GIORNALE ESTEMPORANEO

 

NAPOLI I7. GERMILE ANNO 7.

 

)( N.  II.)(

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Il giorno 13 si sono vedute in alto mare alcune vele che si pretendono Inglesi, e Portoghesi. La tranquillità che regnava in questo nostro comune, mostra quanto siamo bene apparecchiati a riceverle in caso che ardissero avvicinarsi.
Questi spauracchi non sono nuovi per questi ladri di mare. Quando l'ala diritta dell'armata d'Italia occupava la riviera di ponente della repubblica ligure, gl'Inglesi ci onoravano ogni giorno colla loro presenza, ed a punto fisso, talchè le loro diverse manovre formavano costantemente un orologio di mare. Cosa han fatto sulle coste del Genovesato? quello stesso che faranno sulle nostre; rubberanno qualche bastimento, qualche individuo, riceveranno qualche colpo di cannone, e ritorneranno coperti di gloria a celebrare in Inghilterra i loro trionfi.
Il vento favorevole ai repubblicani ha spinto un cutter appartenente alla squadra sulle coste di Castellamare; esso è stato bene accolto, e sarà tosto destinato ad aumentare la nostra piccola flottiglia.
Sentiamo che gl'Inglesi abbiamo sbarcato in Ischia alcuni soldati del fu regimento degli esteri, ed alcuni altri di quello di Macedonia, con alcuni condannati al remo. Quando volevano fomentare la guerra della Vandea, sbarcavano tutti gli emigrati, ed i facinorosi sulle coste dell'Oceano, ma non mai un solo inglese. Oggi vorrebbero accrescere l'insurgenza di S. Germano, e delle Calabrie per finire di devastare questa nostra Repubblica. Ecco le vili operazioni di cui è capace solamente l'Inglese. Avevano una vecchia bandiera alla capeto, che han piantata su di un diruto muro, in segno di questa nuova conquista. Si dice che abbiano menato a bordo il presidente ed alcuni individui di quella municipalità: ecco le prede che il nostro famoso Capitan Peppe faceva sulle coste dell'Africa.
Si è sparsa voce che molti legni mercantili, scortati da alcune fregate Inglesi, sieno entrati nel porto di Livorno, credendolo amico.
I Repubblicani hanno riportata sull'Adige una seconda vittoria, facendo prigioniera una colonna di dieci mila uomini. Non si sà più dove sono le armate Francesi, e dove si arresteranno. La nostra gioventù si vede di giorno in giorno accesa da nuovo entusiasmo. Dopo di esser concorsa alla formazione di una guardia nazionale numerosa e ben diretta, e che esercita con un zelo istancabile le sue funzioni, si è oggi rivolta ad aumentare la nostra truppa di linea, la quale fra pochi giorni si metterà su di un piede rispettabile. Trecento volontarj son già partiti per incorporarsi alla legione Bruzia, altri trecento devono partire al momento, e saran seguiti da un numero molto maggiore, comandato dal Gen. di brigata Francesco Pignatelli. Questo giovine guerriero mostra già i talenti e l'intrepidezza di un vecchio militare.
La caduta di Trani fa molto onore alla nostra prima legione. Dopo i replicati combattimenti di S. Severo, i nostri infaticabili legionarj si son diretti verso di quella piazza, ove erano riconcentrati gl'intrighi principali della nostra amabile Carolina, e di tutti i suoi agenti. Ettore Carafa era alla loro testa: esso ha saputo eccitare l'emulazione fra tutti gl'individui della legione, e tutti marciando con egual coraggio, dopo di aver sbaragliato i posti avanzati, si sono impadroniti delle mura, e del castello, ove han piantato lo stendardo della Repubblica. Mentre essi eseguivano questa operazione, i Francesi, divisi in due colonne, battevano la città in due altri punti, e tenevano distratto il grosso delle forze nemiche. Farei torto ai vincitori di tutti i tiranni di Europa se mi arrestassi qui a formare il loro elogio. Ecco la relazione presentata al Governo dallo stesso Carafa.


