromesso nel cortile del
Tribunale, ha sventrato un cavallo del Cons. presidente di Camera d. Paolo
Guidotti, ed ha offese piú persone. Ed ivi è stato ammazzato a colpi di fucile
dai Camiciotti e soldati che vi stanno di guardia. Intanto una palla ha
ammazzato un cavallo dell'avvocato d. Pietro Andreotta, e quello ch'è stato
peggio assai un'altra ha ferito mortalmente un soldato. Il rumore, lo sparo nel
cortile, ha generata una commozione nel Tribunale, essendosi tutta la gente
posta a fuggire, non sapendo che fosse, perché si è creduto una commozione
accaduta al basso delle carceri, o mossa dei Giacobini, né è mancato chi a
questi ancora ha attribuito anche lo stizzamento del toro. Mi dicono che il
presidente del Commercio Damiani, al secondo colpo di fucile che ha inteso,
quasi è venuto meno, ed a ragione essendo egli presidente della Giunta di
Stato.
Non ostante quanto si è detto della
scoverta cospirazione, pure vi è tutta la probabilità che niente ve ne sia, e
le coccarde che si trovarono altro non erano, che fettucce a forma di nocche
fatte fare da d. Agostino Colonna per ornato, come costumasi di piccioli
quadretti di stampe colle cornici di ceraso.
Sabato 21. Quest'oggi, essendo
stato un pessimo tempo, il duca di Casacalenda, vecchio e mezzo accidentato,
essendo uscito dal suo palazzo per entrare nella chiesa di s. Domenico
maggiore, che gli è dirimpetto, il vento gli ha portata via la coccarda rossa
che da tutti si continua a portare, senza che egli se ne sia avveduto. Ciò ha
importato che entrando nel cortile di s. Domenico la guardia dei Realisti, che
là sta di quartiere, lo ha arrestato; e non ci ha voluto poco ad ottenerne la
liberazione. Dovrebbe togliersi questo distintivo della coccarda. Il prenderla
nel momento dell'ingresso delle armi di S. M. unitamente alla croce che si
attaccò ai cappelli, fu per mostrare l'attaccamento al Re, e servì a surrogarsi
alla coccarda tricolore, che il Governo francese ci aveva imposto di portare.
Ma ora che Napoli è restituito sotto il suo legittimo sovrano, questo distintivo
non serve che a far nascere dei disordini. Anche le compagnie armate dei
Realisti, dovrebbero ridursi a truppa regolata, o abolirsi, perché formano
anche un distintivo, che par che indichi una distinzione che non vi è, mentre
tutta la popolazione è realizzata.
Mi è pervenuta la copia di un
dispaccio che stimo inserire in queste
memorie[*5].
Domenica 22. Fa un anno che S. M.
colla Real famiglia si pose in mare, ed in conseguenza termina l'anno dei
nostri guai e pericoli; faccia Iddio che finiscono con esso le nostre sciagure.
Si susurra che le armi Austro‑Russe
abbiano avuto qualche rovescio in Italia, Iddio non voglia.
Si crederebbe? il dispaccio di
sopra riportato sento che sia assolutamente falso, e che s'inquira per sapere
d'onde sia uscito e da chi foggiato. Questo fa vedere che vi è della gente
torbida che cerca cagionare disturbi.
Lunedì 23. Molte decisioni a
truglio si son fatte dalla Giunta di Stato, ed oggi sento che sarà decisa la
causa di d. Ilario Pirelli. Non vi è stata però altra condanna di morte per
quanto sappia. Possa nel giorno 12 gennaro sentirsi publicato quel generale
perdono che tanto si desidera per l'universale quiete.
Il cambio che si credeva crescere,
in questi giorni è bassato dal 60 al 56; a mio credere è il solito giochetto
dei nostri agiotatori. In questi giorni viene piú contante dalle provincie e
per comprarlo a buon mercato bassano il cambio, comprato che hanno lo rialzano.
