VINCENZO RUSSO
Vincenzo Maria
Angelo Antonio Russo nasce a Palma Campania il 16 giugno del 1770 da l’avvocato
Nicola e da Mariangela Visciano di San Paolo Belsito. Ad otto anni si
trasferisce nel Seminario di Nola dove ha come insegnate di retorica e letteratura
greca Ignazio Falconieri, che sarà anch’egli tra i martiri del ripurgo borbonico.
A tredici anni si reca
a Napoli, con il fratello Giuseppe, per seguire gli studi giuridici. In questo periodo
aderisce alle logge massoniche e viene attratto dalle nuove idee riformatrici
e democratiche. La rivoluzione francese, e gli ideali che la sostenevano,
fanno breccia nel cuore e nella mente del giovane avvocato. Comincia a
frequentare le riunioni segrete dimostrando la profondità del suo pensiero ed una capacità dialettica ed
oratoria non comune. Quando giunge a
Napoli, nel dicembre del 1792, la flotta francese per ottenere il
riconoscimento della repubblica, partecipa agli incontri con l’ammiraglio
Latouche Treville. La scoperta della
congiura giacobina nel 1794 e le successive rivelazioni di Annibale Giordano
lo convincono ad abbandonare Napoli nel gennaio del 1796. Si rifugia in Svizzera,
dove si dedica alla professione di medico; durante questo periodo comincia a
scrivere i Pensieri
Politici in cui afferma il principio del
collegamento tra rivoluzione politica e trasformazione economico-sociale. Si
trasferisce a Milano, e poi a Roma quando, nel febbraio del 1798, viene
proclamata la Repubblica. |
Vincenzo Russo |
Comincia a scrivere sul “ Monitore di Roma”
una serie di articoli, talvolta in polemica con lo stesso Governo repubblicano,
da cui emerge la sua posizione radicale ed anticlericale.
Quando Ferdinando IV decide di portare la
guerra alla repubblica Romana, nel novembre del 1798, si arruola come medico
volontario nell’ esercito francese in
una compagnia composta da esuli
napoletani.
Alla
proclamazione della Repubblica Napoletana e del Governo Provvisorio, gli
viene dato l’incarico di Elettore del Dipartimento Volturno.
Il 10 febbraio, Carlo Lauberg, presidente
del Governo Provvisorio Repubblicano, lo nomina, proprio per le sue qualità oratorie, responsabile della Sala di Istruzione
Pubblica allo scopo di partecipare ai cittadini le azioni del governo e di
promuovere tra loro la discussione politica.
Partecipa
con impegno al dibattito per l’approvazione della legge sulla abolizione della feudalità ponendosi
su posizioni intransigenti e non risparmiando accese critiche a coloro che propendono
per soluzioni più moderate. E’ sua la proposta, come ci ricorda la Pimentel Fonseca
sul numero 8 del Monitore
Napoletano, di un busto per commemorare Gaetano Filangieri che considera “uno di que’ vessilli alzati alla
rivoluzione”.
Il 3 aprile, nel tentativo di creare una valida
opposizione alle truppe sanfediste del Cardinale Ruffo, Vincenzo Russo diviene Commissario
Organizzatore per la Calabria. Nel successivo rimpasto governativo, attuato dal
Commissario francese Abrial, lo troviamo nella Commisione Legislativa ove si
distingue per l’atteggiamento intransigente, proponendo la verifica dei conti
della precedente amministrazione e la spontanea riduzione della retribuzione sua
e dei colleghi.
La sua intransigenza gli procura le critiche
di Gregorio Mattei che lo attacca duramente dalle colonne del Veditore Repubblicano.
Vincenzo Russo si dimette dalla Commissione Legislativa, ma partecipa a molte
pubbliche manifestazioni con appassionati interventi atti a favorire e difendere
la Repubblica. Famoso è quello tenuto il 19 maggio in Piazza Nazionale, l’attuale
piazza del Pebliscito, durante la
cerimonia di consegna delle bandiere alla Guardia Nazionale dal titolo “Figli della Patria”.
Quando il 13 giugno, le orde sanguinarie
del Ruffo attaccano la Napoli repubblicana, Vincenzo Russo è in prima fila tra i combattenti al Ponte
della Maddalena. Ferito viene catturato e ignudo portato al deposito dei Granili
insieme ad oltre mille prigionieri sanguinanti e morenti.
La reazione borbonica lo manda a morte con
la seguente motivazione: “Per essere stato uno degli elettori del Volturno, per aver mostrato in Capua
tutto l’impegno di democratizzare tutti i siti del suo dipartimento, per essere
stato uno dei rappresentanti la Commissione Legislativa, per aver esercitato
una tal causa con tutto l’impegno e zelo patriottico in sostegno della
democrazia, sostenendo fra l’altro doversi erigere un busto alla memoria del
defunto Gaetano Filaongieri nella Sala d’Istruzione, e finalmente per aver
formato un proclama pieno e zeppo di tutto il foco di un deciso e seducente
repubblicano, pieno di invettive e maldicenze contro la Sacra persona di Sua
Maestà”(cfr. Sansone Alfonso: Gli avvenimenti del 1799 nelle due Sicilie).
La sentenza viene eseguita il 19 novembre in
piazza Mercato e i suoi resti sepolti nella Congreca di S. Matteo al Lavinaio.
Nel suo diario Diomede Marinelli riporta le sue ultime parole :
Io muoio libero e per la Repubblica.