Carafa Capo della Prima Legione al Governo Provvisorio


Anche per questa volta la vittoria è stata fedele agli allievi della Libertà Napolitana i quali han mostrato che anche essi avevano una patria. Il dì 10 il Generale Broussier ordinò a' Capi di corpo di marciare su di Trani. La 7.ma mezza brigata si avanzò per la parte di Bisceglia, la 27.ma per quella di Andria, e la legione Napoletana per quella di Barletta. Appena giunti a un tiro di cannone dalla piazza, feci far alto, e mi acquartierai: la notte intanto m'impossessai de' posti avanzati lontano dalla piazza per poco più di un sol tiro di fucile, e al dì 11 alle 4 della sera mi aprij una corrispondenza colla 27.ma. I ribelli hanno l'insolenza di venire ad attaccare un mio posto avanzato ov'io mi trovavo per caso: situai allora venti uomini dietro il muro di un giardino, avanti ad un casino distante un tiro di fucile dalla piazza, mentre una moltitudine curiosa si stava ad osservare dalle mura l'esito dell'azione. Essi si avanzano: pochi de' miei tirano delle fucilate dalle finestre: ma aveano ordine di non colpire per animarli ad inoltrarsi. Giunti al tiro di pistola usciamo dall'imboscata, si ammazzano sette ribeli, indi si dirigge il fuoco verso le mura, che ben tosto per la morte di alcuni rimasero sgombrate. Così terminò l'azione per questo giorno. La notte del dì 12 dico a' miei Cacciatori che non poteva situarli en tirailleurs sotto le mura per mancanza di zappe: essi rispondono che pei soldati repubblicani non vi sono ostacoli, e che a punta del giorno si sarebbero presentati al luogo indicato. Mantengono la parola e alla punta del giorno sono sulla spianata da dove cominciarono a far fuoco contro i rampari, nè permisero alla piazza di tirare un sol colpo di cannone, e perciò dopo un ora questi bravi cacciatori lasciano i loro posti, e senza il soccorso delle scale si slanciarono sulle mura, e bentosto ne furono i padroni. L'entusiasmo, e l'emulazione si accese in tutta la leggione che a gara cercò di seguire così bello esempio. La 7.ma entrò dalla porta di Bisceglia. Trani in un istante fu presa ed io ebbi l'onore di piantarvi sulla porta l'onorata bandiera della gran Nazione. Il Cittadino Manes fu il sargente, e il Cittadino Riccardi il Caporole de' dodeci Cacciatori che si slanciarono i primi. Tutti i soldati e uffiziali della mia leggione hanno onorevolmente fra loro divisa la gloria di rendere a un tempo illustre e temuto il nome Repubblicano. Essi anelano il momento di presto purgare quelle belle contrade dalle macchie vergognose del fanatismo, e restituire alla patria quei figli che l'inganno ha traviati, ma che la libertà, e la ragione dee per sempre riunire sotto i suoi stendardi.


Il General Bonaparte entrando nella Siria, ha pubblicato il seguente proclama


«In nome di Dio onnipotente, eterno, infinito, e sovranamente intelligente, che non è stato creato, che non crea, e che non ha figli.
«Noi abbiamo disposto la nostra marcia con giustizia e verità. Noi abbiamo fermamente persistito nella risoluzione di proteggere i liberi, e gli schiavi. Noi siamo comparsi colle nostre armi vittoriose per soccorrere gli oppressi, e far loro godere per sempre il riposo e la pace.
«Cairo il Grande, Alessandria la Potente, Cipro e Gerusalemme, Ptolemaide e Damasco, le campagne e gli antichi monumenti che circondano le Città, hanno veduto l'entrata delle nostre armate, la cui potenza è infinita e incomprensibile anche ai più intelligenti. Protezione a qualunque Città che si darà a noi; ma quelle che rifiuteranno i nostri benefizj, guai ad esse, e ai loro abitatori! t per annunziare questa verità alla Siria, che noi abbiamo fatta questa proclamazione immutabile. Se voi vi rendete a noi, voi non sarete abbandonati. Altrimenti la falce della vendetta colpirà le vostre teste. Ritenete questo, e vi saluto.