I condannati dalla Giunta di Stato
nei passati giorni furono: nel di 14 Nicola Ricciardi, alla forca: Pietro
Mattia Grutter dei principi di s. Severina, decapitato e fatta relazione: nel
di 19 Giuseppe Cammarota professore legale, di Atripalda, alla forca: Giacomo
Antonio Gualperti, tenente e poeta, alla forca.
Martedì 24. Niente di quello che si
è detto vi è stato nella giornata di oggi, né proibizione di sparo, né di
uscire, né cannoni per le strade, niente affatto. Mai tanto si è sparato, e se
non fosse stata una giornata piovosissima, sarebbe stata piú affollata di qualunque
altra. Quello che dalle uscite voci si è ritratto, è stato che il popolo va
dicendo di essere voci che spargono i Giacobini. Ho io inteso uno di questi
nostri Santafede che vendendo tuoni gridava « a dispietto de li Giacobine, quanno ne cacciano chiste mala schiattimma,
ma no mporta, l'avimmo da fa finì nuje, ha da passà Natale ». Il
Governo dorme e gli usa indulgenza, fingendo di credere che sia zelo,
mentre che non è altro che il desiderio della rapina e del saccheggio, che
vorrebbero cominciare da capo.
Sono piú giorni che al tiro del
cannone dei legni Moscoviti, si alzano anche i ponti dei castelli.
Mercordì 25. La notte passata è
riuscita quietissima. Lo sparo è stato abbondante e continua anche quest'oggi,
segno di allegria popolare. Si starebbe interamente quieti se non vi fossero le
voci che da volta a volta si spargono di cospirazioni e Giacobinismo, e se non
vi fossero tanti ladri per la città. I residui di truppe di massa ed i popolari
avvezzi al saccheggio infestano questa città. Non si crederebbe e pure sono
stato quasi testimonio d'un furto commesso questa mattina verso le undeci di
Spagna sulla strada traficatissima di s. Domenico maggiore ad alcuni poveri
sampognari, che piú ladri si hanno posto in mezzo, e gli hanno levato quel poco
di contante che i miserabili si avevano lucrato nei passati giorni. Quando lo
sono arrivato la gente era ancora aggruppata parlando del fatto, e soggiungeva
che per essersi un transitante fermato a guardare, era stato salutato dai ladri
con una sassata nel volto.
Due sere sono, chiamato un
sagnatore, per nome d. Matteo Finelli, circa le ore due, calò facendogli luine
la moglie, sotto al portone gli furono presentati due stili alla gola, e fu
spogliato. Fu ori vi era altra gente che diceva: « se parla o si muove,
scannatelo ».
Giovedì 26. La Giunta di Stato si è
unita per decidere le cause di d. Ilario Pirelli e duca di Cantalupo. Altre
novità non ci offre la giornata di oggi.
Venerdì [*6]27. Per Cantalupo è avvenuto un caso
che ha del nuovo, dei cinque votanti, uno fu di voto di scarcerarsi, due di
esilio perpetuo, due di morte. Dopo aver altercato lungamente esilio senza
poter convenire ne rimuoversi, la Giunta si sciolse e non decise l'altra causa
appuntata, cioè quella di Pirelli. Vi è veramente infinita distanza tra
l'escarcerazione e la morte, e pure si veggono unite fra loro.
Poche altre decisioni dicesi che si
faranno, e vi è chi le riduce a quattro, indi terminerà la Giunta di Stato,
perché verrà la publicazione dell'indulto che si aspetta il giorno del 12
gennaro. Le quattro decisioni si dicono le seguenti: la prima per tutti i
Cavalieri di Città che contrastarono con Pignatelli l'anno passato dopo la
partenza di S. M. e questa si dice appuntata pel giorno . . .. La seconda per tutti coloro che si
portarono a prendere s. Elmo con l'aiuto di Moliterno o Roccaromana: la terza
per Rocca, Filomarino figlio, ed altri: e la quarta quella che si è cominciata
a Cantalupo e Pirelli.