Bonaparte



I diritti feudali


Il vile interesse a cui sono venduti certi uomini, li rende talmente ciechi, che si lusingano ancora di poter conservare le loro abominevoli usurpazioni, che avevano cercato di rendere meno odiose, adoperando il sagro nome di diritti. Questi uomini manierosi, affettando la più alta moderazione, e copiando tutti i complimenti prescritti dal nuovo inglese formolario, vorrebbero solamente distrutti i nomi, certe esteriori ridicole cerimonie, certe parole, che ciò non ostante nelle private conversazioni con tanta compiacenza si profondono, e vorrebbero conservar la cosa sotto pretesto che non si deve portare alcuno attentato alle proprietà. Ma, la guerra si fa oggi alla tirannia, a tutte le sue dipendenze, a tutte le usurpazioni.
Alle erudite allegazioni che alcuni han fatto fare ai loro fedelissimi avvocati, permettete che io aggiunga una semplice riflessione la quale benanche è forenze, e perciò non può esser sospetta. I diritti feudali contenevano o no, qualche usurpazione? Voi convenite di alcune, e volete che sieno distrutte. Perché colla stessa giustizia non pagate alle popolazioni tutti i danni che avete loro cagionati per lo passato con queste vostre confessate usurpazioni? Chi perde la causa deve pagare le spese della lite e tutte le esazioni ingiuste, e gl'interessi. Voi dovreste pagare le spese della guerra, giacché questa è la causa che si è fatta per far guadagnare al popolo i suoi diritti, e che lo ha reso alla sua indipendenza, e dovreste per questa causa perduta restituire [ ... ] basti per ora, un giorno avremo motivo di ritornare in materia, ma intanto per dare un piccolo eccitamento agli amici dell'uomo, finché la nostra non vegga la luce, riferiamo la legge sull'abolizione dei diritti feudali che ha ultimamente pubblicato il Governo provvisorio del Piemonte.

Il Governo Provvisorio


Considerando, che quantunque gli effetti del sistema feudale siano già stati in parte aboliti persino sotto l'estinto governo, molti tuttavia ne sussistono ancora a grave danno dell'agricoltura, e del commercio.
Considerando, che da un suolo divenuto libero devono finalmente scomparire li vestigj della schiavitù, e della barbarie,