Sabato 28. S. M. si vuole che abbia
scritto al principe del Cassero, che in aprile sarà in Napoli, onde che per
tutto quel tempo si approntino gli appartamenti ov'erano Acton e Pignatelli,
non volendo, o non potendo andare nel suo Regal Palazzo che ha bisogno di
moltissima spesa per rimettersi nel pristino stato.
Si parla di una forte rimostranza
fatta dal zelante Mons. Minutolo a S. M. contro la soppressione di tanti luoghi
pii, e si soggiunge che sia stata mandata in Napoli ai Mons.i Gervasi, Torrusio
e Jorio.
Si susurra che lo scrutinio pel nuovo
Pontefice sia riuscito a favore del celebre Card. Gerdil, il più illustre
soggetto che vi sia nel sacro Collegio, ma si teme che non sia escluso dalla
Spagna, e però non si publica. I publici fogli danno notizie di speranze di
pace generale: piacesse al sommo Iddio.
Il fatto del vescovo di Mileto,
Mons. Minutolo, si racconta nel seguente modo. Si presentò il zelante vescovo
al Re come Profeta del Vecchio Testamento, e gli chiese udienza privata,
avutala, cominciò a dirgli, che la perdita del Regno che S. M. aveva fatta, era
stata non opera dei Francesi e dei Giacobini, ma gastigo del Signore Iddio per
aver S. M. posto le mani nei beni degli Ecclesiastici e delle Chiese. Fece
vederli che le sue disgrazie erano cominciate da quando aveva cominciato ad attentarci,
e con esempii tratti dalla Sacra Scrittura, fece vederli che questo era stato
sempre il gastigo dato dal Signore ai monarchi che simili delitti commessi
avessero. Passò indi a dirgli, che invece di ravvedersi, dopo di aver
ricuperato il Regno per un miracolo, aveva egli cominciato a sopprimere più conventi, mandandone i religiosi
mendichi e raminghi senza saperne il perché. Infervorato finalmente da vero
zelo profetico, gli disse che non dovea quindi altro aspettarsi se non quello
stesso che a tanti altri monarchi dell'Antico Testamento accaduto era, che per
non essersi emendati avevano perduta miseramente la vita. Il Re scosso da tal
discorso, gl'ingiunse che lo avesse posto in carta, e il valoroso prelato lo
promise, e lo adempi. Questa sua rimostranza venuta in Napoli al Collegio dei
Vescovi, è stata da questi, per quanto si dice, approvata, per cui si crede
veder restituirsi i Certosini, Benedettini, Olivetani, ed altri conventi che si
trovano soppressi.
Novità alcuna degna di
commemorazione non è stata nella giornata di oggi, solo dopo sei mesi si è
inteso cantare un altro solenne Te Deum, da
una compagnia di Realisti nella chiesa di Donna Regina, con invito del principe
Luogotenente e Nobiltà.
Lunedì 30. Si parla di prossima
publicazione d'indulto, e intanto quest'oggi si sono intesi gli arresti del
principe di Colubrano, di d. Vincenzo Severino de duchi di Secli, di d. Michele
Picenna, eletto del popolo, alla partenza di S. M. Si crede che siano arrestati
per contesti nella causa che va a decidersi degli Eletti di Città. Si dice pure
che tal causa abbia acquistato un aspetto piú favorevole ai rei, dacché si son
trovate le carte del generale Pignatelli che molto gli giustificano. Il loro
carico maggiore è l'editto col quale sbandirono tutte le Regie difese di caccia
riservata a S. M.
Martedì 31 decembre. Siamo grazie
al Signore Iddio all'ultimo giorno di questo per noi infausto e terribile anno,
e non avressimo dovuto alzare la faccia dal suolo per rendere grazie
all'Altissimo di avercelo fatto vedere terminato. Faccia la sua divina
misericordia che col 1800 cominci per noi un'epoca più felice.