DECRETA

I. Tutti i diritti feudali, come decima, annualità, canoni, livelli, fitti minuti, terze vendite, laudemj, diritti di deferenza, censuali, fissi o causali, ragioni di accordare derivazioni d'acque, emolumenti, date, e qualunque altro avente origine feudale, sono soppressi senza indennizzazione.
2. Sono eccettuati dalla disposizione dell'articolo precedente que' dazj, e gabelle, che sono portati da una legge generale, e formano parte d'una imposizione generale sulla stessa Provincia, o Comune.
3. Sono pure indistintamente soppressi senza indennizazione tutti i diritti di pedaggio, siano essi feudali o d'allodiali, o da qualunque titolo provengano.
4. Quanto alle prescrizioni, o rendite non aventi origine feudale, e cadenti sopra un intiero territorio, tenimento, o borgata potranno le Municipaltà, e Particolari affranchirsene, mediante il pagamento di quel capitale, od annualità, che verrà dal Senato Nazionale ne' modi più pronti, e sommarj stabilita.
5. Il dritto di pesca, e la bannalità privativa anche allodiale tanto de' molini che de' forni sia che spettino alla Nazione, od ai Particolari, sono pur anche aboliti senza indennizzazione. Lo stesso avrà luogo riguardo alle bannalità coattive allodiali de' forni, e molini, eccettoché tali bannalità sì privative, che coattive spettino alle Municipalità.
Non si potrà tuttavia da alcuno fare innovazioni intorno ai fiumi, torrenti, o canali, nè stabilire molini od altri edifizi su di essi, o procurare nuove derivazioni d'acqua, senza la previa permissione del Governo.
6. I procedimenti intentati in conseguenza de' soppressi diritti feudali sono aboliti senza ripetizione di spese. Le transazioni stipulate a tal riguardo sono annullate per quella parte, per cui non si saranno eseguite: non si farà però luogo alla ripetizione delle somme già pagate in dipendenza delle stesse transazioni.
7. Gli arretrati de' soppressi diritti, o delle annualità ai medesimi surrogate non sono più oltre esigibili.
8. Gli inaddietro Vassalli, i Feudatarj, ed i Depositarj qualunque de' titoli constitutivi de' feudi, e de' dritti soppressi, come anche delle investiture, e consegnamenti relativi ai medesimi, non meno che qualunque altro titolo, o dipoloma di nobiltà, saranno tenuti di rimetterli fra due mesi dalla pubblicazione del presente Decreto presso le Municipalità rispettive de' luoghi, a' quali appartengono. Tali titoli saranno abbruciati in presenza della Municipalità, e del Popolo fra il termine di mesi tre.
9. Quelli che saranno convinti di aver nascosto, o sottratto, o non consegnato le minute degli atti, che devono essere abbruciati a termini dell'articolo precedente, incorreranno nella pena di lire mille cinquecento, da convertirsi in quegli usi, che saranno dalle rispettive Municipalità creduti più opportuni, e di tre mesi di carcere.
10. Qualora però negli anzidetti atti fossero compresi piani, o agrimensure, o titoli di proprietà, saranno, consegnati presso la Direzion Centrale della Provincia, dove sono situate dette proprietà; ed il Governo Provvisorio si riserva di dare le opportune provvidenze, perché i proprietarj possano avere in loro mani i titoli validi, e legittimi delle proprietà medesime.
Il presente Decreto sarà stampato, pubblicato, e affisso nei luoghi e modi soliti, ed alle copie della Stamperia Nazionale si presterà la stessa fede, che all'originale.
Torino dal Palazzo Nazionale il 12. ventoso anno 7. Repubblicano (2. marzo 1799. v. s.).

Bertolotti Presidente
Pellisseri Sotto-Seg. Gen.

Varietà

Quali sono le cagioni dell'ostinata insurgenza ne' nostri dipartimenti? quali speranze può fondare il realismo su queste insurgenze medesime? Rispondo a questi due quesiti senza alcuna prevenzione, ma colla imparzialità dello storico.
Allorchè le armate repubblicane entrarono nel territorio napoletano, trovarono i paesi per i quali passavano in piena insurrezione. La colonna del Gen. Duhesme si è battuta cogli insurgenti fin dal primo momento del suo ingresso, e non passava giorno alcuno senza dare il più ostinato combattimento. Lo stesso è accaduto alla colonna comandata dal Gen. Rusca, e lo stesso è avvenuto altresì alla vanguardia del centro comandata dal Gen. Magdonald. Le insurrezioni erano adunque preparate prima dell'arrivo delle truppe francesi, ed erano perciò una conseguenza dei perfidi intrighi della corte di Napoli.
Questa corte, sentendo la sua debolezza, fece tutti i possibili sforzi per opporre al di fuori un esercito immenso; e preparare le insurrezioni al di dentro, affinchè in caso di rovescio, potessero queste se non arrestare, porre almeno grandissimi ostacoli alle truppe trionfanti, per avere così il tempo di riordinare i numerosi avvanzi della sua armata. Non poteva mai supporre la corte, che il picciol numero di francesi avesse potuto oltrepassare la capitale: quindi portò la sua avvertenza fino a Napoli, rimettendosi quanto al resto alle provvidenze che avrebbero dettate le circostanze. In fatti in Napoli istesso non si è posta l'ultima mano all'insurgenza che nel momento in cui le truppe Francesi erano alle porte di Capua. Fugato da Napoli l'agente principale del Tiranno, dopochè i Francesi entrarono in questa centrale, e gl'insurgenti furono battuti negli Abruzzi, molti malcontenti si gittarono nelle altre provincie le quali non poteron essere occupate dalle Truppe repubblicane. Questa posizione politica diede luogo agli agenti del Re di mettere in opera la continuazione de' loro intrighi, ed i facinorosi cacciati dalle prigioni, ed i malcontenti si prestarono alle loro perfide insinuazioni. Ecco la cagione dei movimenti parziali che si sono succeduti in tutta l'estensione della Repubblica; le rapine impunite che ne sono state la conseguenza, non han poco contribuito a sostenerli, ed a fomentarli. Gli ultimi movimenti sediziosi delle Calabrie sono ancora una prova evidente dei maneggi della corte per mettere in insurgenza le tranquille popolazioni.
Questo atroce sistema di disordini e di rovine non è stato solamente organizzato nella nostra Repubblica, esso era generale per tutta l'Italia, e se ne sono veduti gli effetti funesti in alcuni luoghi del Piemonte, nel Bergamasco, nel Brusciano nel Veronese, ed in quasi tutta l'estensione della Romana Repubblica nè la Cisalpina non ne è stata esente come lo attesta l'insurrezione di Pavia, la quale fu estinta felicemente appena scoppiata. La perfidia di alcuni vorrebbe attribuire questo generale movimento alla spedizione di pochi individui, i quali son partiti volontariamente per concorrere alla democratizzazione de loro paesi; ma dai fatti esposti precedentemente apparisce che la sola malvaggità può ideare queste strane cagioni. Qui non si tratta di un disordine parziale, ma di un sistema di atrocità comune a tutta l'Italia, organizzato in tutti i gabinetti dei Re.
Una osservazione fondata sulla serie de' fatti cade qui molto in acconcio, e merita di esser riferita. Fra tutti i paesi d'Italia ne' quali ha avuto luogo l'insurrezione, il più tranquillo è stato la Cisalpina. Ma ì luoghi riputati per lo innanzi facinorosi ed inquieti, le valli del bresciano particolarmente, alcune valli del Piemonte, e quasi tutto il Circeo nella Rom. Rep. sono state molto lacerate da questi interni disordini. La politica delle antiche corti d'Italia consisteva nel fomentare la discordia tra tutte le confinanti popolazioni, e tra le famiglie della stessa popolazione, non avendo la forza necessaria per tenerle soggette ai loro capricci. Quindi quei luoghi nei quali questi disordini erano maggiormente in vigore, hanno presentato un pabolo maggiore al fuoco dell'insurgenza, e gli odj privati, han servito d'istrumento alla perfidia dei re. Oh miei concittadini! mentre bruciano le vostre abitazioni, il freddo tiranno alimenta soavente la sua rabbia nel cupo suo seno, ed arride dal fondo della Sicilia alla vostra distruzione. Ecco qual uso fa del denaro che vi ha tolto; vi ha impoveriti per distruggervi, e vi distrugge giacché non può avere l'infame piacere di tiranneggiarvi.
Se i realisti volgessero solamente un leggiero sguardo allo stato attuale di Europa, vedrebbero senza dubbio che la rovina dei re è irreparabile. Lo stato di forza della Repubblica Francese, la sua influenza in tutti i stati di Europa, il torrente de' lumi che ha sparsi la rivoluzione che non può essere oggi da alcuna causa politica arrestato, e che si è fatto strada finanche nei luoghi oppressi dal più cieco dispotismo, tutto annuncia che il globo intiero cammina a gran passi alla sua rigenerazione. L'inutile coalizione dei re ha servito a mostrare la loro debolezza, e ad accrescere il coraggio ardimentoso del savio. L'uomo che non sente i principj, dovrebbe almeno persuadersi che oggi son giunti i tempi nei quali i popoli sono stanchi della tirannia dei re, e che spinti da un opposto impulso, percorrono necessariamente l'orbita della Libertà. Queste sole considerazioni dovrebbero persuadere a' nostri realisti che le insurgenze dei dipartimenti altro effetto non possono produrre fuorchè il guasto di queste nostre contrade. Le sole popolazioni sono incapaci di dirigersi, di concentrarsi, di sostenersi; il profugo Claudio non ha truppe sufficienti per custodire la Sicilia; gl'inglesi, ed i russi quando volessero mettere in opera tutti i loro sforzi, potrebbero appena fornire dodici mila soldati; ma gli esempi di Tolone, della Vandea, di Dunkerque li ha resi cauti abbastanza per non misurarsi di nuovo colle armate repubblicane.
Quando anche tentar volessero questo supposto sbarco, quale speranza hanno essi di rimontare su i loro vascelli, trovando quì un'armata, ed un'armata di Francesi che li attende? GI'inglesi han fatto costantemente la guerra per i loro non per gli altrui interessi. L'Europa aprirà gli occhi finalmente, e cesserà di prestare ascolto alle perfide insinuazioni dell'avara Albione.