L'altro arrestato ieri fu il duca
di Bagnulo che anche si trovò uno degli eletti sotto il Governo del Pignatelli.
Con dispaccio è stato ordinato, che
il commend. Speciale ed il fiscale Guidobaldi si portassero per le rispettive
case dei Signori, generale d. Filippo Spinelli di Fuscaldo, marchese Simonetti,
marchese de Marco, e marchese Corradini, a ricevere le loro deposizioni
relative alla causa degli anzidetti Eletti di Città, locché è stato già tra
ieri ed oggi eseguito. Quello che si disse della causa di Cantalupo non fu
vero, ma né di lui, né di Pirelli è stata decisa ancora la causa.
|
|
|
|
||
|
||
|
||
|
[*1] Costui fu uno dei primi a fare dei proclama,
sopratutto inculcando proibirsi la polvere di cipro, e le frisature dei
capelli.
[*2] Mi si è
detto che il principe del Cassero colla famiglia si pose in mare, e non scese
fino alla mattina seguente.
[*4] Si replica
la storia dell'anno passato di questi tempi, giacchè anche si designava la
notte di Natale per la rivoluzione.
[*5] Ecco la
parte del dispaccio ‑ [L'autore trasandò d'inserirlo, ma deve essere
quello scritto d'altro carattere che trovasi infrapposto nelle pagine
precedenti, che si dice trasmesso dal principe del Cassaro a d. Felice Damiani,
presidente della Giunta di Stato. Il dispaccio, con data del 10 decembre 1799
da Palermo, ordina che si proceda con tutto il rigore delle leggi contro
Vincenzo di Stefano, Pascale Apuzzi, Francesco Buscè, Carlo d'Aprei, Antonio
BeIpulsi, Desiderio Malinier, Vincenzo Ferrarese, Luìgi Medici ed altri,
denunziati come cospiratori. In ultimo vi si leggono le parole, dì carattere
del de Nicola: Questo dispaccio fu
apocrifo].
[*6] Questa sera è accaduto il seguente fatto
del quale sono stato testimonio, perché è succeduto in persona di d. Michelino
Maza, che abita al secondo appartamento, al disotto della mia abitazione. Circa
o n'ora di notte e forse meno, mentre diluviava è passata imbasciata
all'anzidetto de Maza che un offiziale dovea pregarlo di cosa di premura per
parte della Giunta di Stato. Egli è uscito ed ha trovato una persona con
l'uniforme, la quale gli ha detto, che in Giunta vi era un ricorso contro di
lui che lo imputava di essere scritto nelle prime quattro compagnie di truppa
civica, di aver vestito l'abito republicano, l'uniforme da ussero, essere indi
fuggito in Aversa, e dì là tornato anche fuggendo in Napoli, perché volevano i
Realisti arrestarlo. Di ciò parte era vero parte falso. Il Maza si è risoluto
dicendo, che di sua condotta ne avrebbe dato conto a S. 31. ed alla Giunta
quando fosse occorso, onde lo ringraziava dell'avviso. Colui ha soggiunto che
aveva ordine di arrestarlo, e che aveva lasciato a basso la sua gente. Allora
il Maza, come in sua casa sitrovava per accidente l'aiutante della Piazza, d.
Peppino Poerio, così alzando la voce lo ha chiamato. Al sentire quel tale
chiamato Poerio, si è tirato indietro verso la porta di uscita. Il Maza ha
voluto arrestarlo pel braccio, dicendo « si trattenga ». Ma colui ha finto
tirar mano alla sciabla, si è liberato il braccio, e si è posto a fuggire per
le scale, dicendo «adesso vado a prendere i granatieri ». Maza è corso al
balcone, gridando che si arrestasse. Ma colui è scappato in maniera che non si
è potuto raggiungere. Questo fatto fa vedere a che si stia in Napoli.