Finanze

Il Cittadino Bessy mio amico mi ha comunicato un articolo che potrebbe essere utilissimo per la nostra nascente Repubblica, quando il piano che propone venisse regolato colle debite proporzioni.
«Un essere raro, un re filosofo, diceva, che il primo motor della guerra è il denaro, e che la vittoria restava sempre tra le mani di colui che era l'ultimo a mancare di risorse pecuniarie. Pico della Mirandola interrogato da un Arciduca di Milano su ciò che era necessario per intraprendere la guerra contro i Francesi, tre cose, rispose, denaro, denaro, e ancor denaro. Quanto a me, io dico, che il denaro non è meno necessario per la pace che per la guerra; ed i governi vanno ordinariamente ad urtare contro lo scoglio delle finanze. Questa è la sorgente di tutti i tumulti popolari, di tutte le rivoluzioni. Felici noi che la più sublime e la più gloriosa di tutte sia uscita trionfante da una sì impura sorgente!
E' indispensabile che il tesoro pubblico sia sempre nel caso di provvedere a tutti i bisogni che le circostanze possono produrre. La cura principale del governo deve raggirarsi su i migliori mezzi da soddisfarli. Il tesoro di un tiranno è sepolto ne' suoi sgrigni, dai quali all'ombra del mistero tira il non suo denaro, per soddisfare la sua ambizione o i suoi capricci, per salariare i complici e gli agenti de' suoi delitti, e delle sue scostumatezze. Quello di un governo libero è riposto tra le mani industriose de' suoì concittadini, perchè non facendo alcuna spesa che non possa mettere sotto gli occhi dell'intiero popolo, sarà sicuro di trovare tutti i tesori aperti al primo segnale de' suoi bisogni. Per ciò che riguarda le spese ordinarie, alla fine dell'anno se ne consegnerà lo stato tra le mani del pubblico; questi sicuro del buon uso che si fa delle sue sostanze, benedirà ogni giorno il suo savio governo.
«Per provvedere a queste spese sì farà uso dì una contribuzione unica, e saggiamente distribuita: dico unica, perchè la moltiplicità delle tasse esige l'uso di una varietà immensa di percezioni, e di una quantità immensa d'individui, i quali soli consumano la miglior parte della contribuzione esatta: il popolo paga molto, ed il governo ritira pochissimo. lo ripeterò a questo proposito il detto di un savio; esso paragonava le contribuzioni ad un pari di butiro, il quale si fonde tra le mani per le quali passa, e giunge si piccolo al suo destino, che fa sorpresa il vedere come si sieno molestati ed occupati tanti cittadini per un sì tenue prodotto. La moltiplicità delle tasse indica spesso l'intenzione di inviluppare la contabilità, e di disordinare le finanze per facilitare i mezzi onde pescare nel torbido.
sarà continuato.

Un giornale utilissimo per le popolari istruzioni in lingua nostra volgare viene compilato da un dotto scrittore, ed amico dei principj repubblicani esso ha per titolo - La Reprubbeca spiegata co lo santo Avangelio a lengua nostra, co quarche canzoncella pe te consolà sto core. Questo giornale interessante merita di esser protetto dal Governo, e propagato da' buoni repubblicani. Le associazioni si ricevono da Angelo Trani, e da Giuseppe Augiero.

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